PAGINE

sabato 22 febbraio 2025

FAME D'ARIA di Daniele Mencarelli [ RECENSIONE ]



Un padre è in viaggio con suo figlio e, a motivo di un improvviso ed imprevisto guasto all'auto, è costretto a fermarsi per qualche giorno in un piccolo paese del Molise.

Questo breve soggiorno, in compagnia di estranei che lo accoglieranno con calore e umanità, metterà in crisi l'uomo, la cui vita - ormai da anni - sembra essersi arenata in una pozzanghera di rabbia e infelicità profonde dalla quale egli non vede via d'uscita.


FAME D'ARIA
di Daniele Mencarelli


Mondadori
180 pp
Non è così, raro, purtroppo, che proprio nel bel mezzo di una vacanza, il mezzo su cui viaggiamo ci abbandoni, lasciandoci nei guai.
È ciò che accade a Pietro Borzacchi, un cinquantenne che sta viaggiando con il figlio Jacopo, diciottenne: d’un tratto la frizione della sua vecchia Golf gli gioca un brutto scherzo e nel momento peggiore, per di più, visto che è un venerdì pomeriggio e i due si ritrovano in quello che si può tranquillamente definire "un posto dimenticato da Dio".


Ma la ruota della fortuna non ha smesso di girare del tutto e infatti padre e figlio incontrano Oliviero, un anziano meccanico alla guida del suo carro attrezzi che accetta di scortarli fino al paese più vicino, Sant’Anna del Sannio. 
Ma il weekend è comunque alle porte e Oliviero non si è ancora attrezzato per i miracoli, così è costretto a dare a un nervoso Pietro la "brutta" notizia: dovrà aspettare un po' prima che l'auto sia pronta, ma intanto lui e Jacopo possono alloggiare da Agata, proprietaria di un bar che una volta era anche pensione.

Chiunque incontri i Borzacchi e posi gli occhi su quel ragazzone alto di nome Jacopo, non ci mette molto a rendersi conto che il giovanotto... "non è normale": lo sguardo vuoto, il passo dondolante, la mano sinistra che continua a sfregare la gamba dei pantaloni, avanti e indietro, e poi quegli improvvisi mugugni (Mmmmm...) che emette e che solo il padre sa "interpretare". 

Pietro è abituato agli sguardi sgomenti che, di secondo in secondo, virano verso l'imbarazzo, la compassione, la pietà, ma l'abitudine non l'ha reso più comprensivo, tollerante o paziente, tutt'altro: risponde a quelle espressioni interrogative o alle domande esplicite ("Ma quindi cos'ha suo figlio?") in modo spiccio, sbrigativo, brusco, a volte con toni palesemente seccati.
A Pietro non piace dover spiegare che suo figlio, il suo unico figlio, è un autistico a basso (bassissimo, praticamente zero) funzionamento. Detto in parole più semplici e chiare: 
«Significa che non parla, non sa fare nulla, si piscia e caca addosso.»

Quando l'interlocutore di turno ascolta questa spiegazione cruda e schietta, "si spegne" e smettono di susseguirsi domande curiose e occhiate pietose.

Pietro, se potesse, eviterebbe di alloggiare nella camera vecchia e scarsamente funzionale della pensioncina di Agata, ma non può fare diversamente: la macchina va assolutamente sistemata perchè lui deve raggiungere sua moglie Bianca che lo sta aspettando a Ginosa, per festeggiare insieme il loro anniversario di matrimonio.

E invece eccoli lì, in quel paesino di poche centinaia di anime eppure bellissimo, in cui il tempo sembra essersi fermato, senza futuro apparente, come tanti piccoli centri della provincia italiana.

Stando al bar di Agata, Pietro conosce diverse persone, dal sindaco con i suoi amici a Gaia, una donna dal sorriso incantevole, dolce e bella, che trasmette allegria e solarità.

Sarà proprio lei, Gaia, a infrangere con la sua spontaneità quel muro di diffidenza che separa Pietro da chiunque, essendo lui una persona schiva, poco socievole, arrabbiata, volutamente chiusa nel proprio guscio di sofferenza.. 
Perché Pietro è un uomo che vive all’inferno. 

“I genitori dei figli sani non sanno niente, non sanno che la normalità è una lotteria, e la malattia di un figlio, tanto più se hai un solo reddito, diventa una maledizione.” 

Essere padre di Jacopo è tutt'altro che facile e a questo dolore quotidiano si aggiungono i non pochi problemi economici, che rendono l'esistenza dei Borzacchi tanto complicata...

Certo, non è la povertà la cosa peggiore: Pietro lotta ogni giorno contro un nemico che si porta all’altezza del cuore: i sentimenti contrastanti che nutre per quel figlio che

"...ha il viso di sua madre, di Bianca. Ha la delicatezza dei suoi lineamenti, la stessa carnagione di latte.
Soltanto, lui è come vuoto.
Un corpo vuoto, dondolante."


E poi tutta la fiumana di altri pensieri e di stati d'animo negativi: la frustrazione per una situazione famigliare che non potrà mai migliorare, la sofferenza, la repulsione, la rabbia nera, cieca di chi sente di vivere una grande ingiustizia e sa, al contempo, di non potersela prendere con nessuno perché non c'è un colpevole cui addossare responsabilità.


«L’unica cosa che mi viene in mente quando lo guardo è: perché a me? Cosa ho fatto di male? In questa vita non ho fatto male a nessuno. Magari in qualcuna delle precedenti. O future. Non lo so. Ma perché a me?»

L'autore riesce, con la sua scrittura onesta, schietta, vera, a trasmetterci con potenza tutto ciò che passa nella mente del protagonista, così da percepirne chiaramente la tempesta emotiva che si agita dentro di lui, quella fame d'aria che lo accompagna ogni giorno, perché non c'è momento in cui egli non si senta mancare il respiro a causa di quel carico di fatica e malessere, di stanchezza fisica e psicologica, di abbattimento, che ormai fa parte della sua vita, che caratterizza la sua esperienza di genitore di Jacopo, il figlio unico che non parla, non mangia e non si può vestire da solo, cui bisogna cambiare il pannolone, che va accudito in ogni cosa.

Ma in quei giorni di stallo, sospesi in un paesino sperduto nel nulla, in mezzo ad estranei che cercano di trattare i due ospiti con amicizia e solidarietà, il dolore di Pietro si troverà, suo malgrado e senza che egli lo voglia, di fronte a qualcosa di nuovo e inaspettato: l'umanità che ancora esiste e resiste in cuori semplici, aperti e disponibili ad accogliere, come lo sono quelli di Agata, Gaia e Oliviero, che si avvicinano a Pietro con discrezione e delicatezza.

Fame d’aria è un romanzo delicato e potente, che ci "parla" di malattia, di dolore, del rapporto padre-figlio e di come e quanto sia difficile crescere un figlio autistico grave, che ha bisogno di assistenza in ogni ambito e che non ha significativi margini di miglioramento futuro.
Ci ricorda come queste famiglie, aventi un membro in una grave situazione di disabilità, necessitino di aiuti concreti, che alleggeriscano il fardello quotidiano del "prendersi cura"; affronta la drammatica domanda che ogni genitore di un figlio portatore di disabilità fisica/psichica si pone con tanta angoscia: che ne sarà di mio figlio quando io non potrò più stargli accanto?

È una storia in cui convivono tragedia e rinascita, amore e odio, rabbia e lacrime, senso di colpa e frustrazione, amore per il proprio figlio e rifiuto di questa genitorialità così piena di doveri faticosi e, purtroppo non di rado, di poche (nulle?) gratificazioni.
Mi è piaciuto molto, ho proprio "sentito" la sofferenza e la rabbia di Pietro e le pagine finali sono forti e commoventi.

Non posso non consigliarvelo.


Altri libri di Mencarelli recensiti:

LA CASA DEGLI SGUARDI

2 commenti:

  1. La vita, alcune volte, ci pone davanti a grandi difficoltà. L'amore genitoriale è illimitato ma quanto dolore, sacrifici e rabbia. Avevo già notato questo romanzo. La tua intensa recensione è un ottimo motivo per leggerlo. E' importante raccontare anche le storie dure e commoventi. Il difficile è accettare ciò che non riusciamo a comprendere. Buona domenica cara amica :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Verissimo. Tanti dei sentimenti espressi dal protagonista mi hanno colpita, tra cui la disperazione, la solitudine che tante famiglie provano nel vedersi sole ad affrontare sfide quotidiane che assorbono energie, soldi, tempo ...
      Un caro saluto Aquila 💓

      Elimina

Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz