giovedì 14 aprile 2022

📖 SEGNALAZIONI EDITORIALI (narrativa, noir, racconti) 📖.

 

Buongiorno, lettori.
Oggi desidero condividere con voi alcune novità editoriali.

Parto da un romanzo edito da Panesi Edizioni: "Nonostante tutto" di Francesca Lizzio (genere narrativa, 151 pagine, 2021).

Sinossi

Cristina è una ragazza segnata da un

passato ingombrante che ha cambiato la vita anche alle sue sorelle, Su ed Emma. Ora si ritrova a fare i conti con la fine di un amore e con le sue conseguenze.
Proprio quando ha il cuore a pezzi, la vita le riserva un imprevisto che la porterà a ripensare alle sue radici e al rapporto complicato con le sorelle.
Scoprirà così che soltanto ripercorrendo le ferite del passato potrà rinascere, libera dal peso di ciò che è stato.

Disponibile in formato e-book e cartaceo su tutti gli store online, oltre che ordinabile presso qualsiasi libreria e acquistabile sul sito della casa editrice che per ogni ordine ricevuto omaggia di un e-book a scelta da tutto il catalogo.

Link Amazon:  amazon.it/dp/ 8831449133
Link sito casa editrice: panesiedizioni.it/richiesta-libri/
Link kobo: www.kobo.com/it/it/search?query=francesca%20lizzio&fcsearchfield=Author
Link IBS :  www.ibs.it/ebook/autori/francesca-lizzio

Qui www.youtube.com/watch?v=-dEf0m-nwLQ è possibile ascoltare un brano tratto dal romanzo, letto da Sofia Ponente.

Biografia
Francesca Lizzio nasce a Catania il 22 Aprile del 1992. Fermamente convinta che il meglio di un libro si trovi tra le righe e che valga anche per le persone.
Data la sua passione per la biblioteconomia, l’archivistica e l’editoria, scrivere è stata una conseguenza naturale.
Nel 2015 ha aperto un blog, cuore di cactus, dove si racconta a lettori sparsi per tutta l’Italia.
Con Panesi Edizioni ha preso parte all’antologia Oltre i media – Raccontalo con un film o una canzone col racconto breve Giorni (2016), ha pubblicato il suo romanzo d’esordio Fiore di cactus (2017)e il romanzo Nonostante tutto (2021).
Bestsellerista, Onorificenza (2022).

Contatti
Blog: www.cuoredicactus.wordpress.com
Profilo Instagram: www.instagram.com/francesca.lizzio
Profilo Facebook: www.facebook.com/fra.cactus
Pagina Facebook: www.facebook.com/effe.cuoredicactus


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La seconda segnalazione è una raccolta di racconti / poesie / frasi / dialoghi / amore / romance, in cui è presente il racconto di Ilaria Vecchietti (blog Buona lettura),  "Sogno o realtà?", ispirato al prequel "Un capodanno da ricordare" di Diletta Nicastro, pubblicato nella raccolta "Le più belle frasi d'amore" (Editore: M&L, 0,99€).

Il racconto ha vinto al concorso "Le più

belle frasi d'amore" edizione X 2022, nella categoria fan fiction.

Sinossi

‘Le più belle frasi d’amore’ raccoglie le poesie e le opere vincitrici dell’omonimo concorso organizzato dal 2012 con cadenza annuale da ‘Il mondo di Mauro & Lisi’, la saga d’amore e d’avventura di Diletta Nicastro incentrata sul Patrimonio Unesco.
Il concorso è suddiviso nelle sezioni Amore Classico e Fan Fiction. La prima ha come fulcro centrale l’amore con la A maiuscola, verso il proprio innamorato, la vita, il creato o Dio. La seconda invita alla stesura di poesie o frasi d’amore con protagonisti i personaggi principali della saga, avendo la possibilità di utilizzare coppie già formatosi nel corso dei romanzi o di crearne di nuove tra due personaggi esistenti, ma non innamorati.

Le opere all’interno del libro portano la firma di Jessica Baldassarre, Alessandra Bassolino, Luisa Cagnassi, Alessandro Canfora, Piera Castrianni, Donatella Cerboni, Laxman Chapagain, Tommaso Coatti, Davide Rocco Colacrai, Patrizia Cromi, Antonio D’Auria, Tiziano Dall’Omo, Giulia De Gasperi, Mena Del Deo, Maria Di Bari, Francesca Di Giuseppe, Leonardo Donelli, Alessandra Ferlini, Francesca Ferri, Irma Kurti, Rocco Lanatà, Claudia Liberatore, Gianfranco Maiuri, Andreina Mexea, Rebecca N., Elisa Navarra, Francesca Opri, Denise Prencipe, Giuseppe Rossi, Massimo Rossi, Simona Sisca, Viola Tamburini, Ilaria Vecchietti, Arianna Venturino, Serena Vicidomini, Daniela Zagarola, Eva Zarpellon. Prefazione di Diletta Nicastro.

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“La magia del Natale“ e “12 anni 8 mesi 16 giorni“ sono due racconti anch'essi scritti da Ilaria Vecchietti e contenuti nella  raccolta: "In mille parole" ( Editore: self publishing Amazon, 117 pp, ebook: 2,99€) comprendenti 36 racconti di autori vari, e il cui ricavato è devoluto all’associazione Fondazione per leggere.

Un’antologia, una raccolta di racconti capace di accompagnare il lettore nell’arco di un intero anno, per tematiche ed emozioni che rispondono al mood del periodo. Caratteri che seguono le stagioni, i ricordi che ogni mese e ogni tema portano con sé.
Un’opera dunque per ridere, divertirsi, ma anche lasciar sfuggire una lacrima, sentire il cuore in pezzi, lo stomaco in subbuglio, per poi concludere la lettura con un sorriso.

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Termino con un noir Fratelli Frilli

Editori: I DIAVOLI DI BARGAGLI di Ippolito Edmondo Ferrario, che si svolge tra Milano, Genova,
Albissola, Bargagli e Framura.

Raoul Sforza, banchiere milanese, è un personaggio eccentrico e sprezzante, amante del lusso, dell’arte e della musica. Specializzato nell’ordire intrighi finanziari e nel ricattare uomini che ricoprono ruoli chiave nelle istituzioni dello Stato, Raoul conduce una vita lontano dai riflettori, dividendosi fra la sua antica dimora milanese che sorge nel cuore di Brera e l’amata Bonassola. La sua presenza non passerà inosservata quando sarà costretto, suo malgrado, a far luce su una lunga scia di misteriosi omicidi che dal 1945 insanguina Bargagli, borgo dell’alta Val Bisagno, nell’entroterra genovese. Aiutato da Diego Casazza, spiantato giornalista di cronaca locale, Sforza affronterà la cosiddetta vicenda del “mostro di Bargagli” che per decenni ha terrorizzato un’intera comunità. 

Forte di un innato cinismo, indifferente ad ogni tipo di morale, il “banchiere nero” sarà in grado di far emergere, dopo più di cinquant’anni di omertà e di silenzi, verità inconfessabili.

L'autore.
Ippolito Edmondo Ferrario, classe 1976, è uno scrittore milanese. Si è occupato dello studio e della divulgazione della Milano sotterranea attraverso numerosi saggi. Ha scritto libri sull’epopea dei mercenari italiani nelle guerre post-coloniali e biografie inerenti agli anni di piombo. Ha pubblicato per Ugo Mursia Editore, Castelvecchi Editore, Newton Compton Editori, Ritter e Ferrogallico. Con Il banchiere di Milano (Fratelli Frilli Editori, 2021) ha dato vita al personaggio del “banchiere nero” Raoul Sforza, protagonista di una serie di romanzi. Per Fratelli Frilli Editori ha scritto: La Gorgone di Milano (a quattro mani con Gianluca Padovan) e Ultimo tango a Milano.



lunedì 11 aprile 2022

[[ RECENSIONE ]] ** E POI SAREMO SALVI di Alessandra Carati **

 

Sincero e commovente, il romanzo di Alessandra Carati narra la tragedia di un popolo, di una famiglia e dei suoi singoli membri, e lo fa attraverso gli occhi - smarriti, sgomenti, speranzosi, a volte arrabbiati altre impauriti, e troppo spesso pieni di sofferenza - di una bambina di sei anni, costretta a lasciare la propria casa, la propria gente, il proprio villaggio, per evitare la morte (e, prima di essa, tutto il carico disumano di torture e soprusi da parte del nemico) e per cercare di mettersi in salvo in un paese straniero, dove provare a ricominciare daccapo.
Ma anche se è possibile lasciarsi alle spalle macerie e catastrofi, certe rovine te le porti dietro per sempre, ti segnano, creano voragini, divisioni, silenzi, risentimenti, fratture non facilmente sanabili, strappi che, per essere ricuciti, spesso richiedono un prezzo alto: altro dolore e altre lacrime.



E POI SAREMO SALVI
di Alessandra Carati

Mondadori
276 pp
La piccola Aida vive con la propria famiglia (papà e mamma, che è incinta) in un piccolo villaggio bosniaco; una vita semplice, una casa modesta non lontana dal bosco, da dove si vedono distese di frutteti che si arrampicano sulla montagna. 
Oltre quei confini non c’era nessun altro mondo dove avrebbe potuto e desiderato vivere.

Ma un triste presagio spezza la tranquillità della vita al villaggio:
"«Ci sarà la guerra e ce ne andremo tutti». 
Non sapevamo che cosa fosse la guerra, per noi era una parola sussurrata che aveva il potere di rendere gli adulti insicuri e cattivi."

Aida non ci crede e si affida alle parole, seppur poco convincenti, di sua madre, che le dice che no, non arriverà mai la guerra da loro.

Ma gli adulti possono sbagliarsi e Aida farà i conti con questa verità infinite volte, da quel momento in poi.

È l'aprile del 1992 e non è più possibile restare in Bosnia, bisogna scappare prima che arrivino i soldati, portando il terrore, gli spari, la morte.

Suo padre Damir provvede alla fuga della moglie Fatima e della piccola Aida; dopo giorni e notti difficili e di paura, arrivano a Milano e là per loro inizia un nuovo capitolo dell'esistenza. 

Nella casa in cui vengono fatti alloggiare ci sono altre famiglie che, come loro, son fuggite dalla guerra prima che fosse troppo tardi; ci sono pure zio Tarik, zia Mejra e il cugino Samir.

Integrarsi non è facile, non solo perché ci si trova in una città straniera, dove si parla una lingua sconosciuta e dove la vita ha ritmi e abitudini differenti, ma ancor più perché la guerra, con tutte le sue atrocità, continua e nel villaggio ci sono ancora parenti (come i nonni, che non vogliono lasciare la propria casa) ed amici, le notizie che arrivano per telefono sono drammatiche, preoccupano babo e mamma, il cui pensiero è sempre là, dove hanno lasciato gli affetti e dove continuano a desiderare di tornare, a guerra finita.

Intanto, nasce il fratellino, Ibro, ma neppure il suo arrivo riesce a rimettere in ordine le cose: il padre è sempre sfuggente, irritato, silenzioso, non accetta che gli si risponda e ci si ribelli ai suoi ordini; la madre è chiusa in sé stessa, è depressa, infelice, nervosa. 
Da loro Aida raramente riesce ad avere un gesto affettuoso, una parola rassicurante, un abbraccio consolante; mentre pian piano quel fratellino diventa amatissimo e, con la sua vivacità incontenibile, conquista tutti, la ragazzina cresce, matura, e se è vero che diventare grandi è difficile per chiunque e ovunque, per una bambina sradicata bruscamente dal proprio contesto e inserita in un altro - in cui si sente un'estranea, sola, smarrita - lo è ancora di più.

A dare una notevole mano (sotto diversi punti di vista, anche economico) alla famiglia di Aida è una coppia di coniugi senza figli, Emilia e Franco, i quali si affezionano da subito a Fatima e ai bambini, in particolare ad Aida; Emilia, infatti, è molto materna nei suoi confronti, la invita a casa sua, cerca di riempirla di attenzioni ed è felice di occuparsi di lei, di aiutarla nei compiti, di regalarle ciò di cui ha bisogno.
Questo genera inevitabilmente malumori e gelosia nei genitori della bambina, che vedono queste cure amorevoli come un subdolo tentativo di "prendersi" Aida, allontanandola da loro.
La ragazzina percepisce questi sentimenti e lei stessa si sente confusa: da una parte desidera che Emilia le dia quelle attenzioni e quell'affetto che sua madre è, per carattere, restia ad elargire e dimostrare - una freddezza, questa, che l'ha sempre fatta soffrire, facendole provare emozioni contrastanti verso la mamma: amore e desiderio viscerale di essere amata e considerata, ma anche risentimento nel constatare come questo non avvenisse -, dall'altra una sorta di diffidenza (Emilia le vuol bene perché è lei  o semplicemente perché vede in Aida la figlia che non ha mai avuto?) mista alla paura di dare un dispiacere ai genitori, che potrebbero sentirsi messi da parte e rimpiazzati da questi due italiani forse un tantino invadenti, che in cambio dell'aiuto poi vogliono prendersi la figlia.

Diventa un'adolescente, Aida, si invaghisce di un compagno, e intanto studia, a scuola è brava e si applica con impegno; ogni tanto i suoi sentono l'urgenza di ritornare nel loro piccolo paese in Bosnia, ma ogni volta che torna a Milano, Aida riprende con slancio la vita alla quale ormai si è abituata; a volte riprende ad andare con più frequenza a casa di Emilia (Mimì), allontanandosi da mamma e papà, e anche un po' dall'amato Ibro.

"Sentivo di essere separata e la separazione scavava piano, in silenzio, una cavità e in quella cavità cresceva un’altra me, piccola, cieca, senza pelle. Ma crescere era doloroso, separarsi era doloroso." 
Il racconto in prima persona di Aida travolge il lettore e lo fa sentire parte delle vicende narrate, facendogli percepire in modo intenso le emozioni della giovane protagonista: le sue paure nello scappare con la madre in stato avanzato di gravidanza; il senso di spaesamento una volta giunta in Italia; i sentimenti contraddittori verso quel villaggio in cui è nata e ha vissuto per sei anni, a cui appartiene per famiglia, cultura, tradizioni, per la presenza dei parenti (tanto i vivi quanto i morti), ma dal quale, allo stesso tempo, prende le distanze perché la vita va avanti e lei ha bisogno di ricostruirne una nuova lontano dalle macerie della vecchia.

" Mi sono chiesta come si possa sopravvivere alla propria vita."
"Tutta la nostra vita era divisa tra un prima e un dopo, a dispetto dell’età che potevamo avere, vent’anni, quindici o ottanta. La vita prima della guerra era una dimensione parallela, a volte mi domandavo se fosse davvero esistita."

Eppure, se Aida riesce a guardare avanti a sé e a porsi degli obiettivi, per i suoi cari non è così; è come se i suoi genitori non riuscissero ad integrarsi, anzi... non lo vogliono davvero, perché convinti di essere solo di passaggio in Italia: la loro casa nel paesino da cui vengono ancora li aspetta e il sogno di tornarvi non li abbandona, perché le loro radici sono lì, in quella loro terra così profonda e difficile da decifrare.

E Ibro?
Lui è sempre il solito ragazzo pieno di energie, di vitalità..., ma è quel tipo di vitalità eccessiva, quasi anomala; verso di lui Aida prova molti sensi di colpa, soprattutto quando si rende conto di stare vivendo la propria vita lontana dal fratello, che sicuramente sente la sua mancanza e forse ce l'ha anche un po' su con la sorella per questo.

Il caro, inafferrabile e tormentato Ibro - «kuća moja mila»  mia casa adorata,  «Oči moji mili» occhi miei adorati: a un certo punto, quando ormai è un giovanotto, qualcosa in lui comincia a non andare, a rompersi sotto gli occhi sgomenti e impreparati dei genitori, stanchi e confusi, e anche per Aida, che continua a studiare per diventare medico anestesista.

Il ragazzo manifesta comportamenti strani, bizzarri, sregolati; in special modo ad eccedere sono la sua irrequietezza, il senso opprimente di dover fare qualcosa - qualunque cosa! - per dare un senso alle proprie giornate (non lavora, non studia, ciondola per casa senza uno scopo o un interesse in cui investire sogni e capacità), e poi la sua aggressività, che si riversa su chi gli è vicino (babo e mamma), sia a livello verbale che fisico: cosa vogliono dire questi modi di fare? Sono forse segnali di un malessere specifico e che va assolutamente curato?

La malattia, che irrompe con violenza nei loro già (e da sempre) fragili rapporti famigliari, scardina tutto, ogni piccola certezza, mette in luce crepe, divisioni, rancori, cose non dette, un'infelicità che è sempre stata lì, sulle loro spalle, come un fardello di cui è diventato troppo difficile liberarsi.

I problemi di Ibro finiscono necessariamente per dividere e, a un tempo, riunire, come spesso succede quando in famiglia sopraggiungono problemi gravi: "Il suo disturbo era la faglia delle nostre vite divise tra un qui e un là."

Aida è presente per amore del fratello minore, che ha bisogno di lei, ma anche per quei genitori, da sempre irraggiungibili, incapaci di comunicare pure tra loro, amati con rabbia, una rabbia così pura da provocarle dolore.

Sullo sfondo di una guerra da cui ci si allontana per sopravvivere, Alessandra Carati ci racconta la storia di una ragazza e della sua famiglia lacerata dentro e fuori dalla paura delle atrocità che avrebbero potuto subire (e di cui sentono parlare da chi le ha viste da vicino) nel loro paese, che continuano ad amare e il cui pensiero resta fisso nel cuore e nella mente, accompagnato dalla malinconia di chi non si arrende a vivere e morire in terra straniera.
È la storia di come la guerra renda orfani, se non necessariamente in senso materiale, sicuramente in quello "spirituale", morale: non se ne esce indenni, mai, e l'incertezza del proprio futuro segue passo passo, come un segugio fedele, chi fugge.

È la storia di un padre che non sa esprimere il proprio amore per i figli in maniera adeguata, ma che per loro darebbe la vita; di una madre che dentro soffre, si strugge e fuori è dura e inarrivabile come una fortezza inespugnabile ma, se riuscisse a parlare senza freni, confesserebbe le proprie paure, le lacrime e i sospiri di chi è disposto a sacrificarsi per coloro che ama, con la segreta speranza di salvarlo da quel dolore che tormenta lei.

È la storia di una bambina che, diventando donna, non smette di essere costantemente alla ricerca di un po' di pace, di un posto in cui sentirsi a casa e in cui ritrovare l'amore dei propri cari, quell'amore in cui è custodito il dolce segreto della sua infanzia e che forse, per emergere in tutta la sua bellezza e purezza, ha bisogno di un'esplosione, di una supernova da cui nascano altre stelle.

Un romanzo di formazione davvero molto bello, struggente, che tocca profondamente il lettore sia per la sua giovanissima protagonista - che vediamo crescere tenera e forte insieme, pur tra le tante difficoltà e i conflitti famigliari -, sia per la storia intensa, drammatica, terribilmente attuale in questo periodo. 

sabato 9 aprile 2022

Una volta sola non mi è bastata...

 

Qualche sera fa ho guardato su Rai Movie un film che mi piace moltissimo e che non mi stanco mai di riguardare: IL MOMENTO DI UCCIDERE (1996), diretto da Joel Schumacher, con protagonisti Sandra Bullock, Matthew McConaughey, Samuel L. Jackson, e tratto dall'omonimo legal thriller di Grisham.




Guardandolo, ripensavo al fatto che ci sono diversi film, libri, poesie ecc..., ai quali mi sono avvicinata più di una volta in passato ed ancora oggi continuano a non stancarmi perché ogni volta è (ed è stato) un po' come tornare a qualcosa di familiare, una sorta di "comfort zone" a cui mi piace (oggi come ieri) ritornare, sicura di ritrovare e riprovare le emozioni della prima volta.

Mi raccomando, fatemi sapere se avete anche voi film o libri o altro che non vi stancate mai di rivedere/leggere ^_-

Ecco, per quanto concerne i FILM, oltre a quello già citato (di cui mi attira la tematica della discriminazione razziale nei confronti dei neri; inoltre mi commuove sempre la arringa finale dell'avvocato della difesa, Brigance), ce ne sono ovviamente degli altri.

- TITANIC: davvero, non riesco a non guardarlo nonostante poi in casa tutti si lamentino con frasi del tipo "Ancora??? Ma basta, lo sai già come finisce e Jack muore, punto!", con tanto di smorfie e occhi al cielo.
Oh e che ci posso fare? Non solo me lo guardo, ma quando inizia tutta la concitazione post-iceberg, mi sale pure l'ansia come se non l'avessi mai visto prima.




- SCHINDLER'S LIST: eh sì, l'ho visto davvero taaaante volte ma, quando mi capita, lo rivedo e mi si attorciglia lo stomaco sempre. Quando si giunge alla scena finale dell'anello, che gli ebrei della lista regalano al loro herr Direktor, il groppo in gola è assicurato.

- TRILOGIA "RITORNO AL FUTURO": questa credo di averla detta un sacco di volte! È un'istituzione a casa dei miei rivedere con mio fratello e mio marito - almeno una volta all'anno - i tre film su Marty McFly in giro tra il 1885 e il 2015 sulla DeLorean; il divertimento sta più che altro nell'anticipare ogni battuta :-D




E poi ce ne sono davvero tanti altri, tipo La custode di mia sorella, Mine vaganti, i film di Checco Zalone, Il miglio verde, I Dieci comandamenti, Il colore viola, Ghost, Via col vento, Top Gun, Le ali della libertà, Stand by me-Ricordo di un'estate, Pretty woman... e potrei stare qui ancora un altro po' ad allungare la lista: tutti film visti e stravisti e che di certo rivedrò alla prima occasione, già lo so.

Poi ci sono anche quei film che, se dipendesse da me, non necessariamente rivedrei - né avrei scelto di  rivedere più volte in passato -, ma poiché esistono anche altri esseri umani dentro casa (ciascuno con i medesimi diritti), e beh... succede di dover assecondare le fisse altrui: questo vale per pellicole come Cast away, Sister Act, The day after tomorrow.


Circa i LIBRI, sono anni che difficilmente mi dò alle riletture; però in passato, ho avuto le mie manie per alcuni libri in particolare e non li ho letti due-tre volte (ehm... alcuni anche di più): IL DIARIO DI ANNA FRANK, JANE EYRE, CIME TEMPESTOSE sono in assoluto quelli che ho consumato di più, e poi LE AVVENTURE DI TOM SAWYER, ROSSELLA di Alexandra Ripley (il seguito di "Via col vento") e IL GIGLIO E IL LEOPARDO di Susan Wiggs.


Anche le POESIE rientrano in questa amata e confortante ripetitività; sono tanti i poeti che amo e di cui mi piace rileggere poco e spesso alcune liriche/sonetti, ma per brevità vi trascrivo le mie preferite.


MESE PER MESE, ANNO DOPO ANNO
(Emily Brontë)

Mese per mese, anno dopo anno,
la mia arpa ha versato un canto triste;
ora una nota vivace la rallegra
e il piacere intona le sue corde.

Che importa se le stelle e il bel chiaro di luna
si estinguono nel grigio mattino?
sono soltanto emblemi della notte,
e questo, anima mia, è il giorno.



HO SCESO, DANDOTI IL BRACCIO...
(Eugenio Montale)

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue


A SILVIA
(Giacomo Leopardi)


Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?

Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.

Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.

Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,

E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?

Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore

Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.


L'INFINITO
(Giacomo Leopardi)

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.

mercoledì 6 aprile 2022

RECENSIONE ★★ LA STRANIERA di Diana Gabaldon ★★ (Outlander #1)



La gente scompare di continuo; e se è vero che non tutti gli scomparsi tornano a casa (e non tutti vivi), è altrettanto vero che solitamente dietro le sparizioni ci sono comunque delle motivazioni, più o meno note.
La protagonista di questa saga sparisce senza una ragione, in un giorno come un altro, mentre è nei pressi di un sito storico composto da un cerchio di pietre.
Da quel momento la sua vita prenderà strade inattese ed impensabili e si ritroverà nella Scozia di duecento anni prima.


 LA STRANIERA 
di Diana Gabaldon


Tea Ed.
trad. V. Galassi
840 pp

«Sono state quelle rocce... la collina incantata. Le pietre giganti, le pietre di mago Merlino. È da lì che sono venuta.» Respiravo affannosamente, quasi singhiozzando, sempre più incapace di esprimermi a ogni secondo che passava. «C’era una volta, ma in realtà sono duecento anni. Sono sempre duecento anni, nelle storie... Ma, nelle storie, le persone tornano indietro. Io invece non sono potuta tornare.»

Nel 1945, ad Inverness *, Claire Beauchamp Randall sta vivendo una sorta di luna di miele con il marito; la guerra è finita da poco e la coppia spera di potersi finalmente ritrovare (in tutti i sensi) dopo essere stati separati per sei anni a causa del conflitto: Claire, infatti, è stata impegnata al fronte come infermiera e suo marito, Frank Randall, ha lavorato come spia nei servizi segreti britannici.
I due non hanno figli e, chissà!, magari questi giorni tutti per loro, trascorsi nella bella città scozzese piena di storia e cultura, potrebbero portare finalmente "il frutto" tanto sperato e atteso.

Frank è un intellettuale e un accademico, esperto di Storia, e non fa che entusiasmarsi parlando di argomenti a carattere storico; in particolare, è affascinato dagli alberi genealogici, dal proprio soprattutto, studiando il quale - e confrontandosi in vivaci conversazioni con un amico, il reverendo Wakefield - apprende di essere il discendente di Jonathan "Black Jack" Randall, un famoso ufficiale inglese, vissuto nel diciottesimo secolo, attorno al quale ci sono testimonianze non proprio lusinghiere e che, anzi, lo dipingono come un individuo crudele e molto temuto proprio per la mancanza di umana pietà.

Claire e Frank stanno trascorrendo, quindi, un tempo di serenità e pace, passeggiando e godendo dei bellissimi paesaggi delle Highlands, dei siti più antichi sulle cui storie e leggende lui rende edotta lei, assistendo ad un affascinante rito pagano presso le pietre di Craigh Na Dun, ascoltando - con una sensazione di turbamento mista a divertimento - la sibillina lettura della mano da parte di Mrs Graham (la simpatica governante di Mr Wakefield), lasciandosi andare a momenti di intimità e passione nell'accogliente camera della pensione di Mrs Baird e raccogliendo erbe officinali (Claire ne è appassionata) presso il già citato cerchio di pietre.

Sarà la sua ultima azione in questo tempo, visto che le basterà toccare, senza troppi pensieri, i massi, per sentirli urlare, provare sensazioni di smarrimento mai provate prima, svenire e risvegliarsi... nello stesso posto.
Ma in un anno differente.

Le pietre di Craigh Na Dun si rivelano essere una sorta di portale magico che permette a Claire di "viaggiare nel tempo".
Rumori di zoccoli di cavalli al galoppo, esaltati e feroci guerrieri scozzesi in kilt, soldati delle Giubbe Rosse: ma che sta succedendo attorno a lei? Il mondo è impazzito? È finita accidentalmente su un set cinematografico?? Lo sgomento inizialmente fa da padrone e di certo nessuna persona dotata di buon senso e razionalità crederebbe mai di essere stata trasportata (come? da chi??) in un'altra epoca.

Ma proprio in quanto intelligente e assennata, Claire deve, suo malgrado, accettare ciò che alla ragione sembra assurdo; non sa come sia possibile, ma è proprio come teme: quelli attorno a lei non sono attori che recitano in costume, ma soldati inglesi e highlanders in carne ed ossa... e tutti fanno sul serio!
Il primo incontro con queste persone di un tempo lontanissimo dal suo, è nientemeno che con un soldato somigliante in maniera impressionante a Frank, tanto che Claire lo scambia per lui.
Ma la realtà è che il marito è rimasto dall'altra parte e quell'uomo arrogante e pericoloso altri non è che il capitano Jonathan Randall, l'antenato di Frank!

Da quel primo e per nulla lieto incontro, la situazione si fa sempre più avventurosa: dopo essere stata "rapita" (e salvata) da un tipo tozzo, musone e taciturno che è evidentemente uno scozzese in fuga dagli inglesi, la donna conosce il capo di una combriccola che la prende "in custodia": Dougal MacKenzie, il quale prende con sé e i propri uomini l'inglese Claire, convinto che si tratti di una spia al soldo degli inglesi; così la donna si ritrova a viaggiare in groppa ad un cavallo assieme a questi uomini ruvidi e privi di maniere gentili.
Fa eccezione il giovanissimo guerriero dai capelli rossi, Jamie, l'unico a relazionarsi con Claire - che lui chiama da subito, e con un tono simpatico, Sassenach - amichevolmente e ben presto tra i due si instaura un legame d'amicizia, complicità, comprensione che imbarazza lui e comincia via via a turbare anche lei.

Per una serie di motivi - legati in particolare alla malvagità e alla perfidia di Black Jack Randall, che dà la caccia a Jamie e, in un certo senso, anche a Claire, seppure per ragioni diverse - quest'ultima è "costretta" a sposare il bel Jamie, cosa che la fa sentire in colpa, anzitutto perché le sembra di tradire Frank, anche se, tecnicamente, in quell'epoca (siamo nel 1743) lui non è ancora nato, e poi perché comunque non è innamorata di quell'uomo, col quale si ritrova a condividere anche l'intimità.


"Tu sei Sangue del mio Sangue, 
e Ossa delle mie Ossa. 
Ti dono il mio Corpo, 
così saremo una sola Cosa. 
Ti dono il mio Spirito,
finché l’Anima nostra non sarà resa."


Non sarà facile tenere a bada i moti del cuore traditore e tra i due sposi il legame si farà sempre più 
source
Craigh na dun

profondo ed intimo, anche se la ragione impone alla "viaggiatrice" di non affezionarsi a nessuna persona di quest'epoca perché ella non appartiene a questo mondo, viene dal futuro e là spera di tornare, possibilmente fuggendo a Craigh Na Dun e tentando di rifare l'esperienza, ma al contrario.

Jamie (che appartiene al clan Fraser ed è proprietario di una tenuta, Lallybroch, in cui spera di tornare) si rende conto che lei non gli ha detto tutto del proprio passato, al contrario di ciò che ha fatto lui che, col passare del tempo, sente il bisogno di parlare di sé, della famiglia, delle sofferenze subite a causa delle Giubbe Rosse e di Randall in particolare, che ha per il bello ed aiutante Jamie Fraser una vera e propria ossessione morbosa e pericolosa.

«Ci sono cose che io non posso dire a te, almeno non ancora. E non insisterò affinché tu mi riveli i tuoi segreti. Però ti chiedo questo: quando mi dici qualcosa, fa’ che sia la verità. E io ti prometto di fare lo stesso. Tra noi per ora non c’è nulla, tranne... il rispetto, forse. E penso che nel rispetto possa esserci spazio per i segreti, ma non per le bugie. Sei d’accordo?»


Ma come fa Claire a confessare di essere nata nel millenovecentodiciotto? Di provenire da un tempo diverso, lontano e successivo di ben duecento anni? 
Se lo raccontasse, nessuno le crederebbe, anzi, probabilmente la prenderebbero per matta, Jamie compreso!

Forse arriverà il momento di confessarglielo, ma fin quando può, Claire va avanti vivendo questa vita nella Scozia settecentesca come se fosse un viaggio temporaneo.
Certo, non è proprio una passeggiata di salute, visto che di peripezie ne vivrà davvero tantissime, alcune eccitanti altre decisamente rischiose: superstizioni e credenze popolari che rendono le persone semplici sospettose verso chiunque non le condivida e, al contrario, le vìoli (cosa che a Claire capiterà di fare più di una volta); accuse di stregonerie, esecuzioni sommarie ed ingiuste, intrighi, tradimenti, aggressioni...

Insomma, la Scozia di due secoli prima aveva più contro che pro, per non parlare di aspetti pratici come l'igiene, l'accesso a cure e medicinali, la rozzezza nei modi di fare degli uomini verso le donne, e tanto altro.
Tutti aspetti che farebbero desiderare a Claire di lasciare tutto e andarsene, mandando al diavolo quegli spietati degli inglesi e quegli zoticoni degli scozzesi..., ma c'è qualcosa a trattenerla.
O meglio, qualcuno.

"Non devi aver paura di me", mormorò a bassa voce. "Né di nessun altro, finché ci sono io con te",

le ripete Jamie, che da subito, e ancor più col passare del tempo e con l'evoluzione del loro rapporto, sarà protettivo verso la sua "ragazza", la sua forte e testarda Sassenach, prendendosi cura di lei, essendo disposto a buttarsi nel fuoco o a farsi frustare pur di soccorrerla e proteggerla.

Perchè Claire è sua, gli appartiene, e lui appartiene a lei.

«Oh, aye, Sassenach (...) Sono il tuo padrone... e tu sei mia. 
A quanto pare, però, non posso possedere la tua anima senza perdere la mia.»


Anche Claire Randall Fraser sente di appartenere a Jamie Fraser? Che ne è del suo amore per Frank, che è dall'altra parte e, probabilmente, è in pena per lei, non avendo più avuto sue notizie?
Deciderà alla fine di tornare indietro, nella propria epoca, agli agi e alle comodità cui è abituata?




Io mi fermo qui perché non avrebbe molto senso dirvi altro sulla trama, in quanto stiamo parlando di un tomo di più di 800 pagine e, chiaramente, di cose ne accadono e tantissime, e tutte elettrizzanti e appassionanti.

Sapevo che recensire questo libro per me sarebbe stato complicato e che non ne sarei stata soddisfatta - qualunque cosa avessi scritto e in qualunque modo avessi impostato la recensione -, ma non potevo esimermi dal farlo.
Posso solo dire: L'HO AMATO. 
Tutto, dal primo rigo all'ultimo.

Avendo visto le cinque stagioni della serie tv, leggendo rivedevo i volti di Claire, Jamie e tutti gli altri indimenticabili personaggi (tanto gli amici quanto i nemici, come il capitano Randall, uno dei personaggi letterari più odiosi che abbia conosciuto ma, proprio per questo, meglio riusciti!), mi sembrava di rivedere ogni scena ed ogni luogo.

Castle Leoch
 ***



Il castello di Leoch, il "regno" del laird Colum MacKenzie, il signore indiscusso e il capo del proprio clan, che nei confronti di Claire sarà sempre gentile ma... con riserva e sempre con quel guizzo di furbizia nello sguardo, proprio di chi non si fida della bella straniera inglese.

La bellezza selvaggia delle Highlands, una distesa verde immensa, davanti alla quale ci si sente piccoli piccoli.

Lallybroch, la casa per antonomasia, là dove Jamie è sé stesso perchè vi è nato, ci 

Lallybroch ****
sono i suoi affetti ed è il padrone; il periodo in questa tenuta di famiglia è stato forse quello più sereno, quasi bucolico, idilliaco. Ma si sa, la vita di un  Fraser non è fatta per la pace!

La maledetta prigione di Wentworth: il luogo dell'inferno, del dolore, del tentativo becero e disumano di fiaccare e umiliare il corpo e l'anima di un uomo.

          L'abbazia di Ste.Anne de Beaupré: il luogo della rinascita, del riscatto, del ritorno alla vita.


Mi si potrebbe legittimamente obiettare che c'è poco gusto a leggere una storia praticamente già nota **, e invece... niente affatto!!

È stato come rivedere amici ai quali mie ero enormemente affezionata; 840 pagine di puro godimento letterario: ecco cosa è stato per me La straniera.
Mi sono commossa, innervosita, divertita (l'ironia abbonda, a partire da Claire, che sin dalle primissime pagine si presenta come una donna arguta, intelligente, pungente), entusiasmata nell'immedesimarmi in ogni piccola o grande avventura vissuta dai personaggi; mi sono appassionata all'amore tra i due protagonisti, che regala davvero tante emozioni.

Tutto è perfetto (eh lo so, penserete che esagero, ma è quel che penso *___*): le parti dialogiche (così vivaci, realistiche, dinamiche, coinvolgenti) e quelle narrative (con il loro ritmo bello cadenzato), le sequenze descrittive (che mi consentivano di immaginare ogni particolare del contesto, umano ed ambientale) e quelle più riflessive, in cui Claire (che di suo non è molto espansiva circa l'espressione verbale dei propri sentimenti; in questo Jamie è più spontaneo, aperto, "puro") ci fa entrare nel proprio cuore e nella propria testolina.

Ho amato il periodo storico, così complesso, difficile e purtroppo contrassegnato da violenze, ingiustizie, barbarie, (gli scozzesi dovevano combattere quotidianamente contro i soprusi degli inglesi, e quando finivano nelle loro mani, se la vedevano davvero brutta), da credenze popolari che oggi giudicheremmo sciocche e selvagge; affascinanti la Scozia (ti vien voglia di andare a cercare i luoghi menzionati) e il gaelico, che in bocca a Jamie è tenero, dolce, intimo.

I personaggi escono dalle pagine per come sono assolutamente ben caratterizzati, anche quelli secondari, e sia fisicamente che caratterialmente.

Ce l'avete fatta ad arrivare fin qui? Grazie, coraggiosissimi! ^_^

Lo so, sono stata prolissa, ma sto ancora nel 1743 ad Inverness.
E non credo aspetterò molto prima di tornarci *_*

Se amate le saghe con un mix magistrale di fantasy, romanticismo e sfondo storico accattivante, immergetevi in questa serie.

Basta, mi taccio, ho finito! :-D 


Alcune citazioni.

«...io non posso vivere senza di te, dannato James Fraser, e questo è tutto. Ora dimmi, dov’è che mi stai portando?»

«È... difficile da spiegare. È... è come... credo che tutti abbiamo un posticino, dentro noi stessi, un luogo segreto che teniamo per noi. È un po’ come una fortezza, dove è nascosta la parte più privata della nostra vita... forse è la nostra anima, forse ciò che ci rende noi stessi e nessun altro. (...) Di solito non lo fai vedere a nessuno, quel posticino, tranne, a «Ora, è come se... come se la mia fortezza fosse stata fatta saltare in aria con la polvere da sparo... non c’è rimasto nient’altro che ceneri e un tetto di travi fumanti, e quella piccola creatura nuda che ci viveva dentro è adesso allo scoperto, che pigola e geme dalla paura, cercando di nascondersi dietro a un filo d’erba o a una foglia, ma... ma non... ci riesce granché bene. »

"E c’era l’amore, in quel luogo? Oltre i confini della carne e del tempo, era possibile ogni amore? Era necessario? (...) là dove c’è l’amore le parole non sono necessarie. L’amore è tutto. È immortale. Ed è sufficiente."

«La mia vita è tua. E sta a te decidere che cosa fare (...). Il mio cuore è stato tuo sin dalla prima volta che ti ho vista, e mi sono messo anima e corpo nelle tue mani, dove tu mi hai tenuto al sicuro.»




 * la città più grande delle Highlands scozzesi

 ** sono rimasta piacevolmente colpita dal fatto che la trasposizione tv del primo libro è praticamente fedele in toto, e a fare eccezione sono davvero dei dettagli che nulla avrebbero aggiunto alla bellezza della serie e nulla tolgono alla sostanza della storia scritta.

***  Doune Castle in Scozia è Castle Leoch (source)

****  source: TripAdvisor


martedì 5 aprile 2022

[[ RECENSIONE ]] SPATRIATI di Mario Desiati



Francesco e Claudia: acqua e fuoco, pioggia e fulmini, freddo e caldo. Due personalità che più differenti non potrebbero essere, eppure, al contempo, sono intimamente affini e, soprattutto, entrambi vengono additati come due spatriètə, due irrisolti, inclassificabili, balordi, vagabondi... e, nel loro caso, dei liberati.


SPATRIATI 
di Mario Desiati



Einaudi Ed.
288 pp
"Mi chiamo Francesco Veleno, sono il figlio unico di Elisa Fortuna e Vincenzo Veleno, due ex atleti dilettanti, che si sono innamorati durante una puntata di Giochi senza frontiere e per tutta la mia infanzia mi hanno cresciuto con l’idea che li avrei riscattati dal misterioso incidente di avermi messo al mondo"


Non è il massimo per nessuno, quindi neppure per Francesco, pensare di essere nientemeno che un "incidente di percorso" nell'esistenza dei propri genitori.

Insicuro, con la sensazione di fare e dire le cose sbagliate nel posto sbagliato e al momento sbagliato, convinto che la realtà sia quella che gli viene raccontata e non quella che vede, Francesco - che la madre chiama affettuosamente "Uva Nera" per il suo incarnato scuro - resta folgorato il giorno in cui, nel cortile della scuola, la sua attenzione viene catturata fatalmente da una ragazza dai capelli rossi, la pelle di luna, il naso importante e quel suo vestire come un maschio, con i vestiti del padre.
Lei è Claudia Fanelli.

"Quando un fronte d’aria fredda incontra a terra una massa d’aria calda, quest’ultima si alza al cielo. Nascono i temporali. Pioggia e fulmini, acqua e fuoco. Non ho mai capito chi tra i due fosse il caldo e chi il freddo, ma mi ritengo fortunato di aver incontrato il mio fronte opposto in Claudia Fanelli, la spatriata, come qui chiamano gli incerti, gli irregolari, gli inclassificabili, a volte i balordi o gli orfani, oppure celibi, nubili, girovaghi e vagabondi, o forse, nel caso che ci riguarda, i liberati"

Stravagante e vivace, solitaria e sicura di sé, indifferente ai giudizi, agli scherni e ai mormorii dei pettegoli di paese che, a Martina Franca come nelle piccole realtà di provincia, non mancano mai.

Francesco oppone alle frasi taglienti e provocatorie dell'amica - di cui si sente innamorato, pur provando altre e indefinibili sensazioni fisiche verso coetanei del proprio sesso - la propria fede religiosa, che egli vorrebbe fosse più solida di quella che è in realtà.
Ma ogni certezza vacilla quando la ragazza gli svela che, per un bizzarro scherzo del destino, essi sono quasi fratellastri.
Eh già, perché la madre di Francesco, Elisa, è l'amante di Enrico, il padre di Claudia.

Il ragazzo non sapeva questo segreto e scoprirlo lo turba per tante ragioni, tra cui quella di voler essere libero di amare la sua Claudia e di non essere costretto a vederla in un modo differente a causa delle stramberie dei loro genitori.
I due amici diventano praticamente inseparabili ma la ragazza non riesce a farsi andar bene la vita di paese ("Voglio stare dove succedono le cose, e qui non succede niente, non imparo niente"). così decide di andarsene, lasciando solo il povero Veleno con i suoi dubbi, la sua confusione emotiva e sessuale, i suoi risentimenti verso il padre e quelli misti ad amore e tenerezza verso la madre.

Londra, poi Milano e infine Berlino, la capitale europea della trasgressione; ad ogni tappa, la voce squillante di Claudia invita l'amico ad abbandonare la Puglia, la famiglia e tutta quella zavorra che è la ristretta mentalità di paese,  e a prendere in mano la propria vita, facendo scelte autonome e libere, assecondando i propri desideri.

Francesco resta e resiste, pur soffrendo la mancanza dell'amica ed essendone geloso - di lei, del suo essere così... "fluida", priva di inibizioni: "dentro di me il fuoco era spento. Mi piaceva restare a Martina perché tenevo a bada l’ansia, la quotidianità era sopportabile".

E intanto scava dentro di sé, restando turbato dalla consapevolezza di certi brividi, pensieri, sensazioni provate abbracciando un amico in oratorio o truccandosi la notte, di nascosto dal mondo, ma non da sua madre, che vede e capisce senza che lui se ne accorga.

Arriverà però il momento anche per Francesco di seguire Claudia, raggiungendola a Berlino e là avrà modo di vivere nuove esperienze e conoscere persone che lo porteranno a capire meglio se stesso, a crescere, e anche se non resterà nella città tedesca per sempre, qualcosa  in lui cambierà.

Si vedrà per come gli altri lo vedono da fuori, "Una vittima del patriarcato fascista, che non sapeva nemmeno riconoscerlo." 

E Claudia? Lei è un po' mamma, un po' sorella, un po' amica del cuore, inafferrabile e senza freni, anima libera ma bisognosa di dare e ricevere amore, di legami che rappresentino una casa a cui tornare:

"...il cuore di Claudia era troppo grande, sprecato per contenerne uno solo, c’era spazio per una famiglia intera, per un’amicizia, per un figlio, per l’umanità."

Claudia e Francesco: "solitudini perfette. Due monadi", "nozionisti e idealisti e guardavamo al futuro pieni di paura e possibilità (io), speranza e determinazione (lei)", con l'attitudine a vivere in altri mondi, a immaginare storie impossibili; seppur distanti chilometri, diventano adulti insieme, e anche quando sembrano allontanarsi, finiscono sempre per ritrovarsi. 

Attraverso questi due personaggi così all'opposto ma inseparabili, che si capiscono con uno sguardo, con i silenzi, con i non detti prima ancora che con le parole, Mario Desiati dà voce alle inquietudini, ai turbamenti, agli eccessi e alle inibizioni di una generazione cresciuta in un paese piccolo e che ha voglia di spiccare il volo lontano da casa, alla quale si sente sì legata ma, allo stesso tempo, da essa vuol prendere le distanze, non sempre riuscendoci.

"Le nostre origini ci rimangono addosso come una voglia gigante sulla pelle, che puoi coprire con tutti i vestiti che vuoi, ma resta sotto e quando ti spogli la vedi.
Eravamo usciti dalle nostre famiglie riportando ferite profonde, ma le nostre famiglie non erano uscite da noi."

Il protagonista è un ragazzo timido, schivo, insicuro e trova nella spavalda e irrequieta Claudia il modo per conoscersi ed accettarsi, dando sfogo a istinti e curiosità relative al sesso e al volerlo vivere in libertà, senza schemi, preconcetti e limiti stabiliti da altri, dalla società.

Francesco è un figlio che non vede nei genitori un punto di riferimento, un modello di vita, e se tende a snobbare un po' il padre, a prenderlo poco sul serio, è dalla madre che vorrebbe attenzioni e di lei, in certi frangenti, si sente geloso:  geloso di quell'amore segreto con il papà di Claudia; geloso del rapporto d'amicizia e complicità tutta al femminile - fatta di sorrisi eloquenti, di chiacchierate a bassa voce in cucina di notte, come se fossero mamma e figlia - tra la propria madre (che si rende conto di conoscere poco) e la sua Claudia.

È un amico che si preoccuperà sempre di quella rossa che vestiva da uomo e di cui non riesce a non essere innamorato; desidera sentirla spesso quando lei è fuori, vuole che gli racconti tutto di sé, della gente che incontra , degli uomini e delle donne con cui ha relazioni, che siano di sesso o d'amore.

Il lettore vede Francesco (voce narrante) cambiare negli anni, fare esperienze, e tutta la sua complessa personalità emerge, insieme ai suoi pensieri, i dubbi, le paure, le contraddizioni, la confusione in merito alle sue preferenze sessuali, il rapporto con Claudia e ciò che esso significa per lui.
La scrittura di Desiati è schietta e decisamente disinvolta ed esplicita quando si sofferma su giovani corpi vogliosi di toccarsi, fondersi, trarre piacere da questi incontri trasgressivi, in cui ognuno si sente libero di vivere il desiderio nei modi che vuole.
Ma è anche romantica e poetica quando ci parla del legame profondo che unisce Claudia e Francesco, del bisogno d'amore e di cura, della solitudine, del senso di inadeguatezza, del desiderio di felicità di questi spatriati, raminghi e senza meta, o forse solo semplicemente giovani alla ricerca del proprio posto nel mondo.

Mi è piaciuta la scelta di intitolare ogni capitolo con delle parole-chiave in dialetto martinese e in tedesco.
Un romanzo di formazione con personaggi interessanti, con una scrittura sincera, aperta, e anche se non posso dire che mi abbia coinvolta totalmente e in modo costante durante tutta la lettura, trovo comunque che lo stile sia scorrevole, il che rende il libro nel complesso piacevole; ho apprezzato la delicatezza e la sfumatura malinconica di molti passaggi, alcuni dei quali potete leggerli di seguito. 




Alcune citazioni:

"Nelle famiglie non esistono segreti, ma solo dei patti dolorosi, a volte miserabili, a volte irrinunciabili, dei «non detti». E nei non detti ci sono le verità profonde, le crisi, la lotta tra bene e male, l’origine delle relazioni e di tutti i traumi. Col tempo avrei capito che Claudia stava condividendo con me qualcosa di simile a un biglietto vincente della lotteria. Il non detto era lí, esposto alla nostra innocenza."

"– A volte vivo certe emozioni solo perché ho una persona come te a cui raccontarle, – mi diceva appena tornava da me.
– Non risparmiarmi nessun dettaglio, – le chiedevo, e sapevo che solo cosí avrei provato piacere nel mio dolore."

"... non tutti reggono il dolore delle persone che pensano di amare.
– Cosa vuoi dire? – Ero spaventato, mi mettevano a disagio quelle confessioni.
– Che devi farti forte e reggere il dolore della persona che ami. Per esempio, non essere mai se stessi per tutta la vita è un dolore."

"...il cuore è una casa con due camere da letto: una è quella del dolore, l’altra quella della gioia. Non si può ridere troppo fragorosamente, altrimenti il dolore si risveglia. Purtroppo, non può accadere il contrario, perché la gioia è sorda. "


domenica 3 aprile 2022

RECENSIONE ** ANIMA LUPI di Simone Cardullo **



Dopo una serie di eventi luttuosi e spiacevoli, Edoardo cambia identità e si propone di vendicarsi di chi gli ha stravolto l'esistenza; portare a termine questa pericolosa missione gli aprirà gli occhi su tante scomode verità, mostrandogli tutto il marcio che si nasconde nelle vite di gente apparentemente rispettabile.


ANIMA LUPI 
di Simone Cardullo 

Kimerik Ed.
282 pp
La vita di Edoardo è contrassegnata da ricordi dolorosi: in un tragico giorno di febbraio del 1973 (nel giorno del suo diciannovesimo compleanno), un commando di criminali irrompe in un locale e uccide non solo le persone designate per l'attentato (appartenenti alla malavita siciliana), ma anche degli innocenti, sfortunatamente lì presenti.
Tra questi, tre congiunti stretti di Edoardo (padre, sorella e fidanzata), la cui esistenza da quel momento subisce una brusca e irreversibile virata.

Con gli anni, alla decisione di dare un cambio radicale a se stesso e alla propria vita contribuisce la prematura morte dell'amico Abele Bottario, di cui decide di prendere l'identità, essendo Abele una persona sostanzialmente sola, priva di legami famigliari intimi: insomma, il soggetto ideale per Edoardo, che da un giorno all'altro diventa il dottor Bottario e, a tale scopo, si fa cambiare leggermente i connotati.

Il cambio di identità offre all'uomo l'opportunità di ricostruirsi da zero, di creare nuove passioni e relazioni, di aprire gli occhi sul ruolo e le infiltrazioni della mafia e, soprattutto, di elaborare un piano di vendetta. 

Tante sono le persone con cui Edoardo/Abele verrà in contatto, tante le dure decisioni da prendere, codici da decifrare e intrighi da individuare e svelare; la sua è una missione che gli procurerà ancora delle ferite e delle perdite, ma niente e nessuno potrà placare la sua sete di vendetta perché, anche se ancora non lo sa, dentro di lui possiede "le caratteristiche dei lupi, l’anima lupi", capace di programmare e portare a termine i propri propositi vendicativi.

Edoardo è un uomo eclettico, intelligente, sempre con la battuta pronta, con un grande spirito di intraprendenza e di adattamento ad imprevisti e situazioni sempre nuove; una cosa è certa: egli non subisce i capricci del fato ma è l'assoluto padrone delle proprie scelte, dei rischi che corre, dei propri errori e anche della propria solitudine, che è la condizione che caratterizza la sua vita, in quanto egli non lascia spazio a relazioni durature, che potrebbero distoglierlo dai propri obiettivi o addirittura essergli di intralcio; l'unica volta in cui sembra intenzionato a farlo, un altro amaro "scherzo" del destino cambia le carte in tavola.

Lo stile dell'Autore è sicuramente molto dettagliato, e lo è nelle descrizioni sia degli ambienti che delle azioni - altrettanto meticolose - del suo protagonista, aspetto che trovo sia coerente e in linea con la natura di Edoardo, un tipo preciso e attento ai dettagli, che vive in modo attivo e determinato le tante e varie traversie avventurose che lo vedono coinvolto.

Quando, nel corso della narrazione, leggiamo in che modo Edoardo pianifica e realizza ogni singola tappa della propria "missione", il ritmo è chiaramente più dinamico (pur non raggiungendo mai alti livelli di tensione o suspense), mentre tende a rallentare nei momenti in cui la scrittura si fa più descrittiva.

La personalità brillante e poliedrica del protagonista emerge con molta chiarezza nel corso della narrazione, non tanto attraverso sequenze riflessive - che invitano solitamente il lettore a guardare dentro il personaggio, seguendone il corso dei pensieri e degli stati d'animo -, bensì a partire dai suoi comportamenti, dal suo modo, scrupoloso e razionale, di organizzare fin nei minimi particolari ogni operazione (criminale e no), arrivando a commettere anche azioni delittuose a sangue freddo, perché a muoverlo è la voglia di restituire ai malavitosi il male che essi per primi hanno compiuto.
Interessante il finale, che vede il protagonista di fronte ad una scioccante rivelazione che stravolgerà - di nuovo! - la sua vita e renderà chiaro al lettore il significato del titolo stesso (anima lupi).

venerdì 1 aprile 2022

RECENSIONE ❤❤ "DI MORTE E D'AMORE. La prima indagine di Fortunata, tanatoesteta" di Stefania Crepaldi ❤❤



Fortunata è una bella ragazza dai capelli biondi e gli occhi azzurri, e a vederla nessuno penserebbe che fa un lavoro davvero particolare: è, infatti, una tanatoesteta, vale a dire colei che si prende cura, con estrema professionalità, dei corpi delle persone decedute, truccandoli, attenuando i segni della morte così da renderli più presentabili.
E mentre le sue mani toccano le salme, lei sogna di diventare una pasticciera e di allontanare il puzzo di morte per respirare un'aria decisamente meno grave e triste.


DI MORTE E D'AMORE. 
La prima indagine di Fortunata, tanatoesteta
di Stefania Crepaldi   


Ed. IoScrittore
200 pp
USCITA:
24 MARZO 2022
Fortunata vive nella bella Chioggia con suo padre Emilio e la sua amorevole nonna, da cui ha preso il nome; la madre è morta da anni ma il suo ricordo aleggia dentro casa e la sua assenza addolora il vedovo, la cui sofferenza non accenna a diminuire.
La famiglia di Fortunata ha un'azienda che in città è famosa e molto richiesta perché i servizi che offre sono anzitutto contrassegnati dalla professionalità, e inoltre sono necessari, nel senso che prima o poi servono a tutti.
Sì, perché il signor Emilio porta avanti l'antica tradizione di famiglia, che è quella dei becchini, dei pizzigamorti. Onoranze funebri, insomma.

La ragazza è stata quindi cresciuta con la convinzione, da parte del genitore, di proseguire la professione paterna, perpetuandola.
Ma l'uomo non ha fatto i conti con i desideri (per lui segreti) della figlia e vorrebbe che proseguisse nel prendere specializzazioni che la rendano la migliore tanatoesteta in circolazione.

Ed effettivamente Fortunata è davvero brava nel suo lavoro; sembra avere un dono particolare nel prendersi cura di uomini e donne perché quando li veste, li lava, pulendo la pelle e truccando il viso, lo fa con attenzione, rispetto, dolcezza e premura. 

Ma il fatto che sappia fare bene il proprio mestiere, non le impedisce di desiderare di scappare via da quel destino che il padre ha deciso per lei e su cui Fortunata, invece, non ha alcuna intenzione di investire.

Già, perché la ragazza ha un sogno nel cassetto di diverso tenore e genere: vuole fare la pasticciera, passione che la fa stare bene e per la quale è portata; lo dimostrano le sue capacità in cucina, più precisamente nella cucina del caro amico Mario, proprietario di una pasticceria, dove Fortunata si rifugia per dare sfogo alle proprie doti culinarie.
E in barba alle pretese paterne, sta provando a farsi accettare come apprendista pasticciera dai Mengolin (considerati i migliori nel settore dei catering di lusso in Italia) e poter lavorare e creare decorazioni spettacolari accanto allo chef Lucio Mengolin.
Quando inaspettatamente riceve una loro risposta, in cui le viene detto di presentarsi, pochi giorni dopo, per iniziare un periodo di apprendistato, sente che finalmente la vita le sta offrendo una fantastica opportunità per dare una svolta alla propria esistenza.

"Le mie mani non abbelliranno più la morte, daranno vita alla bellezza, contribuiranno alla felicità delle
persone."

Fortunata è intenzionata a non lasciarsi sfuggire questa occasione per voltare le spalle a quel mestiere accompagnato sempre da morte, dolore, corpi rigidi, lacrime di chi piange il proprio caro.
Già è stato - ed è - dura vivere accanto ad un padre che piange guardando le foto dell'amatissima moglie e che spesso, quando parla con la figlia, non vede lei ma la defunta consorte, Elisa.

"Elisa. Mia madre. La donna con cui combatto una guerra silenziosa per la conquista del cuore di mio padre."

In quei momenti, Fortunata si sente pervadere da una grande tristezza e dalla dolorosa consapevolezza che, per quanto suo padre le voglia bene, preferirebbe di certo che, al sui posto, ci fosse Elisa davanti a lui.

A dare un'ulteriore spinta alla sua voglia di cambiare vita, c'è anche il suo essere cosciente di come la gente guardi lei e i suoi famigliari: persone che portano sfortuna (i gesti scaramantici non mancano mai), alla cui vista è meglio distogliere lo sguardo e al cui passaggio è meglio scansarsi, come se la morte fosse contagiosa e potesse attaccarsi loro addosso come la lebbra.

Fortunata è stanca di sentire le comari che mormorano sciocchezze quando la vedono, di ragazzi che le fanno un complimento per poi lasciarsi andare a gesti eloquenti e superstiziosi quando scoprono il suo lavoro.
Insomma, la ragazza non vuol essere più la figlia del becchino più famoso di Chioggia e non vede l'ora di poter utilizzare le sue abili mani per celebrare eventi gioiosi e non più luttuosi.

Nonostante le urla contrariate del genitore, l'aspirante pasticciera si reca al suo primo giorno di lavoro presso i Mengolin: deve aiutare lo chef Lucio a decorare una torta nuziale.
A sposarsi è la figlia della famiglia Boscolo (molto nota in città), ma purtroppo la morte sembra aver seguito la povera tanatoesteta: durante la festa, infatti, il padre della sposa muore.

Istintivamente, Fortunata non riesce a star lontana dal corpo morto dell'uomo e lo tocca... facendo così un grosso errore che potrebbe crearle non pochi problemi.

Nei giorni successivi viene fuori che la morte del Boscolo non è avvenuta per cause naturali e il fatto che a toccarlo sia stata quella ragazza che era lì per fare la pasticciera, fa sì che ella diventi una sospettata...

Ma quel giorno, al matrimonio, Fortunata fa la curiosa conoscenza di un "Tizio affascinante", un ragazzo tanto carino e sexy quanto misterioso, che si chiama Vito ed è pugliese.

I due finiscono per fare amicizia e le loro strade continuano ad incrociarsi, e non per caso: Vito sembra uno senza arte né parte ma in realtà è interessato alla morte del signor Boscolo e alle sue attività imprenditoriali per motivi ben precisi.
Dal canto suo, la stessa Fortunata è interessata a capirci qualcosa di più circa il presunto omicidio di Boscolo, più che altro per scagionare se stessa da ogni assurda accusa; si improvvisa così investigatrice e, collaborando con Vito, cercherà di carpire segreti, frasi sussurrate, intrighi e loschi affari di questa ricca famiglia di Chioggia.

Intanto, il suo "idolo" Lucio Mengolin sembra davvero apprezzare le sue qualità e volerle proporre un lavoro, il che rende Fortunata eccitata e felice. Sarà la volta buona per dire addio alle onoranze funebri di famiglia per potersi dedicare finalmente a una professione più lieta?

E quel Vito, che le sta sempre attorno e che sembra aver bisogno di lei, del suo aiuto..., chi è davvero? Può fidarsi di lui, di quel sorriso sornione, di quello sguardo malizioso che le fa battere il cuore più velocemente?

E se la ragione le suggerisce di stare attenta a non perdere la testa, i moti del cuore sono difficili da placare e la conducono verso quell'uomo intrigante, che sa come sorprenderla e farla sorridere (a volte anche innervosire, ma è un dettaglio trascurabile).

Le vicende avventurose che coinvolgono la nostra simpatica e sveglia protagonista hanno una spettatrice d'eccezione, che è al contempo anch'essa una voce narrante, ma onnisciente e privilegiata, che si alterna alla narrazione in prima persona di Fortunata: è la voce fiera e orgogliosa della magnifica città di Chioggia che, come se avesse vita propria, sembra rivolgersi al lettore affinché si soffermi sulla bellezza di Clodia, sul suo fascino, la sua storia, senza però perdere di vista - purtroppo! - le azioni degli esseri umani, la loro avidità, il loro affannarsi nei propri affari non sempre leciti e puliti.

Romanzo vincitore di IoScrittore 2020, l'esordio di Stefania Crepaldi è un giallo con sfumature rosa che mi ha catturata e favorevolmente impressionata per diversi aspetti: la scrittura molto sciolta, il ritmo veloce e dinamico, i dialoghi efficaci; originale è il lavoro della protagonista e coraggiosa la scelta dell'autrice di inserire un argomento delicato (e attorno a cui ruotano molti tabù, paure, associazioni negative...) come la morte e il contatto con essa (che, nel caso di Fortunata, è inevitabilmente anche fisico), senza mai far sentire al lettore nessuna oppressione o tristezza, tutt'altro; la protagonista è un tipo tanto determinato e caparbio quanto sensibile e, pur essendo costantemente a contatto con la morte ed essendo cresciuta con un genitore che le ha fatto sentire molto l'assenza materna, è piena di voglia di vivere e di amare; bella l'idea di dar voce alla città, che in pratica è un personaggio a tutti gli effetti.

Un libro che mi ha sorpresa in positivo e che ho letto con molto piacere perché è scritto bene, ha una storia accattivante e una protagonista che ha tutti i requisiti per conquistare i lettori.



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