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mercoledì 19 aprile 2017

Recensione: LA LUNGA VITA DI MARIANNA UCRIA di Dacia Maraini (RC2017)



Nella splendida e miserabile Sicilia del Settecento vive una donna speciale, il cui handicap (è sordomuta), se agli occhi della gente la fa apparire una "svantaggiata", in realtà rende i suoi sensi e i suoi pensieri più acuti e sensibili verso il mondo esterno; attraverso Marianna Ucrìa conosciamo da vicino un mondo che ci sembra antico, lontano, "arretrato" e nella sua fase più sfarzosa (ancora lontano da quel tramonto che di certo giungerà e che ritroviamo, ad es., ne Il Gattopardo), ma di cui osserviamo le fatiche, le gioie, i dolori, e anche purtroppo gli abusi nei confronti dei più deboli che caratterizzano da sempre la società umana, in ogni epoca.


LA LUNGA VITA DI MARIANNA UCRIA
di Dacia Maraini



Ed. Rizzoli
1990
Marianna Ucrìa è chiamata la mutola perché né sente né parla, e nessuno sa come mai un esserino così garbato, dalla pelle bianca e i riccioli biondi come il padre, sia una babbasuna dalla cui bocca non esce suono.
E quando è ancora piccola, suo padre decide di provare a farle tornare la voce facendole prendere uno spavento, come quello che molto probabilmente l'ha resa "handicappata".
Così la porta con sé ad assistere ad un autodafè, ma lo spettacolo drammatico e brutale della morte non produce affatto l'effetto sperato, anzi terrorizza la povera Marianna.

Gli Ucrìa sono una nobile famiglia palermitana, la cui storia è da secoli scandita da matrimoni combinati (e imposti) con altri aristocratici, innumerevoli parti, balli e cene piene di vino, buon cibo, merletti e parrucche, tristi "spettacoli" di condanne a morte..., e il destino della nostra mutola sembra già segnato e deciso dai famigliari.
Certo, se è vero che le sorelle (come il resto della maggior parte delle ragazzine perbene, future nobildonne) sono chiamate a maritarsi prestissimo con un buon partito per continuare a dar lustro alla famiglia e ad allargare i possedimenti terrieri, per la piccola Marianna le cose sono meno semplici, a causa della sua disabilità.

Per lei, il signor padre non ha altra scelta che darla in moglie ad un uomo di famiglia, per di più molto più grande d'età: lo zio Pietro, fratello della mamma. Il silenzioso, burbero e sempre accigliato "signor zio", che diventerà per la ragazzina "il signor marito zio", l'uomo cui deve obbedienza e che da lei pretende quei doveri coniugali che si risolvono ogni volta in una sorta di violenza carnale (e non solo), che vede la giovanissima moglie alla mercè di un marito che le si avvicina con la stessa delicatezza di un animale in attesa di accoppiarsi.

La giovane Marianna cresce guardandosi attorno con molta attenzione, forse perché il suo mutismo l'ha resa inevitabilmente più vigile rispetto a ciò che vede, nonché ai comportamenti e ai pensieri altrui, che a lei sembra di "sentire", come se la persona che le è accanto le riversasse inconsapevolmente addosso ragionamenti, borbottii, lamentele...; le si schiudono così saperi ignoti, e Marianna, che è sveglia ed intelligente nonostante ciò che erroneamente pensano parenti e conoscenti, impara l'alfabeto, legge tantissimo e impara a scrivere, lasciando su foglietti di carta i propri pensieri: questi sono gli unici strumenti di comunicazione col mondo.
Sviluppa una sensibilità acuta che la spinge a riflettere sulla condizione umana, su quella femminile, sulle ingiustizie di cui i più deboli sono vittime, compresa se stessa.

Seguiamo le vicende della sua vita e la vediamo diventare, da figlia compatita e sorella un po' snobbata, una sposa bambina e poi madre di diversi figli, amati sì ma sempre con la consapevolezza che è bene non affezionarsi loro troppo, visto che anch'essi, come lei, sono chiamati ad affrontare ciascuno la propria sorte: chi si sposerà prestissimo, chi si farà monaca, chi si andrà pavoneggiando come un signorotto borioso in mezzo ai contadini.
La società siciliana di quel tempo è chiusa nelle proprie regole, tipiche del mondo della nobiltà, di cui l'Autrice ci dà un quadro chiaro e disincantato, facendoci conoscere tanto il modo di essere e vivere dei ricchi signori, quanto quello misero e sgradevole dei servi.

Marianna, con il suo carattere sensibile e il suo saper scrutare negli animi delle persone, costituisce per il lettore un punto di vista che si colloca a metà strada tra questi due "mondi": da una parte lei è parte integrante del ceto nobile, ne condivide i privilegi perché lei è la duchessa, colei che veste bene, con bei gioielli e ventagli merlettati, che ha il diritto di battere i servi disubbidienti, di punire quelli insolventi; ma, forse proprio perché sordomuta, e quindi "diversa", considerata dai più un po' "scema", ritardata, riesce a capire e a immedesimarsi nei "diseredati", in questi servi selvatici, brutti, sporchi, nelle cui case (o meglio tuguri) hanno per coinquilini topi e scarafaggi.


Eppure questi ricconi, che si sentono superiori, che non esitano a trattare duramente e con fare sprezzante gli straccioni a loro sottoposti, non sono meno "selvaggi " e rudi di questi ultimi, e anzi mostrano nelle parole e negli atteggiamenti una tale grettezza d'animo e meschinità che di certo non li eleva da nessun punto di vista.

Negli anni, Marianna compirà i gesti propri di ogni donna, gioirà e soffrirà, vedrà i propri figli crescere e prendere le loro strade, il suo cuore sanguinerà nel perdere il figliolo prediletto, si interrogherà sul proprio matrimonio e su questo marito che non mostrerà mai nei suoi riguardi la benché minima dolcezza, sentirà su di sé la scarsa considerazione che i fratelli prima e i figli - oramai cresciuti - poi, nutrono per una mutola qual è lei; e quando forse meno se lo aspetta, conoscerà anche il sentimento dell'amore - di certo estraneo nel suo rapporto con "il marito zio" - e la passione, che lei vivrà con quello slancio giovanile, quella sensualità, quella voglia disperata di amare ed essere amata - unita al timore di far la cosa sbagliata - che fino a quel momento non ha mai conosciuto.

In questo bel romanzo della Maraini mi sono sentita, come lettrice, totalmente immersa nella sua narrazione, così solida, diretta ma anche coinvolgente e "viscerale" grazie tanto allo stile di scrittura e all'utilizzo di un linguaggio "popolare" - infarcito di numerose parole ed espressioni siciliane - quanto alla protagonista, questa figura femminile memorabile, fragile e forte insieme, vittima della mentalità altrui ma padrona di se stessa, che riesce ad ergersi oltre la pochezza e la miseria che la circondano e che non riescono a schiacciarla.
In lei infatti ho avvertito un fuoco, un ardore, una voglia di vivere e conoscere che fanno di Marianna Ucrìa un interessantissimo personaggio letterario, che tra l'altro non è totalmente inventato, visto che questo libro ha degli elementi autobiografici; la realtà di cui ci parla l'Autrice è dunque a lei nota in quanto di nobili origini siciliane. *.
Ed infatti, accanto a Marianna, l'altro protagonista è proprio questa terra, aspra e assolata, di cui scorgiamo la ricchezza fastosa e la povertà più nera, di cui percepiamo, pagina dopo pagina, odori, colori, grida e silenzi, sguardi e gesti, in maniera vivida e vivace; si toccano temi importanti, quali lo stupro, le spose bambine, la violenza sui deboli e gli svantaggiati, ma non mancano passaggi intrisi di cultura, in particolare delle idee illuministe (Hume in particolare) che in quegli anni si stavano diffondendo in Francia.

Marianna Ucrìa è un esempio di donna che, pur partendo da una condizione (fisica soprattutto, ma non solo) decisamente difficile, sa trovare in se stessa e nella lettura, nella conoscenza, la via per elevarsi a fronte della mentalità chiusa che la vorrebbe condizionare e segregare in un tipo di vita sterile, infelice, miserabile. È una donna che non si lascerà spezzare ma saprà affrontare la vita con quella passione che arde dentro di lei e che aspetta soltanto il momento giusto per venir fuori.

Assolutamente consigliato: è il mio battesimo personale alla narrativa di Dacia Maraini e devo dire che è stato estremamente positivo.


* La madre della scrittrice,Topazia, appartiene ad un’antica famiglia siciliana, gli Alliata di Salaparuta (fonte).

Obiettivo n.1 -
 Un libro di un autore che non avete mai letto.

2 commenti:

  1. E' l'unico romanzo che ho letto di Dacia Maraini e ricordo che mi era piaciuto, anche se è passato un po' di tempo!

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    1. Anche per me è il primo suo, e sono contenta di averlo letto!!

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz