mercoledì 18 novembre 2020

Recensione: IN UN MILIONE DI PICCOLI PEZZI di James Frey


Tra queste pagine, terribili e inesorabili, si consuma il difficilissimo tentativo di disintossicazione da alcool e droga da parte di un giovane di 23 anni, che altri non è che l'Autore, il quale quindi ci parla di se stesso e dell'esperienza vissuta in prima persona, e lo fa con una narrazione frenetica, sofferta, cruda, da cui trasuda tutto il dolore per il male fatto (a se stesso, ai propri cari e non solo) e tutta la tenera - sì, tenera! - tenacia di chi sta provando ad uscire dal tunnel, a resistere alla tentazione di ricaderci, a trovare in se stesso la forza per vivere libero da ciò che lo porterebbe sicuramente alla morte. 
La tenacia e la disperazione di chi sta provando a rinascere dalle proprie ceneri, a rimettere insieme quel milione di piccoli pezzi in cui si era ridotto e frantumato.


IN UN MILIONE DI PICCOLI PEZZI 
di James Frey





Tea Edizioni
trad. B. Amato
459 pp

Un ragazzo di 23 anni si risveglia a bordo di un aereo in uno stato di totale confusione, al confine tra la vita e la morte, conseguenza del massiccio (e protratto nel tempo) abuso di alcol e droghe. 

La famiglia, sbalordita, smarrita e disperata, lo accoglie all'aeroporto di Chicago per trasferirlo in una clinica di riabilitazione del Minnesota. 

James è un ragazzo pienamente consapevole di se stesso, dell'esistenza sbandata condotta fino a quel momento, e lo è anche delle conseguenze tragiche cui andrà incontro se non decide una volta per tutte di cambiare strada.
A confermarglielo è il dottore che lo visita e che, senza troppi giri di parole, gli dice che, se dovesse toccare un goccio di alcol o "farsi" anche solo una volta, ad attenderlo c'è la morte sicura.
Il suo corpo è al limite, è stato provato in una maniera allucinante e non sarebbe in grado di reggere l'assunzione di quella robaccia che è pane quotidiano per James da tantissimi anni.

E allora che si fa, caro James? Resti o scappi? Vivi o muori?
Perché la scelta è tutta lì, ed è la più importante della tua vita, la più tosta che dovrai mai capitarti di prendere.

La tentazione di mollare quel percorso neppure iniziato c'è e non è facile resisterle; ma qual è l'alternativa? 
James lo sa: se non scegli la vita, allora ti aspetta la morte.

Certo, restare ed affrontare la disintossicazione è spaventoso e nei due mesi che trascorre in clinica il ragazzo dovrà combattere contro i propri demoni e contro la Furia, la rabbia cieca e violentissima che gli monta dentro e che pretende di essere placata con lo sfogo più animalesco: James ha una rabbia dentro di sé talmente (auto)distruttiva da provarne lui per primo paura.

Eppure con quella Furia interiore è praticamente cresciuto, visto che la cova da quando ha incominciato a sbandarsi, a vivere come uno scapestrato, il che ha avuto inizio a soli dieci anni.
Già, dieci anni. Un bambino.
Un bambino che ruba le bottiglie di liquore ai genitori, che comincia a fumare e poi ad assumere droghe, per poi darsi a vizi e stravizi sempre più illeciti e pericolosi man mano che gli anni passano, con relativa e costante infrazione di ogni tipo di regole, commettendo molti reati e maturando problemi con la giustizia.
Anni vissuti facendosi del male e facendone anche ai propri cari, agli amici e a tante persone incrociate lungo il proprio cammino, molte delle quali sono state vittime della condotta terribile di un James fuori controllo e privo di freni morali, che agiva spinto da una cattiveria che, colpendo gli altri, cercava di distruggere principalmente la propria persona.

James, all'interno della struttura, interagisce col personale che vi lavora e con gli altri ospiti, uomini che, come lui, sono stati feriti e messi in ginocchio dalle dipendenze.
I rapporti interpersonali già non sono semplici in casi normali, figuriamoci in un contesto popolato da individui che hanno sempre vissuto infischiandosene di tutto e tutti, con l'unica preoccupazione di soddisfare la propria voglia di droga, sesso, alcool.
Con qualcuno avrà inizialmente delle rogne, con altri "pazienti" instaurerà rapporti di amicizia, fatti di scherzi, risate, confessioni, pianti e abbracci: sono quelle amicizie particolari ed uniche nel loro genere, che possono nascere soltanto in situazioni anomale, straordinarie, quando a incontrarsi sono esseri disperati, giunti al limite, che sanno che quella è, molto probabilmente, la loro ultima possibilità per non morire da drogati e alcolizzati.

Stare senza bere e farsi non è una passeggiata, e James dovrà davvero fare appello a tutte le proprie energie fisiche e mentali, alla propria sincera e convinta volontà di non soccombere ma di rinascere, di riprendersi la propria vita di ventitreenne, per dare un senso al percorso in Clinica.

James riconosce che c'è un sacco di gente che cerca di far bene il proprio lavoro e di aiutare davvero chi è affetto da forti dipendenze, eppure egli non condivide la logica e l'ideologia "spirituale" che c'è dietro ai cosiddetti "Dodici Passi", che è il programma portato avanti in clinica e che si basa sull'intraprendere un cammino di "redenzione" attraverso degli step che permettano alla persona con queste problematiche di affidare a un "potere spirituale superiore" (Dio, per chi ha fede) la propria vita e il proprio desiderio di rinascere; pensare di uscirne contando esclusivamente sulle proprie forze, è da pazzi, e il fallimento è una possibilità concreta.

E poiché James non nutre alcun tipo di fede in un essere superiore, o trova la giusta forza e motivazione in se stesso, o è destinato all'insuccesso.

Ma ecco che, proprio quando si sente poco motivato a restare, i suoi occhi incrociano quelli di Lilly, una ragazza minuta, bella, magra come uno scricciolo, che ha alle spalle una storia di abusi, soprusi e sofferenze che nessuno dovrebbe passare nella propria vita; Lilly è un'anima in pena, bisognosa di amore e sicurezze, di conforto e di un po' di pace, e James sente nascere e crescere dentro di sè un sentimento di amore e di tenera protezione per questa ragazza dalle ali spezzate, che si lega a lui con il medesimo slancio e la medesima disperata necessità.
Il loro amore non nasce nel posto e sotto gli auspici migliori: basterà a dar loro la motivazione per cercare di guarire e uscire dalla clinica pronti ad affrontare il mondo?

Lo scrittore scrive scrive scrive... ed è un fiume in piena, che "vomita" (passatemi l'espressione poco piacevole, ma credo renda bene il concetto) con un ritmo frenetico ("su di giri") parole, frasi, pensieri tortuosi e tormentati di un'anima angosciata e impaurita, la cui fissa è bere/drogarsi, perchè è questo che il suo corpo pretende, perché a questo è stato abituato negli ultimi dieci anni.
Sono pagine piene di sofferenza fisica e psicologica e ci sono diversi passaggi descritti con una spietata onestà da suscitare il rigetto nei lettori più sensibili.

A predominare in James è la PAURA, e con essa la triste sensazione di essere irrimediabilmente solo, incompreso, e di non meritare amore da nessuno, genitori compresi.
il racconto del presente è interrotto dai flashback che ci riportano indietro nel tempo, ad esperienze passate, agli incontri sbagliati, ai tanti terribili errori commessi.

Volutamente, l'Autore fa un uso essenziale e molto parco (ed arbitrario, se vogliamo) della punteggiatura, usando molte coordinate ed omettendo virgole, punti, le virgolette del discorso diretto ecc..., come per rovesciarci addosso il vissuto emotivo del protagonista - un individuo a pezzi - e tutta l'ansia, il senso di urgenza (basta orpelli, inutilità, basta perdere tempo in cose che non servono: è tempo di dire tutta la verità, di tirar fuori tutto quello che c'è nel corpo e nella mente, per liberarsi di ciò che è "sporco", cattivo"), di frenesia, di rabbia, insomma tutto il carico di pensieri impetuosi e tortuosi e di emozioni intensissime che hanno travolto lui e che inevitabilmente travolgono il lettore.

È un libro che "fa male" male, e non potrebbe essere diversamente, in quanto leggere il tipo di sofferenza provata da chi sta cercando di disintossicarsi è faticoso emotivamente; James pronuncia spesso frasi come "Mi faccio schifo", "Non ho fiducia in me, stima di me, senso del mio valore".

"Le ferite che non guariscono mai possono essere piante solo da soli".

Accanto a quella "massa di dolore, tristezza, afflizione, angoscia e pena" ci sono diversi momenti di solidarietà, tenerezza e commozione, perché in fondo queste persone ferite e rotte hanno bisogno di sentire che non sono sole, che non tutto è perduto e che c'è un briciolo di speranza anche per loro.

Ho sofferto con e per James, il quale però - a dispetto delle pessime condizioni emotive e psicofisiche in cui è al suo arrivo in Clinica - mostra un'incredibile resistenza al dolore (per la sua crudezza, la descrizione dell'intervento ai denti senza anestesia mi ha provocato veramente dei brividi), che viene descritto in tutta la sua ferocia.
In certi momenti alla pietà per lui si accostava una sorta di leggera antipatia, frutto dei suoi atteggiamenti oppositivi e molto irritanti verso i famigliari e gli operatori, soprattutto quando questi manifestavano l'intenzione di aiutarlo.
Ma quando si leggono libri di questo tipo - in cui le sofferenze sono una conseguenza diretta di scelte personali sbagliate - bisognerebbe sospendere giudizi e pregiudizi e predisporsi a comprendere e, in un certo senso, a perdonare.
E il primo che deve avere il coraggio di perdonare è proprio lui, James, che quando arriva in clinica non ha neppure la forza di guardare nei propri occhi riflessi in uno specchio.

È un romanzo in parte autobiografico (nota) scomodo, non facile da leggere proprio perché crudo (nel linguaggio e nell'argomento), estremo, senza freni, e non potrebbe essere diversamente, visto che il protagonista è un ragazzo che ha vissuto gli ultimi dieci anni della propria vita così: letteralmente senza freni, senza regole, in balìa di se stesso e delle proprie dipendenze.
Tra queste pagine viene fuori tutto il marcio che può inondare l'esistenza di una persona quando appunto vive priva di qualsiasi limite, diventando schiava di sostanze che alterano il suo equilibrio psico-fisico, emozionale, sociale, relazionale...: non sei più tu, quando fai uso di schifezze che azzerano la tua volontà, la tua personalità.
E questo non può che essere l'inferno, per il tossico/alcolista, ma anche per chi gli è vicino e lo ama.

Frey ha scritto un tipo di esperienza tremenda, brutta, dolorosa, e non poteva che raccontarla in modo tale che tutto questo dolore e questo marciume venissero fuori in modo esplicito. 
Cosa pensano, sentono, vogliono, come soffrono e fanno soffrire gli altri, delle persone che fanno uso di sostanze stupefacenti e di alcool?
Frey ce l'ha scritto e non c'è nulla di eroico né in lui né negli altri personaggi che gravitano attorno a James in Clinica, ciononostante è giusto ricordarli perché a modo loro, con tutte le fragilità, i tormenti, gli errori..., restano dei guerrieri che c'hanno provato: a combattere contro le proprie insane voglie, ad uscire dall'incubo in cui si sono (più o meno consapevolmente) infilati.

Una lettura adatta a chi si sente pronto a scendere, insieme al protagonista, nel suo personalissimo inferno e a conoscerne con feroce lucidità ogni demone, tormento, pensiero ed emozione.



nota → a proposito di quanto vero sia il racconto del proprio passato da alcolizzato e tossicomane, dopo che sul sito The Smoking Gun è emerso come molti dettagli riguardanti i presunti reati commessi da Frey (e descritti nel romanzo) non fossero veritieri, l'Autore ha ammesso di aver sì calcato un po' la mano e di aver aggiunto dettagli fittizi ad altri assolutamente personali e realmente vissuti, ma anche di non aver avuto mai l'intenzione di scrivere un libro totalmente autobiografico, quindi essendo lui un romanziere, è ovvio che ha mescolato finzione e realtà. 

lunedì 16 novembre 2020

Libri a tema - Le "donne di conforto"


Con il post di oggi, oltre a darvi il buongiorno e ad augurarvi un sereno inizio di settimana, desidero porre alla vostra attenzione un argomento delicatissimo e molto, molto triste e doloroso: le "donne di conforto".

La guerra - ogni guerra - porta con sé tante, troppe brutture, e se c'è una cosa che ci ricorda - se mai ce ne fosse bisogno - è quali bassezze è in grado di compiere l'essere umano verso i propri simili.

Chi erano le donne di conforto?
Erano donne e ragazze (parliamo anche di ragazzine di 12-13 anni) ridotte in schiavitù sessuale dall’esercito imperiale del Giappone, prima e durante la Seconda guerra mondiale, e comunque negli anni tra il 1932 e il 1945.

Queste povere vittime erano sottoposte a violenze e torture, umiliate e violentate anche 40 volte al giorno.

Perché siano state chiamate "comfort women" è intuibile, il che rende il tutto (se possibile) ancora più raccapricciante.

Il sistematico sfruttamento sessuale, fatto di stupri, torture e uccisioni, non ha soltanto rovinato la vita a quelle donne in quel periodo, ma anche successivamente: molte di esse si tolsero la vita e le sopravvissute hanno vissuto (e vivono) in povertà, isolate, oggetti di stigma e in pessime condizioni di salute fisica e mentale.

Quante donne furono coinvolte in questo miserabile sfruttamento?
Benché non tutti gli studiosi siano d'accordo, la stima si aggirerebbe dalle 50mila alle 200mila donne,  provenienti principalmente da Corea, Taiwan, Cina, Giappone e, in misura minore, da Filippine, Tailandia, Birmania e Indonesia.


I giapponesi hanno cercato di negare una connessione diretta tra il loro esercito, i rapimenti e gli stupri. 

Lo storico giapponese Ikuhiko Hata ha di recente pubblicato un libro in cui tratta la questione (Comfort women and sex in battle zone), sostenendo che le donne costrette a prostituirsi saranno state al massimo 40mila, perché in realtà la maggior parte delle prostitute era assolutamente consenziente, trattandosi  soprattutto di case gestite da «privati» e dunque non direttamente collegate all’esercito imperiale. 

Ma tali ipotesi sono state smentite da testimonianze, oltre che dall’ammissione stessa del governo giapponese. 
Le donne che hanno vissuto questa atrocità e che ancora sono in vita (parliamo ovviamente di anziane over 80) sono diventate oggetto di battaglia politica, e in Corea si radunano ancora, accanto a una statua (collocata di fronte all'ambasciata giapponese a Seul) che raffigura una ragazza, simbolo delle «donne di conforto».

Negli ultimi 30 anni, le sopravvissute spesse volte si sono rivolte ai tribunali giapponesi per ottenere giustizia ma hanno sempre perso.

Nel 2015, in seguito ad esplicita richiesta da parte di alcune sopravvissute coreane, il Giappone aveva riconosciuto sì la sua responsabilità, con la promessa anche di istituire un fondo da 1 miliardo di yen per assistere le donne, per poi però tirarsi indietro, sostenendo che la controversia era già stata risolta nel 1965, quando i due paesi aveva normalizzato i legami diplomatici e il Giappone aveva dato oltre 800 milioni di dollari alla Corea del Sud come indennizzo per tutti i crimini di guerra, incluse le ferite procurate alle donne di conforto.


Di seguito vi segnalo alcuni libri nel caso foste interessati all'argomento.

LE MALERBE di Keum Suk Gendry-Kim (Bao Publishing, trad. M. L. Emberti Gialloreti): è il dolorosissimo racconto, basato sulla testimonianza diretta di una sopravvissuta, del dramma delle comfort women. Questo libro si sofferma su un passato che spesso si è cercato di dimenticare o negare, ma che è importante conoscere e ricordare. 



Storia della nostra scomparsa di Lee Jing-Jing (Fazi Ed., trad. S. Tummolini).

Wang Di ha soltanto sedici anni quando viene portata via con la forza dal suo villaggio e dalla sua famiglia. Siamo nel 1942 e le truppe giapponesi hanno invaso Singapore: l'unica soluzione per tenere al sicuro le giovani donne è farle sposare il più presto possibile o farle travestire da uomini. 
Ma non sempre basta. Wang Di viene strappata all'abbraccio del padre e condotta insieme ad altre coetanee in una comfort house, dove viene ridotta a schiava sessuale dei militari giapponesi. 
Ha inizio così la sua lenta e radicale scomparsa: la disumanizzazione provocata dalle crudeltà subite da parte dei soldati, l'identificazione con il suo nuovo nome giapponese, il senso di vergogna che non l'abbandonerà mai. 
Sessant'anni più tardi, nella Singapore di oggi, la vita dell'ormai anziana Wang Di s'incrocia con quella di Kevin, un timido tredicenne determinato a scoprire la verità sulla sua famiglia dopo la sconvolgente confessione della nonna sul letto di morte. 
È lui l'unico testimone di quell'estremo, disperato grido d'aiuto, e forse Wang Di lo può aiutare a far luce sulle sue origini. 


La responsabilità legale degli Stati per le azioni passate: La situazione delle 'Donne di conforto' di Naoko Adachi (Ed. Sapienza).

Un certo numero di donne sono state schiavizzate sessualmente dall'esercito giapponese durante la seconda guerra mondiale ed erano conosciute come "donne di conforto". Si tratta di un atto illecito dello Stato giapponese del passato che ancora oggi attira l'attenzione internazionale. Al fine di superare il passato, tali azioni sbagliate dovrebbero essere considerate nel contesto della responsabilità legale dello Stato, processo importante per ottenere una giustizia adeguata nella comunità internazionale.






Figlie del mare di Mary Lynn Bracht (Ed. Nord,  trad. K. Bagnoli, 288 pp).

Corea, 1943. Nata e cresciuta sotto il dominio giapponese, Hana ha un’amatissima sorella minore, Emi, 
con cui presto condividerà il lavoro in mare, a cercare conchiglie e molluschi da vendere al mercato. Ma i suoi sogni si infrangono il giorno in cui, per salvare la sorella da un destino atroce, Hana viene catturata dai soldati giapponesi e deportata in Manciuria, dove verrà imprigionata in una casa chiusa gestita dall’esercito.
Corea del Sud, 2011. A  ottant’anni, Emi non ha ancora trovato pace: il sacrificio della sorella è un peso sul cuore che l’ha accompagnata tutta la vita. 
In Figlie del mare rivive un episodio che la Storia ha rimosso: una pagina terribile che si è consumata sulla pelle di intere generazioni di giovani donne coreane. E insieme vive la storia di due sorelle, il cui amore resiste e lotta nonostante gli orrori della guerra, la violenza degli uomini, il silenzio di oltre mezzo secolo finalmente rotto dal coraggio femminile.


LE FIGLIE DEL DRAGONE di William Andrews (Neri Pozza, trad. C. Brovelli, 304 pp).

Nata in Corea e adottata da una coppia di americani quando aveva solo cinque mesi, la ventenne Anna Carlson non ha mai avvertito il desiderio di cercare la donna che la ha messa al mondo. Ma dopo la morte di Susan, la sua madre adottiva, Anna sente la necessità di raggiungere la Corea per conoscere le sue origini.
Nell’orfanotrofio di Seoul in cui la giovane si reca per avere notizie del suo passato, tuttavia, la attende un’amara verità: sua madre è deceduta vent’anni prima, nel darla alla luce.
Pronta a ripartire senza le risposte che cercava, Anna viene avvicinata da un’anziana con i capelli grigi legati in una treccia, che le mette in mano un pacchettino. All’interno c’è un foglio con un indirizzo di Seoul, scritto in un corsivo elegante, e un pettine in cui è intagliato un drago con il dorso d’oro massiccio. Qual è il significato di un dono tanto prezioso?
Recandosi all’indirizzo scritto sul foglio, Anna non solo scoprirà che la donna, Hong Jae-hee, è la sua nonna materna, ma verrà a conoscenza della sua drammatica storia.
Una storia che ha inizio nel 1943, quando Hong Jae-hee e la sorella maggiore, Soo-hee, vengono reclutate dall’esercito giapponese per lavorare in una «casa di conforto», dove diventano ianfu, «donne di conforto», ovvero prostitute, schiave sessuali dei soldati giapponesi. Resistere all’orrore diventerà, per le due sorelle, l’unico modo per sopravvivere…
Affrontando un argomento quasi sconosciuto, la tragedia delle donne di conforto coreane al servizio dei soldati giapponesi, William Andrews racconta una struggente storia di dolore, coraggio e speranza.






Fonti consultate:

- https://lepersoneeladignita.corriere.it/2020/08/14/dopo-75-anni-le-donne-di-conforto-chiedono-ancora-giustizia-al-giappone/
- https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2016/02/lee-il-manifesto.pdf

sabato 14 novembre 2020

Recensione: LA CASA SULL'ARGINE di Daniela Raimondi

 


Due secoli di storia sono quelli che ci scorrono davanti leggendo le vicende della famiglia Casadio, in cui il peso delle superstizioni e delle credenze popolari si fa sentire puntualmente ad ogni generazione, portando con sé più amarezze che gioie, più disgrazie che belle notizie, tante nascite sì, ma anche tanti lutti. Ma la vita è fatta così, e poiché le avversità non mancano mai essa va presa come viene, non c'è da essere troppo tristi ("chi è triste nella vita continua a esserlo dopo la morte"): meglio alzare la testa e prenderla di petto perché "nella vita quello che conta è il coraggio!".


LA CASA SULL'ARGINE
di Daniela Raimondi



Editrice Nord
400 pp
I protagonisti di questa saga famigliare ambientata nel borgo di Stellata (Ferrara), situato a ridosso del fiume Po, sono i Casadio, una famiglia che, a partire dal 1800, mescola il proprio sangue con quello degli zingari: Giacomo sposa infatti Viollca, una zingara giunta in paese con una carovana in un giorno di pioggia.

Come conseguenza di questo matrimonio, i discendenti della famiglia si dividono in due ceppi: i sognatori dagli occhi azzurri e dai capelli biondi, che raccolgono l'eredità di Giacomo, e i sensitivi, che hanno gli occhi e i capelli neri di Viollca, la veggente.

Conosciamo Dollaro, che sente le voci dei morti e parla con loro; Achille, assetato di conoscenza e amante della lettura; Edvige, bella e anticonformista, che combatte contro tutti e tutto per vivere il proprio amore romantico e appassionato, andando però incontro a tristi conseguenze.

Tra i Casadio spiccano personaggi femminili dalla tempra forte, come Neve,  miracolata dalla Madonna da piccolina, circondata sempre da api che le ronzano intorno, attirate da un inspiegabile aroma di zucchero, e che metterà al mondo un bel nugolo di bambini insieme al suo Radames; la bella Adele, sorella maggiore di Neve, che sposerà uno sconosciuto brasiliano, lascerà Stellata per raggiungere il marito in Brasile, divenendo una ricca proprietaria terriera; Donata, che aderisce con estrema convinzione alla rivoluzione proletaria, vivendo però un combattimento interiore per via dei propri intensi sentimenti per il giovane Stefano, assistente universitario dalle idee politiche decisamente opposte a quelle della ragazza.
E poi lei, la pittrice, Norma, l'artista che forse più di tutti i Casadio incarna ed esprime l'anima sognatrice della famiglia attraverso i suoi quadri meravigliosamente vividi.
 
Le vicende di questa gente semplice, attaccatissima al proprio paesello, alla terra, alle proprie abitudini, convinzioni e superstizioni, si susseguono di generazione in generazione, attraversando eventi storici importanti, quali l'Unità d'Italia e le avventure garibaldine, la prima e la seconda guerra mondiale, l'alluvione del Polesine nel 1951, passando ancora per gli anni di piombo, fino ad arrivare al 2013.

Che abbiano la testa immersa nei sogni e scrollino le spalle scettici dinanzi alle oscure profezie derivanti dalle carte e dalle leggende gitane trasmesse da nonna Viollca (attenzione a nutrire e a non ammazzare il serpente che c'è in ogni casa, perché dalla sua presenza dipende la fortuna o meno della famiglia che abita tra quelle mura) o che ci credano come se fosse la verità assoluta, i Casadio vivono tutti come sospesi tra il timore di un destino scritto nei tarocchi e raccontato in modo neanche troppo sibillino nei sogni, l'irrefrenabile desiderio di sfidare le carte e la pericolosa abitudine di inseguire passioni e sogni. 

«Noi siamo fatti della stessa materia dei sogni e la nostra breve vita si completa in un sonno», scrive Shakespeare nell'opera teatrale "La tempesta" (citazione riportata dall'Autrice in apertura al prologo), e le vite di queste persone hanno la consistenza dei sogni, collocandosi in quella dimensione dove il reale e l'esperienza dei vivi sono incredibilmente vicini all'aldilà, al regno dei morti, ed infatti se c'è un filo rosso che unisce gli episodi narrati e i diversi Casadio che si avvicendano quali protagonisti, è questa connessione tra la vita e la morte, tra il passato, il presente e il futuro, tra chi c'è stato e non c'è fisicamente più, e chi viene dopo, che però conosce la storia dei genitori, dei nonni, dei prozii..., e riconosce come vitale e infrangibile il legame con essi, e ad onorarlo  e tenerlo vivo c'è la memoria, e attraverso il racconto di quel che è stato, delle "profezie" e dei sogni premonitori, delle scelte fatte - che siano state dettate dall'amore o dalla ribellione, dalla sete di giustizia o dalla volontà di cambiare il mondo, dalla ragione piuttosto che dall'istinto -, delle sconfitte e delle piccole conquiste, ogni membro della famiglia ritrova se stesso, le proprie origini...:

"Molti hanno gli occhi neri, la stessa espressione irrequieta nello sguardo; altri gli occhi chiari e lo sguardo inconfondibile dei sognatori. Ma in ognuno di loro vedo la stessa storia: una storia di terra. Mi sembra di scorgere ombre di terra sulla loro pelle; terra nei loro sguardi, polvere di campo nei capelli, sotto le unghie. E so che (...) me la porto dentro anch’io tutta quella terra, e lo stesso destino di questi sognatori sconfitti.".

Una saga famigliare che si lascia apprezzare - tanto più dagli amanti del genere -, scorrevole e con protagonisti interessanti, che vivono di volta in volta situazioni e dinamiche che personalmente ho seguito con un certo coinvolgimento; certo, ci sono stati personaggi e vicende che ho preferito (ad es. Adele in Brasile, o la storia di Donata) ad altri, ma nel complesso tutti hanno degli intrecci e degli sviluppi piacevoli da leggere.
Mi è piaciuta questa contrapposizione tra il "ramo dei sognatori" inguaribili, costantemente innamorati di qualcosa o qualcuno e con la testa tra le nuvole (caratteristica che porta con sè inevitabilmente qualche guaio)  e quello gitano, dei veggenti che credono nelle verità rivelate da tarocchi e sogni notturni.


"Ricordati che, se non li teniamo a freno, i sogni finiranno per portarci una tragedia peggiore di tutte le disgrazie che ci sono capitate. Lo ha visto nella carte quella nostra antenata, la zingara, e lei non si sbagliava mai".

"I Casadio avevano la follia nel sangue, e prima o poi quell’inseguire sogni impossibili li avrebbe portati alla rovina. Bisognava essere vigili, guardarsi dalle passioni sconsiderate, dagli innamoramenti folli."

Bello anche il borgo di Stellata, che è a tutti gli effetti un personaggio principale, spettatore costante di tutte le traversie di questa sua gente semplice, così profondamente legata alla propria terra, alla propria famiglia e alle proprie radici. 


"la casa non è un luogo, ma un sentimento, Qualcosa che custodiamo dentro di noi, che creiamo giorno dopo giorno con fatica e molta volontà".

Un bel romanzo; leggerlo è stato come sfogliare quei vecchi e impolverati album di famiglia, con numerose foto in bianco e nero, che ritraggono famigliari, molti dei quali magari non abbiamo conosciuto dal vivo, ma di cui abbiamo sentito parlare e con i quali sentiamo un forte e inevitabile legame di appartenenza.
L'epilogo è intriso di malinconia, di un'intensità struggente e poetica; anche se i personaggi che compaiono sono tanti non c'è da spaventarsi, anzitutto perché - come ho già scritto - i morti non se ne vanno per sempre, ma qualche capatina, a modo loro, la fanno sempre, e poi perché l'Autrice ha riportato, a fine libro, l'albero genealogico dei Casadio. Quindi, doveste chiedervi a un certo punto a chi è figlio Tizio, potete andare tranquillamente a controllare ^_-

venerdì 13 novembre 2020

Segnalazioni editoriali || LE VOCI DEL FARO di Laura Ferrari (thriller) - "Bella, fulgente e terribile" di Elizabeth Kingston

Cari lettori, torno qui sul blog - con la speranza di trovare il tempo, nel corso del week end, per scrivere e pubblicare la recensione dell'ultimo romanzo terminato (La casa sull'argine, di Daniela Raimondi) - per condividere con voi un paio di novità editoriali: un thriller e un romance storico.


LE VOCI DEL FARO di Laura Ferrari (Milena Edizioni, 176 pp).

Laura Marshall, fotoreporter del National Geographic di Londra, vola a Malta per fare visita all’amica Emma. 
Durante la cena di benvenuto, Laura viene a conoscenza della leggenda del faro di Gozo: nel 1961 una coppia di amanti si è suicidata gettandosi dalla scogliera. 
Poco dopo l’arrivo di Laura, il marito di Emma scompare nel nulla. 
È Philippe Oman, noto attore teatrale, di cui si perdono le tracce dopo uno spettacolo. 
Iniziano le ricerche capitanate dall’agente di polizia Morgan e Laura si sente in dovere di supportare le indagini. 
Spinta dal desiderio di raggiungere il faro per scattare fotografie, Marshall conoscerà il guardiano Bill e il frate del convento vicino e scoprirà i segreti legati alla leggenda e alla sparizione dell’attore




Bella, fulgente e terribile di Elizabeth Kingston (Quixote Ed., trad. S. L. Benatti, SERIE: Welsh Blades Book 2, PAGINE: 307, €3,99 (e-book), disponibile su Kindle Unlimited. DATA DI USCITA: 20 novembre 2020).

Il Galles è stato conquistato, ed Eluned ha perso tutto: la patria, il marito, le speranze. 
Tutto quello che rimane è la vendetta, e lei non si fermerà davanti a nulla pur di ottenerla. 
Certa che non rimanga alcuna traccia della fanciulla idealista che aveva amato Robert de Lascaux, una vita prima, accetta di sposarlo per migliorare le sorti del figlio, evitare il monastero e, cosa più importante, per avere una facile via d’accesso all’uomo la cui testa vendicherà il Galles.
Quando gli viene chiesto di sposare la donna che ama da diciotto anni, Robert non esita di certo. 
Ma la dama che incontra all’altare ha talmente poco in comune con la ragazza che adorava, che inizia a chiedersi se sia rimasto qualcosa della giovane audace e appassionata. 
Il matrimonio con lei potrebbe procurargli le fortune e lo status che la sua famiglia ha sempre voluto, ma per lui nessun ammontare di ricchezze ha mai avuto l’importanza di Eluned.
Intrappolati in una rete di intrighi, vendetta e desiderio, non possono scordare il passato; ma saranno in grado di condividere un futuro?
L’affascinante mondo del Galles medievale continua in questo avvincente romanzo legato a Uomini del Re.

L'autrice.
Elizabeth Kingston vive a Chicago, dove si diletta a scrivere romanzi storici, passare troppo tempo su Twitter, e mangiare la sua giusta dose di prodotti da forno. Lei spera sinceramente che al pubblico piaccia la sua scrittura, al punto tale da condividere con gli altri le sue storie. Adora leggere, lavorare a maglia e andare in bicicletta. Quella che vedete è lei al naturale, in pigiama, mentre beve qualcosa di caldo.

mercoledì 11 novembre 2020

Segnalazione - raccolta di poesie "Echi di Romanticismo” di Eleonora Zizzi



Cari lettori, questa sera desidero segnalarvi la nuova raccolta poetica della scrittrice Eleonora Zizzi, dal titolo  "Echi di Romanticismo”.


Echi di Romanticismo
di Eleonora Zizzi

Editore: CTL
94 pp
2020
La poetica di Eleonora Zizzi denota un tipo di necessità che diviene logos allorché si manifesta il bisogno di comunicazione scritta. 
Cólta, originale e innovativa, preziosa nei significati e costellata di belle ambientazioni la poesia della nostra svela una diversa maniera di porsi anche in relazione ad un nuovo modo di essere che conduce ad una maggiore coscienza del proprio sé. 
Un dialogo, questo, mirante alla costruzione di mondi veri, mondi capaci di creare e diffondere la meraviglia della Natura quale forma transitoria dell'Uomo e immagine visibile e immanente del divino. I motivi ispiratori, gli aspetti formali, i tratti tematici e le linee strutturali orientano la scelta antologica in direzione della completezza espressiva, sempre animata da quella tensione interiore che induce a soffermarsi sul tessuto letterario per lo più legato alla cultura underground senza, però, perdere di vista le forme codificate di poesia, prosa e teatro. 
Nei motivi cardine si scorge il continuo richiamo alle correnti letterarie e alle fonti di ispirazione spesso ravvisabili nel desiderio di poter realizzare una raccolta ben strutturata e in sintonia con la spontaneità artistica, immediatezza che determina l’orizzonte poetico e concorre a richiamare temi e motivi della cultura classica, del genere gotico e del movimento romantico.


L'autrice.
Eleonora Zizzi è nata a Pinerolo (TO) nel 1996. Inizia la sua attività di scrittrice a quindici anni sia con romanzi brevi, genere in cui si specializza, sia con la poesia, cui diventerà presto elemento nutritivo del suo blog. Pubblica il suo primo romanzo nell'ottobre 2015 dal titolo La morale di Venere. Partecipa al concorso "Mario Luzi"; nel 2016 e viene inserita nell'Enciclopedia della Poesia Italiana contemporanea con la nomina ufficiale di scrittrice. Nel 2018 le viene assegnato il Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea "Laura Capone Editore"; con la poesia L'amore è come un gioco. Dal 2017 rinnova completamente il format del suo blog, arricchendolo di nuove rubriche (storia, letteratura e cronaca) e collaborazioni. Ora si dedica alla stesura di nuovi romanzi, poesie e progetti editoriali. 


DISPONIBILE (al momento) su libreriauniversitaria.it,  Libroco,  Libraccio,  IBS, Librerie Coop, Feltrinelli e Mondadori.

Blog dell’autrice: https://storytellerseyewords.com/


lunedì 9 novembre 2020

Recensione: L'ULTIMA MOGLIE DI J.D. SALINGER di Enrico Deaglio



E se il celebre e, per certi versi, misterioso scrittore Jerome David Salinger - creatore del giovane Holden - divenisse oggetto di interesse di spie russe ed agenti federali, con tanto di coinvolgimento di Trump e Putin?


L'ULTIMA MOGLIE DI J.D. SALINGER
di Enrico Deaglio



Marsilio Ed.
120 pp
Con una penna brillante e ironica, Deaglio introduce il personaggio di John Taliabue, un docente di letteratura comparata alla New York University, che una mattina sente suonare insistentemente alla porta di casa: a dargli noia è Mark Simonetti, agente dell’Fbi, che si sente il tenente Colombo e che, con tanto di tesserino, comincia a fare un sacco di domande a Taliabue su Salinger (scrittore preferito del professore, da questi chiamato confidenzialmente "Jerry") e su una certa Olga Simoneova, presunta spia russa e ultima moglie dello scrittore.

Simonetti è convinto che la russa sia implicata in un crimine letterario su cui l'FBI sta indagando e che ruota attorno all'inspiegabile scomparsa di J.D. Salinger dalla vita pubblica e al fatto che questa donna misteriosa abbia sposato Salinger con l'obiettivo di microfilmare la sua ultratrentennale produzione letteraria.

Taliabue non nutre grandi simpatie per l'FBI ma, spinto da domande insistenti, non può non raccontare quel che sa...

Ne viene fuori una simpatica e vivacissima mini-biografia di Salinger, in cui l'Autore (nei panni del suo Taliabue) si lascia andare a riflessioni e analisi critiche de Il giovane Holden, soffermandosi sul titolo, che in lingua originale è "The catcher in the rye", intraducibile in altre lingue e che mette insieme baseball e campi di segale, rifacendosi a un verso di una poesia del poeta scozzese Robert Burns.

In queste pagine veniamo sollecitati a rivedere l'opera di Salinger e tutto quello che ruotava attorno ad essa: i problemi con la traduzione nelle varie lingue, cosa si potrebbe nascondere dietro la metafora del campo di segale, il "legame" tra il romanzo e l'assassinio di John Lennon, della giovane attrice Rebecca Schaeffer e soprattutto la malinconica figura di Leah.

Leah è un personaggio che compare nel racconto autobiografico"A Girl I knew" (1948, comparso su una rivista per casalinghe e poi ritirato dal mercato per volere di Jerry) e molto probabilmente Salinger ha conosciuto davvero questa ragazza ebrea viennese, morta in un campo di concentramento.

Ripercorriamo, seppur brevemente, la partecipazione di Salinger al secondo conflitto bellico e il suo essere tra i primi ad entrare in un campo di sterminio dopo la guerra, testimoniando così le crudeltà compiute dai nazisti.

Forse fu proprio il trauma psicologico - da cui non si riprese mai completamente - riportato dopo quella terribile esperienza a indurlo ad isolarsi?
Sì perché, in barba al grandissimo successo ottenuto grazie al suo Holden Caulfield (1951), cosa fa? Si ritira a vita privata (e blindata) in una casa di campagna a Cornish...

Questa pubblicazione è davvero molto breve e si legge in un niente; è per lo più finzione, ovviamente, eppure inserisce diversi e interessanti elementi reali dell'esistenza del celebre scrittore, così da catturare l'attenzione del lettore. Ecco, se ci fosse stato un maggiore approfondimento su questi aspetti veri e sul personaggio di Leah, l'avrei apprezzato ancora di più.
Godibile.


sabato 7 novembre 2020

Recensione: UNA NOTA NEL CUORE (prequel) - "Marta e Joseph" - di Ilaria Mossa

 

Joseph e Marta sono due adolescenti sulla soglia dell'età adulta: si conoscono, si frequentano e sentono nascere e crescere, di giorno in giorno, un sentimento puro e forte che regala loro emozioni intense, perchè l'amore che provano è travolgente, dà tanto ma pretende altrettanto, e la sua fiamma è destinata ad ardere nel loro cuore anche in mezzo alle prove e agli ostacoli che il destino porrà sul loro cammino.


UNA NOTA NEL CUORE (prequel) - "Marta e Joseph" - 
di Ilaria Mossa


246 pp
Joseph ha diciassette anni ed è un ragazzo molto timido, imbranato, goffo, insicuro; soprattutto quando si tratta di ragazze, diventa assolutamente incapace di fare il primo passo e di "provarci", come normalmente accade alla sua età. A nulla servono gli incoraggiamenti ironici e scherzosi del suo amico del cuore, Shawn, ed infatti, davanti alla ragazza di cui è segretamente invaghito, Joseph non sa che fare, non ha il coraggio di avvicinarla e dichiararsi perchè teme di fare una figuraccia: Marta è così bella, corteggiatissima, sicura di sé..., come potrebbe mai rivolgere uno sguardo a un tipo invisibile e anonimo come lui?
A complicare le cose contribuisce suo fratello maggiore, Stephan, che è il suo esatto opposto: arrogante, presuntuoso, strafottente, ma anche sexy e sfacciato; insomma, uno di quei ragazzi che ci sa fare con le donne, che sa sedurle e, soprattutto, abbandonarle dopo essersi divertito.

Quando scopre che Stephan - con cui non va assolutamente d'accordo, anzi questi sembra quasi odiarlo e non perde occasione per maltrattarlo e prenderlo in giro, manifestando aperta ostilità e disprezzo verso il fratello minore - e Marta si conoscono e che lui sembra volerci provare per soffiargliela sotto il naso,  Joseph sente di non avere alcuna possibilità di conquistare la ragazza, ma dovrà ricredersi.
Marta è una ragazza sensibile e si rende conto di quanto Stephan sia vuoto, supponente e convinto di essere irresistibile, e si scopre irresistibilmente attratta da Joseph, così dolce, riservato, maldestro e palesemente cotto di lei.
Inoltre, i due sono accomunati dal loro grande talento nella musica, per coltivare il quale frequentano una scuola  di musica, la Moz-Art, con la speranza di poter vivere della loro passione, perchè la musica è  per entrambi qualcosa di fondamentale, grazie alla quale si sentono liberi di essere ed esprimere loro stessi.

Abbattere la corazza di timidezza di Joseph non è semplice, perché lui è così schivo e pauroso da non riuscire, all'inizio, neppure a sostenere lo sguardo incuriosito e divertito di Marta, che si sente inspiegabilmente attratta da quel ragazzo dagli occhi dolci, che sa ascoltarla, farla sentire importante e che saprà aprire una breccia nel suo cuore.

Come accade in ogni storia d'amore, non sempre tutto fila liscio come l'olio e tra i due non mancheranno piccole incomprensioni, gelosie, cose non dette, ma anche tantissimi momenti di felicità e tenerezza, grazie ai quali il loro sentimento ne uscirà rafforzato.

Entrambi hanno situazioni famigliari complicate, che spesso generano malumori, amarezze: Joseph proviene da una famiglia semplice, non ricca; i suoi genitori fanno sacrifici per tirar su i due figli e non far loro mancar nulla, ma i problemi economici non mancano; inoltre, sembra che in casa Joseph sia il "cocco" di mamma e papà, e questa cosa dà enormemente fastidio al primogenito, Stephan, tanto da incrinare il rapporto tra i due fratelli...
Dal canto suo, Marta è figlia di due genitori benestanti, distinti e colti, i quali riversano sulla loro unica figlia ambizioni e aspettative, spesso col rischio di non tener conto dei reali bisogni e sogni della ragazza; in particolar modo, è con la madre - una donna rigida, altera, fredda e determinata a controllare ogni aspetto della vita di Marta e a pianificare il suo futuro - che scoccano le scintille e i litigi.

Quando poi la mamma di Marta apprende che tra lei e Joseph c'è del tenero, non prende affatto bene la notizia: per sua figlia ci vuole un ragazzo all'altezza, non un tipo insicuro e povero, senza arte né parte!

Insomma, i problemi e gli ostacoli ci saranno: riusciranno i due innamorati a trovare, nell'amore che li unisce, la forza per risolverli e superarli? Il loro amore per la musica continuerà ad essere un collante o il desiderio (legittimo) di inseguire ambizioni e sogni potrebbe addirittura dividerli?

La storia di Marta e Joseph è il prequel di quella tra Robert e Rosemary, narrata in "Una nota nel cuore - Rose e Robert", per cui, proseguendo nella lettura, arriveremo a capire quali legami uniscono questi quattro protagonisti e come si sono create determinate dinamiche.

Ho ritrovato la scrittura molto delicata e piacevole di Ilaria Mossa; il romanzo è ben scritto, si legge davvero con molta scorrevolezza, grazie ai tanti dialoghi e al cambio di punto di vista narrativo, infatti le "voci" ora di Marta, ora di Joseph si alternano di capitolo in capitolo, e questo permette al lettore di potersi immedesimare con entrambi.
L'autrice, come del resto anche nel precedente libro, dà molto spazio ai sentimenti, ai pensieri e ai piccoli grandi tormenti dei suoi giovani protagonisti; la storia d'amore, che è il fulcro della narrazione e che si staglia sullo sfondo della passione per la musica, è tenera e romantica; Joseph è un personaggio che suscita simpatia proprio per il suo carattere chiuso, insicuro, dietro il quale si cela una grande dolcezza e una capacità d'amare senza riserve.
Marta a primo impatto potrebbe sembrare più "leggera", ma le scelte razionali (che siano più o meno condivisibili, agli occhi di ciascun lettore) che farà riveleranno una personalità tutt'altro che superficiale.

L'autrice, nel giungere alle ultime battute, ci apre il velo su cosa ne è stato dei protagonisti diciotto anni dopo: l'amore sarà stato il vincitore indiscusso?
Per scoprirlo, non vi resta che leggere questo libro, che consiglio in special modo a quanti hanno voglia di tuffarsi in una lettura molto romantica.



mercoledì 4 novembre 2020

Recensione: EFFETTI COLLATERALI di Rosario Russo



Sei racconti ambientati in una Sicilia dei nostri giorni eppure antica, la quale,  come una zingara misteriosa e dal fascino maliardo, sa incantare con il racconto di leggende e miti atavici, che superando l'oblio polveroso del tempo che passa, riemergono e pretendono attenzione, e lo fanno attraverso storie di sangue, passate e presenti.
Storie che ci trasportano in un paesino pieno di superstizioni e misteri, in cui la realtà si confonde con la magia e il sogno, e soprattutto dove viene fuori l'essere umano, con le sue molteplici contraddizioni e debolezze, con i suoi sogni e le sue meschinità.


EFFETTI COLLATERALI 
di Rosario Russo



Algra Ed.
180 pp
Ottobre 2020
I racconti di questa agile e scorrevole raccolta sono sei e tutti collocati ad Acireale, nel catanese; tre di essi hanno per protagonista un personaggio che chi ha letto il romanzo d'esordio dell'Autore, ha avuto modo di conoscere: l'ispettore Luigi Traversa.
Traversa si trova davanti a tre casi delittuosi da risolvere, di cui uno risalente a ben settant'anni prima.

In "Il Sesto Sigillo" l'ispettore, coadiuvato dall'amico Alberto Bevilacqua e dal commissario Lorefice, è alle prese con uno strambo caso: c'è qualcuno che - ripercorrendo le profezie dell'Apocalisse, tra cavalli del giudizio e funesti sigilli in attesa di essere aperti - sta creando agitazione nella pacifica Acireale. 
Dietro gli avvenimenti strani - scanditi da sibillini versi da interpretare - che stanno spaventando gli acesi, si nasconde "semplicemente" un matto che ha voglia di scherzare o una mente con un piano e uno scopo ben precisi?

In "Gli amanti immortali" il nostro ispettore si imbatte in una storia d'amore, tanto forte quanto tragica, vissuta moltissimi anni prima da due giovani innamorati, il cui legame sentimentale è stato crudelmente ostacolato; un amore sfortunato che ricorda quello leggendario tra Aci e Galatea.
Forse proprio a loro appartengono gli scheletri ritrovati in una grotta a Santa Maria la Scala? In tal caso, chi ha ucciso la coppia e per quale ragione?
A rendere ancora più misterioso il caso si aggiunge una strana e dolce musica di un flauto che Traversa ode quando è nei pressi del luogo del ritrovamento delle ossa, come se quel posto fosse "sacro", circondato da un alone di magia, e lo stesso ispettore - per quanto razionale e tendenzialmente scettico verso tutto ciò che non si può toccare e vedere - dovrà lasciarsi andare alle sensazioni, magari anche a delle vere e proprie allucinazioni, per poter cogliere il vero significato del caso su cui sta indagando.

In "La Truvatura della sarpa" al centro vi è una presunta morte accidentale di un ex-insegnante, che pare sia deceduto per aver seguito, un po' troppo alla lettera, un antico rituale (avente a che fare con il mangiare pesce e bere fiumi di vino), e tutto sotto gli occhi sgomenti di due amici.
Ma è andata davvero così? Siamo in presenza di un'azione stupida da parte di un anziano credulone o la verità è un'altra?

Nel primo racconto, "Il delitto delle cartoline", uno scrittore senza arte né parte, è alla disperata ricerca di una storia per il romanzo della sua vita; in maniera fortuita, incappa in una storia vecchia di cinquant'anni e sulla quale si ritrova a fantasticare dopo aver rinvenuto due cartoline dal messaggio criptico: quale incredibile storia si nasconde dietro queste cartoline ingiallite? Forse un mistero da svelare?
 
"Annalisa" è la storia di un desiderio di vendetta mai sopito, che dopo tanti anni giunge al suo capolinea, non senza la scoperta di una verità diversa da quella immaginata.
Un uomo, dopo essere fuggito venti anni prima da una vita criminale ed essersi rifatto una nuova esistenza in Germania,  ritorna nella città natìa perchè ritiene di avere un conto in sospeso con chi gli ha straziato il cuore togliendo la vita al suo unico vero amore... Questo racconto prende spunto da alcuni episodi di criminalità realmente accaduti verso la fine degli anni '90 ad Acireale, ad opera di clan mafiosi in guerra tra loro.

Il penultimo racconto, che dà il titolo alla raccolta, vede il commissario Stuto impegnato a risolvere il giallo della morte di una ragazza, coinquilina della fidanzata di Luca, suo nipote.
La vittima si chiama Federica ed è morta per avvelenamento; esclusa l'ipotesi del suicidio, c'è da capire chi e perchè abbia potuto ammazzarla, soprattutto se si considera "l'arma del delitto": un veleno per topi fuori commercio, quindi difficile da reperire.
Ovviamente, ad essere sospettate sono di volta in volta le persone più vicine a Federica (Giselle, l'altra coinquilina, e un uomo - appartenente a una famiglia mafiosa - con cui sembra che Federica avesse una relazione), ma Stuto non è soddisfatto dalla piega ufficiale che sta prendendo l'indagine e così, grazie alla lettura del diario della ragazza, arriverà alla verità, che per lui sarà molto amara...

Sei racconti che ci ricordano come spesso a consolare i cuori affranti e addolorati possa bastare la semplice vista del mare, il cui costante e ipnotico movimento di onde porta con sé ricordi e speranze; storie che ci mettono davanti alle tante incoerenze presenti nell'animo umano, che si riversano ad esempio anche sui luoghi in cui egli vive e su cui allunga la mano, per soddisfare le proprie egoistiche necessità e voglie, ignorando e non rispettando l'ambiente attorno a sè; ed è così che Acireale, nel corso del tempo, è stata rovinata dalla costruzione di palazzoni di cemento che nulla hanno a che fare con la bellezza di palazzi antichi e col barocco.

Anche un uomo del Nord, come Traversa, se ne rende conto e tale scempio fa sì che egli associ la calda e vivace regione che l'ha accolto a

"Una bellissima donna, ecco cos’era per lui la Sicilia: una bellissima donna con un orrido neo sul naso e un gran paio di baffi."

Racconti che ci permettono di ammirare il fascino e la malìa che provengono da un territorio meraviglioso qual è la Sicilia, con i suoi luoghi suggestivi e le tante leggende che ne arricchiscono la storia; ci ritroviamo anche a scontrarci, come i protagonisti, con le meschinità e le crudeltà di cui l'uomo è capace, e che sporcano di sangue questa bellissima terra.

Ho ritrovato lo stile scorrevole e scattante del precedente libro di Rosario Russo (il giallo Quattordici spine), personaggi ben caratterizzati e la presenza - al pari di un protagonista a tutti gli effetti - della terra sicula, in particolare di Acireale, che domina in ogni frase dialettale, in ogni luogo menzionato, in ogni mito o leggenda, in ogni usanza; le singole storie sono tutte interessanti, si leggono con piacere, non solo per l'elemento giallo in sè, ma soprattutto per le vicende umane legate ai vari casi da risolvere, narrati con una giusta dose di ironia, che si sposa con inevitabili note amare.

Consigliato  in particolare a quanti amano i racconti e il genere giallo/poliziesco.



lunedì 2 novembre 2020

'A LIVELLA - Antonio De Curtis


'A morte 'o ssaje ched'e".... è una livella.




'A LIVELLA

Ogn'anno, il due novembre, c'è l'usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll'adda fa' chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.

Ogn'anno puntualmente, in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch'io ci vado, e con i fiori adorno
il loculo marmoreo 'e zi' Vicenza


St'anno m'è capitata 'n'avventura...
dopo di aver compiuto il triste omaggio
(Madonna), si ce penzo, che paura!
ma po' facette un'anema 'e curaggio.

'O fatto è chisto, statemi a sentire:
s'avvicinava ll'ora d' 'a chiusura:
io, tomo tomo, stavo per uscire
buttando un occhio a qualche sepoltura.

"QUI DORME IN PACE IL NOBILE MARCHESE
SIGNORE DI ROVIGO E DI BELLUNO
ARDIMENTOSO EROE DI MILLE IMPRESE
MORTO L'11 MAGGIO DEL '31."

'O stemma cu 'a curona 'ncoppa a tutto...
... sotto 'na croce fatta 'e lampadine;
tre mazze 'e rose cu 'na lista 'e lutto:
cannele, cannelotte e sei lumine.

Proprio azzeccata 'a tomba 'e stu signore
nce steva n'ata tomba piccerella
abbandunata, senza manco un fiore;
pe' segno, solamente 'na crucella.

E ncoppa 'a croce appena si liggeva:
"ESPOSITO GENNARO NETTURBINO".
Guardannola, che ppena me faceva
stu muorto senza manco nu lumino!

Questa è la vita! 'Ncapo a me penzavo...
chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!
Stu povero maronna s'aspettava
ca pure all'atu munno era pezzente?

Mentre fantasticavo stu penziero,
s'era ggià fatta quase mezanotte,
e i' rummanette 'chiuso priggiuniero,
muorto 'e paura... nnanze 'e cannelotte.

Tutto a 'nu tratto, che veco 'a luntano?
Ddoje ombre avvicenarse 'a parte mia...
Penzaje; stu fatto a me mme pare strano...
Stongo scetato ... dormo, o è fantasia?

Ate che' fantasia; era 'o Marchese:
c' 'o tubbo, 'a caramella e c' 'o pastrano;
chill'ato appriesso' a isso un brutto arnese:
tutto fetente e cu 'na scopa mmano.

E chillo certamente è don Gennaro...
'o muorto puveriello... 'o scupatore.
'Int' a stu fatto i' nun ce veco chiaro:
so' muorte e se retireno a chest'ora?

Putevano stà 'a me quase 'nu palmo,
quando 'o Marchese se fermaje 'e botto,
s'avota e, tomo tomo... calmo calmo,
dicette a don Gennaro: "Giovanotto!

Da voi vorrei saper, vile carogna,
con quale ardire e come avete osato
di farvi seppellir, per mia vergogna,
accanto a me che sono un blasonato?!

La casta e casta e va, si, rispettata,
ma voi perdeste il senso e la misura;
la vostra salma andava, si, inumata;
ma seppellita nella spazzatura!

Ancora oltre sopportar non posso
la vostra vicinanza puzzolente.
Fa d'uopo, quindi, che cerchiate un fosso
tra i vostri pari, tra la vostra gente".

"Signor Marchese, nun è colpa mia,
i' nun v'avesse fatto chistu tuorto;
mia moglie b stata a ffa' sta fessaria,
i' che putevo fa' si ero muorto'?

Si fosse vivo ve farrie cuntento,
pigliasse 'a casciulella cu 'e qquatt'osse,
e proprio mo, obbj'... 'nd'a stu mumento
mme ne trasesse dinto a n'ata fossa."

"E cosa aspetti, oh turpe macreato,
che 1'ira mia raggiunga 1'eccedenza?
Se io non fossi stato un titolato
avrei gih dato piglio alla violenza!"

"Famne vedé... piglia sta violenza...
'A verità, Marché', mme so' scucciato
'e te senti; e si perdo 'a pacienza,
mme scordo ca so' muorto e so' mazzate!...

Ma chi te cride d'essere... nu ddio?
Ccà dinto, 'o vvuò capì, ca simmo eguale?...
... Morto si' tu e muorto so' pur'io;
ognuno comme a 'n'ato è tale e qquale."

"Lurido porco!... Come ti permetti
paragonarti a me ch'ebbi natali
illustri, nobilissimi e perfetti,
da fare invidia a Principi Reali?"

"Tu qua' Natale ... Pasca e Ppifania!!
 T' 'o vvuo' mettere 'ncapo... 'int' 'a cervella
che staje malato ancora 'e fantasia?...
'A morte 'o ssaje ched'e".... è una livella.

'Nu rre, 'nu maggistrato, 'nu grand'ommo,
trasenno stu canciello ha fatt' 'o punto
c'ha perzo tutto, 'a vita e pure 'o nomme
tu nun t'he fatto ancora chistu cunto?

Perciò, stamme a ssenti... nun fa' 'o restivo,
suppuorteme vicino - che te 'mporta?
Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:
nuje simmo serie... appartenimmo â morte!"

domenica 1 novembre 2020

Le mie letture di ottobre

 


Le mie letture di ottobre!!




  1. FAIRY OAK. LA STORIA PERDUTA di E. Gnone: un mondo pieno di incanto e fascino, in cui possiamo tornare bambini e lasciarci cullare dalle intense emozioni e avventure vissute insieme alle protagoniste e ai loro amici.
  2. LAME DI TENEBRA di V. Barone Lumaga: Cosa accadrebbe se le nostre più oscure paure e i nostri desideri più inconfessabili si materializzassero, prendessero forma, cominciando ad agire e a commettere le azioni più nefande verso coloro che ci sono vicini? I quattro protagonisti si trovano a vivere l'incubo più terribile che avrebbero mai potuto immaginare e per uscirne dovranno accettare una difficile e dolorosa verità.
  3. ALLA SCOPERTA DELL'ACQUA CALDA di R. Riva: il mondo in cui veniamo introdotti, tra le pagine di questo romanzo, è bizzarro e surreale, con personaggi dai nomi importanti ma decisamente buffi, che stanno cercando di ribellarsi alle dure condizioni in cui sono costretti a vivere da una comunità scientifica che giudica reato ogni presunta ricerca o esperimento inutile o dannoso per la società.
  4. ADDIO, MIA AMATA  di S. Rocher: si possono amare allo stesso tempo due persone, con lo stesso slancio e la stessa passione? Ce lo raccontano i tre giovani protagonisti di una forte amicizia, coinvolti in una serie di vicende sentimentali travolgenti.
  5. "IL DELITTO DI VIA POMA. Trent'anni dopo"  di I. Patruno: con estrema accuratezza e un'esposizione chiara e attenta, il giornalista Igor Patruno torna con un nuovo libro sul delitto di via Poma, e partendo dall'agosto del 1990 fino a tempi più recenti, riesamina le tappe di uno dei cold case italiani più misteriosi degli ultimi anni. Un delitto atroce ed irrisolto, la cui vittima ancora deve ottenere giustizia.
  6. LA VITA INVISIBILE DI IVAN ISAENKO di S. Stambach: offre la preziosa opportunità di vedere il mondo con gli occhi di un disabile in mezzo ad altri disabili, di ascoltare una voce che, per quanto torturata e lontana da noi, dal nostro mondo, arriva al cuore del lettore e gli chiede semplicemente di ascoltarla.
  7. PERDUTI NEI QUARTIERI SPAGNOLI  di H. Goodrich: tra queste pagine si consuma una doppia storia d'amore: quella intrattenuta da una ragazza americana con un giovane uomo - attaccato alle proprie radici, alla propria terra - e quella con Napoli, città unica e indimenticabile, capace di risucchiarla totalmente tra i suoi vicoli colorati dai panni stesi che sventolano al sole ed echeggianti di rumori, urla, voci.

Quali letture, tra queste, ho preferito?

Sicuramente il libro-inchiesta sul "Delitto di via Poma", in quanto estremamente interessante, nonché doveroso perché l'attenzione su questo caso irrisolto continui ad essere viva; Lame di tenebra per la suspense e Fairy Oak. La storia perduta per avermi fatta sentire un po' bambina e avermi donato momenti di dolce malinconia.



CITAZIONE DEL MESE

La migliore letteratura ci costringe sempre a interrogarci su ciò che tenderemmo a dare per scontato, e mette in discussione tradizioni e credenze che sembravano incrollabili. 

Azar Nafisi - Leggere Lolita a Teheran


Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...