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venerdì 2 agosto 2019

Recensione: BACIO FEROCE di Roberto Saviano



Ritroviamo la Paranza dei Bambini (recensione libro), questi ragazzi nati in una terra di assassini e assassinati, derubati dell'infanzia e dell'adolescenza, destinati a fare i conti con un mondo che non regala niente, anzi, toglie molto. Forti di fame. Forti di rabbia. Pronti a dare e ricevere baci che lasciano un sapore di sangue, perché "Se la strada del bene non c’ha portato niente, forse la strada del male porterà qualcosa."


BACIO FEROCE
di Roberto Saviano



Ed. Feltrinelli
387 pp
"I baci feroci non sono classificabili. Possono sigillare silenzio, proclamare promesse, impartire condanne o dichiarare assoluzioni. (...) i baci feroci occupano sempre tutto lo spazio possibile, usano la bocca come accesso. La bocca è solo la pozza in cui immergersi, per scovare se c'è anima, se c'è davvero altro a rivestire il corpo oppure no - il bacio feroce è lì a scandagliare quell'abisso insondabile o a incontrare un vuoto. Il vuoto sordo, buio, che nasconde. (...) Esistono i baci e poi i baci feroci. I primi si fermano entro il confine della carne; i secondi non conoscono limiti. Vogliono essere ciò che baciano. I baci feroci non vengono dal bene né dal male. Esistono, come le alleanze. E lasciano sempre un sapore di sangue".

Nicolas Fiorillo, detto O' Marajà, è a capo della sua paranzina - la Paranza dei Bambini - ed è riuscito, con una tenacia e una determinazione da adulto, a ottenere Forcella e a gestire lo spaccio nelle sue piazze.
Finalmente ora comanda e il suo obiettivo è far fuori chiunque gli si metta contro, a partire dai "vecchi" camorristi, che finora si sono serviti delle giovani leve per espandersi sempre più nei propri "commerci" ma non hanno tenuto conto della brama di potere dei "guaglioni", come Nicolas e compagnia.

Il ragazzo si sente ogni giorno più forte, più uomo, più leader, e sa che, se anche adesso a Napoli sembra regnare la pace, affinché la città sia tutta sua e dei suoi brò, bisogna arrivare ad una confederazione di tutte le paranze.
In pratica, questo vuol dire far scoppiare una nuova guerra.

Chi ha letto il precedente libro, sa che Nicolas ha dovuto subire un gravissimo lutto famigliare, il che ha fatto sorgere in lui una cieca voglia di vendetta nei confronti di chi gli ha rubato uno dei suoi affetti più cari.

Una delle scene iniziali di questo romanzo è feroce proprio perchè vediamo Nicolas sull'orlo di un baratro, indeciso se commettere un'azione atroce e crudele per appagare la propria sete di vendetta contro un ex-amico, uno che ha fatto parte della Paranza ma poi si è rivelato un infame traditore.
Eppure, insospettabilmente, anche un cuore indurito come quello di O' Marajà esita quando si tratta di far del male a un'anima innocente... (misericordia che in altre occasioni non avrà modo di essere praticata).

Non solo, ma il giovanotto ha imparato pure ad essere più diplomatico quando si tratta di non far arrabbiare il boss per il quale lavora, don Vittorio detto l'Arcangelo, anche se in cuor suo ritiene che il vecchio dovrebbe farsi da parte perchè ormai a Napoli c'è posto solo per i giovani.

Ma la paranza da sola non può comandare e per scalzare le vecchie famiglie della camorra e tenersi il centro storico, Nicolas O' Marajà capisce di dover fare alleanza con un'altra paranzina, quella dei Capelloni, capeggiata da ’o White.

Alleanze tutt'altro che scontate in quanto anzitutto i tradimenti sono sempre nascosti dietro l'angolo (non ci si può davvero fidare di nessuno) e poi i vecchi boss non sono affatto disposti a farsi da parte, infatti meditano piani per dimostrare a questi "muccusielli" che sono soltanto dei bambini sbruffoncelli e incapaci di portare avanti seriamente i loschi affari criminali.

Insomma, per evitare di farsi ammazzare, i "bambini" devono restare uniti, anche se non è facile perché ogni paranzino ha i suoi personali obiettivi: Nicolas, oltre a vendicarsi di chi ha fatto del male alla sua famiglia, vuole diventare il re della città; Drago’ porta un cognome potente, ed è combattuto tra la fedeltà ai suoi "fratelli" e l'opportunità che avrebbe se scegliesse di stare dalla parte della propria famiglia (di cui fa parte il boss il Micione); Dentino, ormai fuori dalla paranza, vuole eliminare ’o Maraja; Biscottino, il piccolo del gruppo (ha soltanto 11 anni), ha sua madre che gli sta col fiato sul collo per aver scoperto il segreto del figlio, che potrebbe costargli la vita se venisse fuori; Stavodicendo è "in esilio" a Milano e si convince di poter tornare nella sua Napoli (perché "da Napoli non si può andare via (...) quell'origine te la porti come un distintivo"), continuando a latitare, ma....; Drone, Pesce Moscio, Tucano, Briato’ e Lollipop sono fedeli a Nicolas, pur sognando una paranza tutta loro...

Ragazzi cresciuti in mezzo alla strada e troppo in fretta, privi di una vera infanzia, di punti di riferimento positivi; figli con madri preoccupate che i loro bambini muoiano con una pallottola in corpo; padri rassegnati davanti al cammino deviato e ormai segnato intrapreso da questi ragazzi affamati di soldi e potere; giovanotti che vogliono far colpo sulle ragazze e le fidanzate facendo loro regali costosi.

Nicolas e i suoi amici si considerano fratelli di sangue, si giurano lealtà assoluta ma la realtà è che devi sempre guardarti le spalle, anche da chi credevi fosse tuo alleato, perché in un mondo comandato dalla brama di comandare e far soldi su soldi, è facile restare sedotti da chi "ti offre la partita migliore".

E come i baci possono sancire silenzi, alleanze, perdonare o condannare, legare due persone in un unico destino (per cui se muoio io, muori pure tu; se vinco io, vinci pure tu), così essi possono anche rivelarsi baci di Giuda, traditori.

O' Marajà e la sua Paranza devono fare i conti con sfide quotidiane che pian piano mineranno la serenità e l'unità del gruppo: contrattazioni, delazioni, vendette e ritorsioni, appoggi da parte delle vecchie famiglie, che però a un certo punto potrebbero rivoltarsi contro e ostacolarli, seminando discordia direttamente in seno alle paranze.

È una realtà, questa descritta da Saviano, che trova il suo senso più immediato nell'aggettivo contenuto nel titolo: feroce.
Provoca tanta amarezza pensare come queste giovani vite si siano immolate a certi non-valori, a degli "ideali" assolutamente distorti, a un tipo di esistenza criminale che sembra portarli in alto e offrire denaro facile, nonché una sorta di rispetto da parte degli altri, per poi in realtà attaccare come una sanguisuga e succhiar loro tutto ciò che hanno e sono.

È un tipo di vita che ti chiede indietro più di quel che sacrifichi, e non c'è modo di sfuggire a un destino che, di giorno in giorno, si rivela un'enorme ragnatela pericolosa, in cui finisci per restare intrappolato, vulnerabile, sottoposto agli attacchi di chi non aspettava altro che vederti inerme per poterti dare il colpo mortale.

Non basta

"avere imparato che chi sa sparare sta sempre dalla parte giusta"

e che

"chi tiene paura di sparà, viene sparato".

E non basta neppure aver imparato qual è il tipo di bacio che devi pretendere:

"Non voglio il bacio sulla guancia che si prende l'affetto. Non voglio il bacio sulle labbra che si prende l'amore. Voglio il bacio feroce che si prende tutto".

Se non sei pronto, se non guardi dalla parte giusta, da fottitore passi velocemente ad essere fottuto.

Lo spaccato sociale narrato da Saviano inquieta il lettore, lo turba, non può lasciarlo indifferente perché comunque gli tira fuori emozioni, pensieri, considerazioni su ciò che sta leggendo, molto probabilmente gli fa scuotere il capo indignato; personalmente, trovo difficile (se non impossibile) non provare rabbia per questi ragazzi che hanno deciso di seguire una certa "strada" e che non hanno alcuna intenzione di ravvedersi, tutt'altro; provoca altresì angoscia e una punta di dolore constatare che non si tratta soltanto di giovani consapevoli ma pure di ragazzini, - anzi bambini, perché a 11 anni questo sei, un bambino - che si fanno trascinare dai più grandi, che per loro sono degli eroi da imitare, e che per questo maledetto spirito di emulazione si trovano impigliati in una rete terribile, mortale.

Fa paura la rassegnazione di alcune (la maggior parte?) famiglie di fronte alla bruttissima piega che ha preso l'esistenza dei propri figli.
Delude l'omertà di chi non riesce a denunciare per timore di ritorsioni, per non parlare di chi sta muto come un pesce fino a quando gli conviene, perché la verità è che "il silenzio che garantisce la protezione ha sempre la data di scadenza, e corrisponde al momento in cui rischi la vita in prima persona".

Saviano utilizza, ancora una volta, un linguaggio diretto, crudo, per renderci in modo più verace e realistica possibile una realtà che ha queste stesse caratteristiche di crudezza e ferocia, che è implacabile e inclemente verso i suoi "figli" più fragili, più piccoli, ancora in formazione, e che qui sono completamente in balìa di un contesto malavitoso senza scrupoli, privo di pietà, che non guarda in faccia a nessuno, che ti fa del male, sia tu maschio, femmina, adulto, vecchio o bambino.

Un romanzo che è sì finzione letteraria ma che al contempo trasuda fin troppo di elementi realistici, tristemente autentici, che purtroppo ci capita spessissimo di sentire nei telegiornali.
Il racconto delle imprese di Nicolas e compagni cattura sempre più l'attenzione andando avanti nella lettura, e in particolare si resta col fiato sospeso quando si sente odor di imbroglio, di tradimento, di morte, di gente che colpisce alle spalle.
L'uso del dialetto napoletano e di espressioni colorite contribuisce a rendere i dialoghi e la narrazione in generale molto genuini e aderenti alla realtà descritta; è una narrazione fluente, "cinematografica", che sta attenta ai particolari perché quelli contano più di tutto.
Finale tutt'altro che dolce e che lascia una sensazione di ineluttabile mestizia quasi soffocante.

Si tratta di quel genere di lettura che, se da una parte mi avvince e alla quale mi avvicino sempre con molta motivazione, dall'altra mi mette alla prova emotivamente, perché è una "porzione di mondo" sporca, angosciante, che fa paura (anche perché so che è terribilmente reale, soprattutto in certi contesti) e alla fine, quando arrivo all'ultima pagina, tiro un sospiro di sollievo e penso: "Ok..., sono fuori da Forcella".
Consigliato agli amanti del genere ^_-

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz