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martedì 19 marzo 2019

Recensione: IL POSTO di Annie Ernaux



La scrittrice francese Annie Ernaux tratteggia, in questo libro breve e autobiografico, la figura del padre, di quest'uomo prima contadino, poi operaio, infine gestore di un bar-drogheria in una città della provincia normanna, e lo fa con scrupolosità e senza cedere a inutili compatimenti e patetiche nostalgie.



IL POSTO
di Annie Ernaux



L'Orma  editore
trad. L. Flabbi
2014
 pp. 120
10 euro
"In seguito ho cominciato un romanzo di cui era il personaggio principale. Sensazione di disgusto a metà della narrazione. Da poco so che il romanzo è impossibile. Per riferire di una vita sottomessa alla necessità non ho il diritto di prendere il partito dell’arte, né di provare a far qualcosa di “appassionante” o “commovente”. Metterò assieme le parole, i gesti, i gusti di mio padre, i fatti di rilievo della sua vita, tutti i segni possibili di un’esistenza che ho condiviso anch’io."


Il romanzo si apre con la prova d'esame che la narratrice sta affrontando per poter diventare insegnante di ruolo, obiettivo che conquista.
Poco tempo dopo suo padre muore ed è proprio di lui che racconta in queste pagine, narrando al contempo anche di se stessa, delle proprie umilissime origini e del riscatto da quella esistenza "inferiore" ad una più "elevata", di classe.
E' forse proprio la consapevolezza (e il sentimento di frustrazione che ne deriva) di essersi "separata" dalla famiglia (non tanto fisicamente, quanto nei modi di essere, pensare, parlare...) a spingerla a scrivere di lui, di questo padre che per tutta la vita ha sentito, quasi come un prolungamento di sè, "un perenne senso di mancanza, senza fondo", "il timore di essere fuori posto", di sentirsi sempre inferiore, mai all'altezza.

La Ernaux parte dall'infanzia del papà, cresciuto con un genitore violento, nella povertà e con poche possibilità di poter avere un'istruzione perchè c'era bisogno di braccia per lavorare.
Da contadino ad operaio in fabbrica. e poi il matrimonio; Annie ricorda che tra i genitori non c'erano dimostrazioni d'affetto e tenerezza, tutt'al più frasi allusive (maliziose) che lei, bambina, non comprendeva.
A un certo punto i suoi genitori rilevano un'attività, un bar-drogheria sito in un ghetto operaio; un lavoro in proprio che essi portano avanti tra una preoccupazione e l'altra, consapevoli di come, man mano, il diffondersi di negozi più grandi e forniti togliessero lavoro a piccoli esercizi come il loro.

Eppure, nonostante le magre finanze, la famiglia riesce ad andare avanti e a non farsi mancare quanto meno il necessario, e a consentire all'unica figlia di proseguire negli studi.

Tra queste pagine conosciamo da vicino l'ambiente semplice da cui proviene l'Autrice, la madre intraprendente e soprattutto lui, il protagonista del libro, l'uomo e il padre di cui lei sta provando a parlare, ma fatica a farlo con naturalezza: 

"Scrivo lentamente. Sforzandomi di far emergere la trama significativa di una vita da un insieme di fatti e di scelte, ho l’impressione di perdere, strada facendo, lo specifico profilo della figura di mio padre."

La voce narrante ci porta quindi con sè nella casa dell'infanzia, nel negozio dei suoi, nel quartiere operaio in cui è cresciuta, e a quel continuo ripetere, tra le mura domestiche, che dopotutto a loro tre non mancava niente e c'erano persone ben più sfortunate al mondo.

Colpisce la lucidità dello stile narrativo della Ernaux, che evidenzia come i suoi genitori, nella loro semplicità di gente non ricca, non colta, non raffinata, abbiano sempre provato un grande senso di inferiorità che cercavano in tutto i modi di nascondere, perchè ostentarla (tanto più in presenza di gente "altolocata" e istruita) sarebbe stato ancora più umiliante, quindi bisognava mostrare sempre gentilezza, discrezione e far finta di non provare la vergogna che invece sentivano.

Nonostante il padre lamentasse l'eccessiva, a parer suo, dedizione della figlia per la scuola - reputandola una cosa non positiva, che quasi rendeva sua figlia un'alienata, un'adolescente strana -, l'ha assecondata nel proseguimento degli studi e anzi, col tempo, prese a raccomandarle di comportarsi bene a scuola per non farsi cacciare.

La narrazione non è volutamente "appassionante" e "commovente", anzi può sembrare fredda, troppo controllata, come se si parlasse di estranei e non dei propri genitori, ma del resto Annie è cresciuta con una madre e un padre molto avari di abbracci, parole affettuose, non è abituata a parlare di loro lasciandosi andare ed esternando sentimenti ed emozioni:

"Non sapevamo parlarci tra di noi senza brontolare. La gentilezza dei toni era riservata agli estranei."

Questo non significa che non ci sia emozione nel racconto, quanto piuttosto le "correnti emozionali" sono sotterranee, le si scorgono tra le righe.
Un padre privo di ironia ma comunque allegro, scherzoso, pratico, poco raffinato nel parlare, rozzo se vogliamo, che guardava quell'unica figlia crescere con il naso sempre infilato tra i libri, e intanto ella si allontanava sempre più dalla vita modesta e fin troppo sempliciotta dei genitori, dal loro essere sempre così "alla buona", e avvertendo una certa frustrazione di fronte a questo dato di fatto.
Quando ha incominciato a buttar giù questo scritto, si è sentita in bilico, a metà strada tra il voler riabilitare un modo di vivere considerato come inferiore, eppure felice, e il voler sottolineare l’alienazione che lo accompagna. 

Un libro che si legge davvero in poco tempo e per il numero esiguo di pagine e per la fluidità di stile; una narrazione minuziosa, chiara, raffinata e semplice insieme, che riesce ad avvicinare il lettore all'esperienza individuale e famigliare dell'Autrice, e che diventa un po' specchio dell'esperienza di ciascuno di noi.
Perchè ciascuno di noi ha un punto di partenza, un posto, dal quale proviene, delle figure di riferimento (solitamente i genitori) che hanno influenzato la nostra vita, nel bene e bel male, e nelle quali un po' ci ritroviamo e dalle quali talvolta sentiamo di voler prendere le distanze per provare ad andare oltre quei limiti che ci sono stati tramandati più o meno involontariamente.

Felice di aver letto qualcosa di quest'autrice, spero di leggere altro di suo.

2 commenti:

  1. Autrice, effettivamente, che tenta da un po' anche me...

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    1. A me ne hanno parlato sempre bene, e ho ceduto :-D
      L'approfondiró!!

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz