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sabato 2 settembre 2017

Recensione: LO STRANO VIAGGIO DI UN OGGETTO SMARRITO di Salvatore Basile



Due anime in cerca di amore, ognuna con le proprie solitudini, le proprie fragilità, alla ricerca del proprio cuore smarrito, bisognoso di tenerezza e nuovi, luminosi colori.


LO STRANO VIAGGIO DI UN OGGETTO SMARRITO
di Salvatore Basile



Ed. Garzanti

È un giorno come tanti e il piccolo Michele, di sette anni, è appena tornato da scuola e corre dalla sua mamma; ma quando apre la porta della sua casa, nella piccola stazione di Miniera di Mare, trova sua madre con una valigia aperta e, tra le mani, il diario segreto di Michele, un quaderno rosso con la copertina un po’ rovinata; la donna, con i suoi occhi tristi, chiede al bimbo di poter tenere con sé il diario, con la promessa di ridarglielo un giorno.
Michele capisce che la mamma sta per andar via, senza di lui... ed infatti trascorrono più di venti anni e la donna non è ancora tornata. Lo farà mai?
Ormai Michele è cresciuto, è un giovanotto quasi trentenne e vive ancora nella piccola casa dentro la stazione ferroviaria; il taciturno e solitario padre è morto, e lui è solo.
Con addosso la divisa di capostazione di suo padre (da cui ha “ereditato” il lavoro), Michele fa il custode di quell’unico interregionale che ogni giorno fa su e giù: lo tiene pulito e con cura meticolosa attraversa tutti i vagoni raccattando non solo i rifiuti e la spazzatura lasciati dai viaggiatori quotidiani, ma anche oggetti che essi smarriscono e lasciano in treno.
Michele è un ragazzo che sembra vivere fuori dalla realtà odierna, come se stesse in un mondo tutto suo, ed in effetti è così: vive all’interno della stazione e non è mai uscito da essa e dai suoi confini; tutto ha inizio e ha fine lì, dov’è nato e cresciuto; a fargli compagnia ci sono il suo lavoro - fatto di facce estranee che vanno e vengono e tra le quali forse ancora spera di scorgere il volto amato della madre sparita nel nulla anni prima - e quegli oggetti, di ogni formato, tipo, colore…, che egli raccoglie dai vagoni e porta a casa propria; ha dedicato ad essi anche un angolo della casa in cui i suoi oggetti smarriti sono in bella mostra e lo guardano, regalandogli a modo loro compagnia: del resto, quegli oggetti sono per lui la sua famiglia, e loro non lo lasceranno mai, a differenza a differenza di sua madre.
Un giorno, sul treno, Michele trova una bambolina, che ovviamente porta via con sé; ma quella sera stessa accade una cosa mai successa prima: il proprietario dell’oggetto smarrito va a reclamarlo!
Michele si ritrova così davanti una ragazza, carina e solare, di nome Elena, che gli chiede se per caso, sul treno, non ha trovato la sua bambolina Milù; Michele è pronto a ridargliela ma Elena sembra non volersene andare dalla casa di questo ragazzo silenzioso e timidissimo; forse perchè un uragano come lei, che è allegra e sensibile allo stesso tempo, intuisce che quel tipo dallo sguardo colmo di sincera meraviglia è speciale ma anche tanto solo, e lei, Elena, è la gioia in persona e desidera portare il suo raggio di luce anche nella vita dell’imbarazzato Michele.

Ma le sorprese non sono finite perché un altro oggetto smarrito porterà una ventata di novità, e di timori, nelle giornate spente del ragazzo: incastrato tra due sedili egli ritrova il proprio diario, quello con la copertina rossa! Com’è possibile, chi l’ha messo lì e quando? L’unica persona è sua madre…: questo vuol dire che era su quel treno nei giorni scorsi? Quel diario è un messaggio per lui? Sua madre non ha smesso di pensarlo, non s’è dimenticata del suo Michele e forse vuol mettersi in contatto col figlio?

Michele viene preso da una vertigine che gli fa girare la testa e battere forte il cuore: sua madre non è più solo un ricordo lontano, un volto caro e amato del passato, ma diventa di nuovo una presenza concreta, raggiungibile.
Ad aiutarlo a cercare sua madre c’è Elena, questa ragazza folle e imprevedibile come la vita, che lo spinge a salire su quel treno e ad andare a cercare la verità, visitando le varie cittadine nelle quali si ferma quel treno e a chiedere in giro se qualcuno ha mai incontrato la sua mamma (ritratta in una foto scattata venti anni prima).

Michele è abituato a restare al chiuso e al sicuro entro le quattro mura di casa, avvezzo solo ai fischi e ai rumori della stazione, con gli occhi fissi su quei binari che gli hanno portato via la persona più importante della sua vita.
Michele ha paura di uscire dal proprio guscio perché teme le delusioni, le promesse infrante; per quanto la sua vita sia grigia e solitaria, ha comunque raggiunto un proprio equilibrio, fatto del proprio lavoro monotono ma rassicurante, e dei propri pasti a base di stracciatella all’uovo.
L’arrivo di Elena, esuberante, piena di vitalità, un fiume in piena che quando comincia a parlare non la fermi più, lo sconvolge:

“… tutti gli oggetti dei quali si era circondato non erano altro che sigilli apposti sopra serrature della vita che, una volta aperte, avrebbero dato accesso al dolore; piccole barricate che lui stesso aveva eretto intorno alla sua solitudine per renderla sopportabile e, quindi, più sicura, E ora tutto questo rischiava di lasciato di nuovo senza difese, come quando era bambino. Perché l’amore fa sperare. E la speranza, come diceva suo padre, rende deboli, vulnerabili”.

Elena, che pure ha il suo carico di personale ed intimo dolore chiuso nel cuore, porta nella vita dell’apatico e triste Michele, colore, vita, speranza, nuove possibilità di guardare il mondo, gli altri e se stesso.

Uscire dalla stazione significa per lui aprirsi al mondo, cominciare a conoscerlo, e per farlo deve oltrepassare il cancello (fisicamente, ma soprattutto dal punto di vista mentale, emotivo) per appropriarsi finalmente della propria esistenza, senza più trascinarla lungo solchi di dolore vissuto da solo, autocommiserandosi nella propria solitudine ma avendo il coraggio di varcare nuovi orizzonti, aprire nuove porte, conoscere persone nuove, lasciarsi andare alle emozioni, farsi illuminare da nuovi e più brillanti colori, vincendo la paura di essere deluso, tradito…

Del resto, le delusioni possono esserci, perché la vita è imprevedibile, è fatta di alti e bassi e ognuno di noi deve fare ogni giorno la scelta di affrontare ciò che arriva con coraggio, facendosi guidare dalla speranza, dall’amore, dalla bellezza che ancora c’è da scoprire tra le strade di questo mondo pieno di oggetti smarriti. 
E il primo “oggetto smarrito” di cui Michele deve riappropriarsi è se stesso, il proprio cuore e i desideri racchiusi in esso: desiderio di amare ed essere amato, di sentirsi protetto ma anche di proteggere, di dare e ricevere.

Il viaggio di Michele, supportato da Elena, sarà un viaggio anzitutto verso il proprio interiore, per capire e individuare i propri limiti e cercare di superarli, ma gli permetterà anche di unire il passato (attraverso la figura materna) col presente e il futuro, perché regalerà a uno spaesato e stupito Michele nuovi affetti, che non sapeva neppure esistessero.

“Lo strano viaggio di un oggetto smarrito” è un romanzo bellissimo, perché commuove ed entra nel cuore del lettore, scaldandolo; è una favola dolce e ricca di emozioni, in cui il protagonista più che un bel principe senza paura ci appare come un viandante impaurito che però, a modo suo, saprà mettersi alla ricerca di risposte che plachino i suoi tormenti; è vero, non sempre le risposte che la vita ci dà son quelle che vorremmo, ma non serve abbattersi, chiudersi in se stessi perché solo se ci muoviamo, se decidiamo di non arenarci nelle nostre paure ma di inseguire sogni e speranze, sarà possibile scoprire che qualcosa di bello è in serbo anche per noi.

È facile smarrirsi per le vie di un mondo e di un’esistenza costellate di ostacoli, di deviazioni, di amarezze, di abbandoni, di imprevisti dolorosi, ma forse ci sono momenti della vita in cui perdersi diventa necessario perché solo così possiamo afferrare l’opportunità di ritrovarci, di metterci alla prova, accettare nuove sfide, lasciandoci alle spalle quelle zavorre che rendono lento il nostro cammino.
Una narrazione intensa e ricca di passaggi molto belli che, attraverso un ritmo calmo, - come lo è il protagonista, un trentenne dall’aria ingenuamente distratta, trasognata, di chi vive in uno spazio-tempo tutto suo -, un’atmosfera fatta di tenerezza, ci racconta una storia dolce e positiva, illuminata dalla magia della speranza e dell’amore, i cui colori gettano luce sui passi di Michele e di coloro che, nel corso di questo viaggio, lo affiancheranno lungo il cammino.
Consigliato, davvero un libro molto bello, che regala tante emozioni. 

4 commenti:

  1. Ciao Angela, come ben sai, ho amato molto questo romanzo e vedo che anche a te è piaciuto molto!

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  2. Per ragioni personali e non, un romanzo che mi è stato molto a cuore. Lo sa anche Basile. :)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz