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martedì 14 maggio 2013

"Viaggiare leggendo": curiosità ... venessiane"



Credo sia l'ultimo post per oggi, tra non molto vado a cucinare ^_^
Per oggi ho fatto gli arancini siciliani e speriamo piacciano...... O.o

travel book
Per la rubrica "Viaggiare leggendo" pensavo di fare un salto a Venezia, negli anni in cui è ambientata la vicenda narrata da Giuseppe Furno in VETRO (clicca sul titolo per leggere la mia recensione) e vedere insieme a voi un paio di "curiosità" su qualche personaggio sulla Venezia di quei tempi.

Anzitutto, ripeto che l'accuratezza storica è davvero una peculiarità del romanzo in questione, in cui si citano personaggi realmente esistiti, a cominciare dal doge Pietro Loredan, che poi sarebbe il padre del protagonista, Andrea (non realmente esistito).
Loredan Pietro

All'apice della sua carriera politica, Pietro divenne Doge, inaspettatamente, nel 1567. Fu una soluzione di ripiego per risolvere il lungo braccio di ferro tra i candidati più quotati, tra cui Alvise Mocenigo (altro personaggio di Vetro e che succederà al Loredan). Considerato una figura di scarso rilievo politico, il suo dogato fu ritenuto il più idoneo perché transitorio e politicamente innocuo.

Religioso e moralmente integro, non incolto, benché non fosse uomo di lettere, di saggezza non comune, il Loredan, riluttante agli esordi, nei due anni e mezzo di dogato mostrò riconosciute doti di equilibrio e di prudenza.
Dal matrimonio, celebrato nel 1517, con Lucrezia di Lorenzo Cappello, era nato un solo figlio maschio, Alvise (1521-93), che, sposata Elena di Giovanni Emo, continuò la discendenza con numerosa prole.
Nel romanzo, a Lucrezia nacque un altro figlio, appunto Andrea, la cui nascita portò alla morte la mamma.
 
BARRES DE SEPARATION
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Un aspetto della Venezia di allora è quello della presenza del Tribunale dell'Inquisizione, più attivo che mai, per via dell'opposizione sfrenata nei confronti degli eretici, calvinisti, luterani ecc, oltre che delle "streghe", come di chiunque fosse ritenuto pericoloso per l'ordine sociale e religioso.
Tante furono le vittime di questo modo di pensare oscuro e ignorante, a qualcuno andò "bene" (vedi il caso di una nota "cortigiana onesta", di nome Veronica Franco), a qualcun altro (la stragrande maggioranza) non altrettanto...(QUI per farvi un'idea di quanti innocenti sono stati vittime dell'Inquisizione)

Veronica Franco (1546 – 1591) è stata una poetessa e cortigiana veneziana.
Veronica Franco

La società rinascimentale di Venezia riconosceva due diversi tipi di cortigiane: la cortigiana onesta, ossia la cortigiana intellettuale, e la cortigiana di lume, (più simile alle moderne prostitute), una cortigiana dei ceti bassi, che viveva e praticava il mestiere vicino al Ponte di Rialto.
Veronica Franco fu probabilmente l'esempio più celebre di cortigiana onesta; in giovane età fu iniziata a quest'arte dalla madre e una volta che ebbe imparato a usare le proprie doti naturali riuscì a contrarre un matrimonio finanziariamente favorevole. Si sposò giovanissima con un ricco medico ma il matrimonio finì male. Per mantenersi diventò una cortigiana d'alto rango. 
Dagli archivi ancora esistenti, sappiamo che Veronica Franco si sposò intorno ai 18 anni e che sempre a quell'età diede alla luce il primo figlio; in realtà pare che ebbe sei bambini, tre dei quali morirono in tenera età. Grazie alle sue amicizie con uomini facoltosi ed esponenti di spicco dell'epoca, divenne ben presto molto conosciuta. Ebbe persino una breve liaison con il re Enrico III di Francia.
A partire dal 1570 circa, entrò a far parte di uno dei circoli letterari più famosi della città, partecipando a discussioni, facendo donazioni e curando le antologie di poesia.

Veronica Franco scrisse due volumi di poesia: Terze rime nel 1575 e Lettere familiari a diversi nel 1580. Le Terze rime, contenente 18 capitoli scritti da lei e 7 scritti da alcuni letterati in onore della poetessa.
Pubblicò raccolte di lettere e raccolse in un'antologia le opere di scrittori famosi. Dopo il successo di questi lavori fondò un'istituzione caritatevole a favore delle cortigiane e dei loro figli. 
Se oggi è possibile leggere i versi della Franco, gran parte del merito spetta a Domenico Venier, stimato dai più illustri letterati del suo tempo, il quale aveva costituito nel suo salotto un vero e proprio cenacolo letterario di grande prestigio.
Nel 1575, durante l'epidemia di peste che sconvolse la città, Veronica Franco fu costretta a lasciare Venezia e in seguito al saccheggio della sua casa e dei suoi possedimenti perse gran parte delle sue ricchezze.
Al suo ritorno, nel 1577, si difese brillantemente durante il processo dell' Inquisizione che la vedeva accusata di stregoneria (un'accusa comune per le cortigiane). Le accuse caddero. Secondo le deposizioni, i suoi legami con la nobiltà veneziana contribuirono all'assoluzione. Dopo questo avvenimento si sa ben poco della sua vita, tuttavia i documenti ancora esistenti riportano il fatto che anche se ottenne la libertà, perse tutte le ricchezze e i beni materiali. 

Ultima curiosità.
Sembra che il personaggio di Andrea Loredan tragga la sua ispirazione da un quadro, o meglio dal personaggio ritratto in un quadro: "Ritratto di un gentiluomo" di Lorenzo Lotto.

gentiluomostudiop
Lorenzo Lotto
Ritratto di giovane gentiluomo nello studio, 1530 circa
olio su tela, 98x111 cm
Venezia , Gallerie dell’Accademia
Il dipinto raffigura un giovane uomo in abito scuro, presso un tavolo; il suo volto, pallido ed emaciato, spicca sullo sfondo scuro della stanza. Sulla parete sono disposti una serie di oggetti di chiaro significato simbolico: un corno da caccia, un liuto e un uccello morto. Altri oggetti sparpagliati sul tavolo, dove è posato il libro che il giovane sta sfogliando: una lettera, dei petali di rosa e una lucertola.
Si è pensato che gli emblemi raffigurati sullo sfondo possano simboleggiare i piaceri della vita mondana (la caccia e la musica), cui il giovane mostra di dare le spalle. Gli studiosi non concordano sulle ragioni di questa presunta rinuncia: dipese forse dalla predilezione per lo studio o magari da una delusione d’amore, come sembrano suggerire la lettera e il fiore sfogliato. La lucertola potrebbe richiamare l’idea del “sangue freddo” (ossia del distacco delle passion) oppure se fosse un ramarro quella del cambiamento e della metamorfosi spirituale.
E’ possibile che i petali di rosa siano raffigurati in quanto tradizionale rimedio contro la melanconia e che quindi il gentiluomo dallo sguardo inquieto fosse uno spirito avvezzo alla solitudine e poco incline ai piaceri della vita.


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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz