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domenica 29 novembre 2020

Giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese - scrittrici palestinesi


Il 29 novembre è la Giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese *; in questo post vorrei soffermarmi su alcune scrittrici palestinesi.


Susan Abulhawa, cittadina americana, è nata da una famiglia palestinese in fuga dopo la
Guerra dei Sei Giorni e ha vissuto i suoi primi anni in un orfanotrofio di Gerusalemme. In seguito ha abitato in diversi paesi, tra cui anche il Kuwait e la Giordania. Si laurea in scienze biomediche all'Università della South Carolina. Autrice di numerosi saggi, relatrice a diversi convegni e attivista in ambito umanitario, ha fondato l'associazione Playgrounds for Palestine, che si occupa soprattutto dei bambini dei Territori Occupati. Vive in Pennsylvania. I suoi articoli sulla situazione palestinese sono apparsi su numerose riviste (da IBS).


OGNI MATTINA A JENIN (IBS): racconta con sensibilità e pacatezza la storia di quattro generazioni di palestinesi costretti a lasciare la propria terra dopo la nascita dello stato di Israele e a vivere la triste condizione di "senza patria". In primo piano c'è la tragedia dell'esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, come rifugiati, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta. L'autrice non cerca i colpevoli tra gli israeliani, che anzi descrive con pietà, rispetto e consapevolezza, racconta invece la storia di tante vittime capaci di andare avanti solo grazie all'amore.

CONTRO UN MONDO SENZA AMORE (IBS): la storia di una donna rinchiusa nel Cubo, tre metri quadrati di cemento armato levigato, privata di tutto. Il mondo lì fuori chiama Nahr una terrorista e una puttana; altri una rivoluzionaria o un esempio. Ma la verità è che Narh è stata una ragazza che ha imparato, presto e dolorosamente, che quando sei un cittadino di seconda classe l'amore è un solo tipo di disperazione; ha imparato, sopra ogni cosa, a sopravvive.

NEL BLU TRA IL CIELO E IL MARE (IBS): la storia ha inizio a Beit Daras, sulla via che dalla Palestina conduce verso Il Cairo, dove vivono Umm Mamduh con le figlie Nazmiyeh e Mariam e il figlio Mamduh. Nel 1948, l'anno della Nakba, la famiglia è costretta dai bombardamenti israeliani a lasciare il paesino, e tra lutti e varie traversie. per i sopravvissuti comincia la dura vita da profughi...


SUAD AMIRY
: è una scrittrice e un architetto palestinese, fondatrice del Riwaq Centre for Architectural Conservation a Ramallah, dove risiede. Nata a Damasco, ha vissuto tra Amman, Damasco, Beirut e Il Cairo, ha studiato architettura all'American University di Beirut e all'University of Michigan, specializzandosi infine a Edimburgo. Attualmente si muove fra Ramallah, New York e l'Umbria. Suad Amiry ha scritto Sharon e mia suocera (2003), a cui hanno fatto seguito Se questa è vita (2005), Niente sesso in città (2007), Murad Murad (2009), Golda ha dormito qui (2013) e Damasco (2016), tutti pubblicati da Feltrinelli. Ha vinto il premio internazionale Viareggio Versilia nel 2004 e il premio Nonino Risit d'Aur nel 2014 
(da Mondadori).


STORIA DI UN ABITO INGLESE E DI UNA MUCCA EBREA (IBS): nel raccontare fatti realmente accaduti e di persone realmente esistite, Suad Amiry, con la grazia e l'ironia che le sono proprie, ci parla di amore, di dolore, di sopraffazioni, affidandosi alla forza dei ricordi di chi la Nakba (catastrofe) e la Shatat (diaspora) le ha vissute sulla propria pelle. (RECENSIONE).


SHARON E MIA SUOCERA (IBS): Una donna palestinese, colta, intelligente e spiritosa, tiene un "diario di guerra". Gli israeliani sparano ma, nella forzata reclusione fra le pareti domestiche, "spara" anche la madre del marito.

MURAD MURAD (IBS). Cambiare sesso. Suad Amiry sa benissimo che è questo l'unico modo per raccontare la paradossale condizione dei lavoratori palestinesi costretti a superare il confine con Israele per trovare lavoro. E così fa. Suad si traveste da uomo e raggiunge nottetempo un villaggio vicino a Ramallah da dove comincia il suo viaggio, lungo le strade costeggiate di olivi che conducono in Israele, insieme al fido Mohammad, a Murad e ai loro amici. Quando, dopo una marcia sulle colline e una serie di traversie, riescono infine a superare il muro e a mettere piede in Israele, è tardi: il lavoro non c'è più. Si confondono con i civili israeliani e salgono su un autobus per cominciare il viaggio di ritorno verso casa. Davanti a loro un paesaggio non ignoto ma visto forse per la prima volta con occhi diversi: tutto quello che era stato "palestinese" non c'è più, non c'è più memoria dell'architettura, delle coltivazioni, della vita quotidiana di un popolo che lì è vissuto per secoli.



OLIVIA ELIAS: originaria di Haifa, in seguito alla nascita dello Stato di Israele e alla Nakba, che
segnò la cacciata delle popolazioni non ebree che vivevano nelle aree israeliane nel 1948, fu costretta a seguire la famiglia in esilio in Libano; successivamente ha vissuto in Canada e infine a Parigi. Economista, poeta ed autrice di studi sulla colonizzazione della Palestina, sostiene i diritti del popolo palestinese attraverso il proprio blog e l’Association France Palestine Solidarité. Oltre ad occuparsi dell’aspetto economico dell’occupazione israeliana (Palestine occupée, la colonisation à marche forcée; Le dé-développement économique de la Palestine), ha pubblicato anche versi che testimoniano il legame più intimo che la unisce alla sua terra natìa (Je suis de cette bande de sable; L’espoir pour seule protection). << fonte 1 - fonte 2 >>



RULA JEBREAL: è nata ad Hajfa nel 1973. Palestinese con passaporto israeliano, in seguito
si è trasferita a Gerusalemme dove frequenta il corso di Laurea in Lingue straniere e Letteratura inglese. Nel 1993 si trasferisce in Italia, a Bologna, con una Borsa di Studio. Inizia a collaborare con «il Resto del Carlino» nel 1997, dove si occupa di cronaca cittadina e per lo stesso giornale, dal 1999, passa alla politica estera con una particolare attenzione alle questioni Medio Orientali. In quegli anni collabora anche con il quotidiano romano, «Il Messaggero», come analista dei conflitti tra il mondo arabo e l'Occidente. Nel 2002 arriva a LA7: prima come ospite di programmi di approfondimento e poi come giornalista per le rassegne stampa dei quotidiani e siti internet in lingua araba. Dal 2003 conduce l'edizione della notte del tg LA7 e in dicembre, il programma Altri Mondi. Frequentemente ospitata in tutte le trasmissioni di approfondimento politico, la Jebreal esordisce nell'editoria nel 2004 per la con Rizzoli con La strada dei fiori di Miral. Nel 2005 conduce su La7 Pianeta 7, il programma di approfondimento nato per raccontare quei paesi che stanno vivendo grandi cambiamenti e che sono protagonisti di una fase significativa della propria storia. Ha condotto nell'estate 2005 Omnibus estate e si è alternata ad Antonello Piroso nel dibattito sul Tema del giorno nella scorsa edizione di Omnibus.
(fonte: la7.it)


MIRAL (IBS): romanzo autobiografico nel quale la giornalista unisce tre generazioni di donne accomunate da un destino che è quello di un popolo e di un Paese. Il romanzo vero di una pluralità di vite, una scrittura capace di evocare un passato perduto e tutta la nostalgia per un futuro di pace che sembra destinato a non arrivare mai.


LA SPOSA DI ASSUAN (IBS): sullo sfondo di una regione del mondo dilaniata dai conflitti, la protagonista fa i conti con la disperazione di un popolo privato non solo della terra ma anche della sua identità. E, giorno dopo giorno, impara a resistere alla violenza costruendo intorno a sé una fitta rete di legami solidali.


(link)
SELMA DABBAGH
: scrittrice anglo-palestinese, avvocatessa, ha lavorato nell’ambito dei diritti umani e del diritto penale internazionale. Vive a Londra e il suo romanzo d'esordio ha vinto il Guardian Book of the Year nel 2011 e nel 2012
(fonte).

FUORI DA GAZA (IBS): ambientato tra Gaza, Londra e il Golfo, il libro ripercorre le recenti vicende del popolo palestinese attraverso le vite di Rashid e Iman nel loro tentativo di costruirsi un futuro nel bel mezzo dell'occupazione, il fondamentalismo religioso e le divisioni tra le varie fazioni palestinesi. 


 
SAHAR KHALIFA
: nata a Nablus, in Cisgiordania, nel 1941, scrive opere di impegno civile per la "causa palestinese" e di denuncia della condizione della donna nella società araba contemporanea
(fonte).

LA PORTA DELLA PIAZZA: Nello scenario dell’intifada palestinese, vicende umane e destini di donne s’intrecciano nella storia di un quartiere, simbolo di una terra occupata.

UNA PRIMAVERA DI FUOCO: nella primavera del 2002, al tempo della seconda Intifada, il libraio e giornalista Fadel al-Qassam vive con la famiglia nel campo profughi di Ein al-Murgian, vicino a Nablus. Devoto alla causa palestinese, l'uomo si scontra spesso con i due figli: il primogenito Magid che vive per la musica e sogna il successo all'estero, e Ahmad, un sensibile adolescente appassionato di pittura e fotografia. Una cotta per Mira, figlia di coloni in un insediamento israeliano, trascina Ahmad in una disavventura che lo porterà dapprima in carcere e poi su posizioni sempre più radicali, mentre Magid passa dapprima alla guerriglia e viene poi reclutato fra le guardie di Arafat. Culmine drammatico del romanzo è l'assedio alla Musqata'a, sede dell'Autorità palestinese a Ramallah, da parte dell'esercito israeliano, con la prigionia di Arafat e la costruzione del Muro fra territori palestinesi e colonie israeliane.



SALWA SALEM
: nata nel 1940 a Kafr Zibàd, un villaggio della Palestina a pochi chilometri da Yaffa, dove si trasferisce con la famiglia per qualche anno prima di dover abbandonare la propria casa a causa del conflitto arabo-israeliano del 1948 e doversi rifugiare nella città di Nablus in Cisgiordania. Qui trascorre parte della sua giovinezza, partecipando alle frequenti riunioni tenute dal fratello, arrestato più volte per il suo impegno politico in difesa dei diritti dei palestinesi. Nel 1970 si trasferisce in Italia; colpita da un cancro che la porta alla morte nel 1992, ha raccontato la propria  esperienza di palestinese esule in una lunga testimonianza, scritta in collaborazione con Laura Maritano, da cui è nato il libro "
CON IL VENTO NEI CAPELLI".

In esso Salwa Salem racconta la sua storia di palestinese nata in quella terra di aspri conflitti e costretta a un lungo esilio. Quando Salwa ha 8 anni la famiglia viene sradicata dalla sua terra in seguito all'esodo di massa di tre quarti della popolazione palestinese dovuto alla fondazione dello Stato di Israele, e si trasferisce a Nablus. A soli 15 anni Salwa entra nel partito Ba'ath, fa volantinaggio per la causa palestinese, discute con le compagne sui diritti delle donne. Negli anni successivi lotta per poter studiare, lavora come insegnante in Kuwait e riesce a iscriversi all'università di Damasco. Si sposa per amore, e col marito si trasferisce a Vienna e poi in Italia. In un intreccio di fattori storici ed economici, fedi politiche e religiose, scelte complesse fra emancipazione e tradizione, fra desiderio di pace e necessità di lotta, emerge l'originale personalità di una donna che ha voluto essere soprattutto se stessa (GIUNTI).





*  in questo giorno (dichiarato nel 1977 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite) si vuole ricordare che ad oggi "il conflitto" che si consuma in Palestina non solo non ha visto ancora una soluzione, ma al popolo palestinese vengono negati i diritti fondamentali ed inalienabili che appartengono a ogni persona e a ogni popolo, che sia il diritto all’autodeterminazione senza alcuna interferenza esterna, all’indipendenza e alla sovranità nazionale, e il diritto di fare ritorno alle proprie abitazioni che hanno dovuto abbandonare.

Perché proprio questo giorno? Perchè il 29 Novembre 1947  fu approvata dall'assemblea generale la risoluzione 181 che prevedeva il piano di partizione della Palestina elaborato dall'Onu e che definiva l'istituzione di uno stato ebraico e di uno arabo in Palestina, ma solo il primo è stato creato. 

2 commenti:

  1. Risposte
    1. Spero possa stimolare l interesse verso questo popolo e ciò che vive ogni giorno da decenni.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz