sabato 9 marzo 2019

Recensione: LA CASA DI VETRO di Simon Mawer



Un edificio all'avanguardia, moderno e innovatore, simbolo di razionalità e perfezione, diviene specchio dell'imperfezione e delle fragilità presenti nelle persone che lo abitano, travolte non solo dalle proprie passioni, dai propri segreti, ma ancor più da eventi esterni più grandi di loro e non difficilmente gestibili.




LA CASA DI VETRO
di Simon Mawer


Ed. Neri Pozza
trad. M. Ortelio
464 pp
18 euro
Viktor e Liesel Landauer sono una giovane coppia di sposi in viaggio di nozze. 
Lui è un imprenditore, co-proprietario della Landauer, l’azienda di famiglia, un vero e proprio impero industriale che produce automobili e motociclette.
Viktor ha origini ebraiche, ma non è praticante; non solo, ma è un uomo estremamente realista, pratico, nel suo approccio alla vita c'è decisamente poco spazio per lo spirituale e i ragionamenti astratti, a differenza della sua neo-moglie, Liesel (appartenente a una famiglia dell’alta borghesia tedesca), una ragazza riflessiva e dalle tendenze più romantiche e artistiche.

Dopo aver attraversato la Carinzia, i Landauer si dirigono a Venezia, dove soggiornano al Royal Danieli. In occasione di una festa in un antico palazzo sul Canal Grande, incontrano Rainer Von Abt, celebre architetto, raffinato, creativo, innovativo.
Von Abt è galante con Liesel, in certi momenti sembra farle sfacciatamente la corte, apprezzando questa giovane donna attraente, sofisticata, visibilmente ammaliata da lui e dai suoi discorsi da "poeta dello spazio e della forma. Un poeta della luce"; l'uomo si dimostra loquace anche con Viktor, con cui si impegna in appassionate conversazioni sull’architettura moderna.

Quando illustra la sua idea di costruzione con materiali non convenzionali come il vetro e l’acciaio, Viktor si entusiasma a tal punto da proporgli di disegnare una casa per loro a Město, in Cecoslovacchia. Von Abt accetta e nel 1929 iniziano i lavori della casa di vetro (Glasraum), un magnifico edificio modernista fondato su una radicale concezione dello spazio aperto, trasparente.

"L'essenza della stanza di vetro è l'idea di ragione. Almeno questo è ciò che ha sempre pensato Viktor. Per lui il Glasraum incarna la pura razionalità dei templi greci, l'austera bellezza di un'opera perfetta, la grazia e l'equilibrio di un dipinto di Mondrian. Nessuna curva viene a disturbare il rigore rettilineo di quello spazio. Non vi è nulla di convoluto o involuto, nulla di goffo o complicato. Ogni cosa al suo interno ha una logica, rispetta i criteri della proporzione."

Una volta terminata, la villa diviene il centro dell’esistenza dei Landauer.

Il lettore diviene un inevitabile spettatore che sbircia nelle stanze in cui vivono i due novelli sposi, che si amano di un amore giovane e ardente, fatto forse di poche parole ma sicuramente di complicità e passione nonostante le diversità caratteriali (e magari, proprio grazie a queste), entrando nella loro intimità, cominciando a carpirne i veri pensieri, sentimenti, aspettative, delusioni.

E se la vita matrimoniale scorre abbastanza piatta, a darle colore e vivacità ci pensa l'amica del cuore di Liesel, Hana, giovane, spregiudicata, con molti amanti oltre a un marito (molto più anziano di lei), diretta, sfacciata, senza peli sulla lingua, che stabilisce subito un morboso, intimo e ambiguo rapporto con la signora Landauer, a suo modo divertita dall'intraprendenza dell'amica, che non si fa alcun problema a trattare argomenti scabrosi e che poco si addicono ad una signora.

Liesel sa di essere una donna "attraente ma non troppo", di essere un tipo fin troppo tranquillo, abitudinario, forse a motivo dell'educazione ricevuta, e a volte non può fare a meno di chiedersi se suo marito non sia in fondo più attratto da donne spavalde come Hana, nonostante Viktor ostenti tutta la propria antipatia per quest'ultima e la giudichi male proprio per la sua esuberanza.

Il matrimonio viene rallegrato dalla nascita di due figli, Ottilie e Martìn; la seconda gravidanza, però, si rivela complicata e rischiosa per la povera Liesel, che passerà un periodo post-partum molto difficile, che porterà il marito, già di suo poco affettuoso, ad allontanarsi da lei.

Sarà proprio questo periodo a gettare le basi del tradimento da parte di Viktor?
Nella vita dell'uomo entra, infatti, Kata, una donna che vende il proprio corpo per racimolare con facilità qualche soldo in più per mantenere se stessa e la figlioletta; Kata è giovanissima e molto bella, che con i suoi chiari occhi celesti irretisce il razionale e rigoroso Viktor, il quale perde letteralmente la testa per lei, cominciando pian piano a nutrire un sentimento forte, unito alla passione fisica che lo attrae come una calamita. Kata pian piano si trasforma in un'ossessione, ne diventa geloso, arriva a pagarla con un cifra notevole purché lei gli prometta che non si concederà ad altri uomini.

E mentre Liesel si riprende, soprattutto grazie alla vicinanza e all'affetto (o forse è più corretto dire: all'amore) di Hana, mentre suo marito trova conforto e un senso di rinascita tra le braccia della seducente Kata, il mondo si prepara alla guerra, che porta con sè molti stravolgimenti le cui conseguenze anche un individuo sicuro di sè, metodico e pianificatore come Mr Landauer non riuscirà ad affrontare come vorrebbe.

"Il futuro, benigno o avverso che sia, è in mano alla sorte. Per Viktor il domani è sempre stato un materiale da plasmare, qualcosa da piegare ai propri desideri, ma ora capisce che si trattava di una visione fallace. Il futuro avviene e basta. Come la tragedia che incombe sul paese e ciò che sta per accadere fra loro in quella stanza."

Viktor può essere ricco e snob quanto gli pare... ma è pur sempre un ebreo, e agli ebrei ben presto vengono tolti diritti di ogni genere; Landauer non può permettersi di avere un'azienda a suo nome e prima che la situazione precipiti in maniera irrimediabile (cominciano a girare voci sul triste destino degli ebrei...) l'uomo prende la decisione di fuggire dalla Cecoslovacchia, insieme alla sua famiglia (e non solo con essa...), e di abbandonare la maestosa casa di vetro, lasciandola nelle mani del domestico Lanik.

Tra amori proibiti, tradimenti e segreti inconfessabili, la vita dorata dei Landauer nella lussuosa e moderna Glasraum viene mandata in frantumi dall’avvento del nazionalsocialismo, che si abbatte come una scure sulla loro esistenza e sulla loro magnifica dimora.

I Landauer fuggono prima in Svizzera e poi in America, e intanto la casa di vetro diviene un laboratorio per gli esperimenti genetici dei nazisti.

Gli anni passano e se il presente con il marito sembra aver perso irrimediabilmente vigore, motivazione, se l'amore s'è dileguato lasciando dietro sè un affetto blando e fatto di consuetudini, a Liesel non resta che continuare a guardare con nostalgia a quella vita lontana ormai chilometri e chilometri, a quel passato che sembra appartenere a qualcun altro e in cui le era parso di poter essere felice con la propria famiglia, con gli amici di sempre, organizzando festicciole e recital nella loro splendida e ammirata casa... Quella casa in cui sembrava non potessero esserci segreti ma che anzi tutto fosse chiaro, visibile, evidente:

«Se vivessimo tutti in case di vetro non ci sarebbero più segreti, né inganni. Sarebbe il trionfo della lealtà, della franchezza».
Ma la vita l'ha smentita bellamente - suo marito aveva una vita segreta, un amore segreto, un'amante bellissima con cui s'incontrava regolarmente di nascosto, dicendole un sacco di bugie - e ormai l'unico collegamento con quel mondo passato è la sua cara Hana. Hana l'impavida, l'impertinente, che non si fa problemi a concedersi a un uomo se questi può rivelarsi utile ai suoi scopi...
Ma la guerra, con le sue orribili e disumane ideologie, è capace di rendere gli uomini crudeli, cinici, insensibili, portandoli a commettere azioni vergognose e prive di carità, e la stessa Hana ne pagherà il caro prezzo.

Mentre i Landauer sono lontani dal proprio paese, le vicende di altri personaggi si intrecciano e ruotano sempre attorno alla "casa di vetro", che negli anni verrà confiscata dal governo e diventerà prima un laboratorio per studi antropologici ed eugenetici (durante il conflitto) e più tardi una palestra in cui i bambini disabili vanno a fare fisioterapia.

E così seguiremo Hana, che per sua sfortuna avrà a che fare con il freddo e sprezzante scienziato che si occupa di studi di eugenetica a nome del Terzo Reich (ansioso di ricevere conferma che sì, le razze umane esistono, che ci sono tratti specifici per ognuna di esse e che è giusto preservare la purezza di quelle superiori...), e successivamente conosceremo Zdenka, un'ex-ballerina che lavora con bambini poliomielitici nella Glasraum ormai divenuta palestra (dopo la guerra).

I personaggi di questo romanzo sono costretti dai grandi eventi storici a separarsi, a soffrire, a provare sulla propria pelle solitudine, impotenza, angoscia, smarrimento, incertezza circa il futuro..., ma il destino sa essere bizzarro e alla fine il cerchio si chiuderà definitivamente (come per mettere "le cose a posto") e ciò accadrà proprio tra le mura della casa di vetro.

La storia ruota dunque attorno a questa magnifica costruzione che guarda al domani e che rappresenta un’epoca di splendore e magnificenza, bruscamente travolta dalla prima guerra mondiale e definitivamente annientata dalla seconda, con gli orrori del nazismo prima e dello stalinismo poi.

E' un romanzo piacevole, l'ho letto con sufficiente interesse (non ho mai avuto voglia di mollarlo e la lettura non è mai rallentata), in particolare quando i riflettori erano fermi sulla coppia protagonista, sul loro microcosmo, la loro intimità e sulla loro vita agiata nella stanza di vetro, su ciò che accadeva tra quelle mura trasparenti che non ammettono segreti, dove tutto è esposto alla luce del sole, allo sguardo dei curiosi:

"La stanza di vetro non ammette segreti. È un luogo dove regnano trasparenza e apertura mentale, un luogo dove non si può mentire."

Nel complesso mi è piaciuto però personalmente ho trovato la prosa un tantino "distaccata", poco emozionale (e questo per me è un aspetto che conta, e non poco), come se volesse ricalcare le orme della freddezza e del raziocinio che caratterizzano la vera protagonista della storia - sempre lei, la casa -; eppure non mancano i momenti drammatici, eh! 
Non so, sarà lo stile dell'Autore (che resta un ottimo narratore, ci mancherebbe) ma non sono riuscita ad empatizzare con i vari personaggi (parlo soprattutto di quelli femminili), e credo che questo potrebbe essere stato causato in particolare dal fatto di dislocare la storia su un arco di tempo troppo vasto (arriviamo addirittura al 1990, per quanto sia alla fine) e di coinvolgere e rendere protagonisti troppi personaggi, distraendoci dai principali e dalle loro vicissitudini.

Un po' dispersivo, ecco, inoltre ci sono troppe casualità e coincidenze che risultano un po' forzate, come se - l'ho anticipato più su - l'Autore avesse voluto sistemare ogni cosa per forza in modo lineare, logico, ogni tessera al posto giusto, e regalarci un finale "sensato", ragionevole, una sorta di soluzione a tutto il caos portato dalla guerra.

Comunque, ripeto, è un buon libro, tra l'altro è basato sulla storia vera di casa Tugendhat (il celebre edificio di vetro e acciaio costruito da Mies van der Rohe a Brno per una ricca -famiglia ebrea), e questo è un elemento che incuriosisce; inoltre, affronta dei macro-temi importanti, dal nazismo all'antisemitismo, dalla follia dell'ideologia razzista ai presunti studi per giustificarla, e un micro-tema principale, quale il contrasto tra la trasparenza dell'architettura e il suo opposto, cioè la mancanza di trasparenza nelle vite umane, così dense di contraddizioni ed imperfezioni, in cui la linearità e la logicità non sempre fanno da padrone e in cui tutto è delicato e frangibile, proprio come il vetro.

venerdì 8 marzo 2019

Donna



Con  le nostre contraddizioni e fragilità,
con il nostro coraggio e il nostro amore,

capaci tanto di affrontare dolori e difficoltà inimmaginabili
quanto di piangere per un uomo 
che non ci apprezza.

Allegre e solari in compagnia
ma a volte anche desiderose di godere di inevitabili momenti di solitudine.

Single, mogli, madri, fidanzate, nonne
casalinghe, donne in carriera.

Donne celebrate, amate, onorate.
Donne picchiate, schernite, abbandonate.
Uccise.

Donne che accettano in silenzio meschini soprusi....
Donne che combattono per se stesse e per altre donne,
a testa alta e con dignità,
semplicemente per affermare il proprio inalienabile
DIRITTO di essere

DONNA

Cinque parole che racchiudono questo e tanto altro ancora
di meraviglioso,
forte ed unico.



giovedì 7 marzo 2019

Novità Fratelli Frilli Editori (marzo 2019)



Due nuovissime pubblicazioni Frilli Editore!


Maria Masella con il commissario Mariani di Genova e Rocco Ballacchino con il commissario Crema di Torino faranno vivere al lettore un'esperienza assolutamente unica e originale. Far incontrare due personaggi di carta e inchiostro in una dimensione a loro comune come quella di un serial killer che agisce a Genova nella stessa maniera di come aveva operato a Torino quattro anni prima. Questa la sfida che impegnerà i due commissari, questa la traccia su cui i lettori si troveranno a misurare le loro capacità investigative alla ricerca della soluzione di un caso che di certezze matematiche sembra averne assai poche...



MATEMATICHE CERTEZZE
di Maria Masella,  Rocco Ballacchino 


Frilli Editori
208 pp
14.90 euro
Una serie di delitti insanguina Torino nei giorni intorno a Ferragosto, rovinando giornate che il commissario Crema sperava tranquille e senza complicazioni. 
Tutti gli omicidi sembrano opera di un serial killer e si verificano in giorni sempre più ravvicinati: il commissario torinese e la sua squadra si impegnano in una lotta contro il tempo per individuare il colpevole o, almeno, per evitare nuovi delitti. 
L’obiettivo sembra raggiunto ma quattro anni dopo, a Genova, il commissario Mariani si trova a indagare su un omicidio che presenta singolari analogie con i casi torinesi. 
Ed è immediata la domanda se le somiglianze sono casuali o nascondono altro. 
Risolvere il caso genovese aiuterà Crema a raggiungere la matematica certezza di aver individuato correttamente il “suo” assassino?



Il protagonista del secondo noir è Martino Rebowsky, un trombettista grasso, pigro, sfacciato, irritante, ubriacone e misogino.
Dopo essersi risvegliato in una squallida camera di un albergo a ore, solo, vestito da prete, con accentuati sintomi post sbornia e non avere la minima idea del perchè e come sia finito lì, il nostro antieroe dovrà riuscire a ricostruire tutto, pezzo per pezzo, per scoprire che fine abbia fatto la sua amica Camilla. 



LA VANITA' DEI PESCI PULITORI
di Matteo Monforte 



Frilli Editori
208 pp
14.90 euro
Vi è mai capitato di svegliarvi da soli, all’improvviso, nella camera di uno squallidissimo albergo ad ore , alle dieci del mattino, vestiti da prete, con la testa che vi esplode, una bottiglia di gin vuota per terra, segni evidenti di sniffate di cocaina sul comodino, un film porno in pausa nello schermo della piccola tv, alcuni preservativi aperti e non avere la minima idea del perché siate finiti lì?
Ecco, a Martino Rebowsky (trombettista grasso, pigro, sfacciato, irritante, ubriacone e misogino) sì. Toccherà quindi a lui ricostruire, pezzo per pezzo, quella incredibile nottata di cui non ha il minimo ricordo; solo così potrà riuscire a scoprire che fine ha fatto Camilla, la ragazza che era con lui e della quale nessuno ha più tracce da dopo quella sera.
Come un grasso segugio, Rebowsky - aiutato dalla sua amica Marilù, metropolitana eroina naif – si mette sulla pista che lo porterà a ricomporre quel surreale puzzle di cui si trova involontariamente tassello. 
Ed è così che tra musicisti paranoici, scorbutici gestori di locali notturni, ballerine di lap dance, preti dalla dubbia moralità, pusher marocchini, prostitute sudamericane, ricche signore annoiate della Genova “bene”, artisti dal dubbio talento, “incensiste” senza arte né parte, ubriaconi corrotti e poeti sgangherati, Martino arriverà a sbrogliare un’intricata matassa di equivoci e fatti strani, fino a quando un cadavere si intrometterà all’improvviso nell’indagine, cambiando tutte le carte in tavola.

mercoledì 6 marzo 2019

Anteprima La Corte Editore: IL PAESE DELLE PAZZE RISATE di Jonathan Carroll



Un romanzo del 1980 di Jonathan Carroll, pubblicato in Italia da Mondadori nel 2004 e riproposto quest'anno da La Corte Editore; in libreria a fine marzo.

In questo romanzo visionario e magnifico che ha venduto in tutto il mondo oltre 2 milioni di copi, un giovane insegnante alla ricerca di se stesso parte con la sua compagna alla scoperta di maggiori dettagli della vita dell'autore dei suoi libri di infanzia preferiti.
Accolto calorosamente in casa dalla figlia ormai cresciuta dell'autore, sembra che tutto vada bene... ma pian piano iniziano a vedere che sta per accadere qualcosa di fantastico e orribile...


IL PAESE DELLE PAZZE RISATE
di Jonathan Carroll


La Corte editore
DA FINE MARZO
IN LIBRERIA
Thomas Abbey, figlio pieno di insicurezze di una stella del mondo cinematografico e insegnante di letteratura, non sa bene chi è né cosa vuole dalla vita e dalla sua relazione con la strana Saxony Gardner. 
Quello che sa perfettamente è che niente della sua esistenza lo ha mai toccato a fondo quanto i magici romanzi di Marshall France, un autore di fiabe per bambini che ha sempre vissuto isolato e che è morto a soli quarantaquattro anni. 
Spinti da questa passione comune Thomas e Saxony partono per Galen, una cittadina del Midwest dove Marshall ha trascorso gran parte della sua vita, decisi a scrivere la sua biografia. 
A poco a poco cominciano a scoprire che sta accadendo qualcosa di inquietante e orribile. 
La magia di France va ben oltre la pagina scritta e Galen è solo in apparenza una piccola città idilliaca: infatti i suoi abitanti - sia umani che animali - non sono proprio come sembrano...


L'autore.
Jonathan Carroll è considerato tra i più originali e visionari scrittori contemporanei, tanto da annoverare tra i suoi fan personaggi come Stephen King, Sting, Neil Gaiman e James Ellroy, Jonathan Carroll è autore di numerosi best seller, come Mele Bianche, Zuppa di Vetro, Mare di Legno, Il paese delle pazze risate, già pubblicati in Italia per Fazi e Mondadori.
Nato a New York e residente a Vienna, nella sua carriera è stato insignito di diversi premi, tra cui il World fantasy award, il celebre Bram Stoker, il British fantasy award e il Gran Prix de l’imaginaire. I suoi romanzi sono tradotti in tutto il mondo e hanno venduto milioni di copie. 

martedì 5 marzo 2019

Recensione: NICO E IL FANTASTICO MONDO DEL MARE di Imma Pontecorvo



Tutti abbiamo delle paure e per affrontarle a volte serve la motivazione giusta!
Il giovanissimo protagonista di questa favola affronterà la sua paura più grande grazie all'amicizia con un esserino speciale, che lo porterà a riflettere sull'importanza del rispetto di ciò che ci circonda.



NICO E IL FANTASTICO MONDO DEL MARE
di Imma Pontecorvo


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Nico ha sei anni, vive a due passi dal mare, gli piace costruire castelli e creare piste sulla sabbia per le sue biglie colorate... ma se c'è una cosa che lo paralizza è l’acqua, di cui ha una grande fifa, e infatti non sa nuotare. 
I suoi genitori (sua madre è incinta e presto Nico avrà un fratellino, Mattia) cercano di aiutarlo a vincere questo terrore, anche perchè a causa di questa fobia il bimbo rifiuta addirittura di fare il bagno e anche stare sotto la doccia diventa un'impresa titanica.
A nulla valgono le esortazioni della premurosa mamma Linda nè il bagnoschiuma a forma di Spiderman (il supereroe preferito di Nico) regalatogli dal padre: il bambino in acqua non vuol andarci!

Un giorno, mentre è sulla spiaggia in cerca di conchiglie, Nico conosce il granchio Tobia e, superato lo stupore iniziale nell'apprendere che anche i granchi parlano, i due diventano grandi amici.

Nasce una singolare quanto speciale amicizia che porta i due a trascorrere del tempo insieme, a giocare, e Tobia non perde l'occasione di raccontare al suo amichetto umano i segreti del mare: gli racconta che in fondo al mare la vita è bellissima, piena di pesci colorati... ma che purtroppo ci sono anche tanti rifiuti che gli uomini lasciano sui fondali così come sulla spiaggia.

Nico diventa sensibile al problema dell'inquinamento e cerca di dare il suo piccolo ma prezioso contributo per provare a pulire la spiaggia e il mare dai rifiuti gettati da persone irrispettose e sciagurate.
Un giorno accade una cosa che getta Nico nella disperazione: un’onda troppo forte trascina Tobia in alto mare e Nico rimane fermo sulla riva, senza poter far nulla.
Come potrebbe proprio lui che ha paura dell'acqua tuffarsi tra le onde per salvare l'amichetto?
Ma grazie all’aiuto di insospettabili e simpaticissimi nuovi amici (tutte creature del mare) Nico vivrà una straordinaria avventura in fondo al mare, affronterà con coraggio ciò che lo spaventa da sempre pur di dimostrare la propria sincera amicizia al suo Tobia.
Non solo, ma Nico imparerà una lezione fondamentale: ciascuno di noi ha il dovere di rispettare  l'ambiente circostante, perchè atteggiamenti di indifferenza e di superficialità producono danni gravi alla natura, così, una volta a casa, cercherà di impegnarsi a tenere pulita la spiaggia, perché ha capito che il mare è un posto bellissimo, abitato da creature incredibili, ma va protetto e difeso. 
E perchè questo sia possibile, bisogna unire le forze ed essere una squadra!

Questa di Imma Pontecorvo è una favola molto bella e significativa, adatta a bambini dai 5 agli 8 anni (ma in grado di far riflettere tutti, a qualsiasi età) che affronta principalmente la tematica di mantenere pulite le spiagge e di rispettare il mare, che va preservato dall'inquinamento.
Un racconto breve che si sofferma anche su altri argomenti importanti, come l'imparare a superare le proprie paure, il valore dell'amicizia e del motto "l'unione fa la forza".

Ringrazio l'Autrice per la possibilità di leggere "Nico e il fantastico mondo del mare", corredato di belle e colorate illustrazioni, e consiglio questa favola, da leggere e condividere con giovanissimi lettori perchè ha degli insegnamenti da donare e dei valori importanti su cui riflettere per diventare dei cittadini del mondo consapevoli.

lunedì 4 marzo 2019

Libri in wishlist (marzo 2019)




Buongiorno, cari lettori!
Oggi vi presento due romanzi che sono finiti dritti dritti in wishlist,  a motivo del mio amore per le sorelle Brontë, e in questo caso per Charlotte e la sua Jane Eyre.
Il primo è una nuovissima uscita Beat Edizioni.


MISTER ROCHESTER
di Sarah Shoemaker


BEAT Ed.
416 pp
18 euro
Dal 28 febbraio 2019

Orfano di madre, Edward Fairfax Rochester trascorre i giorni della sua infanzia in compagnia di algide bambinaie e istitutrici. A Thornfield Hall, la cupa magione della sua famiglia, i sentimenti non hanno spazio. Le rare volte in cui si aggira tra le mura di casa, suo padre mostra il più totale disinteresse nei suoi confronti.
E le cose non vanno certo meglio con Rowland, il fratello di otto anni maggiore, irruento e intrattabile come pochi.
Nelle ore libere dallo studio, Edward si accontenta perciò di vagare, solitario, per i giardini e per i boschi di Thornfield Hall, convinto che la sua esistenza resterà immutata.
Al suo ottavo compleanno, invece, tutto cambia: per volontà del padre è costretto a lasciarsi alle spalle le attività infantili e a trasferirsi a Black Hill, nei pressi di Leeford, dov'è affidato alla tutela di Mr Hiram Lincoln.
Edward trascorre in tal modo la sua adolescenza esiliato da tutto ciò che ha sempre amato.
Diventato un giovane uomo, intraprende un viaggio che lo porta attraverso l'Inghilterra della classe operaia e la decadenza dell'Europa continentale fino alle calde e languide spiagge della lontana Giamaica, dove vivrà un'appassionata storia d'amore con l'affascinante, ma psicologicamente instabile, ereditiera Bertha Mason.
Anni dopo, tornato in Inghilterra con la moglie, sprofondata nel baratro della follia, Edward si considera ormai un uomo finito. Ma il suo destino deve ancora compiersi grazie all'incontro con una giovane istitutrice: Jane Eyre, che gli ruberà il cuore e gli insegnerà ad amare di nuovo.



Il secondo libro è legato sempre a Jane Eyre perchè è, in un certo senso, il prequel del celebre romanzo di Charlotte Brontë (1847), e descrive le circostanze e le dinamiche del primo matrimonio del signor Rochester (nome tuttavia mai citato nel romanzo di Rhys) dal punto di vista della sua prima moglie, l’ereditiera creola Antoinette Cosway.



Il grande mare dei Sargassi
di Jean Rhys



Adelphi Ed.
trad. A. Motta
208 pp
9 euro
Siamo in Giamaica, intorno al 1830, in un mondo dove «tutto era fulgore e tenebra». 
Da una parte le pratiche del voodoo e le storie degli zombi conosciute attraverso la servitù di colore, dall’altra la calma ferocia dei bianchi, l’intrico delle loro vendette e inganni – e tutto accolto in una natura che stordisce col suo splendore: così appaiono le cose alla piccola Antoinette, che già si sente avvolta in un destino avverso. 
Segue poi il suo matrimonio con un giovane inglese (Edward Rochester, appunto), che la sposa per interesse, comincerà a chiamarla Bertha e la porterà in Inghilterra: ne nasce una passione tristanica, dove «Desiderio, Odio, Vita, Morte erano terribilmente vicini nell’ombra». 
Finché un filtro d’amore filtrerà soltanto la sciagura, addensata da generazioni sul capo di Antoinette, facendo una sola rovina di quei termini che prima erano già pericolosamente accostati.


domenica 3 marzo 2019

Prossimi arrivi in libreria (thriller, noir, gialli)




Storie dalle tinte noir...: prossimamente in libreria!

Dopo Sara al tramonto, Maurizio de Giovanni torna ad esplorare le profondità del silenzio e celebra il coraggio della rinascita, perché niente è davvero perduto finché si riescono a pronunciare parole d'amore.


LE PAROLE DI SARA
di Maurizio De Giovanni



Ed. Rizzoli
19 euro
USCITA
12 MARZO 2019
Il tempo del silenzio è finito. La donna invisibile è tornata.

Sara Morozzi e Teresa Pandolfi sono cresciute insieme: colleghe, amiche, avversarie leali presso una delle più segrete unità dei Servizi.
Le due si conoscono benissimo, per capirsi basta uno sguardo, ed entrambe hanno imparato a non sottovalutare le conseguenze dell'amore.  
Per amore, Sara ha rinunciato a tutto, abbandonando un marito e un figlio che ha rivisto soltanto sul tavolo di un obitorio. 
Per non privarsi di nulla, Teresa ha rinunciato all'amore. 
Trent'anni dopo, Sara prova a uscire dalla solitudine in cui è sprofondata dalla scomparsa del suo compagno, mentre Teresa ha conquistato i vertici dell'unità. 
Ma questa volta ha commesso un errore: si è fatta ammaliare dal fascinoso ricercatore Sergio; quando questi sparisce senza lasciare traccia, non le resta che chiedere aiuto all'amica di un tempo. 
E Sara, la donna invisibile, torna sul campo. 
Insieme a lei ci sono il goffo ispettore Davide Pardo e Viola, ultima compagna del figlio, che da poco l'ha resa nonna, regalandole una nuova speranza. 



Dopo Le bambine dimenticate e La foresta assassina, la detective Louise Rick torna su un caso delicato ad alto tasso di suspense.



LA DONNA SCOMPARSA
di Sara Blaedel


Fazi Ed.
USCITA
14 MARZO 2019

È una notte buia e piovosa, in Inghilterra. Al limitare di un bosco, a pochi passi dall’aperta campagna, c’è una casa con una finestra illuminata. 
All’interno, la sagoma di una donna, in controluce. A completare il quadro, si aggiungono il marito e la figlia adolescente. 
Da fuori, un uomo osserva la scena con un fucile da caccia in mano; riesce a immaginarsi il profumo della cucina, il calore familiare della stanza, le conversazioni di fine giornata. 
Fa un respiro profondo, preme il grilletto e colpisce la donna in piena fronte. Lei si accascia sul pavimento. Lui scappa.
In Danimarca, la detective Louise Rick e il collega Eik hanno deciso di andare a vivere insieme ma lui sparisce nel nulla. 
Nel giro di pochi giorni, Louise riceve una telefonata: Eik è stato arrestato per disturbo della quiete pubblica e intralcio alle indagini. 
Si trovava in Inghilterra, sul luogo del delitto della donna inglese, Sophie Parker, il cui nome figurava da molto tempo nella lista delle persone scomparse. 
La sua sparizione era stata denunciata diciotto anni prima proprio da Eik: era la sua fidanzata. Cosa sta succedendo? Sconvolta e terrorizzata dal coinvolgimento di Eik nel caso, Louise deve mettere a tacere il suo tumulto interiore se vuole trovare il killer di quella che si rivelerà la sua indagine più controversa…



Arance rosse è un romanzo inquietante, imprevedibile e avvincente, che introduce una nuova straordinaria voce nel panorama della suspense psicologica. Un elettrizzante thriller d'esordio che esplora il potere della paura e del desiderio, la gelosia e il tradimento, l'amore e l'odio.



ARANCE ROSSE 
di Harriet Tyce



Ed. Mondadori
USCITA
26 MARZO 2019

Alison ha tutto ciò che si può desiderare: un marito amorevole, una figlia adorabile e una carriera legale sulla rampa di lancio: le è stato appena affidato il suo primo caso di omicidio. 
La cliente che difenderà in giudizio non nega di avere pugnalato il marito e pare decisa a dichiararsi colpevole. Eppure c'è qualcosa di profondamente sbagliato nella storia che racconta. Ma anche nella vita di Alison non tutto è come sembra…

Alison beve troppo e sta trascurando la sua famiglia. Ha anche intrapreso una relazione con un collega il cui gusto per l'estremo supera i confini di ciò che lei è in grado di sopportare. Salvare la sua cliente potrebbe essere il primo passo per salvare anche se stessa.

Ma qualcuno nell'ombra conosce i segreti più nascosti di Alison, qualcuno che vuole farle pagare ciò che ha fatto e che non si fermerà fino a quando lei non avrà perso tutto quello che ha di più caro.




Accolto dall'entusiasmo della critica al suo apparire, vincitore del Costa First Novel Award, Le sette morti di Evelyn Hardcastle è, come ha scritto il Financial Times, «qualcosa in cui il lettore non si è mai imbattuto fino ad ora», un romanzo geniale in cui Agatha Christie incontra "Black Mirror".



LE SETTE MORTI DI EVELYN HARDCASTLE
di Stuart Turton



Ed. Neri Pozza
trad. f. Oddera
448 pp
18 euro
USCITA
28 MARZO 2019

Stanotte Evelyn Hardcastle verrà uccisa... di nuovo. Come puoi impedire un omicidio già compiuto

Blackheath House è una maestosa residenza di campagna enorme e pronta ad accogliere gli invitati al ballo in maschera indetto da Lord Peter e Lady Helena Hardcastle. 
Gli ospiti sono membri dell'alta società, ufficiali, banchieri, medici ai quali è ben nota la tenuta degli Hardcastle. 
Diciannove anni prima erano tutti presenti al ricevimento in cui un tragico evento – la morte del giovane Thomas Hardcastle – ha segnato la storia della famiglia e della loro residenza, condannando entrambe a un inesorabile declino. 
Ora sono accorsi attratti dalla singolare circostanza di ritrovarsi di nuovo insieme, dalle sorprese promesse da Lord Peter per la serata, dai costumi bizzarri da indossare, dai fuochi d'artificio. Alle undici della sera, tuttavia, la morte torna a gettare i suoi dadi a Blackheath House. 
Nell'attimo in cui esplodono nell'aria i preannunciati fuochi d'artificio, Evelyn, la giovane e bella figlia di Lord Peter e Lady Helena, scivola lentamente nell'acqua del laghetto che orna il giardino antistante la casa. Morta, per un colpo di pistola al ventre. Un tragico decesso che non pone fine alle crudeli sorprese della festa. 
L'invito al ballo si rivela un gioco spietato, una trappola inaspettata per i convenuti a Blackheath House e per uno di loro in particolare: Aiden Bishop. 
Evelyn Hardcastle non morirà, infatti, una volta sola. Finché Aiden non risolverà il mistero della sua morte, la scena della caduta nell'acqua si ripeterà, incessantemente, giorno dopo giorno. 
E ogni volta si concluderà con il fatidico colpo di pistola. La sola via per porre fine a questo tragico gioco è identificare l'assassino. 
Ma, al sorgere di ogni nuovo giorno, Aiden si sveglia nel corpo di un ospite differente. E qualcuno è determinato a impedirgli di fuggire da Blackheath House... 

sabato 2 marzo 2019

Recensione: CLAUDIO BAGLIONI. UN CANTAUTORE DEI GIORNI NOSTRI 1967-2018 di Paolo Jachia



Questo breve ma interessante saggio di Paolo Jachia ripercorre in maniera cronologia la carriera di Claudio Baglioni, a partire dalla prima canzone scritta nel 1967 sino ad arrivare a tempi più recenti, con Capitani Coraggiosi in compagnia di Morandi e la sua (prima) designazione come direttore artistico e conduttore del Festival di Sanremo 2018.
L'autore non si limita ad analizzare l'aspetto musicale ma ancor più la capacità comunicativa, lo spessore artistico e l'evoluzione che negli anni hanno caratterizzato la musica di Baglioni



CLAUDIO BAGLIONI. UN CANTAUTORE DEI GIORNI NOSTRI 1967-2018
di Paolo Jachia


Fratelli Frilli Ed.
176 pp
12.90 euro
La lettura di questo trattato è stata davvero interessante per me che sono "baglioniana" da ormai molti anni.
Ripercorrere la brillante carriera del cantautore romano me l'ha fatto apprezzare (se mai ce ne fosse bisogno!) ancora di più perchè inevitabilmente la disamina di Jachia mi ha indotta a considerare (ancora una volta) e a soffermarmi su alcuni aspetti fondamentali che hanno contrassegnato l'evoluzione artistica del protagonista di queste pagine, Claudio Baglioni appunto.

Si parte dagli inizi, dal '70, quando esce "Un cantastorie dei nostri giorni", da "Signora Lia", una canzone che nella sua semplicità e immediatezza ci fa capire come già da giovanissimo Claudio scrivesse testi che parlavano di vita quotidiana, di persone "normali", di scene di vita di ogni giorno che arrivano a noi come se stessimo guardando una fotografia.
Inevitabile passare per quella che è stata definita "la canzone del secolo" e che molto probabilmente è, per tanti, il primo brano che viene in mente quando si nomina Claudio: Questo piccolo grande amore, una canzone che parla di un amore giovanile romantico e che è da sempre definita una canzone popolare, sciropposa, melensa.... e purtroppo questa etichetta Baglioni se la ritroverà addosso per anni, nonostante egli poi scelga coraggiosamente di dimostrare di non essere solo "uno che canta d'amore" ma anche un artista che cresce, matura e sviluppa e affina la capacità di raccontare tante altre tematiche, e di farlo non più solo in quei toni malinconici, "crepuscolari" che caratterizzano la sua produzione artistica ante 1977 (anno in cui pubblica l'album "Solo", e che lo vede staccarsi dalla RCA e separarsi da Coggio, fino a quel momento coautore di molti testi di Baglioni), ma con una maturità che emerge tanto nella scrittura quanto nella musica.

Non che Claudio smetta di parlare di sentimenti e di amore, ma semplicemente cambiano "i termini" e il modo di raccontarlo; del resto, è la vita che ce lo insegna: si cresce, si abbandona l'adolescenza per entrare nell'età adulta, ci si innamora, si soffre, una relazione può finire e lasciare dietro sè piccole o grandi macerie nel nostro cuore, può trascinarci in momenti di solitudine, di sofferenza... Altro che amore romantico, frasi da "Baci Perugina" e occhi a cuore: l'amore può ferire e può non durare per sempre, ma non per questo non è importante e non merita di essere raccontato, anzi... fotografato, proprio come fa Claudio, che rivela, di album in album, una grande e più forte consapevolezza compositiva, espressiva e una sempre maggiore ricchezza nella scelta di parole, immagini, simbolismi.

In queste pagine il lettore - in particolare chi magari non è un estimatore Doc di Baglioni - ha modo di conoscerne meglio il repertorio, che è fatto anche di testi in cui emergono tematiche sociali - pensiamo a brani come "I vecchi", "Uomini persi" - o che semplicemente ritraggono la realtà attorno a sè, che sia una sera come tante di una famiglia tra le mura domestiche, schiacciata dalla propria esistenza appiattita e grigia ("E adesso la pubblicità") o l'umanità - uomini e donne - che ogni giorno si svegliano e affrontano un nuovo giorno ("Un nuovo giorno o un giorno nuovo").

Al centro c'è quello che è unanimamente considerato il capolavoro di Baglioni, "Oltre", una sorta di romanzo in versi, stratificato e complesso sotto ogni aspetto, e anche dall'analisi dei successivi album viene fuori un artista sempre più sensibile e capace di osservare il mondo con uno sguardo ogni volta nuovo, di chi non smette di farsi domande, di porsi interrogativi sui grandi temi della vita, di chi non ha paura di mettersi in viaggio alla ricerca di sè e del prossimo.

Credo che questo libro possa piacere tanto a chi già ama e apprezza moltissimo Claudione, quanto a chi lo conosce poco (o comunque solo attraverso alcuni suoi brani ritenuti "rappresentativi", i più "famosi", ma che forse in realtà sono quelli che gli rendono meno giustizia ^_- ), perchè restituisce un ritratto del Nostro onesto, ben argomentato e contestualizzato, che esamina in modo intelligente e consapevole molti dei brani più belli e significativi, dai quali vien fuori un artista e, ancor prima, un uomo che attraverso la sua splendida musica non s'è risparmiato al suo pubblico e che personalmente mi auguro (anzi, ne sono certa) abbia ancora tanto da dare a chi vuole emozionarsi attraverso le sue canzoni.
Ringrazio di cuore la C.E. Frilli Editori per avermi fatto dono di questa graditissima copia e non posso che consigliarne la lettura, tanto più a quanti amano la musica cantautorale italiana. (di cui Baglioni è degno rappresentante).





'51 Montesacro e tutto cominciava...

Da allora un ragazzo di pianura, 

camminando lungo le vie dei colori e sulle scale di un pianoforte,

è diventato un Grande Mago, un Cantastorie che ci ha regalato nuvole e sogni, 

come un urlo in mezzo al cielo, che vola e va da me a te.

A CLA'.., 

son le ultime parole che ho pensato in questa stanza ....

e non sono mai abbastanza per dire 

GRAZIE....,

perchè hai dato un po' di te da amico vero

a tutta questa gente che c'è al mondo,

e così, tra canzoni e amore, ti ritrovo fianco a fianco

a ricordarmi che 

IL SOGNO E' SEMPRE

... LA VITA E' ADESSO!

venerdì 1 marzo 2019

Bilancio di letture del mese di febbraio 2019



Il mese più corto del'anno è volato via, tra febbre e tosse, e io tiro le somme delle mie letture di febbraio ^_-



  • LA CULLA BUIA di S. Hannah (RECENSIONE). In questo thriller psicologico l'autrice britannica Sophie Hannah affronta un argomento spinoso, quello delle morti in culla: genitori stanchi, un po' assonnati, che finalmente, dopo una lunga giornata, vedono il loro bimbo di pochi mesi addormentarsi..., ma il mattino successivo il risveglio potrebbe essere decisamente tragico se quel bimbo dovesse restare immobile nel lettino...
  • APPUNTAMENTO IN OBITORIO di Mauro Valente (RECENSIONE): un giallo appassionante, un inspiegabile omicidio che nasconde fitti collegamenti con il mondo militare e i suoi segreti; ma nessuna verità può restare sepolta per sempre.
  • LA PIETRA DI LUNA di Wilkie Collins (RECENSIONE): un diamante meraviglioso su cui aleggia l'eco di una maledizione per chi ne diventa indegno possessore. Un poliziesco tinto di noir scritto con una penna magistrale, una narrazione fluente pur essendo minuziosa; il ritratto di un'Inghilterra in Età Vittoriana che si muove tra l'ironico e il melanconico.
  • BUIO E LUCE. Alzate gli occhi al cielo di Fabio Salvatore (RECENSIONE): la testimonianza serena, consapevole e toccante di un uomo che ha trovato nella fede la via per affrontare il cancro che da anni ha colpito il suo corpo ma non è riuscito ad abbattere il suo spirito.
  • ELLIE ALL'IMPROVVISO di Lisa Jewell (RECENSIONE). Un'adolescente scomparsa in circostanze misteriose; una madre distrutta che, da quella tragica sparizione, non s'è mai ripresa davvero. Un passato che torna prepotentemente a bussare e, finalmente, tante domande troveranno, dopo dieci anni, risposta.
  • UNA NOTA NEL CUORE di Ilaria Mossa (RECENSIONE). Una storia d'amore dolce e romantica nata tra le note della musica e all'ombra del "magico" suo potere di risvegliare emozioni e sentimenti.
  • PISTA NERA di A, Manzini (RECENSIONE): Rocco Schiavone è un vicequestore davvero particolare: scorbutico, "cannaiolo", sempre di cattivo umore, sarcastico all'ennesima potenza, all'occorrenza manesco e poco gentile..., ma anche molto bravo nel risolvere i casi più difficili. Ed è impossibile non amarlo, nonostante il suo caratteraccio.
Sul podio vanno di sicuro LA PIETRA DI LUNA perchè ho conosciuto un grande narratore dell'età vittoriana, che approfondirò (Wilkie Collins), PISTA NERA perchè Rocco Schiavone è un gran personaggio, e il thriller psicologico ELLIE ALL'IMPROVVISO, molto bello e intrigante; un po' delusa da LA CULLA BUIA di Sophie Hannah :((


Attualmente in lettura:

- EDUCAZIONE EUROPEA (R. Gary)
- DEVORA (F. Buso)
- LA CASA DI VETRO (S. Mawer)


Sul fronte cinema ahimè non ho nulla da dichiarare; sto apprezzando la fiction su canale 5 NON MENTIRE con Preziosi e Greta Scarano, ritengo sia fatta bene, attori bravi, intriganti le vicende; sono molto curiosa di vedere l'ultima puntata.



E ORA TOCCA A VOI!
QUALI LETTURE DI FEBBRAIO VI HANNO COLPITO MAGGIORMENTE?
QUALI VI HANNO DELUSO?

giovedì 28 febbraio 2019

Recensione: PISTA NERA di Antonio Manzini



Rocco Schiavone è un vicequestore davvero particolare: scorbutico, "cannaiolo", sempre di cattivo umore, sarcastico all'ennesima potenza, all'occorrenza manesco e poco gentile..., ma anche molto bravo nel risolvere i casi più difficili. Ed è impossibile non amarlo, nonostante il suo caratteraccio.




PISTA NERA
di Antonio Manzini


Ed. Sellerio
288 pp
13 euro
"Una telefonata sul cellulare a quell’ora di sera era una rottura di coglioni, sicuro come una raccomandata di Equitalia. (...) Una rottura di coglioni di ottavo grado. Se non addirittura nono.
Rocco Schiavone aveva una sua personalissima scala di valutazione delle rotture di coglioni che la vita insensibilmente gli consegnava ogni giorno. (...) L’ottavo grado vedeva in primis il parlare in pubblico, poi le pratiche burocratiche di lavoro, il teatro, riferire a questori o magistrati. Al nono i tabaccai chiusi, i bar senza l’Algida, incontrare qualcuno che gli attaccasse delle chiacchiere infinite, e soprattutto gli appostamenti con agenti che non si lavavano. Poi per ultimo c’era il decimo grado della scala. Il non plus ultra, la madre di tutte le rotture di coglioni: il caso sul groppone."


Semisepolto in mezzo a una pista sciistica sopra Champoluc, in Val d’Aosta, viene rinvenuto un cadavere, in condizioni davvero orribili: sul corpo, infatti, è passato un cingolato in uso per spianare la neve, smembrandolo e rendendolo irriconoscibile.
Ovviamente, attorno al luogo in cui viene trovato il morto sono poche le tracce utili per il vicequestore Rocco Schiavone, da poco trasferito ad Aosta e al quale è affidato il caso: briciole di tabacco, lembi di indumenti, resti organici e  qualcosa che lascia intuire dai primi momenti che non si è trattato di un incidente ma di un delitto. 
La vittima viene presto riconosciuta grazie ad un tatuaggio sul petto, ed è proprio la moglie del morto a dare una mano in questo senso: Leone Miccichè, catanese, proveniente da una famiglia di imprenditori vinicoli, stabilitosi tra le cime e i ghiacciai per aprire una lussuosa attività turistica, insieme alla moglie Luisa Pec, una donna tanto bella quanto intelligente; Luisa è di Champoluc e i suoi modi di fare suadenti - nonostante il dolore per la fresca vedovanza - non possono che stuzzicare i facili appetiti del vicequestore. 

Chi e perchè ha ucciso il povero Miccichè?
Le ipotesi più probabili sono tre: la vendetta di mafia, i debiti, il delitto passionale. 
Difficile individuare la pista giusta, visto che per ciascuna sembra mancare il tassello esatto..., ma Rocco ci sa fare non solo con i casi complicati ma ancor più... con l'essere umano.

Proprio lui, che si trova nella gelida e innevata Val d'Aosta non per volontà proprio ma in seguito ad un trasferimento punitivo.

Classe 1966, Rocco Schiavone è un vicequestore nato e cresciuto a Trastevere, che odia lo sci, le montagne, la neve e il freddo, bestemmia per le dita ghiacciate e per le sue Clark fradice ed inutili in un posto come quello.
Come mai dalla capitale è finito in quel luogo dimenticato da tutti?
Evidentemente ha combinato qualcosa di grosso per meritare un esilio come questo. 
Del resto, stiamo parlando di un poliziotto corrotto (eh sì, non è uno stinco di santo e lo vedremo coinvolto anche in un affare non proprio legale e non certo adeguato alla divisa che porta), che ama la bella vita, ha un temperamento violento, atteggiamenti sarcastici - nel senso più romanesco che ci sia (tanto da essere quasi sempre sgradevole e antipatico), saccente, infedele, maleducato con le donne (se son belle, non riesce a non formulare pensieri sessuali su di loro), cinico con tutto e chiunque... e, come se non bastasse, odia il suo lavoro, che reputa una gran rottura di... 
Però ha talento.
Sa come mettere un tassello dietro l’altro nell’enigma dell’inchiesta, ha una grande abilità nel leggere le persone, comprendendone i caratteri, le motivazioni, le intenzioni, i pensieri nascosti, utilizzando questi dati e queste intuizioni come frammenti utili per comporre un unico puzzle. 

Là dove gli indizi sembrano più labili che mai, dove i testimoni appaiono poco attendibili, lì dove la storia del " qui a Champoluc siamo tutti parenti, amici e cugini" può rivelarsi un'arma a doppio taglio, lì dove ognuno conosce i fatti altrui e il pettegolezzo è all'ordine del giorno - che sia al bar di Mario e Michael piuttosto che nel negozietto dai prezzi stellari, o alla scuola di sci o ancora nel ristorantino che delizia il palato con un risotto al Barolo che ti mette (temporaneamente) in pace col mondo -, ecco che Schiavone sguinzaglia tutto il suo acume, la sua logica di ferro, le sue capacità investigative invidiabili e infallibili che lo portano dritto dritto verso il colpevole.

Ad aiutarlo nelle indagini - che durano pochi giorni - ci sono il medico legale Fumagalli - bravo nel suo mestiere, ironico, si diverte a stuzzicare Schiavone, che lo manda gentilmente a quel paese ogni volta -, e l'agente Italo Pierron - giovane, inesperto ma intelligente, bravo, affidabile, con cui Rocco instaura un buon rapporto di collaborazione; anche l'agente Caterina Rispoli, carina ed efficiente, rientra (stranamente?) nelle simpatie del burbero vicequestore.
Divertenti le interazioni con gli altri due poliziotti, D'Intino e Deruta, assolutamente goffi, imbranati ed incapaci di fare autonomamente e con competenza il proprio lavoro, e per questo oggetto di insulti e urla da parte di Schiavone, che non manca di rimproverarli e sfotterli ad ogni occasione.

Schiavone non è il superiore ideale, con la sua faccia strafottente, burbera e poco aperta al sorriso, i suoi modi ruvidi e zotici, la sua voce rabbiosa, il suo sguardo che sa intimorire; non è l'uomo che vorresti come partner, e lo sa bene la donna che in questo periodo frequenta ad Aosta, la bella Nora, paziente e consapevole che Rocco o lo accetti per quello che è (un amante inaffidabile, incostante, scostante, di umore decisamente variabile) o è meglio che lo lasci perdere.

Eppure, nonostante il suo caratteraccio, da lettrice non ho potuto non fare il tifo per lui; perchè Rocco alla fine è una persona, a modo suo, trasparente, anticonformista, capace di andare contro i luoghi comuni che lo circondano, di racchiudere dentro di sè un mondo che in pochi conoscono ma che è più ricco e sensibile di quanto traspaia all'esterno.

E il lato più umano di Rocco, la parte più fragile, quella capace di sciogliersi in lacrime, di parlare da solo davanti ad uno specchio, di commuoversi, di amare oltre tutto e tutti, c'è e il lettore può osservarla da vicino, seppur in pochi sprazzi, nei dialoghi con lei, la donna della sua vita: la moglie Marina.

Rocco fa il suo lavoro in maniera eccellente ma quando porta a casa un caso chiuso in poco tempo e brillantemente non si sente affatto felice.

"«Mestiere di merda» ringhiò il vicequestore (...). E la solita spiacevole sensazione di colpevolezza calò sui suoi sensi, sul suo corpo stanco e infreddolito. Era sempre così. Ogni volta che chiudeva un caso si sentiva sporco, lurido, bisognoso di una doccia o di un viaggio di un paio di giorni. Come se fosse lui l’assassino. (...) Ma non si può toccare l’orrore senza farne parte. E lui lo sapeva. (...) Doveva sporcarsi. Il fango diventava casa sua. (...) Era la parte più brutta e oscura della sua vita, tornarci era doloroso, faticoso. E tutto questo, le indagini, gli assassini, le falsità lo costringevano a rifarci i conti. A lui, che cercava di lasciarsi alle spalle le cose più brutte che aveva vissuto. Che tentava di dimenticare il male fatto e quello ricevuto. Il sangue, le urla, i morti. Che si ripresentavano dietro le palpebre ogni volta che le chiudeva. (...)  Nella palude Rocco Schiavone era come tutti gli altri. Né più né meno. Nella palude il confine tra bene e male, tra giusto e sbagliato non c’è. E non ci sono neanche le sfumature. O ti ci butti dentro, o ne stai fuori."

Rocco Schiavone non è il commissario..., ohps, il vicequestore! (non chiamatelo commissario che s'inalbera e vi scarica addosso una valanga di parolacce) scanzonato, ironico, solitario e sulle sue ma in fondo buono ed empatico cui ci hanno abituato personaggi memorabili come Poirot, Maigret o anche un Philip Marlowe; no, lui è indisponente e sembra far di tutto (in realtà gli viene proprio spontaneo, non si sforza affatto!) per risultare antipatico, arrogante e bifolco.
Però sa il fatto suo e basta uno sguardo dei suoi, carico di domande - quelle giuste! - e avvertimenti - "non fare il furbo con me chè ti sgamo immediatamente!" - per farti capitolare e confessare.
Perchè uno come lui sa come guardarti dentro, come scavare e arrivare negli angoli buii della tua anima, della tua mente; fiuta da lontano il marcio perchè lui in quel buio e in quel marcio ci vive ogni giorno, lo conosce fin troppo bene ed è lì che vivono i suoi dèmoni, i suoi incubi personali e più intimi, che lo tormentano da tempo e non lo lasciano in pace.

Ma non immaginatevi questo noir di Manzini come qualcosa di cupo, triste, di una malinconia mortale ed opprimente; sì, il protagonista è sicuramente un uomo con un passato difficile e doloroso alle spalle, ha un carattere ombroso e poco socievole, ma sa anche come regalarci momenti molto ironici, che ci fanno sorridere proprio perchè Rocco è così spontaneamente burbero da fare battutacce e osservazioni talmente crude e schiette da risultare, alla fine, buffo, comico.

Aggiungo che nella lettura mi ha "aiutata" molto il poter attribuire un volto (delle facce, dei toni di voce ecc...) ai personaggi, in primis a Schiavone, avendo guardato la serie con protagonista il formidabile Marco Giallini, che incarna perfettamente il vicequestore romano.

Un noir per me impeccabile, piacevolissimo, trama molto intrigante, location suggestiva e ben descritta, protagonista che "spacca" e conquista il lettore.

Mi è venuta voglia di continuare la serie, Rocco già mi manca!

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