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martedì 10 febbraio 2015

Recensione: "A nome tuo" di Mauro Covacich



Ultimo libro terminato...:

A NOME TUO
di Mauro Covacich


in lettura
Ed. Einaudi
337 pp
22 euro
2011
Colpisce di quest'Autore la capacità di  mescolare realtà e finzione con grande maestria; partendo dal vero, da fatti e personaggi reali (ad esempio, il viaggio o i nonni) Covacich infila nella storia persone e fatti inventati, così che il confine tra realtà e fantasia diventa labile, a volte confuso.
Ma è proprio questo che affascina e ti trascina nella lettura.

Si parte da un viaggio, su una nave militare, che porta Mauro in giro per le coste dell'Adriatico, a parlare di sè o del suo lavoro attraverso  un video di più di tre ore in cui lui si limita a correre su un tapis roulant: una maratona che è "una corda tesa tra l'essere e il dover essere" e che per lo più suscita stupore e risolini tra i suoi spettatori.

E nel corso di questo viaggio, che dall'Albania lo riporta nella sua Trieste, Mauro scopre che, nascosta nella sua cabina, c'è una giovane donna, ventenne, di colore, sensuale e bella; la ragazza lo seduce, riesce a legare a sè il nostro scrittore, che ne è affascinato e, al contempo, quasi teme e diffida di questa esotica creatura, sconosciuta eppure così vicina a lui.
Lei non gli rivela niente di sè, neanche il suo nome, così entrambi decidono che si chiamerà Angela. Angela Del Fabbro.
(Curiosità: la parola fabbro è la traduzione, in italiano, di kovac).

Angela non è in quella cabina per caso, ma cerca proprio Mauro perchè vuole che lui scriva un libro per lei...
"...ho bisogno del tuo aiuto. Io credo in noi. Se sono qui è solo per questo. .... ho già buttato giù delle idee, ma non mi convincono. Vorrei cominciare a lavorare su un progetto completamente nuovo insieme a te. ... tu non devi pubblicare, tu mi devi solo aiutare ... A pubblicare ci penserò io."

Cosa vuole questa ragazza da lui? Forse si tratta, in realtà, di una spia che lo sta sorvegliando per incastrarlo?

Nonostante i dubbi (e i rimorsi al pensiero della fedele fidanzata Susanna, che l'aspetta), Mauro si lascia coinvolgere dalla sensualità di questa ragazza, che sa  "come prenderlo" (in tutti i sensi, ecco), e che cerca di farsi raccontare delle storie per trovare spunti e appunti per una propria storia.

E lo scrittore si ritrova, suo malgrado, a ripercorrere alcune tappe e aneddoti riguardanti i nonni, con le loro difficoltà e disavventure, a confrontarsi con la propria identità di italiano con radici slave.
Radici che sono più gli altri a volergli affibbiare e si meravigliano di come quest'uomo con un cognome sloveno in realtà non sappia parlare nella "lingua dei suoi nonni".

"La paura del passato, i parenti, le radici, il sangue: mia madre è come me. Resta in punta di piedi sul presente, cammina veloce, concentrata, per non cadere dal filo. I ricordi, l'amore per mio padre, ogni cosa proveniente dal passato è colma di sensi di colpa, rammarichi, atti mancati. Sono fumi azzurri che si insinuano sotto la porta del sonno ammorbando le sue notti. (...)

"Gli ultimi arrivati si impegnano a dimenticare da dove sono venuti, sono i primi a considerare barbari i loro vecchi connazionali - è così che si emancipano - , erano barbari e non vogliono più esserlo. Ora, questo grande errore - un errore non solo politico, non solo ideologico, direi più bassamente psicologico - comporta un'altrettanto grande perdita. Servono almeno un paio di generazioni per capire che i barbari non sono barbari...".

Accanto ai sensi di colpa e  al tema dell'identità - presente tanto nei discorsi sulle radici di Mauro quanto nella sua giovane ospite (chi è? che vuole? da dove sbuca?) - ve n'è un altro, che salta fuori quasi in sordina, tra le pagine della prima parte del libro - "L'umiliazione delle stelle" - e che sarà al centro della seconda parte, chiamata "Musica per aeroporti" (la terza ed ultima parte è "La lettera", in cui in qualche modo si torna indietro, alla prima, con tanto di confessione e ammissione di colpe...).

Ma mentre Angela sembra desiderare che il suo scrittore scriva storie di famiglia - una saga! -, un pensiero si fa strada nella mente di lui, un pensiero legato alla sua centenaria nonnina, che sua madre e la badante si ostinano a tener in vita, se di vita si può parlare, perchè ormai la vecchina è  ridotta a un vegetale.

E così a Mauro sfiora l'idea di raccontare di lei e di quel viaggio che farebbe in Messico, necessario perchè la nonna smetta di vegetare sulla poltrona, con lo sguardo vacuo e i muscoli inerti.
E sebbene Angela non voglia parlare di morte, Mauro riesce ad ottenere una promessa da lei, se vuole che questo libro venga scritto.

"Se te ne andrai, scriverò io per te. Ricomincerò a nome tuo. Affronterò di nuovo il mare aperto anche se mi terrorizza e regalerò ad Angela del Fabbro l'esordio che si merita. Un libro che ha già ficcato le sue piccole radici rosa dentro il mio cervello, e sta crescendo, sta crescendo ogni giorno. Scriverò per te, ti darò una voce, però tu devi sparire.".

Ed è così che dal viaggio di Mauro sulla nave si passa alla storia di Angela, una ragazza di colore che vive in Italia, e che da un po'  di tempo entra nelle case e nelle vite di persone con malattie terminali e/o molto invalidanti, a "donare" loro una dolce morte, attraverso due metodi diversi ma entrambi indolori e veloci.

Angela sembra affrontare questa missione con molto distacco,  con freddezza, quasi fosse un lavoro come un altro, ma in realtà dietro c'è una ragione personale, che l'ha spinta a fare quello che fa, ovviamente di nascosto.

Alla base c'è la convinzione che una persona in gravi condizioni fisiche (e psicologiche) abbia il sacrosanto diritto di scegliere quando morire, cioè prima che il suo male le tolga ogni dignità.

E così, tra viaggi in Messico (per rifornirsi di tetracarbitone) e bugie dette a chi le è accanto (amici, amanti, padre) per non svelare la propria "identità", Angela verrà messa davanti ad un altro dilemma: non c'è bisogno di essere terminali per avere diritto di scegliere (come e quando morire).
A metterla davanti a questa possibilità (terribile, perchè Angela in realtà aiuta a morire solo persone malate) sarà un certo signor Grimaldi, che fisicamente sta benissimo ma che non ha semplicemente più alcuna voglia di vivere...

Ok, mi sa che devo fermarmi perchè ho detto pure troppo..., ma mi perdonerete perchè forse le tante parole sono il frutto della mia difficoltà a parlare di questo libro come vorrei...
Mi è piaciuto, senza dubbio (e anzi, credo che cercherò altri libri di quest'autore), e nello stile e nelle tematiche affrontate e nel come le si affrontano.

Angela è una sorta di "angelo della morte" e la sua missione viene presentata quasi con serenità, nonostante si tratti di eventi drammatici (la morte e la malattia lo sono).
E' un angelo della morte... discreto, che agisce con estrema calma, convinzione e professionalità.


"...sono una persona sconosciuta con un paio di guanti in lattice che viene a portare sollievo. Il mio compito ora è sfuggire il contatto visivo, ritrovare l'invisibilità".

Ma la calma (non priva di imbarazzo) di Angela non esonera il lettore dal farsi delle domande su ciò che sta leggendo; domande che toccano la coscienza di ognuno e pretendono una risposta.

Ok, mi fermo davvero, più scrivo più mi pare di non rendere giustizia al libro.
Comunque, mi riservo di vedere anche il film tratto da "A nome tuo" (di cui c'è una prima versione, "Vi perdono", pubblicata sotto il nome fittizio di Angela Del Fabbro), cioè "Miele", diretto da Valeria Golino.
Vi farò sapere, per adesso mi "limito" a consigliarvi la lettura di "A nome tuo". 
Potrebbe non lasciarvi indifferenti e magari, chissà, scoprirete di odiare o amare l'Autore...
Tranquilli, non sarà colpa vostra, sua..., di Mauro. ^_^

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz