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domenica 26 luglio 2020

Recensione: IL COLORE DEI FIORI D'ESTATE di Anna Jean Mayhew



Ci sono romanzi che - grazie ad una scrittura penetrante e potente, a una trama importante inserita in un contesto ben preciso e difficile, a personaggi intensi e realistici - riescono a coinvolgere il lettore e a smuovere in lui molte emozioni. "Il colore dei fiori d'estate" è uno di questi.



IL COLORE DEI FIORI D'ESTATE
di Anna Jean Mayhew



Ed. Newton Compton
352 pp
Nel 1954 Jubie Watts ha tredici anni e vive a Charlotte, nella Carolina del Nord; in una caldissima giornata di agosto si appresta a lasciare temporaneamente casa per partire per una vacanza in Florida (dallo zio Taylor, fratello della madre); in macchina ci sono sua madre Paula, le sorelle Stell e Puddin, il fratellino Davie e Mary Luther, la domestica. 
Mary è una donna di colore che vive con loro da tanti anni; quando è entrata a servizio presso la famiglia Watts, Jubie aveva solo cinque anni; è cresciuta sentendo la dolce e rassicurante presenza dl Mary e infatti le è affezionatissima.

Da quanto Jubie ne ha memoria, Mary è sempre stata lì, tra le mura di casa sua, a cucinare, a pulire, a offrire il proprio affetto, discreto ma tangibile, la propria serena e pacata devozione, e con tutta la pazienza che le appartiene, ha saputo amare Jubie incondizionatamente e così compensare tanto la rabbia e l'aggressività del capofamiglia, William, quanto le contraddizioni e la freddezza della signora Watts, Paula.

Che i suoi genitori non vadano più molto d'accordo negli ultimi tempi, è pacifico; la curiosa e attenta Jubie se n'è accorta e ne è spaventata, soprattutto perché i litigi tra marito e moglie influiscono sulla serenità famigliare: il padre - che caratterialmente è burbero, scostante, manesco, prepotente - ha preso ad alzare il gomito, cosa che lo rende ancora più propenso ad usare la cinghia e a frustare la povera Jubie con una rabbia e una cattiveria da mettere i brividi.
Jubie è la sola a prenderle, sotto gli occhi tranquilli della madre, che si limita a rimproverarla per aver disobbedito al padre - che quindi aveva le proprie ragioni per punirla - e dandole la crema da mettere sulle ferite; Puddin combina un sacco di marachelle ma è ancora troppo piccola per essere picchiata, mentre Stell è la cocca di papà e ultimamente sta vivendo un risveglio spirituale che la rende, agli occhi di tutti, buona e diligente - la figlia perfetta, in pratica.

La sola presenza rassicurante in casa, dunque, è costituita da Mary, che dai Watts è trattata piuttosto bene, fatta eccezione per qualche atteggiamento un po' altero e distaccato di Paula.
Mary è una brava donna, credente e lavoratrice, ma ha una colpa gravissima agli occhi di molti: è una donna di colore in una società razzista. 

Jubie in vacanza sarà costretta a fare i conti molto da vicino con la discriminazione razziale verso i neri, vedrà con i propri occhi le restrizioni cui sono sottoposti ingiustamente, le umiliazioni, le parole di scherno o di disprezzo ad essi rivolte.

Jubie non lo accetta, e dentro di sé freme, soffre e vorrebbe che la gente vedesse ciò che vede lei, quando guarda la sua Mary: una signora dolce, che per lei è un membro della famiglia e che meriterebbe rispetto.

La ragazzina si sente sola e spaesata nel constatare come a nessuno importi granché se Mary viene chiamata "muso nero" e se non le viene concesso di usare le spiagge o i bagni frequentati dai bianchi; per tutti è normale, va bene così ed anzi... in tanti guardano con molta disapprovazione a quei neri che pensano di poter cambiare lo status quo rivendicando diritti al pari dei bianchi e creando in questo modo un clima di tensione.

Jubie è attratta dalla comunità nera e, in compagnia della fervente e ispirata Stell, riesce a partecipare a dei raduni religiosi insieme a Mary.
Ed è proprio sulla strada del ritorno da uno di questi mega incontri che accade un evento tragico, che segnerà per sempre Jubie.

Sulla scia della terribile vicenda che vedrà protagonista proprio la cara Mary - vittima di un atto vergognoso, manifestazione di un profondo odio razziale, oltre che di una orrenda ignoranza -, Jubie sarà costretta a confrontarsi con problematiche proprie della vita adulta: non solo con quella più grande del razzismo e dell'importanza di opporsi alle ingiustizie, di  difendere i diritti civili della gente di colore, ma anche quelle più "private", relative alla propria famiglia.
Jubie osserva i suoi genitori, ne vede le debolezze, i fallimenti e i limiti; non può evitare comunque di amare quel padre incline alla violenza davanti al quale però si scioglie al solo sentirsi da lui chiamare "Coccinella"; non può non provare comprensione - e a volte pure compassione - per sua madre, una donna bella, che ama piacersi e piacere, con una personalità forte, sebbene offuscata dalla presenza ingombrante e cupa di un marito egoista, che diventa un bruto quando beve un bicchiere di troppo.

Col passare dei giorni e delle settimane, col finire della vacanza, Jubie comprende che è tempo di crescere; Puddin e Davie hanno bisogno di una madre attenta alle loro esigenze, ma Paula non è abituata a vedersela da sola con quattro figli e ha bisogno di aiuto per non crollare.
Le donne della famiglia Watts a un certo punto si troveranno a dover guardare in faccia la verità: la loro famiglia si sta disgregando, e privati della dolce serenità e delle cure amorevoli di Mary, non resta che voltare pagina e costruire il proprio futuro. 
Con nuove consapevolezze.

Tra le pagine di questo bel libro, Anna Jean Mayhew offre uno spaccato realistico e appassionante della vita nel sud degli Stati Uniti negli anni in cui la società americana era ancora attaccata al proprio suprematismo bianco, i neri erano soggetti a moltissime discriminazioni e i loro diritti erano quotidianamente calpestati in ogni ambito della vita civile.
Attraverso gli occhi innocenti e stupiti di una sensibile tredicenne, mi sono sentita spettatrice in prima linea di una serie di avvenimenti ingiusti che mi hanno suscitato molta rabbia; viene spontaneo empatizzare con Jubie quando trema all'idea di contrariare quel padre veloce con la cinghia, o quando soffre e piange perché una persona cui vuol bene viene maltrattata senza che ci si possa opporre e neppure darle un minimo di giustizia. Con la madre di Jubie ho avuto più difficoltà ad entrare in sintonia, in quanto è un personaggio molto scostante, che manifesta poco il suo amore verso le figlie, ma allo stesso tempo ho provato - proprio come la protagonista - tristezza e pietà per lei, che in fondo è una moglie infelice, scarsamente considerata e rispettata da un marito concentrato esclusivamente su se stesso.

Lo sfondo della segregazione razziale (e quindi il periodo storico) avvicina questo romanzo al più famoso The Help, per cui se vi è piaciuto quest'ultimo (personalmente ho visto il film ma non ho letto il libro), il romanzo della Mayhew vi piacerà, come è piaciuto a me.
La giovanissima protagonista fa simpatia perché è coraggiosa, prende decisioni sull'onda delle emozioni, e se ritiene di far la cosa giusta, non ha paura delle conseguenze; la piccola Jubie cresce molto nel corso di quella torrida estate del 1954, e il dolore e le brutte esperienze l'aiuteranno nel suo cammino verso l'età adulta, anche se non sarà un passaggio dolce.

Con una narrazione fluida e limpida, potente nei temi e delicata nello stile, "Il colore dei fiori d'estate" sa toccare il cuore del lettore, non lasciandolo nella tristezza, bensì infondendogli anche la speranza e la consapevolezza che di fronte alle storture del mondo ci si può ribellare e opporre, anche quando sembra di essere soli con le proprie convinzioni.

Nel parlarvi di questo libro avrei desiderato poter iniziare con un pensiero tipo questo: "C'è stato un tempo in cui le persone di colore venivano viste e trattate come esseri inferiori; anni in cui la parola negro veniva sputata con disprezzo dalla bocca dei bianchi, i quali - ritenendosi migliori e superiori - si sentivano liberi di trattare i neri con arroganza e crudeltà. Ma adesso non è più così. Bianchi e neri convivono insieme, pacificamente".
Avrei voluto scriverlo, ma ahimè non sarebbe stato vero.

Molto bello, comunque, e non posso che consigliarvelo; penso possa rientrare  nei romanzi di formazione, per cui credo vada bene per lettori molto giovani (dalla preadolescenza in su).


6 commenti:

  1. Ciao Angela, come sai ho letto questo libro moltissimi anni fa, e già allora mi aveva colpito per la sua storia e gli argomenti affrontati. Leggere la tua recensione me l'ha fatto ricordare e mi fa piacere che si parli di questa storia sui blog, perchè penso sia un'ottima lettura, anche se poco conosciuta! Buona domenica :-)

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    1. concordo, è poco conosciuto e invece meriterebbe più notorietà, anche tra lettori giovani, se consideriamo l'età della protagonista.

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  2. Ciao Angela, bellissima recensione per una storia intensa e toccante. Hai ragione sarebbe una lettura adatta ai giovanissimi, peccato che gli adolescenti siano refrattari alla lettura, e convincerli a leggere si rivela una vera impresa (parlo per esperienza). Buona domenica!

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    1. è vero, non è semplice coinvolgere le giovani generazioni alla lettura, però forse a volte ciò potrebbe dipendere dal fatto di andare poco incontro ai loro gusti ed esigenze e di "obbligarli" a leggere ciò che un adulto sceglie per loro e ai soli "fini scolastici"...

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  3. Un libro interessante e che sembra davvero meritare la lettura

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    1. io credo proprio di sì, è un tema che purtroppo è sempre attuale.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz