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venerdì 19 ottobre 2012

Recensione di "Il Signore non abita qui" di Maria Rotella



IL SIGNORE NON ABITA QUI
di Maria Rotella

Youcanprint.it
(self-publishing)
32 pp
Giugno 2012
Trama

La storia di questo racconto è in prima persona. Il protagonista è Marco, un ragazzo ex bullo, ora uomo che improvvisamente si ritrova a fare i conti con se stesso e con il resto della società. E’ la storia della sua presa di coscienza, raccontata in prima persona. E’ un dialogo più che per e verso gli altri, è con se stessi e Dio. Tema principale è il bullismo, un disagio che deriva dalla stessa società corrotta e mal organizzata che porta a questa “malattia”. Molti ragazzi si ritrovano ad essere “cattivi senza anima” solo per superare questi disagi sociali, attraverso l’uso di alcool, di stupefacenti ed altro, un diversivo pericoloso e il più delle volte mortale, che non li fa pensare né ragionare ma che scatenano in loro solo aggressività e violenza, lasciandoli in una sorta di coma. Ma che accade se uno di loro, uno a caso, si dovesse improvvisamente “risvegliare?”

Questo e-book è molto breve e affronta uno dei fenomeni più tristi della nostra moderna e civile società: il bullismo e le problematiche connesse ad esso.

Marco è un adolescente che "ha smarrito la strada", che ha perso se stesso, la propria dignità, il rispetto per se stesso e per la vita umana. La difficile situazione in cui Marco e i suoi amici - anch'essi dei bulli arroganti e violenti - si ritrovano riflette il loro modo di essere, vivere: una vita disordinata, contrassegnata dall'uso smodato di alcool e dall'abuso di stupefacenti, che ha portato a personalità violente, amorali, unicamente incentrate su se stesse e completamente lontane da ogni forma di empatia verso il prossimo.
Cosa è successo al bambino dolce, col volto angelico, perché divenisse un mostro, un diavolo, come il protagonista definisce se stesso più di una volta?
Nelle poche pagine narrate da Maria Rotella non ci vien detta l'evoluzione di questa personalità così problematica e non ci vien data la possibilità di capire quale strada abbia percorso il giovane protagonista per diventare ciò che è...
Non c'è tempo per delineare il profilo psicologico del ragazzo, nè potremo seguire la sua rinascita; è come se mancasse qualcosa alla narrazione, come se non ci fosse tempo per capire bene in che modo il ragazzo ritrovi la strada smarrita.
O meglio, lo si può solo dedurre.
L'azione scellerata di cui il protagonista si è macchiato e della quale non ricorda nulla, inizialmente, segnerà per questa giovane vita un punto di svolta, che lo farà risvegliare, portandolo a riconsiderare la propria esistenza, breve eppure così triste, tragica, "malata", per cercare di cambiarla.
Vengono sfiorate tematiche importanti, in "Il Signore non abita più qui", oltre al bullismo, uno dei quali personalmente apprezzo molto: la ricerca del perdono, del riscatto di sè, della propria anima ed il fatto che la via per eccellenza per giungere a questo sia sempre e comunque Dio, la Bibbia, la preghiera; lo so, è una considerazione soggettiva, dovuta al fatto che per me, come credente, questi son concetti (anzi, esperienze) fondamentali nella vita di ogni uomo.
Marco potrebbe rappresentare tantissimi giovani di oggi, che vivono ai margini (sia che provengano da famiglia disagiate, sia che provengano da famiglie "normali"), che commettono azioni al limite della crudeltà e lo fanno con un'agghiacciante "leggerezza", apparentemente insensibili e sordi ad ogni forma di pietà.
Del resto, la cronaca è strapiena, ogni giorno, di notizie orribili, di violenze e soprusi, che vedono coinvolti anche giovani, tanto come vittime che come carnefici.

Il racconto ha in sè delle cose positive, a mio avviso, perchè - anche se non si tratta di una storia di per sè originale - comunque riprende tematiche di cui sentiamo parlare quotidianamente,
 e che toccano la nostra sensibilità, capaci quindi di interessare il lettore e coinvolgerlo emotivamente; però si sente la mancanza di uno sviluppo più completo, ricco, tanto di Marco che del suo ambiente, in modo da farcelo conoscere, capire.
E' vero che per lanciare un messaggio non c'è bisogno di troppe parole e non necessariamente un racconto breve non dice/lascia nulla, per carità; infatti il punto, per me, non è la brevità in sè, quanto proprio lo sviluppo della storia e del "viaggio introspettivo" di Marco: troppo "veloce"...

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz