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venerdì 4 dicembre 2015

Recensione film: LA PRIMA LUCE di Vincenzo Marra



Ieri sera sono andata al cinema, dove il giovedì c'è la proiezione dei film della Rassegna d'Essai, ovvero Cinema d'Autore.

Il film in programmazione era questo:

LA PRIMA LUCE

2015
Regia: Vincenzo Marra
Cast: Riccardo Scamarcio, Daniela Ramirez, Gianni Pezzolla.


Marco Mauri è un giovane e cinico avvocato che vive a Bari con la sua compagna Martina, di origini latinoamericane (cilena), che si è trasferita in Italia dopo aver conosciuto lui, col quale ha avuto un figlio, Mateo di 7 anni.

Marco e Martina sono una coppia in crisi: lei mostra molta insofferenza e insoddisfazione, non solo verso il compagno ma in generale nei confronti della propria vita in Italia, un Paese ormai eternamente in crisi dove lei non vede alcun futuro, né per sé né per il proprio figlio.
Lui sembra chiudersi nel suo lavoro e nei suoi egoismi di chi sa che oggi come oggi si deve solo cercare di sopravvivere come meglio è possibile, e questo lo ha portato ad essere forse poco sensibile e attento ai malesseri di Martina.
Nonostante questo, Marco è un padre che cerca di essere presente e di dimostrare a Mateo quanto lo ami e che sul papà potrà sempre contare.
Ma a spezzare l'idilliaco rapporto padre-figlio ci pensa lei, Martina, ormai decisa a tornare "a casa propria".
Chiaramente, suo figlio andrà via con lei.

La frustrazione di Martina è evidente nei suoi atteggiamenti, nelle sue espressioni facciali, nei toni di voce al limite dell'isteria, nella sua acidità verso un Marco molto confuso e stupito: ok, hanno qualche problema a comunicare e capirsi, lui in passato ha fatto degli errori, ma sarà pure possibile rimediare o no?
A quanto pare no.
Mentre lui è fuori per due giorni per lavoro, lei piglia i passaporti e il bambino e se ne va.

Al ritorno, Marco si fa prendere dalla disperazione e dal senso di impotenza: come farà a rintracciarla?
Eppure decide di partire per il Sudamerica, alla ricerca del figlio sottrattogli.
E se in Italia la compagna avrebbe necessitato del consenso di Marco per portar via il minore, in Cile le cose evidentemente funzionano in modo diverso e la legge non sempre va incontro (quantomeno in questo caso) al padre..., che si ritrova solo in tutti i sensi.

Marco farà di tutto per scoprire dove vive Martina e per farla ragionare: davvero crede che togliere a Mateo il proprio padre sia la soluzione migliore per lui?

Stupisce e forse un po'  innervosisce la testardaggine di questa donna infelice e depressa che si accanisce contro un compagno e un padre che forse non sarà perfetto, ma non sembra neanche che abbia chissà quali colpe da scontare.
Vero è che qualche segnale del proprio malessere interiore lei dice di averlo dato, in sette anni, ma che lui proprio non l'ha raccolto, quindi è facile immaginare come la donna abbia accumulato frustrazione e risentimenti verso il compagno.

Nonostante avvertiamo che non sia esente da difetti ed errori, il personaggio interpretato con passione e credibilità da Scamarcio ha una sua coerenza: è un uomo con le sue mancanze, che sicuramente avrà delle idee non sempre giuste su come rapportarsi agli altri (significativo il litigio tra i due quando lei viene a sapere che Marco insegna al bambino a difendersi da un compagno bullo  ricorrendo alle mani), che avrà fatto degli errori nel suo rapporto con la partner, ma rispetto a lei, lui non nasconde i propri sbagli (almeno non quelli reali) e ci appare come un uomo e un padre semplicemente "umano", "normale"; e anzi, pur di dimostrare la sua tenacia nel volersi riprendere il bambino, è pronto a soffocare certe impulsività, e alla fine - nonostante le accuse fin troppo pesanti da parte di lei - chi dimostra di essere più maturo e disposto a sacrificarsi per essere un padre presente, è proprio Marco.

Rispetto a lei, che sente Mateo soltanto come suo figlio, infischiandosene della presenza della figura paterna nell'esistenza del piccolo, Marco sa che Mateo ha bisogno di entrambi e lì dove la disperazione potrebbe (legittimamente?) fargli prendere decisioni pericolose e impulsive, l'amore e la razionalità invece finiranno per prevalere.

E' un film dal ritmo lento, con diverse scene "statiche", che però io non ho trovato fastidiose o inutili perchè è uno statico non vuoto ma carico delle emozioni e degli stati d'animo negativi che Marco si trova a provare dopo e durante l'allontanamento della persona che più ama al mondo: senso di impotenza, smarrimento, frustrazione, disperazione, unite spesso alla paura di non farcela a riprendersi il proprio ruolo di padre; ma al netto di questo, non si può non tifare per questo papà che è pronto a fare di tutto per amore.

Intenso e toccante il breve discorso di Marco alla moglie quando entrambi aspettano che il tribunale cileno annunci la propria sentenza; il film è recitato in parte in italiano e in parte in cileno, chiaramente con sottotitoli; a dire il vero i sottotitoli ci sono pure per il barese, che effettivamente fa lingua a sè ^_^ (lo dico ironicamente e con molta simpatia, son del foggiano e il mio dialetto meriterebbe sottotitoli pure per la gestualità convenzionale e universalmente riconosciuta).

Parere positivo per questo film che tratta in modo onesto e essenziale il dramma dei figli contesi e che sul finale, secondo me, lascia lo spettatore un po' perso, come a volergli dare l'onere di immaginarsi da solo cosa ne sarà di Marco e del suo rapporto con Mateo (e con quella matta della ex).

Convincente Scamarcio - dalla mimica facciale agli atteggiamenti ai toni  - nei panni del padre che non molla e non si arrende; la Ramirez parla come Belen ma mi irrita di più;  dolce il bambino, anche se non capisco perchè lo prendessero tutti in braccio come se avesse 2 anni, quando invece ne aveva 7!

Consigliato in particolare a chi ama le storie drammatiche, a tema familiare.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz