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mercoledì 10 marzo 2021

Recensione: EREDITÀ di Vigdis Hjorth


Un'eredità da spartire fra tre sorelle ed un fratello diventa l'occasione per lasciare emergere, con irruenza e con conseguenze irreversibili, un dramma famigliare dolorosissimo, su cui è regnato il silenzio per tanti, troppi anni, ma che adesso grida per essere riconosciuto e chiamato col suo nome.



EREDITÀ
di Vigdis Hjorth


Fazi Ed.
Trad. M. Podestà Heir
 374 pp
Non credo di sbagliare nel dire che in 4 famiglie su 5 può succedere che nascano litigi e problemi quando c'è da dividere l'eredità dei genitori tra i figli.
Anche la famiglia al centro di questo romanzo vive una situazione spiacevole, frutto di una decisione ingiusta presa dai genitori in merito ai beni da spartire tra i loro quattro figli.

La protagonista, nonché voce narrante, è Bergljot, cinquantreenne che lavora per una rivista di critica letteraria.
La donna non ha rapporti con la famiglia d'origine da ormai ventitrè anni, fatta eccezione per qualche sporadico contatto con una sorella, Astrid.

È costretta, però, a rivedere i famigliari quando gli anziani genitori fanno testamento: al momento di spartire l’eredità fra i quattro figli, essi decidono di lasciare le due case al mare alle due figlie minori (Astrid e Åsa), mentre Bård e Bergljot, il fratello e la sorella maggiori, vengono tagliati fuori. A loro verrà dato del denaro sulla base del valore degli immobili, che però inizialmente vengono quotati ad un prezzo ridicolo, cosa che fa arrabbiare Bård, che scatena un putiferio e minaccia di tagliare definitivamente i ponti con tutta la famiglia.
 
L'uomo, infatti, vive l'incomprensibile decisione dei genitori come un'iniquità, un’ingiustizia vera e propria, che si ripercuoterà anche sui figli: per quale ragioni le tradizionali case di famiglie non devono essere equamente divise tra i quattro eredi, così che un domani i nipoti possano goderne a loro volta senza alcun tipo di discriminazione?

Se Bård si fa il sangue amaro, Bergljot invece è indifferente a tutta la questione e, per quanto le riguarda, anzitutto non si aspettava nulla dai genitori e, in secondo luogo, mai si sarebbe sognata di pretendere le case al mare.
Come mai?
Questa sua indifferenza verso l'eredità ha a che fare con la decisione presa due decenni prima di troncare i rapporti con la famiglia?

Ovviamente sì..., e la ragione è da ricercare in qualcosa di estremamente doloroso per lei.

Non è un caso che proprio Bård e Bergljot siano stati esclusi dalla divisione delle case.
I due, infatti, non hanno avuto la stessa infanzia delle loro sorelle. 
Bård e Bergljot condividono il più terribile dei segreti.
Qualcosa che è accaduto quando ambedue erano piccoli e che ha stravolto i loro rapporti con i famigliari, in particolare con il padre e la madre.

È successo qualcosa tanti e tanti anni prima, quando Bergljot era solo una bambina; qualcosa di orribile, di indicibile: sono quei segreti sporchi e infamanti che si cerca di non far uscire dalle pareti di casa; pareti che, se potessero, parlerebbero e griderebbero quanto marcio ci può essere in una famiglia apparentemente normale di cui tutti hanno una buona considerazione.

Un marcio che per anni i membri della famiglia hanno rifiutato di sentire, o che hanno esplicitamente negato che sia mai avvenuto.

Immaginate quanto sia forte la sofferenza di una donna che ha fatto esperienza di come la famiglia non sia sempre e per tutti il posto più sicuro del mondo, un nido in cui sentirsi riparati dal male e circondati da amore, protezione, solidarietà..., e inoltre è costretta pure a scontrarsi con l'indifferenza di chi dovrebbe starle accanto, di chi avrebbe dovuto da sempre prendere le sue parti, difenderla, proteggerla, ma non l'ha fatto.

Bergljot non ha mai ricevuto solidarietà: l'indicibile che da bambina le è caduto addosso, condizionando ovviamente l'intera sua esistenza, rischia di essere relegato nel dimenticatoio ed etichettato come "menzogna".

Cosa importa a Bergljot dell'ingiustizia di non ricevere la casa al mare quando lei ne ha subita una ben più grave quando era una creatura indifesa, incapace di reagire in modo opportuno davanti a colui che, invece di cullarla, abbracciarla, amarla, è stato per lei l'orco, il suo peggior incubo?

Se solo le sorelle e la madre dicessero finalmente: "Ti crediamo, Bergljot: ciò che hai vissuto e subito tra le mura della nostra casa è qualcosa di atroce, di agghiacciante, la peggiore delle violenze... Perdonaci, perchè per tutti questi anni abbiamo fatto finta di niente, chiudendo le orecchie e il cuore, non ti abbiamo sostenuta nè abbracciata, non abbiamo asciugato le tue lacrime. Tu ti sei allontanata da noi perchè il solo vederci ti faceva star male, e noi ti abbiamo lasciata andare via, con crudele indifferenza. Perdonaci.".

Se solo loro avessero il coraggio di pronunciare parole come queste..., forse il cuore di Bergljot riceverebbe, seppur tardivamente, quel balsamo di amore e comprensione di cui negli anni avrebbe avuto bisogno per sentirsi meno sola a combattere contro i propri demoni, la propria infelicità. Contro quel trauma infantile che è stato relegato nell'inconscio per anni per poi uscir fuori nel corso di fondamentali sedute di psicoanalisi.

Il passato non può essere modificato, e così pure la sofferenza generata dall'abuso e dall'ossessivo ricordo dello stesso; ma il dolore non può che aumentare davanti alla consapevolezza che chi dovrebbe amarti ed essere dalla tua parte, non ti crede e ti dà della pazza per esserti inventata una brutta storia che, quasi sicuramente, è avvenuta nella tua testa e non nella realtà.

Ci sono libri difficili da mandare giù ed Eredità è uno di questi, ma non fraintendetemi: lo è  perché intriso di immensa sofferenza, di un dolore soffocato che pretende di essere urlato, di un'infelicità che non ha mai abbandonato la protagonista, anzi, come un serpente velenoso ha strisciato dentro di lei, lasciando una scia di ricordi orribili.

Questo è un libro sui traumi e sulla memoria; è un libro che mostra, con realismo, ferocia e in termini emotivamente forti, il senso di disperazione ed esasperazione, la rabbia profonda e impotente di chi si vede prevaricato e calpestato due volte: da colui che ha commesso l'indicibile (e verso cui inevitabilmente si provano sentimenti contrastanti: amore e odio, rivalsa e perdono, insensibilità e pietà) e dai famigliari increduli, che a loro volta si dividono in chi nega a gran voce e in chi "semplicemente" non sa e non se la sente di giudicare (!!).

È un libro che ci pone davanti alla sofferta solitudine di chi non ha mai avuto nessuno a difenderlo e che ha dovuto affrontare i propri mostri con le poche forze che aveva, anche se poi in realtà Bergljot s'è rivelata una donna resiliente e resistente (il che non toglie che il trauma vissuto abbia generato in lei determinati atteggiamenti e pensieri negativi e distruttivi).

L'Autrice ha scritto (pare ci siano elementi autobiografici) una storia ad alto impatto emotivo, che travolge letteralmente il lettore perché è come un grande sfogo che la narratrice si concede, riempiendolo di mille dubbi, interrogativi, sensi di colpa, sentimenti contraddittori, voglia di urlare, pianti, desidero di ricevere almeno delle scuse...
Arriveranno mai?

Vi lascio dicendovi che è un romanzo che lascia addosso dolore, rabbia, si empatizza con la protagonista e con la sua sofferenza, si provano tanti sentimenti non proprio nobili verso i famigliari e ci si sente imbrigliati dal suo fiume di parole ed emozioni, che non lasciano scampo.
Assolutamente consigliato, e aggiungo che probabilmente bisogna essere anche nelle condizioni emotive giuste per leggerlo.


ALCUNE CITAZIONI.


"È la strada dell’infanzia, ('..) a costituire la radice del mio essere . Mi ha infuso una serietà tanto profonda un giorno in cui mi sentivo profondamente abbandonata. Ha cosparso la mia anima di malinconia in una notte intrisa di pioggia. Mi ha scagliato una volta a terra per indurire il mio cuore, poi mi ha risollevato delicatamente asciugandomi le lacrime."


"È la strada dell’infanzia (...) quella che ti ha insegnato a odiare, che ti ha insegnato la durezza e la derisione, che ti ha fornito le armi più potenti. Devi saperle usare con dovizia."


"Non accarezzarsi la propria cicatrice, mettersi tutto alle spalle, uscire da quello stupido ruolo di vittima, non sarebbe stata una vera liberazione?"


"Mio padre era colpevole della mia infelicità, ma l’infelicità era diventata comune a tutti, e non era in mio potere cancellarla."

"È questa la vera, grande tragedia (...), perché quando non puoi dare un taglio netto, non puoi uscirne, non puoi scappare, sei condannato a rimanere e a essere fagocitato."

4 commenti:

  1. È intuibile immaginare di che cosa si tratti ed è un libro coraggioso perchè trattare di certi temi è difficile soprattutto senza cadere nel morboso ma a quanto pare Vigdis Hjorth sembra riuscirci pienamente non edulcorando la drammaticità e l'orrore di certi eventi e mettendo in luce l'evidente spaccatura di una famiglia che probabilmente i passato ha solo finto, simulato la felicità. Vero, da leggere ma avendo lo stato d'animo giusto, ma da leggere.

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    1. Hai colto in pieno tema e tenore del libro 😉👍

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  2. Mi ispira tantissimo, poi amo i romanzi familiari e le ambientazioni geograficamente insolite. :)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz