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lunedì 3 marzo 2014

Recensione IL MURO INVISIBILE di Harry Bernstein



Buongiorno e buon inizio settimana!
Spero abbiate trascorso un sereno week end...; io ho letto un po' e questa è sempre una cosa positiva.
Eccomi, quindi, alla prima recensione di marzo.

Questo il romanzo:

IL MURO INVISIBILE
di Harry Bernstein

Ed. Piemme
Trad. C. Lenzi
320 pp
9.90 euro
2009
Trama

Harry è un ragazzino di quattro anni, il più piccolo di cinque fratelli. 
Il padre, un ebreo immigrato dalla Polonia, lavora alle manifatture tessili, sperperando gran parte del suo salario al pub e sfogando sui figli la rabbia per una vita di stenti. 
La madre manda avanti la famig lia come può, ricorrendo a mille espedienti. 
La loro povera casa si allinea con altre simili su una strada di ciottoli di una cittadina industriale nel nord dell’Inghilterra. 
Una strada come tante, ma solo in apparenza, perché al suo centro scorre un muro invisibile: gli ebrei da una parte, i cristiani dall’altra. 
Due mondi con usanze, credenze, pregiudizi diversi si fronteggiano, quasi non fossero parte di un’unica realtà, quella della miseria.
La Prima Guerra Mondiale incombe, e con essa eventi che cambieranno per sempre la vita della famiglia, e quella della strada. 
Ma solo l’amore contrastato di Lily, la sorella maggiore di Harry, per Arthur, un ragazzo cristiano, sarà in grado di aprire una crepa nel muro, lasciando filtrare un raggio di luce.

L'autore.
Nato nel 1910 ed emigrato con la famiglia negli Stati Uniti dopo la Grande guerra, ha scritto per una vita.
Prima di andare in pensione, a 62 anni, ha collaborato come giornalista freelance con vari giornali tra cui «Newsweek» e ha lavorato per alcune case di produzione cinematografica.
A 93 anni, dopo la morte della moglie Ruby, si è dedicato alla stesura del suo primo libro, Il muro invisibile, seguito da Il sogno infinito e Il giardino dorato.
La sognatrice bugiarda è il suo ultimo romanzo.

il mio pensiero

Siamo in Inghilterra, qualche anno prima dello scoppio del primo conflitto mondiale e Harry, il protagonista di questa autobiografia, è solo un bambino, e con i suoi occhi vediamo scorrere la vita sua, della sua famiglia e dei suoi vicini, tutti residenti nella “strada” di un paesino del Lancashire, vicino Manchester.
famiglia
Una strada che ha una peculiarità: è divisa in due, da un lato vivono gli ebrei, dall’altra i cristiani; a dividerli, una sorta di muro immaginario, invisibile appunto, che non permette che tra i due gruppi si instauri un qualche tipo di legame, tanto meno di amicizia o amore.
Harry appartiene ad una famiglia ebrea di origine polacca; suo padre è un burbero e scontroso operaio di un laboratorio di sartoria, che si limita a frequentare casa alla pari di un pensionante: mangia e dorme, poi esce a lavoro o per andare al pub a sperperare i pochi quattrini che guadagna, infischiandosene di moglie e figli.
Poi c’è la mamma di Harry, una donna bella, buona, gentile, altruista, fin troppo paziente e sottomessa ad un marito incapace di gesti o parole d’affetto; una donna che vivrà per i sui figli, cercando di arrangiarsi al meglio per dar loro cibo, vestiti e scarpe.
Una mamma con i suoi mille pregi, ma anche con i suoi difetti; difetti derivanti in particolare da certe convinzioni radicate nella propria cultura e religione; convinzioni che sfociano in un rifiuto di avere a che fare con i “goym”, i “gentili”, i cristiani, insomma, e di guardare a loro con molta diffidenza.
Una diffidenza, del resto, ben ricambiata dagli abitanti dell’altra parte del muro, visto che i cristiani mal sopportano gli intrusi ebrei, ritenendoli ricchi e spilorci, oltre che “assassini di Cristo”.

Harry è il figlio minore di questa coppia povera e mal assortita; ha due fratelli maggiori - Saul e Joe; nel corso degli anni, avrà un fratellino, Sidney-, e due sorelle più grandi: Lily, la maggiore di tutti, responsabile, bella, intelligente e studiosa; e Rose, la figlia più difficile, sempre scontrosa, acida, scontenta.

Harry cresce guardando il suo piccolo mondo attorno a sé,  vivendolo a 360°, giocando con gli altri bimbi ebrei in strada, andando a scuola con i fratelli, stando attenti a monellacci (di solito, ragazzini cristiani) che li aggrediscono, sperando di poter comperare un paio di scarpe nuove, assistendo ai litigi di Rose con  la mamma e con Lily, ascoltando e guardando le baruffe tra famiglie, guadagnandosi un penny portando bottiglie di zenzero da una parte all’altra della strada, scrivendo lettere per la mamma ai parenti in America, sperando di ricevere da loro in dono dei biglietti per poter finalmente sbarcare nel nuovo continente e lasciarsi alle spalle lo squallore della strada.


Harry è un bambino sveglio, molto dolce e sensibile, attento osservatore, paziente, curioso, disponibile ad aiutare e mantenere segreti.

E di segreti dovrà custodirne diversi, soprattutto “d’amore”, e tutti amori proibiti, in quanto "misti".

Crescendo, Harry sentirà quanto il muro invisibile che divide i due lati della strada sia davvero altissimo e difficile da abbattere: i due gruppi di persone hanno troppi pregiudizi l’uno verso l’altro, si disprezzano a vicenda e non hanno alcuna intenzione di abbattere queste barriere di ignoranza religiosa e culturale, anzi, guai a chi ci prova.
È vero, ci saranno dei momenti in cui apparentemente l’atmosfera si placherà, come ad es., alla fine della guerra, quando nella strada ci si sentirà liberi di gioire insieme della fine del conflitto e del ritorno a casa dei propri cari che hanno combattuto, però sarà una riconciliazione momentanea, effimera.
Alla fin fine, tornando nella vita di ogni giorno, cristiani ed ebrei continuano a detestarsi e a voler stare lontani l’un dall’altro, guardandosi con malcelata indifferenza.
Come se questo non bastasse, da che mondo è mondo, il pettegolezzo – soprattutto tra le donne, diciamolo -  non è mancato mai in nessuna cultura e in nessuna epoca, e anche le signore che frequentano casa Bernstein (dove la mamma di Harry ha aperto un negozietto arrangiato di frutta) passano le migliori ore a riunirsi e a bisbigliare i fatti degli altri, ebrei o cristiani che siano.

Il muro resiste, implacabile, a sottolineare differenze, stereotipi, superstizioni che separano irrimediabilmente, e trovare un forellino che apra uno spiraglio di luce e di pace sembra davvero impensabile.

Ma è davvero così?
Gli uomini sono in grado di abbattere muri divisori quando e se vogliono e Harry vuol farci capire proprio questo; se è vero che le diversità (di fede, abitudini, opinioni, modi di vestire….) tra due popoli (ma anche soltanto tra due persone) sono spesso così forti da alzare barriere non visibili a occhio nudo eppure così palpabili e reali, è altrettanto vero che come queste barriere sono state alzate, così le si può anche abbattere…!
Basta volerlo, no?
Eh…, più facile a dirsi che ad attuarsi e, come  Harry fa dire ad Arthur, l’amico di Lily, finchè gli esseri umani si guaderanno in cagnesco, sempre pronti a sottolineare differenze, relazionandosi a suon di pregiudizi e luoghi comuni infondati…, le guerre ci saranno sempre, e così i soprusi, le violenze, l’ignoranza.

Allora ci vuole qualcuno che abbia il coraggio di aprirsi un varco in quel benedetto muro e che crei un filo (anch’esso invisibile eppure tanto concreto!!) che unisca le due parti della strada, in modo che possano scoprire che ci sono molte cose che li accomunano e che è possibile stare insieme, ad bere un boccale di birra, ad ascoltare la musica da un grammofono, senza accapigliarsi, perché “siamo tutti uguali”!!

E quale arma pacifica meglio dell’amore può rivelarsi efficace per praticare questo varco, quest’apertura?
I cambiamenti non sono mai semplici o scontati, chi crede che sia giusto combattere per essi necessariamente va incontro a qualche sofferenza…, ma forse ne sarà valsa la pena, no?
L’amore tra un cristiano ed un’ebrea, convinti del loro sentimento, pronti a combattere contro chi si oppone, riuscirà in quest’operazione di “riconciliazione” tra i due lati della strada, da sempre separati?

Seguiamo le vicende di Harry, della sua famiglia e dei suoi vicini, lasciandoci coinvolgere emotivamente dal suo racconto, consapevoli che è tutto vero, che son cose vissute, emozioni provate, sogni e pensieri che hanno sul serio popolato delle menti semplici ma determinate.
Leggiamo “Il muro invisibile” guardando a questi svariati personaggi, ognuno con le proprie peculiarità, capaci di risvegliare emozioni nel lettore, e ci immaginiamo anche noi in quella strada, quasi riuscendone a sentire odori, sapori, grida, canzoni, litigi, insulti, suppliche, pianti e risa; è una lettura che non mi ha lasciata indifferente perché l’Autore è bravo nel raccontare la propria infanzia, con quel misto di dolcezza e malinconia, unito ad una semplicità ed immediatezza nel linguaggio, all’abbondanza di dialoghi, ad un ritmo sempre sostenuto e mai lento (le descrizioni o le riflessioni ci sono  ma non sono mai pesanti o eccessivamente lunghe), a una caratterizzazione dei personaggi principali non banale, ma realista e sentita, senza mai essere patetica.
Bellissima la figura materna e non perché descritta con l’idealizzazione di un figlio ormai adulto che guarda al proprio passato con gli occhi di un “sognatore”, di chi vuol per forza parlarci della mamma come un essere perfetto, ma anzi di chi lo fa rivelandocene punti di forza e debolezze; debolezze che questa donna ha cercato di vincere grazie all’amore per i suoi figli, per i quali ha dedicato (come dicevo all’inizio) davvero tutta se stessa.

harry e la moglie ruby
Non c’è eccessivo e spietato biasimo verso il padre; certo, si sente la sua assenza affettiva e la sua presenza ingombrante e sgradita di ubriacone e uomo gretto, ma Harry non manca di offrire anche per lui delle ragioni a questo modo di essere, ragioni che affondano in un’infanzia infelice, rude, triste e sola.

Il finale mi ha trasmesso molta commozione, nostalgia, tenerezza e mi ha fatto pensare al fatto che ci sono esperienze, luoghi e persone dell’infanzia che non potranno mai essere dimenticati, nonostante passino gli anni, si cambi paese, vita…, perché essi ci hanno formato, sono rimaste impresse nella memoria e nel cuore e arriverà un momento della nostra vita in cui probabilmente sentiremo il bisogno di “tornare indietro”, di tornare lì, in quella casa d’infanzia, a quelle voci, a quei volti che ormai non ci sono più, ma che pure sono vividi e chiari in noi, perché di noi fanno parte.

Un bellissimo libro, che ho scoperto essere solo il primo di altri romanzi/autobiografie dell’Autore (Il sogno infinito e Il giardino dorato).

Ehm, la recensione è finita e mi tocca scusarmi con voi per la sua lunghezza… e ringraziare chi è stato tanto ardito da arrivare alla fine… ^_^

2 commenti:

  1. Sembra bello ed interessante. Sono temi attualissimi ed è sempre bello scoprire dei talenti. Vado a curiosare gli altri suoi titoli. Merci!
    Ah... Buon inizio settimana anche a te e buon inizio del mese!

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    1. vero, si, poi mi piace molto come scrive!!!
      voglio leggere anche il seguito della sua storia, spero siano altrettanto belli

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz