mercoledì 11 dicembre 2019

Un libro in dono: LA VILLA. IL MURATO VIVO di Maurizio Castellani



Qualche mattina fa ho ricevuto, a sorpresa!, in dono un libro da uno scrittore che, molto carinamente, mi ha inviato il suo ultimo romanzo; di Maurizio Castellani ho già avuto il piacere di leggere i precedenti piacevoli gialli: DAKAR, VENDEMMIA ROSSO SANGUE, GATTA CI COVA. Mistero di Natale all'ombra delle Terme, LA VENTIQUATTRORE (Delitto in albergo).



LA VILLA. IL MURATO VIVO


167 pp
15 euro
Novembre 2019
Sei mesi prima Marco, insieme ai suoi amici Piero e Andrea, aveva risolto il caso dell’uomo impiccato a una trave di un albergo nell’incantevole città di Pienza. 
Da quel giorno non erano successi fatti degni di interesse, quando...
Questa indagine, tra il sacro e il profano ci porta indietro nel tempo. Siamo a Casciana Terme nel 1958 quando avviene un furto in una villa e la scomparsa misteriosa di un nobile e di un capomastro. 
Il ritrovamento fortuito di un cadavere porterà Marco a indagare sul fatto. 
Il nuovo comandante della stazione dei carabinieri, una bellissima donna veneta, lo aiuterà a risolvere l’enigma. 
Nonostante il triste e difficile caso da risolvere, i tre amici continueranno a comportarsi come se il potere della gioventù e della spensieratezza non li avesse mai abbandonati.

martedì 10 dicembre 2019

Novità Noir Frilli Editore: L'ANTIQUARIO DEL GAREGNANO di Paola Varalli || LA RAGAZZA CHE SORRIDEVA SEMPRE di Alessandro Reali



Due nuovissime uscite Frilli Editore: nel primo noir Anita Valli e Mirella Bonetti si si ritrovano invischiate per una pura e semplice casualità in un caso di omicidio; a seguire la pista che le due "squinzie" riuscono a scovare è il bel commissario Giorgio Santini.


L'ANTIQUARIO DEL GAREGNANO
di Paola Varalli 



Fratelli Frilli Editore
240 pp
14.90 euro
Milano, ottobre 2006, un uomo lascia un’agendina nera su una panchina della stazione Certosa. Anita Valli, che attende il treno al binario opposto, lo nota: è calvo e ben vestito, sembra guardare verso di lei, come se la conoscesse, quasi a inviarle una muta richiesta di aiuto. 
Anita si decide, scende nel sottopassaggio e recupera l’agenda. Da qui parte tutta una serie di misteri ed enigmi che porteranno Anita Valli e Mirella Bonetti, le due “squinzie” milanesi che abitano in via Gallarate, a indagare su un omicidio e su una faccenda di quadri poco chiara, con l’aiuto dell’amico Marchino, circondate, al solito, da personaggi piuttosto singolari. 
Tra una cenetta e un aperitivo, tra i numerosi “bianchini” e le pietanze che Anita ama cucinare (e che Mirella degusta volentieri) si spingeranno fuori città, sul vecchio furgone con cui Anita Valli trasporta i mobili per il suo laboratorio di restauro, alla ricerca di indizi… ma soprattutto di guai! 
E il bel commissario Giorgio Santini? Beh, al solito gli faranno vedere i sorci verdi, per fortuna che il suo aplomb è duro da scalfire.

L'autrice.
Paola Varalli, laureata in Architettura, ha lavorato come grafica e poi come progettista di allestimenti per fiere e mostre, cosa di cui si occupa tuttora. Ama il suo lavoro, adora leggere, e poi… la vela, le passeggiate nei boschi, i cavalli, l’orto, il cioccolato e gli amici sinceri: per fortuna può vantarne una vasta schiera! Ovviamente adora scrivere, lo ha sempre fatto solo per sé, fino a quando, nel 2005, ha deciso di affrontare la stesura di un romanzo e di prendere parte a un concorso letterario, vincendolo. Ha partecipato, vincendo, a concorsi letterari, come “Corpi” lanciato dal mensile “Marea” di Genova e “Milano Noir e Giald” indetto dal Centro Culturale Cox 18. È stata finalista con due racconti in altrettante sessioni di “Giallo Milanese” e le sue storie sono pubblicate su diverse antologie, tra cui 44 gatti in noir e Tutti i sapori del Noir (Fratelli Frilli Editori). Tra gli autori preferiti: Simenon, Carofiglio, Amado, Izzo, Camilleri, Márquez, Baricco, Bartezzaghi, Markarīs, Agatha Christie, Vargas, Grossi. Il suo romanzo noir Incroci Obbligati, primo premio al concorso “Delitto d’Autore” 2005 patrocinato da ACSI di Lucca, è stato pubblicato presso la Fratelli Frilli Editori nel novembre del 2017. Con questo noir si è aggiudicata un posto in finale al premio letterario “Garfagnana in giallo 2018” e una menzione a “Giallo Garda 2019” nelle sezioni giallo classico e romanzi editi. Con Oakmond Publishing ha pubblicato Trilogia milanese
.


L'ottava indagine dell’Agenzia Investigativa Sambuco & Dell’Oro di Pavia. Un nuovo caso per la oramai nota coppia di investigatori privati pavesi. Un serial killer colpisce seminando vittime e una crescente paura.


LA RAGAZZA CHE SORRIDEVA SEMPRE
di Alessandro Reali 


Fratelli Frilli Editore
150 pp
12.90 euro
Con la globalizzazione anche la provincia italiana è cambiata, negli usi, nei costumi e nei linguaggi, ma sotto la patina superficiale dettata dalle nuove abitudini e dai nuovi abitanti, si diramano, intrise nella loro storia, le radici di sempre: famiglie più o meno note, generazioni vecchie e nuove, con i loro progetti e i loro segreti, le loro qualità e le loro infezioni. 
La nuova avventura di Sambuco e Dell’Oro, impegnati a indagare sulla morte apparentemente senza movente di Federica, “la ragazza che sorrideva sempre”, si svolge su questo palcoscenico. Come attori di un dramma, vediamo sfilare una serie di personaggi protagonisti sulla stessa tela, una città della provincia italiana del nord; subdoli, angosciati, falliti, grotteschi e torbidi, tra gelosie e ripicche, odi antichi e nuove rabbie, rivalse e invidie mascherate.
 Una storia che affonda le radici nel passato: un omicidio avvenuto molti anni prima, un mistero solo in parte risolto. 
Anche i nostri due detective sono protagonisti inevitabili della medesima tela. Forse, per questo, è palese il loro smarrimento tra esseri umani che si conoscono da sempre. 
Perché la provincia italiana è ancora così, nonostante tutto: un luogo a parte, in cui le relazioni, i rapporti, sembrano più intimi e pregnanti, dove odio e amore hanno confini labili, dettati, di volta in volta, da opportunismo, ipocrisia e, soprattutto, conti da saldare col passato.

L'autore.
Alessandro Reali è nato a Pavia il 4 febbraio 1966. Per Fratelli Frilli Editori ha già pubblicato Fitte nebbie. La prima indagine di Sambuco & Dell’Oro (2012 III ed.), La morte scherza sul Ticino. La seconda indagine di Sambuco & Dell’Oro (2013 II ed.), Risaia crudele. Quei giorni dell’inverno del ’45 (2014), Sambuco e il segreto di viale Loreto. La nuova indagine di Sambuco & Dell’Oro (2014), Ritorno a Pavia. Un altro Natale per Sambuco & Dell’Oro (2015), La Bestia di Sannazzaro. Lomellina, inverno di guerra 1917 (2016), Ultima notte in Oltrepò (2016), Il fantasma di San Michele (2017) e Pavia sporca estate (2018). Per Ticinum Editore ha pubblicato la raccolta di racconti Il diavolo del Ticino (2017).

domenica 8 dicembre 2019

"UNTI E BISUNTI.Viaggio nell'Italia dello street food" di Chef Rubio



 Condito con le ricette delle sfide che lo hanno visto protagonista, insaporito da aneddoti da backstage e simpatiche curiosità, servito con uno stile frizzante, romanesco e sincero, il diario di viaggio di Chef Rubio ci svela un grande segreto: in cucina non importa che tu sia un cuoco stellato o un semplice appassionato, occorrono curiosità, amore per il cibo e la sua condivisione.


UNTI E BISUNTI. Viaggio nell'Italia dello street food
di Chef Rubio


Ed. Sperling&Kupfer
214 pp
Ho cominciato a seguire Chef Rubio abbastanza... "tardi".
Mi capitava, le prime volte, di dare un occhio ai suoi programmi su DMAX e sul Nove (Unti e Bisunti, Camionisti in trattoria ecc...) ma senza soffermarmici più di tanto, anzi pensando si trattasse dell'ennesimo "programma di cucina", di quelli che nascono, si moltiplicano e abbondano su tutti i canali, a tutte le ore, a partire da celebri pasticcieri, passando per cucine e hotel da incubo e terminando con le sfide tra dilettanti appassionati di cucina, giudicati da professionisti del settore...
Insomma, ad essere sincera non sentivo il bisogno di conoscere un altro cuoco e un altro programma che nulla aggiungessero a ciò che già c'è in tv.

Finché un giorno non m'è scattata la curiosità; ho iniziato a seguire Rubio più che altro sui social, ho guardato e apprezzato moltissimo l'ultima trasmissione che l'ha visto protagonista sul Nove (Alla ricerca del gusto perduto) e... e boh, m'è salita la smania di recuperare quello che di lui mi ero persa in tv fino a quel momento.
E ho capito che a me Chef Rubio piace.
Mi piace il suo modo di raccontare il cibo, i luoghi visitati, le persone, le tradizioni culinarie di un posto - quelle antiche, che ancora resistono in alcuni angoli di mondo, nonostante il tempo passi e certe abitudini e modi di cucinare inevitabilmente cambino, diventando più... "raffinati" e adeguandosi a nuove esigenze e tecniche di cucina.

Il modo che ha Chef Rubio di presentarsi al pubblico - diretto, anticonvenzionale, ironico, autentico, rustico - è ciò che lo rende diverso dai suoi colleghi e, se piace, piace principalmente proprio per questo, almeno per come la vedo io.

Se c'è una cosa che emerge dall'approccio di Rubio all'universo cibo è il suo voler trasmettere una certa idea di cucina, che poi è quella che lui condivide: immersa nei luoghi e influenzata dalle persone che col cibo c'hanno a che fare tutti i giorni e da una vita.

E solo uno chef che di schizzinoso non ha nulla, che non storce il naso davanti a piatti e specialità dai sapori... non forti, di più, può andarsene in giro con i suoi fornelli per tutta l'Italia assaggiando di tutto e sfidando le leggende dello street food all'insegna del piacere estremo.

"...non è un caso che abbia scelto lo street food (...). Perché il cibo di strada (...) rispetta il passato e fa parte del folklore locale. Usa ingredienti tipici e li prepara in maniera artigianale. Informale, pronto, poco costoso. Questo, per me, è il cibo più vero".

Questo libro è una sorta di diario in cui Gabriele Rubini ci racconta a modo suo l'avventura professionale e umana che ha accompagnato i suoi viaggi da Nord a Sud lungo il nostro stivale girando le puntate della prima stagione di Unti e bisunti, e infatti qui ritroviamo le persone incontrate, le usanze e la storia dei cibi più tipici e più gustosi da mangiare per strada, e ogni tappa prende il via con la perlustrazione dei luoghi da parte di Rubio, il suo giro per vie, piazze e mercati lasciandosi guidare dall'olfatto, alla ricerca di piatti-sfida indimenticabili, per i quali è indispensabile rifornirsi di materia prima di qualità per realizzare le pietanze nel modo più fedele possibile.

Alla fine di ogni capitolo ci sono le ricette originali dei personaggi sfidati, che ci ricordano come in ogni piatto, in ogni sapore, in ogni ingrediente locale usato, c'è tutto un mondo dentro, c'è la storia di una città, di un paese, ci sono i racconti delle persone che hanno arricchito quest'esperienza... e, per me che ho imparato ad amare le trasmissioni di Rubio, è un modo per ripercorrere il viaggio gastronomico apprezzato già in tv.

L'unico problema è che mentre leggevo - che fossero le sette di mattina mentre mi recavo a lavoro, o all'una di pomeriggio mentre tornavo a casa da lavoro, non cambiava nulla - mi veniva fame, unita ad una gran voglia di visitare gli stessi posti e assaggiare le stesse cosette divorate da Rubio. Invidia pura.

Chef Rubio valorizza il cibo di strada, il modo di cucinarlo e tutto quello che c'è dietro, e questo mi piace e ci ricorda che attorno all'arte del mangiare convergono il nostro passato e il nostro presente, che il cibo è condivisione e cucinare per gli altri è una forma di amore; così tra queste pagine, corredate da istantanee prese dalle puntate, mi son ritrovata davanti al panino con il lampredotto, quello con la milza, il cuoppo di alici, la cicerchiata... roba fritta, unta, gustosa,  decisa nei sapori, sfiziosa (sbizzarritevi pure con gli aggettivi) e che poco poco ti fa venire voglia di percorrere le orme di fra' Rubio  lungo il cammino dei "santuari gastronomici italiani" per riscoprire la fede nel buon cibo - quello di strada, nel nostro caso.


mercoledì 4 dicembre 2019

Recensione: LASCIA CHE LE COSE ACCADANO di Ksenija Stojic



Quali parole e quali giusti consigli potremmo rivolgere ad una persona che ha da poco perso un proprio caro e che soffre per questa perdita?
Il presente libro nasce dall'esigenza dell'autrice - psicologa e psicoterapeuta - di andare incontro alla richiesta di una paziente che, avendo perso la madre, le chiese di consigliarle qualche testo che potesse aiutarla ad affrontare il profondo dolore.




Lascia che le cose accadano 
di Ksenija Stojic

Europa Ed.
177 pp
14.90 euro


"...gradatamente, in lei si rinforzava la sensazione di essersi rigenerata, la consapevolezza di essere cambiata nel profondo. Un tempo non accettava i cambiamenti; li frenava, perché si sentiva impotente di fronte a loro, si sentiva sconfitta. Assunse la consapevolezza di aver finalmente imparato a lasciare che le cose accadano."

L'amicizia, quella vera, è un rapporto in grado di cambiarti la vita, di darle un senso quando sembra si sia perso, di sollevarti quando ti senti abbattuto, di aiutarti a vedere le cose dalla giusta prospettiva, evitando di chiuderti in te stesso ma, al contrario, aprendoti al mondo che ti circonda.
Nonostante il dolore che ti trafigge e che ti annienta.
Nonostante la solitudine che ti fa paura ma alla quale, giorno per giorno, ti abitui (e non sempre è un bene...).

Mare è una giovane donna che ha perso tragicamente prima entrambi i genitori e poi la cara nonna, che aveva cominciato a prendersi cura di lei quando la nipote era rimasta orfana.

Perdere tutte e tre le persone più importanti della propria vita è un colpo davvero duro da sopportare e la ragazza tenta un gesto estremo, spinta dalla disperazione, dal senso di profonda solitudine, convinta che non ci possa essere per lei alcuna felicità futura.
Ma grazie al tempestivo intervento di un ragazzo - che, con pazienza, aspetta di far breccia nel suo cuore, convinto di conquistarla, presto o tardi - riesce a salvarsi e di lei si prende cura una lontana parente, suor Giulia.
La donna è anziana e Mare sa che i rapporti con lei non sono mai stati stretti, eppure la zia l'accoglie in casa con un amore smisurato, dandole tutto il tempo per riprendersi fisicamente ed emotivamente.

Certo, non è semplice: Mare è sfiduciata, triste, arrabbiata con la vita che le ha tolto le persone amate...; è laureata in archeologia (come i genitori) ma per ora non sembra avere sogni e ambizioni relativi alla carriera.
Che fare? Pur essendo così giovane, Mare è spenta, demotivata, s'è chiusa in un bozzolo di dolore e pare non avere la forza né la voglia di uscirne.

E il pericolo più grande, per lei, che è ancora tanto giovane, è quello di arenarsi e rinchiudersi in se stessa, allontanando il mondo da sé, non trovando in esso alcuno stimolo.

Così, la saggia zia suora contatta un amico di vecchia data, religioso come lei: don Pietro, un sacerdote buono, comprensivo, amorevole, sempre pronto a offrire il proprio aiuto a chi è in difficoltà.
L'uomo prende Mare sotto la propria ala protettiva e comprende che la ragazza, dopo i lutti subiti e il suicidio mancato, ha bisogno di ritrovare se stessa, di vivere un periodo di assoluta tranquillità e rilassatezza, senza sentirsi addosso pesi, domande, aspettative di alcun tipo.

All'inizio Mare va a stare per qualche tempo dalla sorella di don Pietro, la buona e simpatica Agata; fratello e sorella rispettano i silenzi della loro giovane ospite, la lasciano libera di trascorrere serenamente e come meglio preferisce le proprie giornate, e pian piano per la ragazza cominciano ad aprirsi spiragli positivi di "rinascita".

La vicinanza a Pietro e ad Agata, due persone che - seppur per ragioni e scopi differenti - hanno fatto rinunce e sacrifici per qualcuno/qualcosa più importante di se stessi, colpisce Mare, che è sempre stato un tipo colto, molto sveglio, dall'intelligenza acuta, dalla sensibilità spiccata, e di fronte ai due anziani non può esimersi dal porsi domande importanti.

"Che cosa trovavano di buono, se mai qualche cosa di buono c’era, nel rinunciare ai propri sogni per il bene altrui?"

Quale e quanto amore è in grado di contenere il cuore di una persona per indurla a sacrificare se stessa per il prossimo?
Mare si rende conto di non averci mai pensato e di aver dato sempre per scontato l'amore e le premure ricevute in passato dai propri cari.

Ma don Pietro non ha finito con lei: avendo notato che la ragazza ha iniziato a mostrare una maggiore serenità ed apertura alla vita, le presenta una signora, anch'ella avanti con gli anni, Giovanna.

La storia di Mare si incrocia con quella di Giovanna, una donna con un vissuto particolare, doloroso, costellato da addii, rinunce, delusioni, amarezze, eppure tutto questo non ha tolto a Giovanna la capacità di guardare il mondo con curiosità, la voglia di scoprire ancora il bello che l'attende, la necessità di vivere ogni giorno in modo ricco, intenso, perchè la vita è una ed è preziosa, non va sprecata, anzi, dobbiamo sforzarci di continuare a ricercare ciò che la rende meravigliosa e degna di essere vissuta appieno.
E nel suo passato c'è stata una persona per lei importantissima che, più di tutti, le ha insegnato questa verità.

Giovanna non è credente, non nel senso comune del termine; non è cattolica, pur essendo molto amica di don Pietro e trascorrendo con lui ore a dialogare su questioni e interrogativi di natura religiosa, esistenziale, etica..., e i due, pur trovandosi spesso in disaccordo, traggono giovamento dai loro vivacissimi e stimolanti scambi dialettici, che avvengono sempre nel più assoluto rispetto e all'interno di una relazione amicale sostenuta da un sincero affetto.

L'Autrice intervalla il racconto del presente - in cui vediamo Mare interagire con le tre persone che le stanno amorevolmente vicino e che, benché siano di un'altra generazione, si stanno rivelando un'ottima compagnia, che tanto sta insegnando alla ragazza - con il passato, in cui la protagonista principale è Giovanna, che da ragazzina era molto amica di Agata, e con Pietro stava nascendo un sentimento che sarebbe potuto sbocciare in qualcosa di diverso e di bello se... le cose non fossero andate come sono andate.
Nel bene e nel male.

Ci si appassiona alle vicende di Giovanna, perché vediamo in lei un carattere forte, che ha fatto delle sofferenze vissute dei punti di partenza per crescere, maturando empatia, sensibilità, amore, accettazione di tutto quello che, di brutto e di bello, il vivere quotidiano porta con sè, e che non sempre possiamo cambiare.

Mare è come l'elemento della natura di cui porta il nome: vive momenti (periodi) di tempesta, scossa da onde troppo alte e pericolose, ma le acque non possono restare agitate per sempre: a un certo punto arriva la quiete, la proverbiale e tanto agognata "calma dopo la tempesta", cui segue la pace dei pensieri, dei tumulti interiori, dei tormenti dell'anima.
E a supportarla in questo cammino per superare la sua personale crisi esistenziale ci pensano tre persone anziane: la dialettica tra la vecchiaia e la gioventù, tra chi la vita l’ha vissuta e chi ha paura di viverla, tra chi deve ancora imparare cosa sia l'amore, il sacrificio e chi invece l'ha sperimentato sulla propria pelle, tra chi non ha paura della morte e chi la teme da sempre, comporta uno scambio di riflessioni e di pensieri che incidono profondamente sulle personalità dei protagonisti.

Tutti e quattro, infatti, per quanto in misure e per motivi diversi, hanno da comprendere qualcosa di sè e degli altri, affinando le proprie risorse emotive e psicologiche, utili per sviluppare un approccio alla vita che sia ricco, stimolante, positivo, che veda ciascuno quale attore protagonista della propria esistenza, fino all'ultimo giorno su questa terra.

"per raggiungere il senso della propria esistenza, ciascuno di noi dovrebbe sviluppare in pieno le proprie risorse, cioè le doti e qualità possedute."

Ascoltare le esperienze di chi è più grande, ragionare con ciascuno a mente lucida, sgombra da preconcetti e timori, aiuterà Mare a sviluppare la consapevolezza che la sofferenza, come la felicità e il piacere, fa parte della vita; non potrà mai evitare che il dolore bussi alla sua porta, ma potrà imparare a reagire ad esso in modo da non crogiolarsi più nelle ferite, ma guardando avanti nonostante la sofferenza, coltivando sogni, progetti, relazioni, dando spazio a tutto quello che può regalarle emozioni e una rinnovata energia.

"Vedere la bellezza richiede una grande concentrazione e un cuore libero dagli schemi della quotidianità."

È una sfida notevole, per Mara, forse la più importante della sua vita, per vincere la quale dovrà lavorare molto sulla propria interiorità, aprendosi gradualmente agli altri, alle tante esperienze che l'aspettano e dietro le quali può celarsi la vera felicità.

Un romanzo molto introspettivo, che scava mirabilmente nel cuore e nella psiche dei personaggi, le cui connessioni e conversazioni sono ricche di domande, spunti di riflessione, valori spirituali fondamentali, che colpiscono il lettore e lo coinvolgono, come se fosse anch'egli in compagnia di Mare e Giovanna, a disputare su questioni che hanno a che fare con la vita e con ciò che la rende il miracolo e il dono meraviglioso che è.
Una scrittura che va in profondità, e lo fa con fermezza e delicatezza insieme, e, pur avendo un carattere "meditativo", non assume mai toni didascalici perchè ogni riflessione e considerazione spirituale ed esistenziale giunge a noi attraverso dialoghi vivaci e piacevoli da leggere e attraverso la narrazione di storie di persone "normali", comuni, ma proprio per questo straordinarie e degne di interesse.

Molto bello, lo consiglio a quanti desiderano e ricercano una lettura che non sia mero intrattenimento ma offra input importanti su cui riflettere e posizioni/opinioni con cui confrontarsi.



martedì 3 dicembre 2019

Segnalazioni editoriali - noir, fantasy e sci-fi distopico



Cari lettori, oggi vi presento alcune recenti pubblicazioni appartenenti a vari generi letterari (noir, fantasy e sci-fi distopico).


Le Gocce di Lazhull, romanzo d’esordio di Mirko Hilbrat, è il primo volume della saga
Fantasy “La Rosa dei Venti”: l’uscita del secondo è prevista per il 2020.



550 pp
22 euro
Rion è un valoroso e giovane soldato dal cuore gentile e coraggioso. Scampato a morte certa, non ha alcun ricordo del suo passato, se non sogni sporadici che lo lasciano smarrito.
Si scopre però molto abile nel combattimento e, giunto nelle terre di Alexandria, viene nominato cavaliere e designato a misurarsi in un torneo celebrativo della pacifica alleanza tra i  tre regni delle terre del Grimorio.
Ma la pace è destinata a durare poco. Il malefico Signore dell’Ovest anela al dominio su tutte le terre e mira a  impossessarsi delle Gocce di Lazhull, piccole pietre forgiate con le acque incantate di un lago, che celano un grande potere.
Così muove il suo esercito, che semina distruzione e morte.
Rion non si sottrae alla difesa delle terre che lo hanno accolto e si ritrova nel mezzo di una guerra sanguinosa, tra battaglie e missioni segrete che si susseguono a ritmo serrato.
Al suo fianco però ha persone di cui può fidarsi, che ora sono la sua famiglia. E soprattutto, accanto a lui c’è la principessa
Syria, magnifica e indomabile, che gli ha rapito il cuore e  l’anima…

La fantasia caleidoscopica dell’autore dà vita a una storia ricca di azione e popolata di personaggi originali per l’universo Fantasy: non solo draghi e cavalieri, ma anche vampiri, mannari e antiche creature alate. Né mancano ispirazioni provenienti dal mondo dei fumetti, dei videogiochi e degli anime. Nell’attesa del secondo volume della saga, “Le Gocce di Lazhull” è un coinvolgente romanzo di grande impatto e dal finale spiazzante, nel quale il classico e l’innovazione si tengono a braccetto in una riuscitissima coreografia.

L’autore
Mirko Hilbrat è nato a Roma, dove vive tuttora, nel 1981. Ha frequentato l’Istituto d’Arte e si è
diplomato in Grafica Pubblicitaria. Avido lettore fin da bambino, ha sempre amato disegnare, giocare ai videogiochi e soprattutto ideare storie. I fumetti, gli anime, i videogiochi, i film e le serie hanno un elemento comune che per lui è molto importante: raccontano storie. Inizia quindi a concepire una vicenda avventurosa che, nelle sue intenzioni, doveva accompagnarlo in un mondo fantastico, insieme ai suoi amici, per un gioco di ruolo. Decide in seguito di provare a raccontarla usando le parole, facendone quindi un romanzo. Da questo è nata la saga Fantasy “La Rosa dei Venti”, che raccoglie mondi e suggestioni che hanno sempre affascinato questo promettente autore.



Il 29 novembre è uscito Mirika, il secondo volume della trilogia La Principessa dei Mondi, un romance distopico sci/fi edito Genesis Publishing e scritto da Monica Brizzi.

Genesis Pub.
266 pp
3.99 euro (ebook)
10.60 euro (cart)
«Allora, mi spieghi chi sei?»
Aspettai qualche istante, lasciai che i miei pensieri si arrampicassero su uno specchio immaginario alla ricerca di una soluzione, ma non la trovai. Non avrei potuto nascondere a lungo come mi chiamavo davvero, né cosa rappresentavo.
«In poche parole? Il nemico» risposi. «Per entrambi i pianeti che conosci» proseguii.
Diressi il mio sguardo su di lui e confessai. «Il mio nome è Niristilia.»


Lei è una principessa. Lui il capo dei ribelli.
E stanno tornando.

Il mondo è in pieno caos. La Terra cerca di non soccombere alle perdite che conflitti, sfruttamento delle risorse e cambiamenti climatici hanno causato. Mirika, intanto, si fa umiliare dal sovrano che spadroneggia su entrambi i pianeti.
Ciò nonostante, le cose stanno per cambiare. Perché Niris sa cosa la aspetta e non può in alcun modo sottrarsi ai suoi doveri. Mentre cerca di capire come gestire ciò che è diventata con ciò che prova per Max, il suo nome diventa leggenda, a fianco di quello del capo dei ribelli e dell’intera sezione che gestisce, H.
Da una città all’altra, tra numeri, perdite e nuove conoscenze, Max e Niris sono pronti per la loro nuova missione.

Mirika è il secondo avventuroso volume della saga romance-distopica La Principessa dei Mondi. Siete pronti a ritrovare i tanto amati personaggi de La Terra?


La serie è composta da:
La Terra - La Principessa dei Mondi #1
Mirika - La Principessa dei Mondi #2
Inedito



L'autrice.
Moglie. Mamma. Lettrice. Docente. Adora inventare storie e scriverle. Ha sempre sonno e lo dice con frequenza. Per sopperire alla mancanza di argomenti riguardo a se stessa finisce spesso per parlare di cibo. O del tempo. Oltre che della trilogia La Principessa dei Mondi, è autrice di Ogni singola cosa, Amore, libri e piccole follie, È qui che volevo stare e Innamorarsi ai tempi della crisi
.



Arianna Zeta - The Angels of Assassination di Flavia Zanirato è un noir a tinte forti, con una protagonista spietata, a tratti sopra le righe, talvolta esagerata nelle sue azioni, ma anche affascinante nella sua coerenza omicida. Una donna che si fa amare o detestare, senza mezze misure.

L’autrice, che si nasconde sotto lo pseudonimo di Flavia Zanirato, è un’assistente di volo, che per
Cartabianca publishing
136 pp
13 euro (cart)
ragioni professionali preferisce non apparire con il suo vero nome. 
Ha creato la protagonista immaginandola come una collega esasperata dai piccoli e grandi soprusi di cui è testimone, in volo e nella vita di tutti i giorni, che la spingono a trovare una professione parallela: la killer professionista.
Nasce così questa raccolta di dodici racconti sulle imprese di Anna Vailati, alias Arianna Zeta, inappuntabile hostess e spregiudicata giustiziera, che uccide canaglie di vario genere spostandosi con naturalezza dalla cabina di un Boeing 737 ai viali dell’EUR a Roma, da una splendida isola sarda semidisabitata alla provincia veneta, da una cena aziendale in una villa fuori Mantova alla campagna intorno al Circeo.
Il libro si chiude con una tredicesima storia, meno sanguinaria e molto più misteriosa. Un racconto di presagi che sembra vero. E magari, chissà, lo è veramente…

L'AUTRICE
Flavia Zanirato è lo pseudonimo di un’assistente di volo di una linea aerea italiana. Nata a Rovigo, vive da tempo a Roma nel quartiere dell’EUR e divide l’appartamento con una gatta nonché una collega che non vede praticamente mai. Scrive per passione spy stories, storie noir e ha pubblicato diversi racconti in varie antologie
.

lunedì 2 dicembre 2019

Bilancio di letture di novembre 2019



Accipicchia, ma sbaglio o il 2019 sta per terminare?!?!
No perché questo è il recap del penultimo mese dell'anno...! o.O

E mentre io mi riprendo dallo shock circa lo scorrere del tempo che, detto tra noi, va davvero troppo veloce, eccomi qui con il riepilogo delle mie letture novembrine.




  • NATALE ROSSO SANGUE (Autori Vari). I racconti che compongono l'antologia, tutti ad altissima tensione e carichi di suspense, hanno incomune l'ambientazione natalizia e tengono incollati i lettori su ogni singola pagina.
  • ARRIVÒ I PRIMI DI GENNAIO di Livin Derevel. L'adolescenza è così: complicata, movimentata, piena di turbamenti, paure, insicurezze, ma anche ricca di emozioni travolgenti, deliziose infatuazioni, baci rubati e vere amicizie che sfidano il tempo e le distanze.
  • POLOM PROJECT di Stephenie Queen: i due giovani ed impavidi protagonisti, unici eredi di un progetto scientifico dalla portata notevole e che fa gola ad un gruppo di gente senza scrupoli, vivranno un'avventura pericolosa e all'ultimo respiro, dalla quale non dipenderà soltanto la loro singola esistenza ma forse anche quella di molte persone.
  • SVEGLIARSI CON TRUMP UNA MATTINA  di Peppe Lanzetta. Una nuova indagine complicata attende il commissario Peppenella che, destreggiandosi tra vecchi casi non risolti, juventini ammazzati, pene d'amore e subalterni un tantino strambi, fa sentire il suo grido dalle periferie dimenticate per cercare di scuotere le coscienze di tutti.
  • PURCHÈ SIA AMORE di Barbara Nalin: un romance contemporaneo che ruota attorno a passioni ed amori intensi, una protagonista romantica alla ricerca del vero amore, quello che ti fa sentire viva e... "a casa".
  • ORIZZONTI di Francesco Canfora: raccolta poetica divisa in due parti: la prima, composta da poesie a verso libero, ha al centro domande sul senso della vita e sulle istanze spirituali dell’uomo; la seconda comprende solo poesie haiku, nelle quali, secondo la tradizione giapponese, il poeta esprime prevalentemente le sensazioni che prova davanti alle manifestazioni della natura
  • SUOR GIOVANNA DELLA CROCE. L'anima semplice di Matilde Serao: la sessantenne suor Giovanna della Croce, al secolo Luisa Benincasa, dopo più di trent'anni trascorsi in un convento di clausura, è costretta a tornare "nel mondo", scontrandosi così con una realtà ormai a lei estranea e davanti alla quale si ritroverà sola ed impreparata.
  • LA SCOPERTA DELL'INTELLIGENZA di Elisabetta Cicciola. Un saggio molto interessante che si concentra sulle ricerche di Alfred Binet nell'ambito della psicologia sperimentale e sul percorso scientifico che l'hanno portato ad elaborare il suo fortunato test.
  • TUTTO È SCRITTO  di Simone Ruggerini: la vita, le paure e gli amori di un gruppo di ragazzi di Parma si incrociano con una serie di delitti, si intrecciano insieme a nuovi personaggi alla ricerca di risposte su quanto accaduto durante il periodo degli omicidi, in un crescendo di avvenimenti drammatici e paranormali, fino ad arrivare a un movimentato e inaspettato epilogo.
  • GLI SPIRITI NON DIMENTICANO di V. Zucconi, che narra, come se fosse un romanzo, la vita del leggendario guerriero Sioux "Cavallo Pazzo", le continue lotte con l'Uomo Bianco, fino ad arrivare al tragico epilogo per gli indiani.


Tra queste letture, menziono Arrivò i primi di gennaio, che mi ha conquistata e convinta per la fluidità della narrazione, i personaggi ben caratterizzati e le tematiche adolescenziali affrontate con delicatezza ma anche spigliatezza; Suor Giovanna della croce per il racconto verista che l'autrice ci dà della povertà e della miseria; Gli spiriti non dimenticano per avermi immersa nella vita e nelle usanze dei Lakota Sioux, attraverso il mitico Tashunka Uitko (Cavallo Pazzo).



Attualmente sto leggendo:

- LASCIA CHE LE COSE ACCADANO di Ksenija Stojic, che ha al centro la bellissima amicizia tra due donne, diverse per età e vissuto, che hanno tanto da donarsi reciprocamente;
- MAX di Sarah Cohen-Scali, che ci racconta dell'assurdo Progetto Lebensbornideato  dal nazismo per favorire la nascita di bambini ariani ed elevare così il grado di «purezza» del popolo tedesco.


sabato 30 novembre 2019

Recensione: GLI SPIRITI NON DIMENTICANO di Vittorio Zucconi



Tashunka Uitko, "Cavallo Pazzo", è stato uno dei guerrieri Sioux più leggendari di sempre e la sua vita avventurosa, seppur breve, è stata votata alla difesa del diritto della sua gente a vivere come e dove aveva sempre vissuto, sulla propria terra.


GLI SPIRITI NON DIMENTICANO
di Vittorio Zucconi

Mondadori
371 pp

"Catturare Cavallo Pazzo, ucciderlo o costringerlo alla resa divenne la priorità, l'ossessione del governo."

Vittorio Zucconi, giornalista e scrittore italiano naturalizzato statunitense (morto a maggio di quest'anno), ha ricostruito in questa biografia la vita di Cavallo Pazzo, il figlio del tuono e della grandine, che nel 1876 sconfisse il Settimo Cavalleggeri di Custer a Little Bighorn.

È un racconto preciso, scorrevole e piacevole da leggere come se fosse un romanzo o un film, ed è inevitabile che si respiri un'aria leggendaria, quasi magica e sicuramente "mistica", come se queste pagine emanassero una sorta di alone di rispetto per un guerriero coraggioso e indomito, con la sua caratteristica penna di falco rosso tra i capelli, i capelli sciolti al vento, che, prima di essere un combattente, un eroe per la sua gente, è stato principalmente un uomo.
Con le sue passioni, i suoi dubbi, i suoi tormenti interiori, le sue risorse fisiche e spirituali, che voleva semplicemente vivere nella terra dei suoi padri, con il suo popolo, e che si è battuto per questo con tutte le sue forze.

Zucconi ha scavato nella vita di questo "messia guerriero", inquadrandolo nel suo contesto e periodo storico, entrando nella vita quotidiana dei Pellerossa, parlandoci delle donne, dei bambini, degli amori, dei riti e delle disperazioni di quello che fu un magnifico popolo di liberi cacciatori: i Lakota Sioux delle Grandi Praterie.

Il cinema e la tv americani ci hanno abituati a una certa concezione dei pellerossa: selvaggi col volto pitturato, agghindati con piume, mezzi nudi, pronti a urlare come indemoniati in groppa ai loro cavalli e, soprattutto, assetati di sangue e con la fissa di fare lo scalpo ai poveri "visi pallidi".
Da questa visione "negativa" e spaventosa, che dipinge gli Indiani d'America come i cattivoni di turno, si è passati nel tempo a pensare ad essi quali vittime innocenti e mansuete della crudeltà imperialista dei bianchi.
In entrambi i casi, gli indiani restano intrappolati in questi opposti stereotipi costruiti dalla cultura dei vincitori.

La verità è che le tribù native americane - Sioux, Cheyenne, Corvi,  Aràpaho, Apache e tutte le 500 nazioni indigene che popolavano il Nordamerica prima dell'arrivo di Colombo - non possono essere racchiuse in una o nell'altra visione, perché sarebbe riduttivo e fuorviante: esse erano composte da uomini, che come tali erano capaci tanto di violenza quanto di tenerezza, di ingordigia come di generosità, di odio e di amore. 
Sono stati padri e madri, mogli e mariti, artigiani e cacciatori, guerrieri forti e spietati ma anche adolescenti intimiditi, e la vita ne ha fatti ora dei vittoriosi conquistatori ora degli sconfitti.

Personalmente ho sempre avvertito un certo interesse verso gli Indiani d'America ma non ho mai approfondito più di tanto tutto ciò che concerne la loro cultura, storia, usanze, riti ecc..., e non ho mai davvero considerato cosa essi hanno dovuto subire e affrontare a causa delle mire espansionistiche del governo statunitense.

"La guerra fra gli Stati Uniti d'America e gli indiani delle Grandi Praterie - che sarebbe durata più di vent'anni e sarebbe finita con lo sterminio dei Sioux - era cominciata formalmente, in quel 1854", a causa... di una mucca rubata a un mormone e mangiata dai pellerossa...!

Da quel momento si sono susseguite una serie di conflitti sanguinosi tra i "soldati blu" e gli indiani, e diversi di questi sono narrati come dei veri e propri massacri, delle carneficine in cui ci sono andati di mezzo non solo guerrieri e militari, ma soprattutto tanti civili innocenti.

Harney, Fetterman, Chivington, Carrington, Custer...: molti capitani e colonnelli si sono succeduti a comando dei propri uomini in giacca blu, per provare ora a contrattare con gli "ostili", ora a sterminarli per poter avere finalmente libero accesso alle loro terre, tanto più quando ci fu la corsa all'oro nelle Colline Nere (che si estendono dal South Dakota al Wyoming).

Tra le battaglie più importanti che hanno segnato le ostilità tra l'Uas'ichu (l'Uomo Bianco) e i nativi, ricordiamo il massacro di Sand Creek (di cui vi ho brevemente parlato ieri, in occasione del 155° anniversario, in cui l'esercito americano si macchiò di un atto davvero infame, compiendo una strage e sterminando un intero villaggio, donne e bambini compresi) e la battaglia di Little Big Horn, avvenuta il 25 giugno 1876, in cui furono i nativi americani a riportare un’importantissima vittoria contro il Settimo reggimento di cavalleria dell'esercito U.S., riuscendo anche a uccidere il loro comandante, il generale George Armstrong Custer.

Ma questo libro non è semplicemente un resoconto storico, fatto di battaglie, date, luoghi, nomi di capitani o di guerrieri  alcuni dei quali molto famosi (Pentola nera, Nuvola Rossa, Toro Seduto...), ma è ancor prima il racconto struggente e meraviglioso di un popolo antico e orgoglioso, rappresentato in queste pagine in particolare da lui, Cavallo Pazzo, e noi lettori immancabilmente veniamo rapiti da una sorta di incantesimo davanti a questo personaggio straordinario, e ne percepiamo l'umanità, la sua grandezza che risiede non tanto nell'essere stato un combattente, quanto nella sua personalità complessa e che merita di essere conosciuta.

Tashunka Uitko, chiamato "Riccetto" da ragazzo (per i suoi capelli ricci), che prese la decisione di combattere  per sempre i "bianchi" dopo aver visto il proprio villaggio distrutto dai soldati federali, era un uomo solitario, di poche parole ma autorevole, stimato, incline alla preghiera, alla meditazione, alla ricerca di visioni da parte del Grande Spirito, affinchè gli indicasse la via e gli desse forza e saggezza nella sua "missione" di guerriero.

Non ha avuto una vita lunga, Cavallo Pazzo; non si sa con certezza l'anno della sua nascita (tra il 1840 e il 1845) mentre si conosce il giorno della sua morte, avvenuta il 5 settembre 1877, eppure essa è stata piena di eventi straordinari, e la bravura dello scrittore sta nell'aver avvicinato al lettore la figura di quest'uomo su cui aleggia un fascino immortale, di averci trasmesso i suoi tanti stati d'animo, le sue intuizioni e le sue mirabili tattiche per attaccare i nemici, i rapporti con la sua gente, l'amore per le poche donne della sua vita, la preoccupazione e la cura per il suo popolo, il rispetto per la terra ereditata dai padri e il desiderio di vivere e morire lì dove essi erano nati:

"Per noi indiani, la Terra è il paradiso, il luogo che lo Spirito ha creato e scelto appositamente per noi, e che non abbiamo dunque né il diritto, né la voglia di cambiare".

Mi ha provocato molta rabbia leggere di come l'Uomo Bianco non abbia avuto alcun rispetto per queste tribù, che avevano tutto il diritto di vivere nei loro territori, e di come spesso i tanti trattati stabiliti tra le due parti fossero solo un po' di fumo gettato negli occhi dei "pellerossa" e non di rado questi patti venivano calpestati con molta facilità dai conquistatori o nascondevano insidie e tranelli che gli indiani non riuscivano a vedere. 

«Uas'ichu, voi usate le parole e i pezzi di carta come bastoni. Qualunque cosa noi indiani facciamo, non è mai abbastanza per voi bianchi. Prendete tutto, prendetevi anche il nostro cuore.»

"In soli venticinque anni, si era passati dall'impegno di lasciare agli indigeni le loro terre «sino a quando l'erba crescerà e l'acqua scorrerà», scritto nel primo trattato di Fort Laramie del 1851, al «cedete tutto e basta» dell'agosto 1876."

E Cavallo Pazzo non ha mai ceduto di un millimetro di fronte ai tentativi dei vari colonnelli di ammansirlo, di indurlo a porre la propria firma sulle loro carte, perché egli non si è mai fidato... e faceva bene, tanto più quando leggiamo la triste fine cui è andato incontro...

"L'Uomo Bianco è venuto per portarci via la terra sulla quale noi camminiamo. Non possiamo fare altro che batterci, per le nostre donne, per il nostro popolo, per noi, e non possiamo che batterci insieme."

"Gli spiriti non dimenticano" è una storia incredibile, che racconta di un uomo e del suo popolo, con la loro cultura,  identità, dignità, la loro terra..., e della loro legittima intenzione di conservare tutto questo, a costo della vita.
È stata una lettura interessante, appassionante, in grado di rendere emotivamente partecipe me lettrice circa le vicende narrate, lasciandomi conoscere una parte della storia - americana - che è ben diversa da quella romantica dei cowboy e del vecchio West narrataci dalla cinematografia hollywoodiana.
Mi è piaciuto molto e a me ha fatto nascere una gran voglia di informarmi di più e meglio circa i nativi d'America.


"Nel tempo le tradizioni si spengono, i miti si sbriciolano, e gli uomini, inesorabilmente, dimenticano. Ma gli spiriti non dimenticano."

Curiosità: la voglia di leggere questo libro è nata in seguito ad un "consiglio letterario" di Chef Rubio ^_~

venerdì 29 novembre 2019

29 novembre 1864: il massacro di Sand Creek



Sto leggendo - e quasi per terminare - la storia di Cavallo Pazzo e la tragedia del suo popolo, della tribù Oglala Sioux, ad opera del governo degli Stati Uniti, ferocemente impegnato nella battaglia coi Pellerossa con lo scopo di scacciarli e prendersi le terre da loro abitate da generazioni.

Una delle pagine più tristi del conflitto tra l'Uomo Bianco e i Redskins è sicuramente il massacro di Sand Creek, di cui oggi ricorre l'anniversario.

wikipedia
È il 29 novembre 1864 quando i pacifici indiani delle tribù Cheyenne e Arapahoe vengono massacrati dal 3° Reggimento dei Volontari del Colorado, inviato dallo spietato colonnello John Chivington.

Nel 1851 gli Stati Uniti avevano "firmato" con i nativi il Trattato di Fort Laramie, che garantiva alle tribù su citate la proprietà dell'area a nord del fiume Arkansas nel Nebraska. Tuttavia, di lì a pochi anni, ondate di minatori euro-americani si affretteranno ad arrivare in tutta la regione alla ricerca dell'oro nelle Montagne Rocciose del Colorado, esercitando un'estrema pressione sulle risorse delle aride pianure. 

Nel 1861, le tensioni tra i nuovi coloni e i nativi americani stavano raggiungendo un punto di tensione molto alto. Sempre durante questo anno, una delegazione di Cheyenne, guidata dal capo Black Kettle (Pentola Nera), insieme ad alcuni leader di Arapahoe, aveva accettato un nuovo accordo e infatti da molti mesi non un solo colpo di fucile era stato scambiato fra i suoi Cheyenne e i "soldati blu".

"Ma con i trattati, come amava ripetere ai suoi sedicenti ufficiali, Chivington ci si «puliva il sedere». Fece puntare i suoi cannoni direttamente sul centro del villaggio, dove i tipì erano più fitti e inviò un distaccamento di Cavalleria verso il recinto dove gli Cheyenne avevano raccolto i loro mustang - ne contarono cinquecento - per azzopparli o metterli in fuga, così da togliere agli indiani ogni mezzo di ritirata."*

Già nel giugno 1864, John Evans, governatore del territorio del Colorado, aveva tentato di isolare i nativi americani recalcitranti invitando gli "indiani amici" ad accamparsi vicino ai forti militari e ricevere provviste e protezione; ad agosto Evans incontrò Pentola Nera e molti altri capi per creare una nuova pace, e tutte le parti se ne erano andate apparentemente soddisfatte.
Il campo Cheyenne si trovava in un’ansa a ferro di cavallo del Sand Creek a nord del letto di un altro torrente quasi secco e il tepee di Pentola Nera era vicino al centro del villaggio.

Ma le intenzioni del "viso pallido" erano, come sempre, cattive e infide: Chivington trasferì le proprie truppe in pianura e, il 29 novembre, esse attaccarono gli ignari nativi americani, disperdendo uomini, donne e bambini e dando loro la caccia. 
Pensate che, tanta era l'ingenua fiducia del capo Pentola Nera nella parola data (e scritta!) dell'Uomo Bianco, che quando sua moglie cominciò ad urlare per avvertire circa l'arrivo dei militari sui loro cavalli, il capo tribù uscì dalla tenda sventolando la bandiera americana, convinto che ci fosse un errore e che i soldati blu non li avrebbero attaccati ma avrebbero rispettato il patto di pace che c'era tra loro...
Ma evidentemente così non fu, e la fiducia di Pentola Nera si rivelò decisamente mal riposta.

Lì dove le giacche blu contarono nove uomini uccisi, i nativi invece piansero 148 persone, più della metà dei quali erano donne e bambini. 

Del resto, i soldati non fecero che obbedire agli ordini feroci e cinici del loro colonnello, che aveva raccomandato ai suoi uomini...: «Andate, uccidete e scotennate tutti, grandi e piccini, vecchi e donne. Ricordatevi: i pidocchi nascono dalle uova!».

Fu dunque un attacco a sorpresa ed infame (c'era un patto, in base al quale il governo federale si impegnava a garantire sicurezza alle tribù), condotto con una ferocia e una barbarie inaudite; queste le parole di un tenente che partecipò al massacro:

Tornato sul campo di battaglia il giorno dopo non vidi un solo corpo di uomo, donna o bambino a cui non fosse stato tolto lo scalpo, e in molti casi i cadaveri erano mutilati in modo orrendo: organi sessuali tagliati a uomini, donne e bambini; udii un uomo dire che aveva tagliato gli organi sessuali di una donna e li aveva appesi a un bastoncino; sentii un altro dire che aveva tagliato le dita di un indiano per impossessarsi degli anelli che aveva sulla mano; per quanto io ne sappia John M. Chivington era a conoscenza di tutte le atrocità che furono commesse e non mi risulta che egli abbia fatto nulla per impedirle" * 

Le atrocità commesse dai soldati furono inizialmente elogiate quali prove di coraggio, ma quando cominciò a diffondersi la verità circa le circostanze del massacro, esse vennero condannate in quanto altro non furono che un atto da vigliacchi e traditori.
Inoltre, a raccontare ciò che purtroppo accadde quel giorno sono stati gli stessi sopravvissuti indiani, che disegnarono le mappe dell'attacco, lo dipinsero sulle pelli di alce e raccontarono il crimine di cui furono vittime ai loro discendenti,


disegno di Lupo Ululante,
artista Cheyenne e testimone oculare degli eventi.
The Sand Creek massacre in a drawing by Howling Wolf,
a Cheyenne artist and eyewitness of the events.

Nonostante il governo a stelle e strisce riconobbe le proprie colpe non vennero date sanzioni nè a Chivington né ai suoi uomini, nè tanto meno gli indiani sopravvissuti ottennero alcun tipo di risarcimento...

Confesso di non aver mai approfondito la storia dei conflitti tra il governo USA e i nativi americani; il libro di Zucconi si è rivelato molto interessante e illuminante in questo senso; non sapevo di Sand Creek e leggere ciò che successe 155 anni fa mi ha fatto rabbrividire...

Vi lascio con questa canzone di Fabrizio De Andrè, in ricordo proprio di questo fattaccio della storia americana.



FIUME SAND CREEK

Si sono presi il nostro cuore sotto una coperta scura
Sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
Fu un generale di vent'anni
Occhi turchini e giacca uguale,
Fu un generale di vent'anni
figlio di un temporale

C'è un dollaro d'argento sul fondo del Sand Creek.

I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte,
E quella musica distante diventò sempre più forte
Chiusi gli occhi per tre volte,
Mi ritrovai ancora lì
Chiesi a mio nonno: È solo un sogno?
Mio nonno disse sì

A volte i pesci cantano sul fondo del Sand Creek.

Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso,
Il lampo in un orecchio e nell'altro il paradiso
Le lacrime più piccole,
Le lacrime più grosse
Quando l'albero della neve
Fiorì di stelle rosse

Ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek.

Quando il sole alzò la testa oltre le spalle della notte
C'eran solo cani e fumo e tende capovolte
Tirai una freccia in cielo
Per farlo respirare,
Tirai una freccia al vento
Per farlo sanguinare

La terza freccia cercala sul fondo del Sand Creek.

Si sono presi i nostri cuori sotto una coperta scura
Sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
Fu un generale di vent'anni
Occhi turchini e giacca uguale,
Fu un generale di vent'anni
Figlio di un temporale

Ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek.




Fonti consultate:

https://www.history.com/this-day-in-history/sand-creek-massacre
* Vittorio Zucconi. Gli spiriti non dimenticano 

mercoledì 27 novembre 2019

Le mie prossime letture



Cari amici, vi presento le mie prossime letture:



Ritanna Armeni sfida tutti i «net» della nomenclatura fino a trovare l’ultima strega ancora in vita e ricostruisce insieme a lei la loro incredibile storia.

Una donna può tutto. 1941: volano le Streghe della notte
Ritanna Armeni


Ponte Alle Grazie
233 pp
Le chiamavano Streghe della notte. Nel 1941, un gruppo di ragazze sovietiche riesce a conquistare un ruolo di primo piano nella battaglia contro il Terzo Reich. 
Rifiutando ogni presenza maschile, su fragili ma agili biplani, mostrano l’audacia, il coraggio di una guerra che può avere anche il volto delle donne. 
La loro battaglia comincia ben prima di alzarsi in volo e continua dopo la vittoria. Prende avvio nei corridoi del Cremlino, prosegue nei duri mesi di addestramento, esplode nei cieli del Caucaso, si conclude con l’ostinata riproposizione di una memoria che la Storia al maschile vorrebbe cancellare. 
Il loro vero obiettivo è l’emancipazione, la parità a tutti i costi con gli uomini. Il loro nemico, prima ancora dei tedeschi, il pregiudizio, la diffidenza dei loro compagni, l’oblio in cui vorrebbero confinarle. 
Contro questo oblio scrive Ritanna Armeni, che sfida tutti i «net» della nomenclatura fino a trovare l’ultima strega ancora in vita e ricostruisce insieme a lei la loro incredibile storia. 
È Irina Rakobolskaja, 96 anni, la vice comandante del 588° reggimento, a raccontarci il discorso, ardito e folle, con cui l’eroina nazionale Marina Raskova convince Stalin in persona a costituire i reggimenti di sole aviatrici. 
È lei a descriverci il freddo e la paura, il coraggio e perfino l’amore dietro i 23.000 voli e le 1100 notti di combattimento. E a narrare la guerra come solo una donna potrebbe fare: «Ci sono i sentimenti, la sofferenza e il lutto, ma c’è anche la patria, il socialismo, la disciplina e la vittoria. C’è il patriottismo ma anche l’ironia; la rabbia insieme alla saggezza. C’è l’amicizia. E c’è – fortissima – la spinta alla conquista della parità con l’uomo, desiderata talmente tanto – e questa non è retorica – da scegliere di morire pur di ottenerla».



La scrittrice croata Ksenija Stojic ha scritto un delicato romanzo che racconta la nascita di un rapporto speciale tra una giovane donna, Mare, e un’anziana signora, Giovanna. Un legame indissolubile che segnerà nel profondo la vita di entrambe. Una storia che parla di dolore e di solitudine, di accettazione e di rinascita attraverso il punto di vista di due donne reduci da un’esistenza complicata. Giovanna ha già imparato a navigare a vista nel burrascoso oceano della vita, e diventa per la giovane amica il faro che la orienterà verso la consapevolezza piena di sé stessa.


Lascia che le cose accadano 
di Ksenija Stojic


Europa Ed.
177 pp
14.90 euro


La motivazione che ha spinto la psicologa e psicoterapeuta Ksenija Stojic a scrivere questo romanzo è nata spontaneamente, dopo che una paziente che aveva perso la madre le chiese di consigliarle qualche testo che potesse aiutarla ad affrontare il profondo dolore. 
In modo del tutto naturale dal cuore e dalla mente dell’autrice presero vita i personaggi, le trame e le parole, e nacque questo romanzo dove si racconta la profonda crisi esistenziale di una giovane donna, la quale, mediante incontri e confronti affascinanti, sviluppa un ricco e complesso approccio alla vita che le permette non solo di riappropriarsi delle sue profonde risorse psicologiche ma anche dell’amore. 
I protagonisti si confrontano sugli aspetti fondamentali delle loro esistenze: la dialettica tra la vecchiaia e la gioventù, tra chi la vita l’ha vissuta e chi ha paura di viverla, tra chi non ha paura della morte e chi la teme da sempre, comporta uno scambio di concetti e di valori che incidono profondamente sulle personalità dei protagonisti.

martedì 26 novembre 2019

Recensione: NATALE ROSSO SANGUE (Autori Vari)



I racconti che compongono l'antologia, tutti ad altissima tensione e carichi di suspense, hanno in
comune l'ambientazione natalizia e tengono incollati i lettori su ogni singola pagina.


NATALE ROSSO SANGUE
Autori Vari


CentoAutori Edizioni
Collana L’Arcobaleno
128 pp
9,90 €


La prima moglie del professor Filanti (G. Arrighi)
Occhi di Natale (D. Lama)
Il valore del merlo (R. Landini)
Il regalo di Natale, (P. Pulixi
L'uomo del Natale (Letizia Vicidomini)



I cinque racconti di questa raccolta sono, come suggerisce il titolo stesso, tutti ambientati nel periodo natalizio, che comunemente è associato a pensieri e momenti di tranquillità e gioia.
Ma non è il caso dei protagonisti di queste brevi storie, accomunate dal rosso del sangue, colore che sembra tanto più vivo se sullo sfondo c'è il bianco candore della neve di dicembre.

Sono storie di coppie il cui legame è costellato di segreti, come avviene in La prima moglie del professor Filanti, in cui una donna Rebecca, in procinto di sposarsi con un professore di Filosofia, colto e carismatico, che nonostante sia molti anni più vecchio di lei, conserva ancora molto fascino.
Ma mentre la loro unione si avvicina, alcuni eventi misteriosi e inquietanti cominciano a susseguirsi e a gettare Rebecca nell'angoscia, insinuandole legittimi dubbi sul promesso sposo.
Filanti è vedovo; Eugenia, la sua prima moglie, è morta dieci anni prima, ma il suo ricordo - scopre ben presto la nuova compagna - ossessiona ancora l'uomo.
Affiancata dall'amico e avvocato, Luca, Rebecca inizia ad aprire gli occhi su Filanti e a vedere la sua vera natura: nei momenti in cui parla della moglie, l'uomo sembra quasi impazzire, diventando cinico, quasi malefico. Troppe cose strane e sinistre aleggiano nella dimora del professore a Grotta Rupestre e Rebecca e Luca devono assolutamente sollevare il velo sui misteri che avvolgono la morte della povera Eugenia.
Cosa è accaduto davvero dieci anni prima?

E ancora, storie di coppie logorate dal rancore che sedimenta nel cuore di chi, come Andrea, ha preso a guardare il mondo con cattiveria, convinto che ormai per lui, disoccupato a causa di un'ingiustizia sul lavoro, non ci sia più spazio per la felicità, convinzione che gli impedisce di leggere l'amore sincero che sua moglie Nicoletta continua a provare per lui. 
L'odio che attanaglia il cuore e la mente di quest'uomo potrebbero trasformarsi in un attacco di violenza ai danni della povera Nicoletta... (L'uomo del Natale

E violento e brutale è anche l'incipit del secondo racconto, Occhi di Natale, che da subito fa trattenere il respiro al lettore: una povera ragazza è legata ad una sedia e davanti a lei c'è un uomo che le anticipa quale sarà il triste destino cui andrà incontro da lì a breve: le caverà gli occhi con un coltellino.
Alle spalle del folle assassino si staglia un albero di Natale che, lungi dal mettere allegria, sottolinea la macabra assurdità del momento, in quanto ad abbellirlo non ci sono semplici palline...
La vittima, benché intontita da una massiccia dose di sedativi, riesce a mantenere il controllo della situazione e, con intelligenza, sa come guadagnare tempo e far parlare il suo aguzzino.
Sola, legata e con la sola arma della parola, l'inerme vittima riuscirà a trovare il modo di uscire viva dalle mani del folle serial killer?

Il valore del merlo (R. Landini) vede come protagonista un malinconico, solitario ma abilissimo commissario di polizia, restio ad archiviare un presunto caso di suicidio che, a suo avviso, ha degli elementi poco convincenti.
Il suicida è un aspirante scrittore, che viveva da solo in una casa in cui regnava il degrado più totale. Il commissario, pur riconoscendo che l'esistenza del morto non doveva essere delle più lieti, non riesce ad individuare dei motivi concreti e urgenti per i quali un uomo, che stava alacremente lavorando ad un romanzo, abbia dovuto togliersi la vita senza lasciare neanche la minima traccia scritta circa le ragioni del proprio gesto.
Attento, scrupoloso, sensibile, Presti continua ad indagare su ciò che si cela dietro la vita disgraziata del soggetto, arrivando alla verità, mentre la neve, dolcemente insistente, scende a coprire con il suo manto bianco le storie "di tutti quegli infelici nascosti in qualche appartamento di periferia, intenti a scrivere le loro storie per non essere dimenticati e dei quali invece nessuno si sarebbe mai più rammentato."

Pulixi ci presenta, in Il regalo di Natale, una poliziotta tosta, intelligente e con i nervi saldi, che dovrà sventare un possibile omicidio.
Perché Lorena, che è una donna pacata e mite - nel cui cuore alberga il dolore per aver perduto una persona importante, condizione che la sta rendendo sempre più sola ed infelice -, sta minacciando con una pistola un uomo piangente e in ginocchio davanti a lei?
Particolare bizzarro: proprio lui le ha regalato l'arma con cui la donna potrebbe mettere fine alla sua vita. Cosa lega queste due persone, entrambe disperate?


In tutti i racconti si respira un'atmosfera carica ora di dolore e amarezza, ora di pura follia, di terrore, in cui ci sono sempre e comunque un "carnefice" e una vittima; rendersi conto sin dalle prime righe che un fatto truculento sta per verificarsi solletica la curiosità del lettore che, allo stesso tempo, intuisce che qualcosa potrebbe accadere all'improvviso e ribaltare la situazione, ed infatti vi è sempre un colpo di scena finale che non lascia i lettori con l'amaro in bocca, ma anzi ci ricorda che "a Natale siamo tutti più buoni", anche i giallisti  ^_- 

È una raccolta che si legge con piacere, i racconti ruotano attorno a storie che, se pur brevi, sono ben sviluppate, e a personaggi che, nella loro essenzialità, risultano interessanti.

Consigliato, è la lettura ideale per questi periodi in cui il tempo piovoso ci invita a starcene al calduccio dentro casa a concederci una gradita "coccola letteraria", e a mio avviso un buon giallo è sempre un'ottima scelta!

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...