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mercoledì 15 luglio 2020

Recensione: GLI SCOMPARSI di Alessia Tripaldi


Un cadavere orribilmente mutilato, rinvenuto nel bosco; un ragazzo smarrito e magro, l'unico che potrebbe dare informazioni utili per l'inspiegabile omicidio; una giovane donna, commissario di polizia, alla ricerca di risposte racchiuse tra i fitti percorsi di boschi impenetrabili tanto quanto la mente del ragazzo; un giovane uomo appassionato di Criminologia con un cognome attorno al quale pesano pregiudizi e diffidenza.



GLI SCOMPARSI
di Alessia Tripaldi



Rizzoli Ed.
398 pp
19 euro
Luglio 2020
Lucia Pacinotti è un commissario di polizia che una mattina si trova davanti al cadavere di un uomo ucciso a coltellate, il cui volto è stato preso a sassate con foga e i cui occhi sono stati cancellati con due incisioni a forma di croce; quel corpo così malridotto è irriconoscibile, non ci sono documenti grazie ai quali risalire alla sua identità e l'unica persona che potrebbe fare chiarezza in questo senso pare non essere in grado di dare tutte le risposte.

Risposte che sono invece urgenti, per avere una prima pista dalla quale partire, per capire chi abbia ucciso con tale ferocia lo sconosciuto rinvenuto in un tumulo di sterpaglie.
Il giovanotto trovato nel bosco accanto al cadavere dichiara di chiamarsi Leone e di essere il figlio dell'uomo, di aver sempre vissuto nei boschi da solo con il padre e senza altre persone attorno.

E' evidente come si tratti di un ragazzo fragile, spaventato, e l'eccessiva magrezza, il mutismo nel quale si chiude dopo aver dato poche e vaghe risposte, lo sguardo inquieto e perplesso proprio di chi non capisce certe domande, fanno pensare che ci sia qualcosa di strano dietro i suoi brevissimi racconti.
Lucia non capisce se Leone sia un po' tardo o se sia stato il tipo di vita - dura, priva di agi, solitaria e selvaggia - a renderlo così, "sulle sue", chiuso, diffidente e con una luce ferina negli occhi, solitamente abbassati per non incrociare quelli altrui.

Chi è Leone? Si chiama davvero così e il morto è realmente il padre?
Quale segreto si nasconde tra le montagne impenetrabili del Centro Italia? 

Le domande cui il bel commissario deve tentare di dare risposta sono più d'una e lei e l'ispettore Fabrizio Mori non sanno da dove partire.
Ed è la consapevolezza del buio, in cui ha appena cominciato a brancolare, ad accendere una lampadina nella sua testa: e se provasse a chiamare il suo vecchio compagno di università, Marco Lombroso?

I due hanno frequentato insieme Criminologia (anche se Marco non ha mai completato gli studi), e durante gli anni universitari avevano stretto una bella ed intima amicizia, fatta di ore trascorse a parlare di delitti e crimini misteriosi e complessi, cercando di fare ipotesi per individuare moventi ed assassini.
Eppure qualcosa a un certo punto si era spezzato e, dopo un singolo attimo di intimità in cui i due ragazzi si erano lasciati andare alla passione, Marco è fuggito senza dare più segni di vita, e lasciando amareggiata e delusa la sua amica Lucia.

Marco, un vero e proprio orso solitario, taciturno, introverso, incapace di stabilire delle vere e ricche relazioni umane (pur essendo lui molto interessato all'essere umano, o meglio ai suoi processi mentali), negli anni passati si era completamente perso tra le foto di criminali e le annotazioni del suo trisavolo, il celebre e discusso Cesare Lombroso -, contenute in un baule tenuto intenzionalmente nascosto.
Marco aveva capito che - pur sbagliando nel credere che fosse possibile individuare un potenziale criminale sulla base di specifiche caratteristiche fisiche - il suo trisnonno aveva fatto qualcosa che prima di lui a nessuno era venuto in mente: ascoltare i criminali, entrare in empatia con loro, per penetrare nei meandri della loro mente.

Ed è quest'ultimo importante aspetto che rende Marco vicino a Cesare Lombroso: il desiderio (o l'ossessione?) di trovare la chiave d'accesso alle zone d'ombra della mente umana.

Quando Lucia lo chiama in causa perché l'aiuti a dipanare il mistero del “ragazzo dei boschi”, Marco è  costretto a riaprire il vecchio baule e, nei pattern che collegano i crimini più efferati della Storia, cercare di vedere la verità che spiega i come e i perché; ma per trovarla è necessario addentrarsi nei fitti boschi delle montagne e in quelli ancora più intricati dell’ossessione per il male.

Lucia e Marco cominciano a lavorare di nuovo fianco a fianco, come una squadra, e trovando l'affiatamento di un tempo; gli ostacoli non mancano sin da subito, eppure Marco riesce ad entrare in contatto con un soggetto complesso come Leone e a parlargli in modo da dissuaderlo a fornirgli informazioni utili.

Ciò che apprendono è una verità dolorosa, che li sgomenta e li getta in un profondo turbamento: Leone è stato un bambino che ha avuto la sfortuna di incontrare un "orco cattivo", un mostro che lo ha sottratto alla propria vita, alla propria famiglia, per portarlo con sè in una tana nascosta nei boschi di montagna, crescendolo con estrema durezza, secondo la propria visione della vita, del mondo, i propri "princìpi di fede", facendo di Leone un suo piccolo discepolo, completamente asservito a lui, manipolato, trattato come un animaletto selvatico da addestrare, da preservare - secondo la mente malata di questo rapitore - rispetto a un mondo che vive nel peccato.

Nel proseguire le ricerche, facendo domande alle persone del posto, ricostruendo il possibile profilo e dell'uomo ucciso e dello stesso Leone, grazie in particolare agli archetipi di Jung*, Marco e Lucia riescono ad ottenere risultati che via via rendono il quadro della situazione più nitido: scoprono l'identità del rapitore e tante informazioni che permettono loro di capire perchè e come abbia agito negli anni, e ad emergere chiaramente è che gli scomparsi per mano di questo invasato sono tanti...

Quanti bambini innocenti sono stati strappati ai loro cari, alla loro infanzia... per essere catapultati in un vero e proprio inferno, fatto di botte, fame, sete, abusi fisici ed emotivi, ore intere trascorse nel buio di una prigione  fredda e fetida?
E soprattutto, che ne è stato di queste creature? Sarà possibile ritrovarle vive e salvarle?

E' l'obiettivo più importante che si è prefissa Lucia: arrivare in tempo e salvare le vittime, e per far questo devono ricorrere a ciò che è disposto a raccontare e ricordare Leone, spinto dalle domande insistenti e pertinenti di un sempre più coinvolto Marco.

Marco Lombroso è un protagonista affascinante proprio perché, pur avendo tutte le carte in regola per essere un buon criminologo - di quelli bravi, che aiutano la polizia ad acciuffare un serial killer -, cova dentro di sè qualcosa di vagamente inquietante, di oscuro, di respingente, e la parentela con uno scienziato che ha fatto tanto parlare per le proprie idee e i propri studi su chi commette crimini, contribuisce a conferirgli questi tratti: nel suo approccio ai criminali, a guidarlo è unicamente la ricerca della verità e della giustizia, o c'è un interesse più morboso verso i meccanismi psicologici che stanno alla base di un comportamento delittuoso? 

"..mi porto dentro anche la sua malattia! (...) Sono ossessionato come lui dagli psicopatici, dai criminali, e sai perché? Perché siamo come loro, le nostre menti sono deviate come le loro! Vogliamo capirli, riusciamo a capirli, perché abbiamo lo stesso buco nero nel cervello!" 


Lavorare a questo caso fa venire a galla i lati più oscuri della sua mente e della sua anima, quelle zone buie che lui per primo vorrebbe non avere e non mostrare, cosciente di come esse lo gettino in uno stato ossessivo in cui si lascia completamente fagocitare dalla ricerca di connessioni e schemi utili a conoscere le personalità degli psicopatici, a comprenderne e prevederne azioni e comportamenti.


Al suo esordio, Alessia Tripaldi ha scritto un thriller davvero appassionante, creando alla perfezione un'atmosfera ricca di pathos, in un saliscendi di tensione narrativa che ti risucchia nel medesimo vortice dei protagonisti.

Di questo romanzo mi è piaciuto tutto: l'ambientazione del delitto e dei rapimenti (il bosco, un luogo difficile da penetrare, conoscere, e in cui smarrirsi è fin troppo facile, il che lo rende angosciante); i riferimenti a casi di minori scomparsi, reali e tristemente famosi; la centralità di Jung (e dei suoi archetipi), e del defunto Lombroso, la cui presenza aleggia in tutto il libro e influenza suo malgrado Marco, che da una parte vorrebbe potersi liberare del peso di questo cognome e da ciò che esso comporta, dall'altra ne è inevitabilmente soggiogato, e noi lettori lo siamo insieme a lui; tutta la parte (triste e dolorosa) relativa alle povere creature rapite e al loro rapitore; il lavoro investigativo condotto per scandagliare nelle vite delle persone coinvolte nel caso e per poter comporre un puzzle tutt'altro che semplice; il rapporto complicato tra Lucia e Marco, la cui comune passione per la criminologia è un aspetto che li accomuna e, al tempo stesso, potrebbe finire per dividerli. 
Mi ha rapita, in generale, la bravura dell'Autrice nel prendermi per mano e condurmi in un viaggio dove la ragione cede il posto alla pazzia, al fanatismo pericoloso, a vizi segreti e patologici; tra le maglie di un'ampia e intricata indagine su minori scomparsi/rapiti vengono fuori le ombre inquietanti che accompagnano ciascun uomo e, come non di rado accade, ad essere colpevole è colui che dall'esterno sembra essere una brava persona, magari anche molto religiosa e pia, e che invece nasconde dentro di sè un buco nero di follia, di sadismo, che le fa compiere cose orribili.

Non riesco a trovare nessuna pecca in questo libro, se non che a un certo punto è terminato, ahimé; è uno di quei libri che, quando inizi a leggerli, non accetti distrazioni e vorresti andar dritto come un treno fino all'ultima pagina per non perdere una virgola e risolvere ogni singolo nodo, rispondere a tutti i perché.

Ringrazio di cuore l'Ufficio Stampa della Rizzoli per la copia omaggio e non mi resta che consigliare caldamente questo romanzo, in special modo a quanti sono appassionati di questo genere. 



*un archetipo è una struttura, una configurazione della psiche, che può in modo del tutto autonomo e orientativo dare forma a contenuti del pensiero, emozioni e comportamenti finalizzati negli esseri umani (fonte).

2 commenti:

  1. Ciao Angela non conoscevo questo romanzo ma sembra davvero molto bello... adoro questo genere!

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz