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domenica 25 ottobre 2015

Recensione: L'ULTIMA SETTIMANA DI SETTEMBRE di Lorenzo Licalzi



Un romanzo che mi ha fatto sorridere e commuovere; un inno alla vita che vi conquisterà.


L'ULTIMA SETTIMANA DI SETTEMBRE
di Lorenzo Licalzi


Ed. Rizzoli
316 pp
18 euro
Agosto 2015
INFO
"Mi sono tirato su dal letto alle sette. Appena ho posato i piedi per terra il primo pensiero è stato: “Oggi è il giorno della mia morte”. È privilegio di pochi conoscerne la data, sarebbe stato meglio (o peggio) saperlo cinquant’anni fa, se non altro avrei saputo che mi restavano ancora cinquant’anni da vivere, ora è un po’ tardi. In ogni caso l’idea di morire l’ultima settimana di settembre mi piaceva, ha un non so che di nostalgico, direi quasi di letterario. E poi morire in autunno è troppo triste, in piena estate troppo caldo, in inverno troppo freddo, l’ideale sarebbe stata la primavera, ma sarebbe troppo faticoso arrivarci. È incredibile, ognivolta che facevo una cosa non potevo fare a meno di pensare: “È l’ultima volta che compio questo gesto”. È l’ultima volta che mi lavo i denti, la faccia, che mi faccio la barba (se si può, sempre farsi la barba prima di morire, è una questione di rispetto, e poi si evita che te la facciano da morto, che è una cosa tristissima, per chi la fa, ma anche per chi se la fa fare). Fare una cosa per l’ultima volta, sapendolo prima, ha un non so che di epico. Ogni gesto acquista un valore speciale."


E' così: l'ottantenne Pietro Rinaldi ha deciso di morire. Possibilmente prima che finisca il mese di settembre; del resto, cos'ha da aspettare ancora?

Pietro è uno scrittore ormai in pensione; i suoi romanzi - che rispecchiano appieno la sua personalità pessimista e un tantino asociale, il suo modo di parlare così caustico, senza filtri e spesso privo di sensibilità - hanno avuto un discreto successo, ma da tempo Pietro ha smesso di scrivere e ha mandato tutti a quel paese, molto gentilmente (fans, lettori, critici...).

E' un tipo molto intelligente, acuto, sarcastico, indisponente, scorbutico, insofferente a tutto e tutti, sboccato nell'esprimersi, poco socievole (anche con i familiari).
Ed è terribilmente solo.
Da quando è rimasto vedovo della sua amata Sara, i difetti caratteriali si sono accentuati; docile e mansueto non lo è mai stato, eh, e i suoi romanzi lo testimoniano: sempre così critico verso tutti, senza peli sulla lingua nel giudicare gli altri con pochi ma essenziali aggettivi, sempre pronto a mandare al paese di Pulcinella tutti quelli che gli "stanno sul..."  (e non sono mica pochi!): insomma, Pietro non si è mai distinto per la dolcezza di carattere e di parola, eppure sin dalle prime battute ci sentiamo terribilmente attratti da questo protagonista strambo, facilmente irritabile, capace di guardare e descrivere fatti e persone con uno humor "nero" irresistibile, con una tale onestà e lucidità, con una tale sicurezza nei giudizi (negativi e un po' pessimisti), da rendercelo simpatico.

Pietro, ma davvero vuoi farla finita?

Leonberger 
incrocio tra San Bernardo, Terranova 
e il Cane da Montagna dei Pirenei.
Il lettore legge col sorriso la disamina che l'aspirante suicida dà della propria vita attuale e, ancor di più, della difficile scelta del metodo giusto per andare ad incontrare il Creatore.
Beh, non che creda che esista un dio, ma dovesse esserci, minimo minimo lo manda all'inferno appena lo vede.

Pensa e ripensa a come morire, i giorni passano; vero è che, proprio quando si è deciso a optare per l'assunzione massiccia di una serie di pillole micidiali, in un mix che condurrebbe alla morte chiunque, ecco che suonano alla porta.
Sempre loro, i Testimoni di Geova, capaci di bussare alla porta nei momenti meno opportuni, pensa il nostro.
E invece no!! E' la sua cara ed unica figlia, Roberta, venuta dal padre per chiedergli un favore.

Roberta è una donna dolce, calma, paziente, bella, un'ottima moglie e madre, di certo anche una brava e premurosa figlia, che cerca come può di star dietro a quell'estroso e orso di padre che si ritrova, dal quale avrebbe forse desiderato più comprensione e meno disapprovazione (silenziosa, non espressa verbalmente ma... quanto contano e pesano gli sguardi, i silenzi, l'indifferenza!), ma così non è stato... e ormai è tardi per recriminare.

Però un favore glielo può fare, accidenti! Deve solo far compagnia al quasi sconosciuto nipotino 15enne, Diego, e badare al cane di famiglia, l'incrocio tra un terranova e un San Bernardo, Sid (il nome alla grossa belva glielo ha dato proprio Pietro, per scherzo, si capisce, perchè fosse per lui dovrebbero fare una legge in cui ai cani si deve mettere obbligatoriamente un unico nome: Fido), dall'aspetto e dalla taglia non proprio rassicuranti.

Per quanto tempo? Mah, pochi giorni, caro paparino. Pochi giorni in cui ti ritroverai finalmente a trascorrere un po' di tempo con tuo nipote, che non vedi da troppi anni, e col quale non hai mai scambiato delle illuminanti quattro chiacchiere.

Che dici, Pietro, si può fare?
Poco convinto ma rassegnato, il papà dice di sì, anche perchè Roberta e il marito Fabio devono per forza partire alla volta di Parigi per il funerale della mamma di lui.

Quando si ritrova dentro casa un adolescente taciturno e un po' smarrito, e un cagnone vivace e potenziale combinaguai, Pietro sente addosso un grande disagio ed imbarazzo nel gestire la situazione che di solito non appartiene a un tipo sveglio e pronto di parola come lui; per non parlare del fatto che ha dovuto rimandare il suicidio, il che proprio non gli va bene, ma ormai il danno è fatto.

Ma la sensazione di imbarazzo che prova non è davvero nulla in confronto al macigno di dolore che cadrà addosso a lui e Diego dopo poche ore.

Una telefonata... e il mondo crolla sulle spalle di un 80enne che in cuor suo aveva già smesso di vivere.
Ecco, forse il dolore costituisce la motivazione più efficace per tirare finalmente le cuoia.

Che fare? Roberta gli ha affidato Diego, non può certo abbandonarlo...

Il dolore che Pietro è costretto a vivere è di quelli per i quali la lingua umana non ha ancora neanche creato un termine per descriverne la condizione.

L'unica soluzione per dimostrare a se stesso di essere un vecchio ancora responsabile e in grado di prendersi cura del nipote è intraprendere con lui un viaggetto da Genova  fino a Roma, col quale sistemerà tutto il caos che s'è creato all'improvviso.

Ed è così, che "in groppa" alla Dea - una Citroën DS Pallas decapottabile su cui sembra di volare - i tre partono alla volta della capitale, dove Pietro potrà "risolvere" la situazione di Diego e Sid, e tornare alla propria non-vita, dove ad aspettarlo c'è sempre la mai abbandonata prospettiva del suicidio.

Ma il viaggio sulla Dea - la macchina della felicità, come la chiamava Sara - si rivelerà il più bello ed importante viaggio della vita di nonno e nipote. Beh, anche di Sid, già che c'è.

Un viaggio costellato da silenzi, qualche parole buttata giù ancora nell'imbarazzo di chi sta provando a conoscersi meglio; imbarazzo che adesso si è unito al peso di una sofferenza immensa, che li segnerà per sempre ma che potrebbe diventare anche l'occasione per unirli, dando loro l'opportunità di avvicinarsi, di apprezzarsi, di volersi bene e di dimostrarselo.

Diego è un adolescente intelligente come il nonno, ed ha la calma di Roberta, la capacità di vivere ed affrontare anche eventi terribili con una forza che il nonno non immaginava.
E dalla quale c'è solo da imparare.

Pietro non ha più voglia di vivere mentre Diego ha tutta una vita davanti; per entrambi nulla sarà più come prima perchè il dolore è entrato improvvisamente e con prepotenza nella loro vita, e c'è solo da decidere se girargli le spalle con rassegnazione e tristezza, o affrontarlo a muso duro.
Magari insieme, chè si è più forti. E poi c'è sempre Sid, pronto a saltarti addosso con pericoloso entusiasmo, e scusate se è poco.

Pietro, devi solo convincertene: da soli si muore.

Un'avventura on the road, di quelle capaci di cambiare la vita e la prospettiva ai propri protagonisti, ma in un certo senso anche al lettore, cui sembra di essere nella decappottabile insieme ai tre esilaranti viaggiatori, e insieme a lui si ritrova a vivere quest'esperienza indimenticabile, dalla quale i protagonisti usciranno "diversi", più consapevoli di cosa vogliono dalla vita.
Anche un 80enne può ancora scegliere cosa volere dai giorni che gli restano, e Pietro dovrà fare questa scelta, scoprendo la gioia di vivere grazie ad un nipote che sta attraversando il periodo peggiore della propria vita, in cui ha più bisogno di avere accanto chi gli vuol bene.

Un romanzo che diverte moltissimo per le tante gag presenti, a motivo del caratteraccio sfacciato e irritante di Pietro - il lupo perde il pelo ma non il vizio - e di quello più entusiasta ed educato di Diego, e anche a motivo delle marachelle di Sid; uno stile e un ritmo briosi, vivaci, una vena ironica e spassosa che prende il lettore, lo fa sorridere, ma non mancheranno i passaggi tristi e commoventi, in cui il carattere spigoloso e la lingua mordace del nostro vengono addolciti da un'onda di belle ed inaspettate emozioni, che potrebbero essere l'unico vero antidoto alla sua voglia di morire.

Davvero un bel libro, mi sono gustata la lettura pagina dopo pagina perchè l'autore riesce ad essere divertente e profondo, con momenti comici mescolati ad altri in cui si scava nel cuore di un personaggio che per temperamento ricorda Barney (quello della versione) ma che, rispetto a lui, onestamente io ho trovato di gran lunga più simpatico!

Lo consiglio assolutamente. Datevi l'opportunità di leggerlo, secondo me non ve ne pentirete!!!

4 commenti:

  1. Ma deve essere troppo bello *-* Infatti subito dopo l'uscita me lo sono procurata e non vedo l'ora si leggerlo. Mi dà l'impressione di raccontare la storia con leggerezza, nonostante l'argomento trattato.

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    1. a me è piaciuto tanto! Ho riso e mi sono commossa... Cosa volere di più? ^_^
      Quando lo leggerai, se vuoi, torna a dirmi cosa ne pensi!! ;)
      Ciao e grazie per il tuo commento

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  2. Mi ricorda un po' Cesare Annunziata di La tentazione di essere felici...anziano, scorbutico, insensibile, irritante...ed altre somiglianze...ho paura sia troppo somigliante...

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    1. ah davvero, Cuore? io quel libro non l'ho letto, quindi non saprei. ma questo mi è piaciuto ;)
      comprendo però le tue reticenze di fronte a certe analogie

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz