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martedì 6 agosto 2013

Recensione IL MESSAGGIO NELLA BOTTIGLIA di Jussi Adler-Olsen



Altra recensione di un altro thriller, anch'esso terminato nello scorso week end e anch'esso valutato positivamente!

Per questo libro ringrazio la Marsilio Editori, che mi ha dato modo di leggerlo in anteprima; il romanzo infatti uscirà il 18 settembre.

IL MESSAGGIO NELLA BOTTIGLIA
di Jussi Adler-Olsen


Ed. Marsilio
Farfalle . I Gialli
Trad. M.V. D'Avino
480 pp
18.50 euro
USCITA 18 SETTEMBRE
2013

Una serie da sei anni ai vertici delle classifiche internazionali!!!


In uscita in 36 Paesi, 10 milioni di copie vendute nel mondo!

Jussi Adler-Olsen è un vero e proprio fenomeno editoriale europeo, i suoi libri hanno venduto in tutto il mondo oltre 10 milioni di copie e sono da 5 anni ai vertici delle classifiche internazionali. Marsilio ha già pubblicato i primi due libri dedicati alla serie della sezione Q con protagonista il detective Carl Mørck: La donna in gabbiaBattuta di caccia.


Trama

Dopo aver galleggiato sulle acque del mare per chissà quanto tempo, una bottiglia che racchiude un vecchio messaggio finisce sulla scrivania dell'ispettore Carl Mørck.
Un grido di aiuto scritto con il sangue: due fratelli imprigionati in una rimessa per le barche chiedono di essere liberati. Chi sono i due ragazzi, e perché nessuno ne ha denunciato la scomparsa?
Potrebbero essere ancora vivi?
Carl Mørck e il suo assistente siriano Assad dovranno usare tutte le risorse disponibili per svelare la spaventosa verità che le onde del mare hanno trascinato alla deriva troppo a lungo.


il mio pensiero

Il messaggio nella bottiglia è un romanzo appartenente alla serie incentrata sul detective Carl Morck e sulla sezione Q in cui lavora, attorniato dal curioso ma intuitivo assistente Assad e dalla strana ma divertente segretaria Rose.
Il romanzo si apre presentandoci una drammatica situazione: due giovani fratelli sono rinchiusi in una baracca, legati ed imbavagliati; il maggiore tra loro, preso dalla disperazione e dalla motivata  sensazione che sta vivendo i suoi ultimi istanti di vita, prende un pezzo di legno e, intingendolo nel proprio sangue, scrive una richiesta di aiuto su un foglietto che poi infilerà in una bottiglia di vetro e affiderà alle acque del mare.

Tredici anni dopo la bottiglia è nella mani dell'ispettore Carl, che inizialmente crede si tratti di uno scherzo; ma quando, grazie alla fervida immaginazione ed intuizione dei suoi strambi assistenti, riesce a decifrare il messaggio - che risulta molto rovinato per ovvie ragioni - comprende che va assolutamente rintracciato chi ha scritto il biglietto e soprattutto colui che ha fatto del male a quei due fratelli.
Attraverso svariate indagini, Carl scopre chi ha scritto il grido d'aiuto, ma purtroppo non può parlargli perchè il giovane è stato ammazzato 13 anni or sono; suo fratello però è stato risparmiato dal suo rapitore e adesso può sfogarsi e raccontare alla polizia il segreto taciuto per anni.
Un segreto che la sua stessa famiglia ha seppellito nel fondo del proprio cuore, fingendo, davanti agli altri, che il figlio ucciso fosse semplicemente scomparso.
Ma perchè questa famiglia non ha denunciato la scomparsa nè tanto meno la morte del figlio?

Le ragioni saranno chiare man mano che si va avanti nella storia e sono da ricollegare alla ragione che spinge il rapitore a scegliere una categoria specifica di vittime.

Parallelamente alle vicende investigative di Carl, il lettore conosce il rapitore e assassino, che si fa chiamare in molti modi in base al luogo e ai tempi; non solo, ma è anche un trasformista, capace di truccarsi tanto bene da modificare in parte le proprie sembianze.
L'uomo ha una doppia vita; da una parte, cerca di mostrare un'esistenza normale (si è sposato con la giovane ed ingenua Mia e da lei ha avuto un figlio), dall'altra però passa il suo tempo ad architettare rapimenti ed omicidi; il suo modo di agire è sempre lo stesso... ma tranquilli non ve lo svelo!!

Vi dò solo un piccolo indizio, che è poi da ricondurre all'infanzia traumatica dell'uomo stesso.
Le famiglie hanno in comune l'appartenenza a delle comunità religiose (ad es. i Testimoni di Geova), in particolare a quelle "strette", che si caratterizzano per un forte legame (esclusivo, direi) tra i membri della comunità stessa, accompagnato da legami molto deboli col mondo esterno; non solo, ma in genere il rapitore è interessato a colpire famiglie che vivono questa loro fede in modo molto ortodosso, fedele fino all'ossessione, con tutte le restrizioni che comporta l'essere fedeli seguaci di una certa religione.

Perché il rapitore privilegia questa categoria di persone?
La motivazione affonda le proprie radici nel suo passato, come anticipavo, ed infatti il lettore potrà fare un passo indietro nel tempo, sbirciando nella casa in cui il nostro uomo ha vissuto con la propria famiglia e farsi un'idea del rapporto che egli aveva e con la fede e, più che altro, col padre, uomo molto duro, rigido, anche crudele nei suoi metodi "educativi".

Il nostro rapitore è un personaggio complesso, che a modo suo affascina per la propria personalità, per la propria capacità di ragionamento, per la lucidità nell'architettare i suoi misfatti, nel mentire, per il suo cinismo crudele nel trattare le persone come semplici strumenti per raggiungere i suoi obiettivi, che però cozza non con una mente necessariamente malata, da psicopatico; non abbiamo un serial killer di quelli che soffrono di qualche disturbo di personalità, bensì di un uomo lucido e sano di mente che fa quel che fa con un obiettivo ben preciso e non per il puro piacere di rovinare la vita alla gente (anche se alla fine è ciò che fa).

Ma in ogni piano delittuoso c'è sempre quella piccola falla che, se compresa e scoperta da persone intelligenti e determinate, porterà a scoprire tutto l'edificio di menzogne e delitti; soprattutto quando sono coinvolte donne (e devo dire che qui la forza delle donne nel non arrendersi e dare la caccia all'assassino è forse più forte che negli uomini) ferite, umiliate, colpite negli affetti più cari (come possono essere i propri figli), che non hanno alcuna intenzione di soccombere e di lasciare un delinquente folle a piede libero.

Perchè, nel corso degli anni, il rapitore dai mille nomi e dalle mille facce, ha commesso altri reati, anch'essi mai denunciati...
Come mai?
Possibile che una famiglia, distrutta dal dolore, decida di restare muta e non chiamare la polizia, diventando così quasi complice di un misfatto? Se sì, perchè?

Attraverso personaggi avvincenti, dalla personalità interessante, attraverso situazioni ora drammatiche ora semi-comiche, con una scrittura sufficientemente scorrevole, un'ambientazione affascinante quale quella danese, con i suoi boschi, le sue città sul mare, uno "sfondo religioso" interessante (il discorso delle sette è un aspetto che può catturare l'attenzione di molti lettori, me per prima), una soluzione dei vari casi graduale e via via appassionante, il lettore può godersi un buon thriller, con un finale che non rischia di lasciarlo con l'amaro in bocca.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz