PAGINE

venerdì 14 aprile 2017

Recensione: GENERAZIONE PERDUTA (Testament of Youth) di Vera Brittain



L'accurata e viva testimonianza di una donna la cui gioventù - insieme a quella di milioni di uomini e donne del suo tempo - è stata spezzata dai terribili e sanguinosi anni della Grande Guerra.


GENERAZIONE PERDUTA
(Testament of Youth)
di Vera Brittain



"Oggi, ogni volta che penso alla guerra, non è in estate ma in inverno; la vedo sempre in termini di freddo, buio e scomodità, e poi immagino un intermittente calore di eccitazione che ci faceva esultare, in maniera 
del tutto irragionevole, nel freddo, nel  buio e nella scomodità. Il suo simbolo più adeguato, per me, è una candela fissata nel collo di una bottiglia, con la sua piccola fiamma che tremola in una corrente d'aria fredda come il ghiaccio e che tuttavia crea un'illusione in miniatura di luce, contro un'opaca e infinita oscurità."


E' il 1933 quando viene pubblicato “Testament of Youth” di Vera Brittain, la donna che si fa portavoce di una storia, vivida e sincera, che non è solo la sua, quella personale e della sua famiglia o dei suoi amici, ma è la storia di una generazione: la generazione perduta, quella spazzata via dalla grande guerra, che ha visto sogni e speranze barbaramente frantumati, e vite recise su campi di battaglia.

Conosciamo, quindi, in questo suo "testamento" autobiografico, la giovane Vera che nel 1914 si affaccia alla giovinezza: è brillante, anticonformista, dalle idee decisamente femministe, dal temperamento ribelle e convinta a non sottomettersi alla buona società londinese che ha deciso che essere una moglie gentile e una madre paziente è il massimo dell'aspirazione per ogni "brava ragazza": no, lei vuole studiare, ambisce a diventare scrittrice e per adesso il suo obiettivo è passare gli esami per essere ammessa all'esclusivo e selettivo college di Oxford: ci riesce e in fondo neppure lei sembra sapere come.

Vera è molto legata a suo fratello Edward, violinista e ragazzo placido e sensibile; ama discorrere di letteratura e poesia e quando conosce un amico del fratello, Roland, sente che - contrariamente ai suoi preconcetti legati all'amore e alla vita di coppia - qualcosa li lega profondamente man mano che trascorrono del tempo insieme e si scrivono lettere in cui parlano di svariati argomenti, anche di tipo filosofico e spirituale.
Insomma, due anime sensibili che si incrociano e sembrano fatte l'una per l'altra.
Ma il terribile spettro della Prima Guerra Mondiale è lì che ad attenderli e a stravolgere la vita di tutti, in Europa (e non solo).

Nei primi mesi, con l'egocentrismo e la leggerezza dei suoi vent'anni, Vera considera la grande guerra soprattutto una scomoda interruzione delle proprie attività, un imprevisto che scombina un po' i piani di tutti, ma la portata degli eventi che stanno travolgendo l'Europa diventa presto chiara: la devastazione non è solo materiale, ma anche psicologica e spirituale.

Lasciata Oxford, Vera decide di non starsene con le mani in mano, al sicuro tra le pareti del college o a casa con gli apprensivi genitori, ma fa la nobile scelta di servire come infermiera volontaria (Vad) la patria; così andrà prima a Londra, poi a Malta e infine in Francia e vedrà da vicino le conseguenze di una guerra atroce, che semina  dolore, distruzione, violenza, mutilazioni, odio. Morte.
E ad aggravare l'ansia nel cuore di Vera è la consapevolezza che a rischiare la vita non sono solo "gli altri", gli estranei, ma le persone amate: Edward, il fidanzato Roland, gli amici più cari - Victor e Geoffrey - vanno al fronte a combattere, e da loro Vera riceve lettere e notizie drammatiche ma, finchè ne riceve, significa che essi sono vivi e questo, per quanto non mitighi ansie e paure al pensiero di ricevere "la più brutta delle notizie", la trattiene dal gettarsi nella disperazione più nera.

E' possibile per lei e l'amato Roland immaginare un futuro radioso, tentando di guardare oltre lo sfacelo bellico? Sono belli, giovani, pieni di speranze, e ci provano a sognare!

"«Tutto ciò che ci rimane è aspettare, fare il nostro dovere e sperare» mi aveva scritto da Maldon la sera del giorno in cui ci eravamo detti addio. «Ma io tornerò, mia cara. Lascia che sia “quando” e non “se”. Per il momento nulla è completato, ma la scorsa notte, per quanto sembrasse irreale, deve avere il suo epilogo. Verrà il giorno in cui vivremo la passione della nostra poesia... proprio come l'abbiamo sognata.»
Gli risposi con determinazione e con la stessa fiduciosa speranza: «È terribile che sul tuo difficile cammino io non possa fare nulla per aiutarti ad affrontare quella Morte che incontrerai tanto spesso. Ma quando combatterai coraggioso contro la paura, come so che farai, affronterò anch'io quella stessa paura, così potrò essere con te almeno nello spirito... Arrivederci, mio caro, ti amo con tutto il cuore»."

Ma la guerra è crudele e non guarda in faccia nessuno, non fa sconti ai giovani, non ha pietà dei loro sogni, desideri, ambizioni, sentimenti... e purtroppo la morte busserà impietosa e chiederà il conto a tanti giovani soldati (e alle loro famiglie, che avrebbero "solo" desiderato riaverli a casa sani e salvi), recidendo la loro vita bruscamente e ingiustamente.

Che ne è del loro eroismo, del loro slancio patriottico, della loro (sciagurata? ammirevole?) voglia di combattere per la propria nazione contro il Nemico?
Ma poi chi è questo nemico? Il singolo soldato contro cui si imbracciano le armi è davvero il nemico da abbattere, senza che lo si conosca e lo si odii...? Come se coloro che sono dall'altra parte della trincea non fossero ragazzi con le stesse passioni, aspirazioni, amori, famiglie, timori...!


"Per me, come per tutto il mondo, la guerra è stata una tragedia e un'enorme sciocchezza, uno spreco di giovinezza e di tempo. Ha tradito la mia fiducia, deriso il mio amore e rovinato la mia carriera..." 

Davanti al mostro della guerra si è impotenti, consapevoli di come essa sia una macchina mortale troppo grande, che travolge ad occhi chiusi, furiosi, generando soltanto brutture, ammazzando esistenze e felicità, e anche dopo che sarà finita... cosa resterà ai vinti e ai vincitori?

Di fronte all'ammasso di devastazione e macerie - materiali e non solo - da ricostruire, i vincitori saranno davvero tali? E cosa c'avranno guadagnato..: l'oppressione nei confronti dei perdenti?
Questo è progresso? E' libertà? E' la vittoria dell'umanità?

Vera vuol essere una brava infermiera e soccorrere come meglio può i poveri feriti che le capitano sotto le mani, anche perchè in ognuno di essi ella vede riflesso il volto degli amati Edward, Roland, Vic, Geoffrey...

Quanto dolore in quegli anni dovrà affrontare, ingoiare lacrime che pretendono di uscire e che lei cerca inutilmente di trattenere perchè il dovere la chiama!

E quando questa interminabile guerra finirà..., che ne sarà dei sopravvissuti?
Sopravvivere a tutto e tornare a un nuovo genere di ''normalità'' non sarà facile, perchè Vera (e chissà quanti come lei) si sentirà un pesce fuor d'acqua, come se questi quattro anni l'avessero invecchiata, caricandola di pesi, tristezze, ricordi dolorosi e troppo gravosi, che l'appesantiscono e la rendono inadeguata a ritornare a vivere in una società che pretende di essere "rinnovata", ma di cui lei non sente più di essere parte, perchè quella cui apparteneva è stata falciata via.

Che ne sarà di lei, Vera, privata degli affetti più cari? Potrà mai ritrovare la voglia di vivere una vita che non sia inquinata dal ricordo delle brutture di quegli anni in cui il suo cuore non ha fatto altro che temere e tremare ogni giorno e ogni notte al pensiero che da un momento all'altro potesse arrivare la dolorosa notizia "E' morto tuo fratello" "...il tuo fidanzato"...? Sarà possibile un'esistenza senza questi pensieri tremendi, un domani privo della paura di essere separata  improvvisamente e ancora una volta da chi si ama?

Ma tanto Vera quanto tutti coloro che usciranno vivi da quel periodo buio, che avranno il privilegio di guardare il "dopo", dovranno prendere la decisione di non seppellire se stessi, la propria anima, sotto i cumuli di macerie lasciati in eredità dalla guerra, come verrebbe naturale fare, stanchi e spossati come si è, logorati da un conflitto mondiale che sembrava non dover avere mai fine.

La guerra ha lasciato tanti fantasmi dietro di sé, i fantasmi delle persone amate che non ci sono più. Dare a se stessi il dono di guardare al futuro, di cercare nuove relazioni, emozioni, esperienze... è un tradimento verso i morti o un modo per onorare il loro sacrificio?
Pensieri come questi tormentano Vera, che sente di non avere più diritto alla felicità e a una vita piena.

Eppure. dopo una risurrezione difficile ma necessaria, divenuta scrittrice e giornalista, Vera comincia a raccontare non soltanto la disillusione e il dolore, ma anche il cammino di maturazione delle idee per le quali ha combattuto tutta la vita, armata solo della sua penna: pacifismo e lotta per i diritti delle donne.

"Non è intrecciando insieme le rime... è col sangue del cuore che dovrai  scrivere, se anche le guance ti resteranno pallide, nessuno lo saprà, ma solo così quel canto sarà degno di essere intonato. (...) tu hai già pagato un prezzo molto alto, e alla fine, nella vita come negli affari, otteniamo la nostra ricompensa. Può darsi che non sia una fama transitoria e nemmeno una fama durevole, ma di sicuro sarà la forza che solo la sofferenza può dare... il coraggio, la comprensione e quell'ispirazione che è il dono più grande al mondo, più di qualsiasi altra cosa... più grande persino della gioia.»" 

Vera vuol lasciare al mondo qualcosa di sè: un testamento che racconti di come gli avvenimenti che hanno infestato il mondo nel '14-'18 abbiano spezzato e spazzato un'intera ed innocente generazione di giovani ignari di ciò cui andavano - loro malgrado - incontro, con la speranza che queste esperienze di vita e di sofferenze aiuti le generazioni successive a non combattere contro altri uomini per vincerli e opprimerli, ma ad impegnarsi per stabilire la pace, perchè questa triste macellazione di vite non si ripeta.

Ahinoi, non passerano vent'anni... che la tragedia, di proporzioni mondiali, si ripeterà eccome, a dimostrazione del fatto che l'uomo non sempre impara dagli errori di chi l'ha preceduto; anzi, ne commette di nuovi e di più mostruosi.

Considerazioni.

E' stata una lettura lunga, non soltanto perchè è il romanzo a non essere brevissimo, ma perchè lo stile di scrittura mi è risultato un po' pesante e mi ha rallentato non poco; non è tanto il fatto che sia fin troppo dettagliato, perchè ci sta che l'Autrice - che ha ricostruito il passato sia facendo appello alla propria memoria, che attraverso le lettere scambiatesi con amici e famigliari - abbia voluto darci un resoconto accurato di ciò che ha vissuto..., ma è che ho trovato non di rado la narrazione un tantino "asettica", piatta, come se stessi leggendo una cronistoria e non un memoriale personale.
L'ho trovato - in certi momenti - poco coinvolgente dal punto di vista emotivo, nonostante l'Autrice/protagonista cerchi di raccontarci pensieri, stati d'animo, timori, speranze, anche trascrivendo intense poesie (sue e non) e significativi passaggi letterari (anche brani tratti dalle Scritture); come dicevo, non sono mancati momenti in cui ho avvertito che il ritmo si facesse troppo lento e lì il mio interesse calava inevitabilmente, ma ciononostante vi dico che è un libro che merita di essere letto, perchè è una testimonianza reale e lucida del punto di vista di una giovane che ha attraversato quegli anni difficilissimi, ricevendone sì sofferenza, solitudine..., ma anche la forza per dare un senso diverso e più profondo alla propria esistenza dopo la guerra.

Vi lascio con qualche foto dei personaggi.



blighty-at-war.net

blighty-at-war.net


Daily Mail
Roland




7 commenti:

  1. Ho visto solo il film, ma l'ho trovato splendido.
    La Vikander, al solito, è pazzesca.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. qualche amica lettrice ha preferito il film al libro, che ripeto a tratti è poco scorrevole...
      son curiosa di vederlo, vikander piace molto anche a me!

      ciao ;))

      Elimina
    2. Ho evitato il libro per evitare un po' di noia, ti dico la verità. Essendo più un memoriale che un romanzo, non sarei stato tanto nel mio. Guarda il film. La Vikander mi impressiona sempre molto. Il film è pieno di lutti, lei si dispera ogni volta, e non lo fa mai allo stesso modo. La guarderei per ore, boh.

      Elimina
    3. Lo guarderò di certo. Me lo state consigliando in tanti ;)

      Elimina
  2. Mi hai incuriosita molto lo leggerò ti seguo se ti va passa da me

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi fa piacere averti incuriosita!!
      Certo, passerò ;-)

      Elimina
  3. Mi hai incuriosita molto lo leggerò ti seguo se ti va passa da me

    RispondiElimina

Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz