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sabato 21 novembre 2015

Recensione: NON E' UN VENTO AMICO di Vincenzo Zonno



La storia di cui vi parlo in questi momenti è ambientata nella seconda metà dell'Ottocento in Russia e riesce a mescolare in modo sapiente e accattivante storia e religiosità, collocandole in un contesto socio-economico e politico ben disegnato e interessante.
Sto parlando del romanzo "Non è un vento amico" per la cui lettura ringrazio l'Autore, Vincenzo Zonno, e la C.E. Vocifuoriscena.

NON E' UN VENTO AMICO
di Vincenzo Zonno


Edizioni Vocifuoriscena
Anno: 2015
Pagine: 246
Prezzo: € 15,00



Protagonista del nostro romanzo storico è il giovane tenente Georges Strogonov, che trascorre le proprie giornate di soldato in totale relax, tra festini, bevute con i colleghi e belle donne da conquistare anche solo per una notte.

Ma un giorno la sua vita tranquilla viene scossa da una missione improvvisa affidatagli dallo zar di Russia in persona: Nikolaij Romanov, succeduto al fratello Aleksander (morto in circostanze misteriose), vuole che Georges vada nell'exclave russo Cypel Koszalin per controllare la situazione (dal punto di vista soprattutto morale e religioso) di quel territorio e stendere per lui un rapporto dettagliato.
Sono gli anni in cui gli zar stanno facendo di tutto per combattere il pensiero liberista e riportare la madre Russia alla sua antica stabilità, restituendole un'impronta religiosa definita (ortodossa).

Prima di giungere a destinazione, Georges vuole togliersi una curiosità: dare un'occhiata alla salma del suo povero predecessore, Anatolij Liapa, che aveva ricevuto lo stesso suo compito dallo zar.
Nell'esaminare il cadavere, Georges resta turbato nel constatare che l'uomo aveva fatto davvero una brutta morte: era morto dissanguato, come un maiale, e gli erano state recise addirittura le corde vocali.
Come mai? Da chi? Qualcuno aveva posto brutalmente fine alla vita di Ljapa...: perché?

Quando Georges giunge nel territorio in cui dovrà vivere per portare a termine la sua missione, non sa assolutamente ciò che gli spetta; la prima conoscenza che fa è quella di un uomo gretto e inquietante, Berja, che sparirà alla sua vista così come gli è apparso (per poi ricomparire più tardi...).
L'accoglienza a Cypel Koszalin è abbastanza positiva, soprattutto grazie a padre Evlogij, che si occupa di officiare le funzioni religiose, e che si mostra da subito molto amichevole.
Apparentemente la vita nel territorio scorre tranquilla e anche noiosa, tant'è che Georges non sa che scrivere di eclatante nel rapporto per lo zar.
Se non fosse che... girano voci sulla fine di Ljapa: voci che lo dipingono come un uomo depravato e corrotto la cui fine è sopraggiunta in seguito al severo giudizio di Dio, attraverso Abaddon, l'Angelo della Morte.

Ma si sa, pensa il nostro console, i Russi sono un popolo di cantastorie, arretrato, irretito da uno spirito religioso di stampo medievale.
Eppure, qualcosa non lo convince e il giovane inizierà la sua personale ricerca della verità su ciò che è accaduto a Ljapa.

Intanto, le giornate di Georges vengono allietate da una presenza femminile: la bella e dolce Lidija, 
una vedova con un triste passato; lei e il suo povero marito sono stati in Siberia e non è stato un soggiorno piacevole...
Tra i due scatta una simpatia immediata che ben presto evolverà in un sentimento più forte.
Ma c'è qualcosa in Lidija (e nei suoi discorsi sul peccato e sul perdono divino, che sembrano sopraffarla e turbarla oltre misura) che non è chiaro a Georges, che dovrà ben presto fare i conti con la dura realtà della forte influenza che hanno certi modi di pensare e concepire Dio, il peccato e la redenzione e di come questo sia in qualche interconnesso non solo con la bella Lidija, ma anche con la morte tragica e macabra di Ljapa.

Le atmosfere di questo romanzo sono per la maggior parte cupe e oscure, e contribuiscono a dare quel tocco di mistero che avvolge le vicende ed, in particolare, la ricerca della verità da parte di Georges sull'omicidio del suo predecessore; il linguaggio utilizzato ci riporta indietro nel tempo e mi ha ricordato lo stile narrativo dei grandi autori russi dell'800 - da Dostoevskij a Puskin, a Tolstoj... - e la sua vividezza fa sì che al lettore sembra di sentire davvero gli odori, le voci, lo squallore e la solitudine di questi posti.

Ma si sentono anche la dolcezza e la purezza dei sentimenti di Georges nei confronti di Lidija, e la contraddittorietà che caratterizza quest'ultima, ossessionata da una fede opprimente, che la inchioda davanti alle proprie presunte colpe e che rischia di fagocitarla in un giro più grande di lei, in cui a far da padrone sono il fanatismo religioso più che la vera fede in Dio.

Georges conoscerà da vicino fatti sinistri che alcune persone - tra cui uomini insospettabili, che dovrebbero essere ufficialmente morti e invece.... - hanno tutto l'interesse a tener celati, non esitando ad eliminare chiunque si frapponga tra loro e il desiderio di purificare la madre Russia dai peccatori impenitenti.

Georges, che non ha un gran rapporto con la religione e con Dio, è un giovane determinato e più coraggioso di quanto pensi egli stesso di sé, e la sua sete di verità non si ferma davanti alle difficoltà, spinto com'è dall'amore sincero che prova per Lidija, che egli - al pari di un eroe romantico - vorrebbe salvare da se stessa e da chi si sta servendo delle sue debolezze per portare avanti i propri oscuri scopi, che di spirituale hanno davvero poco.

Ce la farà Georges a far luce sul mistero della morte funesta di Ljapa?
E il suo amore per Lidija sarà più forte di certi modi di pensare arretrati, che si oppongono a ogni forma di modernità come se si trattasse di rifiutare il diavolo in persona? 
Saprà salvare un'anima innocente che rischia di perdersi in un macabro gioco più grande di lei?

Un romanzo le cui vicende si stagliano su uno sfondo storico ben preciso, del quale ci vengono illustrati i tratti salienti dal punto di vista politico, socio-economico e religioso, che in certi tratti assume i colori del giallo e del mistero, lasciando sentire al lettore tutto il peso dello scontro tra il desiderio di alcuni di restare in un certo tipo di arretratezza e il bisogno di modernità; del resto, Cypel Koszalin è un piccolo mondo chiuso, con confini ben precisi, immobile, fisso, in cui non c'è spazio per ciò che è moderno e aperto, ma solo per la pretesa (e folle) ricerca della purezza di una vita fedele ai principi religiosi ortodossi.

"Non è un vento amico" è un romanzo scritto davvero bene, con una trama avvincente, che ruota su alcune dicotomie - come ho anticipato (modernità-arretratezza, purezza-depravazione, peccato-ravvedimento/redenzione, fede-ateismo) -, con un ritmo narrativo che cresce via via che le vicende si sviluppano ma che non toglie quella vena malinconica e triste che accompagna inesorabilmente i fatti narrati, fino alle ultime battute.

Una bella lettura, non posso che consigliarla, soprattutto se amate il romanzo storico.

4 commenti:

  1. Non sono un amante del genere, ma dalla tua recensione dettagliata e completa, emerge una lettura perfetta per gli amanti del romanzo storico

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    1. io amo il romanzo storico, quindi sono andata a nozze, e penso possa piacere a chi apprezza il genere (e non solo, molto probabilmente) ;))

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    2. Chissà magari ci provo a leggerlo! Se ti va passa dal blog, troverai il secondo post dedicato alla rubrica ideata da mio figlio, "Vecchio Amico, così potrai scegliere il titolo dell'e-book che vincerai se commenterai per prima la recensione de La luce nelle case degli altri ;-)

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  2. Mi fa piacere leggere il tuo parere positivo su questo romanzo. La cover mi ha attratta subito e la tua intensa recensione mi fa ben sperare in una lettura coinvolgente :)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz