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martedì 26 giugno 2018

Recensione: SMALL TOWN BOYS di Runny Magma



Un ragazzo dalle idee un po' confuse circa il proprio futuro si mette in testa di far luce su un caso di suicidio avvenuto trent'anni prima; un'indagine tutta personale che forse potrebbe, insospettabilmente, aiutarlo a trovare la propria strada...




SMALL TOWN BOYS
di Runny Magma



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Niccolò ha 19 anni, ha appena concluso le superiori e adesso è pronto a godersi l'estate.
Beh, più o meno...!
La domanda che tutti gli fanno e che lo fa uscire fuori di testa è sempre la stessa: "Quindi, a quale facoltà ti iscriverai all'Università?".
Una domanda tanto semplice quanto antipatica, per il ragazzo, che ancora non sa cosa vuol fare "da grande" e finora nessuna delle facoltà consigliategli sembra "rappresentarlo".

Niccolò ha anche la testa un po' tra le nuvole per via delle proprie "pene d'amore": ha una bella cotta, già da qualche annetto, per l'ex professore di Filosofia, Bruno, e sogna ad occhi aperti una storia d'amore con lui nonostante li dividano diversi anni di differenza.
E non solo: Bruno è vedovo, quindi in teoria dovrebbe essere etero, anche se...

Un giorno si reca al cimitero e lo trova lì, a deporre un fiore sulla lapide della moglie; subito dopo però l'uomo si sofferma, con aria malinconica e triste, presso un'altra lapide, priva di foto: è quella di un certo Loris, morto nel 1987 a 19 anni.
La stessa età di Niccolò, che si sente immediatamente preso da una inspiegabile curiosità circa l'identità e la vita di questo ragazzo.
Come è morto e perchè Bruno era presso la sua lapide? Chi era Loris per lui?

Comincia quindi a indagare, va in giro a far domande e la prima persona che sottopone ad interrogatorio è la cara zia Elena, coetanea di Bruno; Elena è un'eterna single, ha sempre l'aria un po' da sfigata, non ha una grande vita sociale, però è, a dispetto di tutto, giovanile nel modo di pensare, e soprattutto è forse l'unica vera amica di Niccolò (che comunque ha due cari amici in Gionata e Cristina): lo ascolta, gli dà consigli onesti e spassionati, gli fa anche qualche ramanzina ma senza avere la pesantezza di un genitore, e poi sa essere ironica e divertente.
Proprio lei gli dà le prima informazioni su Loris: era gay, "a quei tempi" di omosessualità non era bene parlare ad alta voce e mostrarla apertamente, e il ragazzo veniva costantemente vessato e umiliato da alcuni coetanei, in particolare da due tipacci poco raccomandabili, il Pistola e Salsiccia.

Ma la cosa più strana è che questo Loris aveva una rapporto "speciale" con Bruno: i due stavano forse insieme? Elena lo esclude, vista la differenza d'età che intercorreva tra i due (Bruno aveva circa 13 anni).

Nella mente fantasiosa (e diciamolo, un po' simpaticamente contorta) di Niccolò sorge un dubbio: e se Loris fosse una povera vittima di omofobia e bullismo e non sia morto suicida ma... qualcuno gli abbia dato una spinta per farlo cadere sui binari e a farlo finire maciullato sotto un treno in corsa?

E' possibile, in fondo, che coloro che erano presenti sul luogo della tragedia quando essa avveniva, siano in qualche misura colpevoli! Possibile che la polizia, a quei tempi, non abbia fatto le dovute ed oculate indagini, non abbia interrogato i testimoni?
Che poi, guarda caso, chi c'era quel giorno in cui Loris ha deciso di farla finita...? Sempre loro: Pistola, Salsiccia.... e Bruno!
Quanto è coinvolto Bruno nel presunto suicidio di questo ragazzo con cui aveva un rapporto di amicizia, di affetto?

Non pago delle informazioni ricevute dalla zia, e ignorando le esortazioni di lei a farsi i fatti suoi e a non rivangare fatti del passato ormai sepolti da 30 anni, Niccolò si traveste da Poirot (senza baffi, per carità, e la parlata non ha nulla di francese, ma è tutta toscana) e comincia a fare un sacco di domande a chiunque ricordi "il caso Loris", insistente come neppure gli inviati della Sciarelli saprebbero essere.
Arriva a scomodare persino la mamma del defunto, la buona signora Adele, che rivede in Niccolò la spontaneità presente in quel suo figliolo morto troppo presto, così decide di regalargli una scatola di ricordi appartenuti a Loris; tra essi, oltre a trovare delle musicassette che gli fanno conoscere una certa parte di musica degli Anni '80 a lui ignota (anche a me, sinceramente), gli capita tra le mani un diario, anzi il diario in cui Loris annotava pensieri, canzoni, foto di idoli...
Tra quelle pagine Niccolò si convince di poter trovare indizi che lo conducano alla verità, quella che gli rivelerà come in realtà Loris non si sia suicidato ma sia finito sulle le rotaie perchè spintovi da... Da chi? Qualche ipotetico sospettato c'è, ma dimostrarlo è un'altra storia.

Insomma, la testa gira e il giovanotto si lascia andare a supposizioni azzardate, volte a dimostrare come gli atteggiamenti omofobi e da bulli possano essere davvero pericolosi.

Scoprirà che c'è un'altra verità dietro quella "ufficiale" a cui si era giunti trent'anni fa?

Forse, l'unica verità cui Niccolò giungerà è quella che riguarda se stesso, la propria crescita verso l'età adulta, la consapevolezza di se stesso e di quello che vuol essere e fare nella vita.
Conoscere Loris - attraverso le parole di chi gli ha voluto bene e attraverso i suoi oggetti, i suoi libri, la sua musica, le piccole confidenze scritte e scarabocchiate (alcune delle quali sconvolgeranno un po' Niccolò) su un diario segreto - costituisce per il giovane protagonista una via per conoscere meglio se stesso e da questa storia ne uscirà sicuramente un po' più maturo, indipendentemente da come la sua "sete di giustizia in onore di Loris" verrà soddisfatta (e comunque non di rado è la vita stessa che costringe a "saldare certi conti"...).

"Small Town Boys" è un breve romanzo che, pur appartenendo al genere LGBT, affronta l'omosessualità in modo "soft", con delicatezza; non è un romance, è più un romanzo di "formazione" che vede protagonista un ragazzo gay, che non vive la propria omosessualità in modo drammatico, però al contempo non ne parla neppure apertamente con chiunque. Ad es. coi genitori ha un rapporto molto distante, essi sembrano quasi assenti nelle sue giornate e a parte preoccuparsi che mangi, non c'è grande interesse da parte di mamma e papà verso il loro unico figlio, non nell'instaurare un dialogo con lui, quantomeno.
Fortunatamente c'è zia Elena, una "sfigata felice" in cui il ragazzo ritrova una confidente importante.

La musica è un elemento importante, a cominciare dal titolo, che ho scoperto essere quello di una canzone dei Bronski Beat (1984) e in cui si "parla" di un ragazzo gay che si ritrova isolato, incompreso e vittima di omofobia (nulla è a caso in questo libro); ogni capitolo è introdotto da un titolo in inglese, che poi è il titolo di una canzone sempre risalente agli Anni '80.

Ho trovato la scrittura di Runny Magma matura, capace di alternare toni ironici, simpatici con altri più seri e commoventi, affrontando tematiche attuali e gravi come l'omofobia e il bullismo in modo "leggero" ma non superficiale, attraverso la prospettiva di un ragazzo che, essendo omosessuale, in qualche modo si ritrova a vivere le proprie scelte e il proprio modo di essere nell'ambito di una società in cui l'accettazione dell'altro e di una presunta diversità non è ancora così spontanea ed automatica.

La parlata toscana conferisce genuinità al racconto e personalmente l'ho apprezzata; la narrazione è in prima persona e questo contribuisce sia a rendere il ritmo sempre vivace, sia a "farci entrare nella testa" del protagonista/narratore, che non può non suscitare simpatia.

Consigliato, è una lettura scorrevole, che tocca temi importanti in modo delicato e ironico.

2 commenti:

  1. Ciao Angela, mi incuriosisce questo romanzo, soprattutto per il mistero legato al ragazzo morto!

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    1. Su, l'elemento del mistero rende intrigante la storia ;)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz