In attesa dell’8 maggio, giorno in cui nelle librerie
italiane farà il proprio ingresso il romanzo di Cristina Caboni “Il sentiero
dei profumi” (Ed. Garzanti), vi riporto l’incipit, sperando di stuzzicare la
vostra curiosità!!
Il profumo è il
sentiero
«Chiudi gli occhi, piccola».
«Così, nonna?».
«Sì, Elena. Così. E ora fai come ti ho insegnato.»
Con le mani poggiate sul tavolo, in penombra al centro della
camera, la bambina tiene gli occhi serrati. Le dita sottili scivolano lungo la
superficie e si aggrappano al bordo smussato davanti a lei. Ma non sono le
essenze conservate nei flaconi che ricoprono la parete ciò che percepisce con
più forza.
È l’impazienza di sua nonna. È l’odore della propria paura.
«Allora?»
«Ci sto provando»
La vecchia serrale labbra. L’odore della sua rabbia è acre,
ricorda l’ultimo fumo che sprigiona la legna quando è quasi cenere. Tra un
minuto la colpirà e poi andrà via. Elena lo sa, deve resistere ancora un po’,
solo un po’.
«Impegnati, devi concentrarti. E chiudi gli occhi, ho detto!»
Lo schiaffo le sposta appena i capelli. Finto, come tutto il
resto. Come le bugie che le racconta sua nonna, e come quelle che Elena a sua
volta le racconta.
«Allora, dimmi cos’è!»
Si è stancata di aspettare e ora le agita sotto il naso una
fiala colma di essenze. Ma non è una semplice risposta ciò che desidera da lei.
Vuole ben altro. Qualcosa che Elena non ha nessuna intenzione di darle.
«Rosmarino, timo, verbena».
Le lacrime le bruciano la gola. Ma non cede e, per farsi
coraggio, comincia a canticchiare un motivetto.
«No, no. Non restare fuori. Entra, cercalo… Fa parte di te,
devi sentire ciò che ti suggerisce, devi comprenderlo, devi amarlo. Prova
ancora, e questa volta concentrati!»
Ma Elena non ama più i profumi. Non vuole vedere i prati
lungo il corso del fiume dove sua madre la portava da piccola, appena fuori del
paese. Non vuole udire il rumore dell’erba tenera che cresce, né quello
dell’acqua che scorre.
Non vuole sentire gli occhi delle ranocchie che la fissano
da sotto il canneto.
Stringe nuovamente le palpebre e serra i denti, decisa a tenere fuori tutto. Ma in quel nero appena punteggiato di chiaro esplode una scintilla.
«Il rosmarino è bianco»
La nonna spalanca gli occhi. «Sì», mormora mentre la speranza accende il suo sguardo.«Perchè? Raccontami di lui»
Elena apre la bocca, lasciando che le emozioni le scivolino dentro, riempiendole la mente e l'anima.
«No! Non voglio! Non voglio!»
La nonna impietrita la guarda correre via. Scura in volto, scuote la testa e si abbandona su uno sgabello. Dopo un lungo sospiro si rialza e apre le imposte.
La luce stanca della sera penetra all'interno del laboratorio che appartiene alle Rossimi da più di tre secoli.
Lucia raggiunge la credenza in legno massiccio che occupa l'intera parete, accarezza i volumi ordinati davanti a lei, poi con calma ne sceglie uno. Lo stringe al petto per un istante e, dopo essersi seduta al tavolo di legno lucido, lo apre, sfogliandolo con cura. Le dita scorrono sulle pagine ingiallite dal tempo come hanno fatto innumerevoli altre volte.
Anche in quel momento sembra che Lucia cerchi qualcosa. Ma non c'è nulla in quei libri che possa aiutarla a spiegare alla nipotina che il profumo non è qualcosa che si sceglie.
Il profumo è il sentiero. Percorrerlo significa trovare la propria anima.
Lucia raggiunge la credenza in legno massiccio che occupa l'intera parete, accarezza i volumi ordinati davanti a lei, poi con calma ne sceglie uno. Lo stringe al petto per un istante e, dopo essersi seduta al tavolo di legno lucido, lo apre, sfogliandolo con cura. Le dita scorrono sulle pagine ingiallite dal tempo come hanno fatto innumerevoli altre volte.
Anche in quel momento sembra che Lucia cerchi qualcosa. Ma non c'è nulla in quei libri che possa aiutarla a spiegare alla nipotina che il profumo non è qualcosa che si sceglie.
Il profumo è il sentiero. Percorrerlo significa trovare la propria anima.
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz