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venerdì 18 luglio 2014

Recensione: LA RAGAZZA CON L'ORECCHINO DI PERLA di Tracy Chevalier



Lettura e conclusa ed eccomi qui a condividere il mio pensiero su...

LA RAGAZZA CON L'ORECCHINO DI PERLA
di Tracy Chevalier


La ragazza con l'orecchino di perla
Ed. Neri Pozza
Trad. L. Pugliese
237 pp
15 euro
2000
Trama

Delft, XVII secolo, una casa nella zona protestante della città… 
Griet, la giovane figlia di uno dei decoratori di piastrelle più rinomati di Delfi - privato, per un incidente, "degli occhi e del lavoro" - è in cucina, intenta a sistemare, com'è solita fare, le verdure tritate (ordinati a cerchio e con un preciso criterio), viene mandata a servizio presso una famiglia molto in vista, in città.
Lui è Johannes Vermeer, il celebre pittore, e sua moglie Katharina, gente ricca e influente, proveniente dal Quartiere dei Papisti, eppure lontanissima da Griet e dal suo mondo.
Griet ha sedici anni e quel giorno apprende dalla voce della madre il suo destino: andrà a servizio dei Vermeer per otto stuiver al giorno, dovrà fare le pulizie nell'atelier del pittore, e dovrà agire delicatamente senza spostare né urtare nulla.
Romanzo che ci conduce con straordinaria precisione là dove l'arte è divisa dai fantasmi della passione soltanto da una linea sottile - tra Vermeer e Griet, l'artista e la serva, l'amato e l'amante, l'uomo potente e la giovane donna che non possiede altro che il suo incanto e la sua innocenza, si stabilisce un'intensa relazione fatta di sguardi, sospiri, frasi dette e non dette -, La ragazza con l'orecchino di perla ci offre anche alcune delle pagine più felici, nella narrativa contemporanea, sulla dedizione e sul coraggio femminile.
Griet sfiderà tutte le convenzioni dell'epoca, senza smettere per un solo istante di ubbidire all'amore per l'arte e alla passione che la muove. 
Gesto inaudito per la morale del tempo, poserà con le labbra sensualmente dischiuse per quel ritratto di Vermeer (La ragazza col turbante) che è giunto fino a noi, e non cessa di stupirci per l'enigmaticità dello sguardo che vi è dipinto.

recensione
Leggere un libro avendo in mente i volti possibili dei loro protagonisti "aiuta" molto nella lettura, ed io ho letto "La ragazza con l'orecchino di perla" avendo davanti agli occhi ad ogni pagina tanto il volto pulito e allo stesso tempo seducente della bella Scarlett Joahnsson, quanto quello enigmatico e sfuggente di Colin Firth, nelle vesti rispettivamente di Griet e il pittore Vermeer.

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Enigmatica, sfuggente, affascinante....: questa è l'atmosfera che da lettrice ho respirato ad ogni pagina di questo romanzo, che si muove sempre su "toni bassi", senza donarci colpi di scena, una particolare dinamicità, sorprese...., eppure riesce comunque a catturare il lettore e inserendolo in un mondo contrassegnato da un lato dalla povertà, dalla fame, dalla semplicità, dalla religiosità, e dall'altro dalla ricchezza, dall'arroganza, dalla malizia, ma soprattutto... dall'arte.

Griet è una giovinetta assennata, semplice, buona e molto intelligente, osservatrice, ascoltatrice, pratica, poco incline a moine di sorta, eppure dotata di fervida immaginazione e, in particolare, di senso artistico.

Quando apprende che, per motivi economici, dovrà lasciare casa per sei giorni a settimana e vivere nel Quartiere dei Papisti con la sconosciuta famiglia dell'artista Vermeer, la cosa non le piace per niente.
Lei lo sa come vengono trattate le serve, le fantesche: lavoro e sempre lavoro, dall'alba alla sera, accompagnato da umiliazioni, ordini cui obbedire senza fiatare, capo chino davanti ai padroni, sempre con il timore di essere ingiustamente accusata di qualcosa e quindi licenziata.
Non è proprio il lavoro adatto a un tipetto sveglio come lei, che in sè nasconde una personalità non proprio docile e servile.
Ma per amore della famiglia, si fa e così va a servizio da Katharina, la moglie di Vermeer, restandole assoggettata con più mansuetudine possibile; a ricordarle quanto vale in quella casa ci pensano l'invidiosa cuoca di casa, Tanneke, e la burbera suocera del pittore, Maria Thins, che però avrà da subito e sempre, con Griet, uno strano rapporto che oscillerà tra l'indifferenza per questa servetta dagli occhi grandi, e un atteggiamento di "collaborazione", di comprensione, forse perchè tutti in casa si sono accorti di un particolare....
Un particolare non irrielavante che condizionerà la presenza di Griet in casa Vermeer.
Il pittore - il padrone, come deve chiamarlo lei -, che con la ragazza è sempre sfuggente, ambiguo, chiuso,  di pochissime parole, che nè ostenta indifferenza nè concede particolari attenzioni alla serva, pure però non riesce a nascondere quell'istintivo interesse per la fanciulla stessa, ma perchè venga fuori bisognerà aspettare il momento giusto.

Griet è affascinata da lui, dalla sua maestria, dai suoi quadri - così vivi, reali, in cui i personaggi sembrano avere vita propria, in cui ogni sfumatura, posizione di oggetti, tende ecc.. contribuisce a creare movimento, a dare un'anima all'immagine dipinta -, dai colori usati e dal modo in cui li ottiene.

Griet è giovane, nel pieno dell'adolescenza, e non è insensibile a parole, sguardi, silenzi, richieste sussurrate....
Lei sa che il compito affidatole - pulire l'atelier in cui lui lavora e dipinge - è un privilegio concessole che dà il vero senso alla sua presenza in quella casa; Griet può accedere al "luogo sacro" della casa e questo la pone in una posizione privilegiata, quasi "superiore" addirittura rispetto a Katharina, alla quale non è concesso di entrare nell'atelier del marito nè di toccare alcunchè.
Nè di essere la protagonista di un quadro di lui.

E Griet invece non solo potrà entrarci, ma diverrà oggetto del contendere anche di colui che commissiona e paga i quadri di Vermeer, van Ruijven, un uomo lascivo, ammiccante in modo rivoltante, che non nasconde il proprio malsano interesse verso la bella Griet, che cattura l'attenzione degli uomini che posano gli occhi sul suo corpo.
Non perchè la ragazza sia volutamente procace e seducente, divertendosi a sedurre e incoraggiare il sesso forte; ma la sua innocenza, ritrosia, discrezione non frenano gli uomini, che vedono proprio in questo modo di essere qualcosa di stimolante.
Ma Griet non sembra interessata a far colpo su qualcuno, un po' perchè è una ragazza dai sani principi e un po' perchè si sente attratta e percepisce sensazioni forti e da brivido solo in presenza del poco loquace padrone.

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Eppure, la ragione le suggerisce di lasciarsi andare al corteggiamento del giovane macellaio Pieter, il bel giovanotto dalle mani sporche di sangue.

Ma non è il sangue a far da calamita per la bella serva, bensì i colori e le sfumature dei quadri di Vermeer....
E questi lo ha capito e sentirà verso di lei un sentimento contrastante, una sorta di attrazione che egli cercherà in tutti i modi di non assecondare...


Narrato dal punto di vista di Griet, entriamo nella sua vita di ogni giorno e insieme a lei veniamo a contatto con quelle poche persone che popolano casa Vermeer o il mercato o la casa paterna; l'accompagniamo nei suoi lavori di fantesca, ne seguiamo i pensieri, i dubbi, i timori, le parole con le quali vorrebbe rispondere ai rimproveri di Tanneke e Katharina, ai rimbrotti e alle frasi sibilline di Maria Thins, gli schiaffi che vorrebbe rifilare a Cornelia Vermeer (una della figlia della coppia), le emozioni che pian piano nascono nel suo petto e che lei stessa non sa spiegarsi, i comportamenti e le parole che man mano evolvono e che ce la mostrano inizialmente timida e paurosa, ma poi più ardita e coraggiosa.

Perchè lei sa di aver conquistato un posto nella mente del pittore,
 un posto in quella casa.
E forse un posto nella sua arte, che la renderà "immortale", che le permetterà di essere incisa nel cuore e nei pensieri di un uomo silenzioso e un po' scontroso, la cui passione emerge unicamente nella propria arte.

Stile e linguaggio senza fronzoli, snelli, con la giusta dose di descrizioni, dialoghi e introspezioni, che lasciano sufficientemente immergere il lettore in quell'epoca (seconda metà del Seicento; anche se non si può dire che al contesto e all'epoca sia dato un grande spazio, restano infatti un po' vaghi, a mio avviso); a colpirmi è stato il ritmo lento ma non pedante o noioso, quanto piuttosto "misurato", senza fretta, come per permettere al lettore di immaginare ogni azione, ogni sguardo, espressione, di avere nitidi davanti a sè i quadri e i colori di Vermeer, come se Griet fosse i nostri occhi, le nostre orecchie, le nostre mani.

Una prosa piacevole, uno sfondo nel complesso convincente, personaggi ben delineati, ritmo molto pacato, "La ragazza con l'orecchino di perla" è adatto a chi ama le storie narrate in modo introspettivo, quieto, in cui non contano le grandi azioni e i grandi eventi, ma i sobbalzi del cuore, i sospiri, le parole non dette e i segreti piccoli e grandi che solo il cuore di una donna sa conservare per una vita intera.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz