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mercoledì 10 ottobre 2018

Recensione: SUICIDI AL SORGERE DEL SOLE di Antonio Infuso



Un noir poliziesco vivace con al centro un ex-commissario di polizia intuitivo, ironico e dal fiuto che non perde un colpo quando si tratta di risolvere casi intricati.


SUICIDI AL SORGERE DEL SOLE
di Antonio Infuso



“Era il decimo suicidio-omicidio. Ancora le stesse modalità dei nove precedenti casi. Alla stessa ora, all’alba, e sempre al cambio di stagione, solstizio o equinozio. Un vero rompicapo per gli investigatori della Omicidi di Torino e per la task force messa in piedi, dopo il quarto caso, con la partecipazione degli esperti dell’Uacv (Unità Analisi Crimini Violenti).”
La bella città di Torino è scossa da un po’ di tempo da una serie di omicidi-suicidi davvero misteriosi e, fino a questo momento, insoluti; la scena del crimine è sempre la stessa: una donna assassinata per soffocamento, un uomo (il suo assassino, con cui la vittima aveva un legame - marito, padre, vicino di casa…) a sua volta morto perchè suicidatosi, corpi esposti verso est.

Cosa c’è dietro questi casi su cui la polizia si sta scervellando senza avere fatto nessun passo avanti da circa un anno? Forse è una setta (viste le costanti presenti, tipo i legami con equinozi e solstizi, i cadaveri vòlti sempre verso lo stesso punto cardinale)? Un manipolatore astuto capace di sedurre le menti degli assassini al punto da indurli ad uccidere senza pietà e ad ammazzarsi poi con un coltello giapponese?
Il questore Guglielmi e il capo della Omicidi, Davide Cavallero, stanno cercando in tutti i modi di capire chi e cosa ci sia alla base di questi dieci crimini, ma di fronte alla situazione di stallo in cui si trovano, una cosa è chiara: c’è soltanto una persona in grado di entrare nella testa dell'ipotetico serial killer dei “suicidi al sorgere del sole”, uno capace di immedesimarsi tanto nell’altro da prevederne le mosse e smascherarlo: Stefano Vega, ex commissario della polizia torinese, che attualmente vive altrove dopo aver avuto qualche problema che l’ha reso scomodo a più di una persona in polizia.

Vega viene quindi contattato a Cuba (con lui ci sono la compagna, Irene, e Sergio, entrambi ex-poliziotti della sua squadra) e invitato a ritornare in Italia a prestare una mano agli ex-colleghi torinesi, in virtù di una sorta di accordo diplomatico tra i due Paesi.

Vega sa che tornare a Torino ha i suoi rischi ma lui è un tipo che non ha paura di correrne, anzi accetta “la sfida” e decide di dare il suo prezioso contributo per la risoluzione del caso, facendosi supportare anche da Irene e Sergio.

Quando comincia a collaborare con il giovane Cavallero, si rende subito conto di come questi sia intelligente, sveglio e coscienzioso, ed infatti i due saranno molto complici nel corso delle ricerche, a differenza del rapporto con gli altri colleghi “dei piani alti”, che Stefano non esita a trattare con molto sarcasmo e mettendo bene in chiaro che se si affidano a lui per risolvere il caso, allora devono anche accettarne i metodi non sempre ortodossi.

E in effetti, pagina dopo pagina, veniamo immersi nel vivo delle indagini e comprendiamo come Vega sia davvero un investigatore dall’intelligenza acuta, un grande osservatore capace di farsi le domande giuste per individuare la persona che stanno cercando, e per raggiungere il proprio scopo non esiterà a scegliere vie non sempre legali.

Per quanto abbia molta esperienza alle spalle, Stefano non prende le indagini sottogamba, anzi intuisce che dietro questi dieci casi misteriosi e inquietanti si cela una mente diabolicamente astuta, che sta orchestrando tutta questa sorta di “sceneggiata sanguinosa” nei minimi particolari:

“Era consumato. Per la prima volta nella sua lunga vita da investigatore, percepiva di trovarsi di fronte a qualcosa di diabolico, che andava oltre l’universo criminale che ben conosceva e con cui sapeva confrontarsi e, talvolta, scendere a patti. Annusava un odore acre, letale, in cui l’umanità - l’essenza complessa, contraddittoria e unica che determina le relazioni tra le persone - veniva ammorbata, sgretolata e resa inerme, perduta”.

Non è possibile che per dieci volte si verifichino dei suicidi-omicidi sempre verso la stessa ora, sempre con le stesse modalità, che l’assassino sia sempre uomo e la donna sempre la vittima; che l’arma del delitto sia sempre la stessa (calza di nylon) e quella del suicidio pure (coltello giapponese); che questi reati avvengano sempre nelle notti dei solstizi e degli equinozi e che i cadaveri siano sempre rivolti a levante…! Certo, non è realistico credere davvero che siano tutte coincidenze!

Dev’esservi per forza qualcuno o qualcuna che muove i fili di questi crimini violenti: di chi si tratta e perché sta facendo tutto questo? Ma soprattutto, come fare per fermarlo?
Vega dovrà fare i conti con quanto di terribile e nero c’è nell’animo umano, in particolare dovrà cercare di fare lo stesso oscuro gioco della mente che sta dietro la scia di morte, capirne i meccanismi di ragionamento, entrare quasi in empatia con essa, così da guardare le cose dal suo punto di pista perverso e riuscire a fermarla.

A poco a poco una cupa storia di dolore, umiliazioni e sete di vendetta emergerà e Vega riuscirà a sbrogliare la matassa, grazie alla tenacia, alla capacità intuitiva e al sangue freddo che lo contraddistinguono.

Il finale ci fa presagire che ci sarà un seguito e l’inossidabile Stefano Vega - che ha sette vite come i gatti - verrà coinvolto molto probabilmente in nuove avventure.

“Suicidi al sorgere del sole” è un giallo/noir molto gradevole, incentrato su un caso interessante e complesso che cattura l’attenzione del lettore e lo incuriosisce pagina dopo pagina e con diversi colpi di scena; il vero perno comunque non è tanto (o soltanto) il caso in sé (di cui pure seguiamo i progressi), quanto l’investigatore protagonista, che piace perché ha un’aria scanzonata, è sempre pronto alla battuta e all’ironia, è uno “tosto”, che non necessariamente rispetta la Legge ma è convinto di farlo per “buoni motivi”, si fa rispettare e non è un ipocrita, anzi dice ciò che pensa senza peli sulla lingua.
Insomma, Stefano Vega è quel tipo di investigatori simpatici, sfacciati e senza scrupoli all’occorrenza, ma che sicuramente sa fare il proprio lavoro in modo impeccabile.

Ringrazio Intrecci Edizioni per avermi dato modo di leggere questo romanzo di Antonio Infuso, scritto bene, con un ritmo narrativo movimentato, reso snello e vivace dall’abbondanza di dialoghi, con una bella idea di fondo e con un protagonista sagace e perspicace.

4 commenti:

Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz