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sabato 29 settembre 2012

Fiabe intramontabili ...



Stamattina mi son venute in mente alcune fiabe di Esopo... ^_^

Esopo, favolista greco (VI sec. a.C.). Secondo una tradizione biografica romanzesca, fu di origine frigia, schiavo e gobbo. Visse a Samo, ma viaggiò in Oriente e in Grecia. Sarebbe morto in seguito a un processo per furto intentatogli dagli abitanti di Delfi, da lui beffati. Sono giunte sotto il suo nome centinaia di favole, che costituiscono il corpus Aesopianum: si tratta per lo più di ingenui e garbati apologhi di animali (sostituiti agli uomini e operanti come gli uomini), ispirati a una morale comune e popolare.

La favola di Esopo consiste nella narrazione agevole e piana di una semplice vicenda, i cui protagonisti sono generalmente animali (leone, cane, volpe, rana, ecc.), ma talvolta anche uomini, per lo più identificati attraverso la loro professione (vasaio, pescatore, pastore, taglialegna, ecc.).
Nei brevi quadri, che mostrano grande naturalezza evocativa e profonda conoscenza delle passioni umane, e dove gli animali sono caratterizzati attraverso una tipologia psicologica convenzionale, la favola si conclude secondo i canoni di etica pratica, ma non priva di una sua rilevanza, i cui intenti di ammaestramento furono sottolineati, in età più tarda, da un esplicito enunciato morale, sorto nell'ambito della scuola.

Esopo dovette scrivere in ionico, ma la stesura originaria delle sue favole subì alterazioni e contraffazioni di ogni genere tanto che è impossibile rintracciare la fisionomia genuina dello scrittore: egli non è, per noi, che un nome sotto il quale è stata tramandata una produzione favolistica anonima, scritta in tempi diversi. Edizioni alterate delle sue favole si ebbero sin dal VIV sec. a.C.

Esopo, dallo spirito argutissimo e geniale, compose numerose favole, spesso riferite agli animali, ma con trasparenti allusioni al mondo degli uomini.  Le redazioni a noi giunte delle favole di Esopo sono dell'età ellenistica: si tratta di 400 favole brevi e di stile sobrio, concluse da una breve morale. 
I personaggi sono per lo più animali, ma anche uomini e dèi, o piante.

Ed ecco due fiabe...


IL CANE E LA LEPRE

Era un caldo pomeriggio assolato di inizio estate arricchito da un cielo limpido e azzurro senza l'ombra di una nuvola. Un grazioso leprottino se ne andava fischiettando allegramente tra le distese fiorite dei campi che circondavano la fattoria in cui viveva.
Il tempo quel giorno era talmente bello che al piccolino venne una gran voglia di raggiungere il delizioso laghetto posto al limitare del bosco e, senza riflettere, oltrepassò con un agile salto il recinto di casa, dimenticando le raccomandazioni di mamma lepre che gli ripeteva sempre di non uscire mai dalla staccionata e di non parlare con gli sconosciuti.
Si avviò così verso la meta ambita, ma il suo cammino venne bruscamente interrotto da un pericoloso cane che, balzandogli davanti gli chiese:
"Mio piccolo amico, cosa fai tutto solo per la strada? Non sai che esistono animali che potrebbero assalirti?"
Il leprotto preoccupato rispose: "Volevo andare al laghetto".
Cogliendo al volo l'occasione l'astuto animale propose: "Posso accompagnarti se vuoi, così non correrai rischi inutili". Il cucciolo accettò volentieri, ma fatti solo pochi passi il cane gli piombò addosso catturandolo con una piccola rete che teneva nascosta. Il suo nemico gli legò tutte quattro le zampine impedendogli di fuggire e lo sistemò all'ombra di una pianta, allontanandosi alla ricerca di qualche pezzo di legno per il fuoco.
Rimasto solo il leprottino cominciò a piangere. Aveva paura. Sapeva che presto sarebbe finito in padella per diventare un ottimo arrostino.
Ma proprio quando tutto sembrava perduto ecco che un grande e vecchio orso che aveva assistito. alla scena, approfittando dell'assenza del cane, lo andò a liberare.
"Oh, grazie! Mi avete salvato la vita!". Strillò il cucciolo dalla gioia.
"Smetti di gridare" borbottò il vecchio orso "e tornatene subito a casa.
In men che non si dica il piccolino si precipitò alla fattoria dalla quale non sarebbe mai dovuto uscire. Quel pomeriggio egli aveva imparato una dura lezione.


IL CERVO MALATO

Tempo fa un cucciolo di corvo assai vivace e irrequieto se ne andava a zonzo tutto il giorno sbirciando in faccende che non lo riguardavano. Ficcava il becco in ogni cosa e non perdeva l'occasione di fare scherzi o dispetti ad ogni animale.

Quel mattino però, la sua monelleria lo spinse a compiere ciò che non avrebbe mai dovuto fare. Si intrufolò infatti in una piccola casa situata al limitare del bosco e lesto, lesto rubò un bel pezzo di carne sistemato sul davanzale della finestra spalancata. Per sua sfortuna il contadino fece in tempo ad accorgersi del furto e, senza esitare, colpì il corvo con una pietra.

Ecco fatto!
Il ladro fu colpito in pieno. Quel pezzo di carne gli costò caro!

Ferito e spaventato il corvetto se ne tornò al nido volando piano per il male, quindi si sdraiò sfinito tra le braccia della sua cara mamma. Questa, disperata per le condizioni del figliolo, scoppiò in lacrime sfogando la propria preoccupazione.

"Oh, mammina!" Disse il cucciolo "Prega il Signore per me affinché guarisca la mia ferita".
La cerva colma di tristezza rispose: "Povero piccolo mio, come puoi chiedere al Cielo un miracolo se non ti sei nemmeno pentito del male commesso?"

Solo in quel momento il corvetto comprese la sua colpa e giurò a se stesso di non rubare mai più in vita sua.

Fortunatamente la ferita riportata durante la scorribanda alla fattoria si rimarginò in fretta e il cucciolo riacquistò le forze.

Quando fu completamente guarito poté tornare a svolazzare tra gli alberi ma, ricordandosi della promessa fatta, da quel giorno non toccò più ciò che non gli apparteneva.
Aveva imparato a sue spese il significato della parola "furto".

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3 commenti:

Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz