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domenica 2 maggio 2021

Recensione: SHARON E MIA SUOCERA di Suad Amiry

 

Con l'ironia e l'intelligenza che la contraddistinguono, l'architetto palestinese Suad Amiry racconta, sotto forma di diario, i grossi disagi vissuti durante i quarantré giorni di coprifuoco imposti dai militari israeliani ai residenti di Ramallah nel marzo 2002.



SHARON E MIA SUOCERA.
Diario di guerra da Ramallah, Palestina
di Suad Amiry


Ed. Feltrinelli
trad. M. Nadotti
135 pp
Come si vive in una città in cui la presenza dell'esercito è costantemente "a portata di mano"?
Com'è la quotidianità di chi ha difficoltà a spostarsi, per qualsivoglia motivo, da una città all'altra nei territori occupati, perché deve sottoporsi a continui controlli per "motivi di sicurezza"? Di chi non ha il permesso neppure di andare a prelevare un parente all'aeroporto?

Partendo dai contenuti di corrispondenze via mail tenute in un arco di tempo di più di vent'anni, l'Autrice rievoca la vita quotidiana nella città di Ramallah in Cisgiordania, andando indietro con la memoria ad episodi del passato, tra cui quello doloroso di cercare di tornare nella casa paterna a Jaffa, qualche anno dopo la morte di suo padre (costretto a lasciarla nel maggio 1948). 

La narrazione, procedendo tra presente e passato, esprime tutta la frustrazione per la situazione vissuta, la rabbia impotente nel vedere gli edifici storici buttati giù, lo sconforto per le brutte notizie, il pericolo di trovarsi sotto tiro da parte di soldati israeliani, l'assurdità del suo cane che riceve una carta d'identità di Gerusalemme quando migliaia di palestinesi non potevano averla, la rinuncia ad una cosa semplice come far sistemare la porta della casa della suocera, perché i soldati potrebbero insospettirsi nel vedere gli attrezzi da lavoro del fabbro, e soprattutto le difficoltà derivanti dal prelevare la povera suocera ultranovantenne da casa sua per portarla al sicuro nella propria, durante il coprifuoco, e la successiva convivenza con quest'anziana donna chiacchierona e un tantino petulante.

Tenere un diario "di guerra" diventa un modo, tutto personale, per metabolizzare la realtà e meglio sopportare questa forzata reclusione fra le pareti domestiche: una sorta di terapia per cercare di restare lucida durante quel brutto periodo tra il novembre 2001 e il settembre 2002 (giorno in cui gli israeliani si sono definitivamente ritirati dalla Muqataa, il quartier generale di Arafat).


"Non credo di aver mai capito o perdonato i miei genitori, né le centinaia di migliaia di palestinesi fuggiti dalle loro case nel 1948, finché mio marito e io non siamo stati costretti ad abbandonare la nostra casa di Ramallah, il 18 novembre 2001, a seguito dell'occupazione del nostro quartiere, alIrsal, da parte dell'esercito israeliano. Data l'intensità delle sparatorie e dei bombardamenti, l'evacuazione è stata inevitabile e così ci siamo trasferiti ad alBireh, a casa dei nostri amici Islah e Saleh. Mia suocera, che nel 1948 è fuggita a sua volta da Jaffa, mi dice: «Ciò che ho sperimentato qui, vicino alla Muqataa, nel settembre 2002, non è stato meno terribile di quanto ho vissuto a Jaffa nel 1948. Da quando sono arrivati è stato uno "shawasher" continuo, un disordine senza fine»."

 
Nel libro emergono gli ostacoli quotidiani, le umiliazioni, l'assurdità - e l'agonia - della vita sotto un'occupazione militare, condizione che inevitabilmente ha portato dal primo momento un disordine continuo, che ha reso di fatto la vita dei palestinesi difficile.

Leggiamo questo breve libro prendendo in prestito gli occhi di Suad, la sua attenzione per i dettagli, il suo riportare con vivacità e dovizia i dialoghi, il suo sguardo acuto e la sua penna ironica e schietta; nel leggere come la donna sia stata "costretta" dal primo ministro israeliano Ariel Sharon a mettere in salvo la suocera (il cui appartamento si trovava vicino al complesso di Ramallah di Yasser Arafat) ci viene da sorridere, perché volutamente l'Autrice racconta fatti, che di per sé non sono affatto divertenti, con un tono leggero, spiritoso, evitando vittimismi e melodrammi (il che non significa che a volte lo stress, la paura, le preoccupazioni ecc... non le provochino crisi di pianto).

Nel trascrivere il presente, il passato si affaccia alla mente e Suad Amiry lo lascia entrare, narrandoci di quando negli anni '80 decise per la prima volta di tornare in Palestina per insegnare architettura alla Birzeit University in Cisgiordania e dei sentimenti che hanno accompagnato questa decisione:


"Ce la stavo mettendo tutta a familiarizzare con l'ignoto. L'inquietudine e l'ansia di andare verso un ignoto che mi era familiare erano troppo forti. Mi era difficile ammettere che della Palestina sapevo ben poco.(...) Io ero nata a Damasco, ero cresciuta ad Amman e avevo studiato a Beirut. D'un tratto mi sono ritrovata a pensare che la mia dimestichezza con la Palestina nasceva dai ricordi dei miei genitori e da qualche sporadica memoria d'infanzia."


Un memoriale breve, scorrevolissimo, dallo stile molto piacevole, che mette a fuoco la complessa situazione vissuta in Palestina attraverso un punto di vista personale (intimo, se consideriamo che il diario non fu scritto per essere pubblicato), raccontando la vita nel proprio quartiere, la commovente storia della propria famiglia e la lotta per vivere una vita normale in un contesto che di normale ha ben poco.
Consigliato!

6 commenti:

  1. Molto interessante, ma io ho un problema: non riesco a leggere tutti i libri che vorrei. Continuo a leggere recensioni su blog e siti pur sapendo che non riuscirò a leggere tutto. È come una maledizione. :-(

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    1. Non ne parliamo! i libri che desideriamo leggere saranno sempre troppi rispetto ai giorni che ci è concesso vivere su questa terra :-D

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  2. Concordo con Andrea un libro interessante soprattutto per l'ironia che l'autrice non disdegna di inserire nel suo libro nonché da quel poco che ho letto qui, uno stile piacevole, scorrevole ma non per questo sagace, un modo di scrivere che non ti scivola addosso solo perchè è lineare, ma ti avvolge lentamente da quanto ho potuto avvertire leggendo qui i due stralci che hai postato. Libro da tenere a mente per un acquisto.

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    1. Hai centrato perfettamente le peculiarità di questo libro :)

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  3. E anche questo libro mi piacerebbe leggerlo. Ma quando, quando?

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz