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sabato 22 giugno 2019

Recensione: IL FASCIOCOMUNISTA di Antonio Pennacchi



Se c'è un personaggio letterario che difficilmente si dimentica quello è di certo Accio Benassi, di cui seguiamo le articolate e ruggenti vicende umane e politiche sin da ragazzino.


IL FASCIOCOMUNISTA
di Antonio Pennacchi



Ed. Mondadori
336 pp
Conosciamo Accio quando è solo un ragazzetto di 12 anni; è il 1962 ed è in seminario per volere paterno; capiamo subito che tipetto sia: chiacchierone, ribelle, sempre in vena di "filosofia", di far ragionamenti e domande, mai pago di ricevere risposte tiepide e preconfezionate, soprattutto (in questi anni, affidato a padre Cavalli) in materia di fede.
La sua "religiosità" comincia a subire i primi contraccolpi a causa dei discorsi atei di suo fratello maggiore Manrico, con cui Accio non va d'accordo (e sarà sempre così, grosso modo), uniti ai normalissimi turbamenti sessuali legati all'età puberale.

Crollato miseramente il sogno di fare il missionario, a un certo punto si stufa del seminario (deluso anche da certe cose che lì accadevano...) e torna a casa, a Latina, ma i famigliari non lo accolgono troppo volentieri: sette tra fratelli e sorelle, più un padre operaio e madre in crisi di nervi; Accio è una bocca in più da sfamare e sarebbe stato meglio si fosse fatto prete!

Ma il ragazzo è un piantagrane di razza e porta scompiglio in casa; tanto per iniziare, essendo portato per il latino, lui vorrebbe andare al classico ma siccome ci sono già gli altri figli a frequentare le superiori in vista dell'università, il nuovo arrivato al massimo può aspirare al Geometra.
Ed Accio si accontenta, anche se sono più i giorni in cui fa filone che quelli in cui va a scuola (e quando va, scalda il banco e dorme per buona parte della mattinata).

Insofferente sempre più nei confronti della famiglia, scappa di casa, si rifiuta di studiare e s'iscrive al MSI; spesso e volentieri si sposta da una città all'altra facendo l'autostop (prendere l'autobus o il treno è da sfigati e lui prova una grande vergogna quando li capita di prenderli).

Intanto, il fratello Manrico - il cocco di mamma, il belloccio di famiglia, che piace sempre a tutti - si impegna in attività politiche di sinistra e lo stesso Accio, in seguito ad una serie di circostanze (tra cui la frequentazione di una ragazza di cui s'innamora, la milanese e comunista Francesca), seppur fascista nel cuore sin da ragazzino, comincia ad accostarsi al Movimento Studentesco, si fa espellere dal MSI e, pur non allontanandosi mai definitivamente dall'ideologia fascista, frequenta nuclei comunisti, anche radicali, addirittura diventa maoista (ma è solo una fase temporanea)...

Insomma, Antonio Pennacchi ci racconta una storia in cui ritroviamo diversi elementi autobiografici (dall'esperienza in seminario da ragazzo al padre democristiano) e che ruota attorno alle avventure rocambolesche di un giovanotto vivacissimo, istintivo, a volte stupido, goffo, attaccabrighe, arrogante, manesco, brusco nei confronti di tutti (prova sentimenti contrastanti, ad es., verso il padre, al punto di aver voglia di "suonargliele") ma anche incredibilmente sentimentale, tanto da infatuarsi con niente della prima ragazza che si dimostra gentile con lui.
Accio è un tipo sanguigno, prende fuoco subito e questo ardore si placa solo se ha la possibilità di scendere in piazza a far casini per le proprie ideologie socio-politiche, nelle quali crede fermamente e per le quali è disposto a prenderle e a darle.

Il suo approccio alla vita fa sorridere perchè è un casinista, non è cattivo ma inevitabilmente ne combina di tutti i colori, litiga con chiunque - la madre, il fratello Manrico, i ragazzi delle varie sezioni politiche che frequenta, litiga nientemeno che con Pier Paolo Pasolini; nel romanzo, infatti, compaiono personaggi realmente esistiti e, oltre allo scrittore citato, anche Arturo Michelini, Giorgio Almirante ecc...; ovviamente, il contesto è quello dei grandi fermenti politici degli anni '60-'70, della rivoluzione sessuale come della strage di piazza Fontana a Bologna.

Accio ha un modo di rapportarsi agli altri, quindi, molto istintuale, confusionario, "primitivo", e in particolare ha sempre qualche problemino col gentil sesso, che siano le ragazze di cui si invaghisce - dalla sfuggente Francesca (con cui non riesce a "concludere" a motivo di un presunto problema sessuale di lei) alla disinibita Joan (che lo inizia alle gioie del sesso) - o che sia la madre, figura costante in tutto il libro e con cui il protagonista ha un rapporto che definire conflittuale è davvero un eufemismo: donna severa, autoritaria, una squadrista praticamente, adora Manrico e non fa che litigare con Accio, picchiandolo e urlandogli di essere la sua rovina e che per colpa sua morirà di crepacuore; sua la frase che fa quasi da "colonna sonora" alla vita di Accio "Hai fatto solo la metà del tuo dovere".

Credo che davvero Accio Benassi sia un personaggio difficile da dimenticare perchè ha un carattere spumeggiante, è cocciuto e sembra quasi essere alla perenne  ricerca di guai, senza mai fermarsi o perdersi d'animo, anzi, trovando sempre le motivazioni in se stesso per fare ciò che fa.
Lo stile dell'Autore è per lo più piacevole; il racconto è in prima persona e Accio ci parla di sè con un linguaggio informale, con espressioni gergali e dialettali, che dà un taglio vispo e frizzante alla narrazione; le sequenze narrative/descrittive si alternano e si mescolano con quelle riflessive, in cui Accio si lascia andare a considerazioni su di sè, sulle persone con cui si relaziona e sulle proprie convinzioni (religiose, antropologiche, sociale, politiche), e lo fa coerentemente con il suo modo di essere (sconclusionato, disordinato, scriteriato).
Seppure le sue peripezie personali siano sicuramente molto vivaci e lui le racconti in maniera leggera, non vi nascondo che ho faticato a proseguire nella lettura e ad arrivare al termine.
Forse influenzata dal film di Luchetti ("Mio fratello è figlio unico"), mi ero imbarcata in questa lettura immaginandomela molto più fluida e appassionante, invece è fin troppo densa e ricca di particolari circa le attività politiche del protagonista, alle quali si dà più spazio di quel che pensassi, il che in certi momenti mi ha un po' annoiata; ho preferito le parti in cui Accio interagisce con la famiglia e con le donne, rispetto a quelle relative alle manifestazioni organizzate dai gruppi di cui fa parte negli anni.

Avevo aspettative diverse, insomma, quindi non posso dire di aver amato questa lettura; forse avrei dovuto scegliere qualcos'altro di Pennacchi come primo approccio alla sua narrativa.

Voi avete letto qualcosa di questo autore? Se sì, vi ha convinto?


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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz