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venerdì 14 luglio 2017

RITORNO ALLA BRUGHIERA di Thomas Hardy // TRISTANA di Benito Pérez Galdòs (mini-recensioni)



Qualche anno fa mio fratello pensò bene di acquistare la collana dei "Romanzi dell'Ottocento", composta da una sessantina di volumi, se non vado errata, e in vendita come allegati del giornale "La Repubblica".
Ricordo che lessi parecchi romanzi della suddetta collana, e che al tempo mi appuntai qualche riflessione in merito ad alcuni di essi.


Oggi vi parlerò di due classici dell'Ottocento, uno inglese, l'altro spagnolo.


RITORNO ALLA BRUGHIERA
di Thomas Hardy



“Ho detto addio alla pena, e credevo di averla lasciata dietro, lontana; ma lei, allegra, allegra, teneramente m’ama; e m’è così devota, è così buona. Potrei ingannarla, e abbandonarla, ma ah!, è così devota, è così buona”.


illustrazione di Arthur Hopkins
(Wikipedia)
Questo romanzo fu pubblicato nel 1878 e in italiano è anche noto come Il ritorno del nativo o La brughiera.

Il protagonista è Clym Yeobright, che fa ritorno al paese nativo per ritrovare in un certo se stesso, le proprie radici, oltre che il senso di una missione.
Clym ha vissuto lungo tempo a Parigi, commerciando diamanti, e ha conosciuto il mondo moderno, fatto di lussi e piaceri effimeri e finti, da cui è quindi fuggito per tornare alla casa materna, con lo scopo di rendere migliore la gente semplice della brughiera, costretta all'ignoranza dall'ingiustizia sociale.

Clym si innamora dell'irrequieta Eustacia Vye, che finisce per idealizzare, ma la donna non è come lui, anzi è il suo opposto: è capricciosa, appassionata, odia la brughiera, la noia, la fatica e lo squallore della vita di campagna e sogna di poter vivere “altrove”, tipo Parigi, e spera che Clym la porti lì dopo il matrimonio. 
Instabile nei sentimenti, ostinata ed egoista, Eustacia sogna cose decisamente diverse da quelle cui ambisce il marito e con lui, infatti, ha in comune ben poco...
Il loro matrimonio infelice provoca danni nella vita di quanti sono loro vicini, in particolare  Damon Wildeve, l'ex amante di Eustacia, la madre di Clym e la cugina Thomasin.

Il rapporto, ad es., con la suocera è davvero disastroso: la signora Yeobright non fa che discutere con il figlio e la nuora, arrivando ad architettare sotterfugi pur di tenere stretto a sè Clym e riconciliarsi con lui, andando incontro anche ad un drammatico destino...
Un altro personaggio che gravita attorno al filone principale è Diggory Venn, l’uomo dell’ocra tutto tinto di rosso che si aggira per la brughiera, malato d'amore per la giovane Thomasin, infelice sposa di Damon Wildeve.

Tutti i personaggi sono coinvolti nel ciclo degli eventi, a cominciare dal protagonista, che è così preso dalle proprie ambizioni da non accorgersi della realtà, e del resto la malattia agli occhi che lo colpisce in un certo senso rappresenta il male oscuro della sua anima.

A muovere le carte di tutti coloro che vivono nella brughiera è il destino, il quale sembra giocare con le esistenze di ciascuno di essi, di questi uomini e donne che amano, lottano, soffrono, vivono aspettando la fine del loro viaggio.

Siamo nel sud ovest dell'Inghilterra, nel Wessex, in particolare a Egdon Heath, una brulla e desolata distesa di terra, percossa dai venti, caratterizzata da primavere brevi, calde estati, lunghi inverni di neve e di buio.
Proprio questa aspra brughiera semideserta dà voce e forza, facendo da sfondo, alle vicende di due uomini e due donne in particolare - i cui destini si incrociano tra loro -, e di tali vicende diventa spettatrice e al contempo con esse sembra interagire.
Edgon Heath è in fondo la vera protagonista del racconto grazie al minuzioso ritratto che ce ne dà l'Autore e che simboleggia un vero e proprio paesaggio dell'anima.

Questo classico illustra quanto può essere tragica un'illusione romantica e come i suoi protagonisti non riescano a riconoscere le proprie opportunità per controllare i propri destini.

Ricordo che, pur non essendo un'amante delle sequenze descrittive, la narrazione non mi venne a noia perchè percepii l'importanza dell'ambiente naturale nella storia e ne fui affascinata, storia che tra l'altro si rivelò interessante; certo, la narrazione non ha un ritmo incalzante ma ho un ricordo positivo di questo romanzo.



Il secondo classico di cui vorrei parlarvi brevemente è...


TRISTANA
di Benito Pérez Galdòs 



Anno di pubblicazione: 1892.

Tristana è uno dei più brevi romanzi di Galdos; esso è una storia di amore e profonda perversione che inevitabilmente portano alla rovina.

Tristana, la protagonista di questo libro, è una giovane piena di passione, che cerca di ribellarsi a quelle circostanze familiari e sociali che le impediscono di raggiungere l'indipendenza e la felicità. 

La sua esistenza è legata a quella del gentiluomo Don Lope, un don Giovanni invecchiato, un aristocratico accantonato dal corso dei tempi, un padre adottivo che sottomette a sè Tristana, finendo però per confondere il ruolo di padre adottivo... con quello di amante.

Tra loro si frappone il pittore Horacio, che si innamora di Tristana e tenta invano di sottrarla a don Lope, diventando piuttosto una pedina nel vizioso gioco fra l’anziano gentiluomo e la giovane Tristana. 

Devo dire che, a differenza del precedente romanzo, questo non mi è rimasto granchè impresso, anche se rammento di averlo trovato abbastanza scorrevole, piacevole, tra l'altro è breve quindi si legge velocemente, e ben illustra il contrasto tra questo donnaiolo, Don Lope, ormai giunto al crepuscolo della propria vita da latin lover seduttore, che però distrugge l'innocenza della giovane, e quest'ultima, sognatrice e idealista, i cui tentativi di emancipazione da una società sordida e repressiva incontrano non pochi ostacoli.


2 commenti:

  1. Ciao Angela! Le tue recensioni sono sempre originali e interessanti:). Per me leggere i classici è un ottimo metodo per conoscere la realtà dei secoli scorsi. Un autore che oggi scrive un romanzo storico deve svolgere un minuzioso lavoro di ricerca e spesso è influenzato dai cambiamenti avvenuti nei costumi, tanto che alcuni protagonisti sono poco credibili, invece gli autori classici nelle loro opere descrivevano la società in cui vivevano quotidianamente regalandoci un'esperienza di "prima mano".

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    1. È vero, concordo con quanto scrivi.
      Il classico ti porta proprio indietro nel tempo..., ha un fascino impagabile!
      Un abbraccio

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz