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mercoledì 30 marzo 2016

Recensione: EBANO di Ryszard Kapuscinski



Finalmente eccomi di nuovo sul blog!
Purtroppo nei giorni scorsi ero senza Adsl e non mi è stato possibile scrivere nulla :(
Ma questa sera sono qui per dirvi la mia su un libro che non è un romanzo, pur avendo uno stile narrativo fluido e i contenuti avventurosi, ma un documentario che ha come soggetto l'Africa, o meglio, gli Africani.


EBANO 
di Ryszard Kapuscinski


Ed. Feltrinelli
"L'africano si sente continuamente minacciato: in questo continente la natura assume forme così mostruose e aggressive, prende aspetti così vendicativi e paurosi, tende all'uomo tali trappole e trabocchetti, da costringerlo a vivere in una continua sensazione di insicurezza del futuro, in uno stato d'allarme e di paura perenni. Qui tutto assume forme iperboliche, esorbitanti, istericamente eccessive. Se c'è tempesta, i fulmini sembrano scuotere la terra dalle fondamenta e i lampi squarciare il cielo; se c'è un acquazzone, è un muro compatto d'acqua che tra un attimo ci sommergerà, schiacciandoci sottoterra; se c'è siccità, è un'aridità che prosciuga fino all'ultima goccia d'acqua, condannando alla  morte per  sete. Qui  nulla  mitiga  i  rapporti  tra  uomo  e natura:  non  esistono compromessi, gradualità, stadi intermedi. È una continua battaglia per la morte o la vita. L'africano è un uomo che fin dalla nascita sta al fronte, sempre in lotta contro la natura ostile del suo continente; e il fatto stesso di riuscire a sopravvivere è già di per sé la sua vittoria più grande."


L'Autore chiarisce di essere stato nel Continente Nero diversi anni, la prima volta nel 1957, e poi per i successivi quarantanni.
Nei suoi tanti viaggi evitava di proposito i percorsi ufficiali, i palazzi e gli hotel "per i Banchi", i personaggi importanti e la grande politica.
Preferiva chiedere passaggi occasionali su camion di fortuna, percorrere il deserto con  i nomadi, farsi ospitare dai contadini della  savana  tropicale, la cui vita è una fatica continua, vissuta però con incredibile serenità e resistenza.

Ryszard ci parla non dell'Africa,  ma di alcune persone che vi abitano e che lui ha ncontrato,  con le quali ha trascorso del tempo insieme, ascolandole, facendo domannde.
Del resto, scrivere un libro con lo scopo di parlare dell'Africa sarebbe un po' presuntuoso, visto che esso è un continente troppo grande per poterlo descrivere. È un oceano, un pianeta a sé stante, un cosmo vario e ricchissimo.

Kapuscinski ci parla quindi degli africani con la meticolosità del giornalista ma anche lo stupore sincero e spontaneo del semplice visitatore, che si ritrova a confrontarsi con una realtà complessa, un groviglio di culture, usi e costrumi, tradizioni, leggende e miti, religioni e superstizioni, lingue, modi di dire e fare e pensare... assolutamente lontani dai suoi.
L'Europeo e l'Africano sono molto lontani e diversi tra loro, per il modo di concepire ogni aspetto dell'esistenza: la morte e i morti, la malattia, il tempo, la famiglia, il mondo, la comunità, la divinità...
L'Africa è così ricca e variegata al suo interno che etichettarla è impossibile, e il fatto di riferirsi ad essa con questo nome è solo una comodità per poterne parlare a livello geografico, ma in realtà "l'Africa non esiste", proprio perchè caratterizzata da un'intriseca diversità e varietà.

L'Autore ci fa fare un viaggio in vari stati africani: Ghana, Sudan, Somalia, Etiopia, Eritrea.... e di ognuno ci racconta l'impatto che ne ha avuto, le cose che ha imparato di volta in volta parlando con le persone incontrate, e il resoconto che ne viene fuori è un quadro variopinto, coloratissimo, che attrae, affascina, grazie ai tanti aneddoti riportati, e che ruotano sulle tante superstizioni e credenze presenti, la concezione dell'aldilà e il "rapporto" con i morti, il cibo (quel po' che c'è), le guerre intestine tra i clan, le tribù, come vivono uomini, donne e bambini...
Ci racconta di personaggi importanti saliti al potere - come il dittatore ugandese Amin -, dei tragici momenti
che hanno caratterizzato le rivolte per l'indipendenza di un determinato stato (ad es. lo Zanzibar), i rapporti con l'uomo bianco, visto sempre come il colonialista, il dominatore.
Kapuscinski ci parla di come i neri vedano i Bianchi, verso i quali provano una sorte di soggezione mista a risentimento e ostilità.
I viaggi di questo giornalista polacco, che va di villaggio in villaggio, sono contrassegnati da un caldo soffocante di giorno, seguito dal freddo della notte, da polvere, insetti (i veri nemici da contrastare in Africa, altro che leoni!), pericoli; viaggi attraverso il deserto, in autobus sgangherati..., e ogni viaggio, ogni chiacchierata con il compagno di viaggio di turno, ci permette di immergerci in questo universo povero, martoriato, arido, bollente, ma anche tanto vivace, interessante, multiforme, che insieme a Ryszard il lettore conosce da vicino, anzi dall'interno.
Dalle pagine traspare non solo la professionalità e l'accuratezza di questo giornalista, ma soprattutto il suo amore, la sua passione per questo continente, per chi ci vive; la sua conoscenza è "sul campo", totalmente immersa nel contesto di riferimento.
E' un viaggio pieno di fascino e curiosità, di storia, che apre gli occhi del lettore su questi nostri "vicini", mostrandoceli con lo sguardo onesto, lucido e ammirato di chi si rende conto che i pregiudizi e le diversità che separano Europei ed Africani sono davvero tanti, e soltanto mettendoli da parte è possibile approcciarsi alle tante culture presenti con un atteggiamento di apertura.

Non nego di aver avuto momenti di lettura "faticosi", in cui mi sono sentita meno coinvolta ed interessata, ma vi assicuro che lo stile è abbastanza scorrevole, non si tratta di una mega lezione di storia e geografia sull'Africa, quanto di una serie di appunti dei diversi viaggi dell'Autore,  raccontati con una scrittura accurata e viva, intrisa di passione.

Consigliato, soprattutto se vi piace il genere.

2 commenti:

  1. Interessante... non penso di aver mai letto nulla di simile prima d'ora, ma sono rimasta colpita dal ritratto "umile" che emerge dell'autore, leggendo la tua recensione! E' una buona cosa, il fatto che si sia concentrato sulle persone che effettivamente abitano in quella terra da sempre, e abbia fatto in modo di apprendere il più possibile dalle loro esperienze e conoscenze del continente! :)

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    1. hai ragione, umile è il termine esatto!!
      non parla di ciò che ha visto con l'occhio freddo del reporter, ma con quello appassionato e coinvolto di un semplice uomo affascinato da ciò che sta scoprendo e imparando! :=)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz