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martedì 12 maggio 2015

Recensione: BELFONDO di Jenn Dìaz



A volte, le letture piccole sono quelle che ti colpiscono di più.


BELFONDO
di Jenn Dìaz



Belfondo
Ed. La Linea
Trad. A. Drenaggi
168 pp
13 euro
2012

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Una donna che ha deciso di vendere per venti pesetas il proprio corpo agli uomini del paese, e di farlo senza alcuna costrizione, ma per semplice... piacere.
Una bambina, unica femminuccia in una famiglia di maschietti, acuta, attenta, che aspetta, un po' gelosa e turbata, che arrivi un altro fratellino.
Un cieco timido ed emarginato cui viene imposto di essere il parroco del paese, e che si convince che Dio sia una bella donna.
Un maestro che vorrebbe insegnare a leggere e scrivere non perchè costretto ma per volontà propria, e che decide paradossalmente di tenersi accanto una moglie analfabeta.

Questi ed altri personaggi ci accompagneranno nella lettura: famiglie, uomini e donne la cui vita ruota attorno al lavoro in fabbrica (o alle mansioni imposte e predefinite previste), all'interno di case spoglie, in un susseguirsi monotono e ripetitivo di giorni fatti solo di lavoro, casa, letto, qualche chiacchiera.. e tanti sogni ad occhi aperti.
Tanti sospiri, tante lacrime silenziose da parte di chi vorrebbe essere altrove, pur non conoscendo nessun altro posto e pur essendo da sempre a Belfondo.

C'è forse un qualche motivo per desiderare di andar via da questo villaggio sonnacchioso ma, in fondo, tranquillo?

Belfondo è un paesino immaginario, una piccola comunità spagnola singolare avente una caratteristica predominante: è "chiusa".
In che senso?
A Belfondo si può "entrare" con facilità ma è difficile uscirne e i suoi confini, ciò che si può o meno fare è già stato deciso.

Come mai?
Forse qualcuno costringe i suoi abitanti a restarvi?

Sapete, Belfondo è un paese strano, i cui "cittadini" sono tutti soggetti a una sola persona e ne accettano le disposizioni volontariamente.
In ogni cosa che fanno o non fanno, si allunga prepotente l'ombra del padrone, a controllare, a concedere o proibire.
Il padrone, a differenza dei personaggi protagonisti delle diverse storie, che si susseguono
.
come mini racconti collegati tra loro
(Beremunda la prostituta, suo fratello Dositeo, la piccola Beniamina, la vedova amata da tutti Domitilda, il poeta Orazio...), non viene identificato con un nome: lui è semplicemente il padrone, colui che comanda, che decide chi fa un lavoro e chi va a lavorare in fabbrica, che stabilisce se ci dev'essere una chiesa e in che tipo di Dio bisogna credere, cosa devono mettere in scena gli attori della compagnia di paese...
Un vero tiranno, insomma, che decide da solo e in piena autonomia, con tutto l'egoismo di cui è capace, come devono andare avanti i giorni nella sua Belfondo, quali sono i confini da varcare e di cosa potrebbero aver bisogno i suoi belfondini affinchè desiderino continuare a restare lì.

Ma forse qualcuno non  è contento e magari desidera e sogna un posto diverso, in cui sentirsi libero e, quindi, felice?


"Quanto più circoscritta era la vita, tanto meglio. Poteva esplodere tutto da un momento all'altro: era come mettere l'acqua del mare in un recipiente che, per quanto grande fosse, aveva un limite. E la vita a Belfondo era così, compressa a fatica, come un paio di scarpe vecchie e consunte che nessuno si fermava più a guardare ma che, in mancanza di scarpe migliori, tutti si mettevano."

Arriverà per i belfondini - ok, magari non per tutti - la voglia di cercare "un'altra prospettiva..., una scappatoia pulita"? Da cosa potrebbe prendere il via? Dai ricordi di un passato antecedente Belfondo e il suo padrone? Dai libri nascosti in una biblioteca segreta? Da un sopito, ma non del tutto, desiderio di libertà?

Belfondo ha una prosa lirica, suggestiva nella sua semplicità che affonda le radici su una base "immaginaria", qual è appunto la comunità rurale spagnola, ma non perde affatto il suo realismo.

Ad affascinare sono i tanti e "variegati" personaggi che la popolano, semplici e complessi al contempo: semplici perchè si tratta di gente analfabeta, che fa lavori umili e vive in modeste condizioni; complessi, perchè tali sono i pensieri, le aspettative (disattese, non confessate), i dolori vissuti interiormente, che capitolo dopo capitolo si vanno intrecciando, creando una trama che perde man mano ogni vaghezza per diventare più chiara, con personaggi che ricorrono più spesso di altri e che ci appaiono più familiari.

L'autrice è molto giovane ma in questo suo esordio rivela la sua bravura, nella scrittura scorrevole ma originale, nella tecnica narrativa scelta (tante piccole storie che però confluiscono in un finale "corale"), nel tratteggio di personaggi di cui comprendiamo, con poche pennellate, lo spessore umano e psicologico.

Consigliato.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz