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mercoledì 8 settembre 2021

Recensione: IO SONO GORDON BLOOM di Francesco Cariti


Ha quarantacinque anni, Gordon Bloom, da dieci è tra le sbarre di una prigione nel Massachussets e sa che non ne uscirà: su di lui pesa una condanna di ben tre ergastoli e tra queste pagine, che - ci tiene a precisare il narratore - non costituiscono un testamento morale bensì il desiderio di raccontare la propria incredibile storia a un pubblico immaginario, apprendiamo chi egli sia e quali azioni ed avvenimenti abbiano fatto di lui un criminale detenuto in un carcere di massima sicurezza.



IO SONO GORDON BLOOM
di Francesco Cariti

322 pp
14.90 euro
Maggio 2021
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"La mia penna (...) vi racconterà di un uomo che ha messo le proprie aspirazioni davanti a ogni altra cosa, infrangendo il muro della legge e distruggendo molte vite, incurante dei princìpi morali che regolano la razza umana. Vi racconterà di come quest’uomo pensasse di controllare gli eventi, e di come questi eventi si siano fatti più grandi di lui e abbiano finito per travolgerlo. Allora, siete pronti? Andiamo."

Se è vero che l’ambiente familiare è il primo (e principale) luogo in cui si sviluppano le fondamenta di una persona - la sua personalità, il carattere, le capacità, le attitudini e i valori -, allora un individuo che nasce in una "buona famiglia", amorevole e dai sani principi, dovrebbe (potenzialmente) crescere in maniera altrettanto sana ed equilibrata.

Beh, non è il caso di Gordon Bloom.
Figlio di due genitori modello, lavoratori, umili, che hanno sempre guadagnato ogni centesimo onestamente, Gordon è cresciuto in una famiglia normale, come tante, diventando però... un pericolosissimo criminale.

Com'è potuta accadere una tale deviazione? Cosa ha portato un ragazzo, nato e cresciuto in una famiglia americana sana, a diventare un pluriomicida?

Gordon ce lo racconta con sfrontatezza, lucidità e un pizzico di ironia, chiarendo come non solo egli non sia affatto pentito di tutte le scelleratezze commesse, ma come sia stato, in un certo senso, costretto a commetterle per cercare di farla franca.

"Non ho fatto il male perché mi piaceva, ma perché mi serviva. Non sono un immorale, sono un amorale".

Gordon sviluppa sin da giovane atteggiamenti egoistici, indifferenti e privi di affetto; sembra non aver bisogno di dare e ricevere amore, tratta tutti con distacco e sufficienza; non ha una grande stima dei suoi genitori e la sorella gli è praticamente indifferente.
Anche quando accetta di compiere un gesto altruistico verso quest'ultima, non lo fa per amore, bensì per opportunismo, per poter ottenere ciò che vuole.

E ciò che vuole è lasciare la famiglia e andare a Boston, a divertirsi, conducendo una vita fatta di agi, comodità, donne... e soprattutto soldi: "quello che mi interessavano erano i soldi, non le persone".

Gordon ha le idee chiarissime: vuole essere ricco, potersela godere come, dove, quando e quanto vuole, senza dover rendere conto a nessuno, senza avere legami personali intimi di alcun genere; per lui le persone acquisiscono interesse e valore in base al denaro e alla possibilità che, tramite esse, egli stesso possa averne sempre più.

A Boston, lasciata l'università (che, a dire il vero, non ha mai frequentato, in quanto vi era iscritto solo per spillare soldi all'ignaro padre), comincia a cercare di guadagnarsi di che vivere facendo il mercante d'arte, vale a dire l'agente artistico di pittori emergenti, alcuni più promettenti di altri.

La sua vita procede allegra e abbastanza soddisfacente, fino al fatidico giorno in cui un cliente  importante, Philippe Rogg (imprenditore immobiliare impegnato in grossi affari poco puliti), gli ordina di fargli avere cinque dipinti di un pittore messicano (anch'egli cliente di Gordon), Gondalòn, che ha mostrato di possedere delle ottime qualità artistiche ed è più che pronto per fare carriera.

Il compenso per Gordon è molto alto e lui non vede l'ora di dire a Gondalòn di questo meraviglioso affare; peccato che, per ragioni personali, il pittore non abbia alcuna intenzione di venire in affari con quel delinquente di Rogg, che in passato gli ha rovinato la vita. Di vendergli i propri quadri - che sia uno soltanto o addirittura cinque! - non se ne parla proprio!

Bloom non crede alle proprie orecchie: convinto che non ci sarebbero stati ostacoli di alcun genere, egli ha promesso a Rogg, con la sicumera che gli è propria, di fargli avere quei dipinti... e così dev'essere.
Chi glielo dice a Phil che la promessa di Gordon era campata in aria e non si realizzerà mai perché il pittore lo ritiene un delinquente?

Rogg non è un uomo comprensivo, con cui si può trattare e sperare di ricevere accondiscendenza e simpatia: è ricco sfondato, è potente, temuto, ha al seguito scagnozzi rozzi e animaleschi che non aspettano altro che un suo ordine per riempire di botte o far fuori, se è il caso, il primo che si azzarda a fare arrabbiare il loro padrone.

Gordon va un po' nel panico: proprio ora che la fortuna sembrava sorridergli con un affare allettante, il suo artista di punta che fa? Lo vuole abbandonare e metterlo nei guai!

Il giovane non ci sta: nessuno può mettere i piedi in testa a Gordon Bloom né tantomeno creargli problemi: Carlos Gondalòn ne farà le spese, ma prima il nostro mercante cercherà di risolvere il guaio in cui si è cacciato con una bugia. Una vera e propria truffa..., con la speranza che Rogg non lo scopra mai, altrimenti per Bloom si metterebbe molto male.
Quando il pittore scopre di essere stato preso in giro, va su tutte le furie ma Bloom lo mette a tacere. Per sempre.

A partire da questo omicidio, commesso per non essere lui vittima dell'ira di Phil, Gordon si infila in un meccanismo perverso in cui il male, inevitabilmente, attirerà altro male.
Bloom è un tipo che cerca di cadere sempre in piedi; il suo obiettivo è uscire sempre vincitore da qualsiasi difficoltà e conflitto, ed è disposto a passare sopra il corpo di chiunque pur di riuscire a svignarsela e a sfuggire alle mani di chi lo cerca, polizia in primis.

Eh già, perchè ovviamente i crimini non si fermano, in quanto per coprire un misfatto si renderà necessario compierne un altro e poi un altro ancora.

Insomma, Gordon si dà alla macchia come i briganti di un tempo, e sul suo cammino incontra diversi poveri disgraziati che verranno sacrificati sull'altare della spregiudicatezza di un uomo che pensa solo a salvare la propria pellaccia, e se per raggiungere questo scopo devono andarci di mezzo degli innocenti... beh pazienza, così è la vita: premia i più scaltri, quelli che sanno cavarsi dai guai grazie alla propria intelligenza e determinazione, senza farsi impietosire, senza lasciarsi prendere in trappola da sciocchi sentimentalismi.

Quando Gordon capisce di avere alle calcagna troppa gente - FBI, criminalità organizzata, cacciatori di taglie, giornalisti televisivi... - e, più di tutti, il perspicace detective Primey (polizia di Boston), dalle raffinate capacità investigative, inscena una fuga rocambolesca per tutti gli Stati Uniti.

Pur di non farsi acciuffare, accetta di passare per un fanatico suprematista bianco (una sorta di degenerazione del Ku Klux Klan) e di soggiornare per un po' in un campo di addestramento popolato da militari e civili folli, convinti della superiorità della "razza ariana" e intenzionati a far fuori chiunque sia ritenuto "diverso" e inferiore.

Che Gordon Bloom non riesca a sfuggire alla giustizia non è ovviamente uno spoiler, visto che il racconto della propria vita avventurosa parte proprio dalla consapevolezza che per lui non c'è speranza di libertà; ma la domanda che il lettore si pone, andando verso l'epilogo, è: si pentirà mai del male fatto? Avrà mai un sentimento, anche minimo, di pietà e rimorso per le vite da lui spezzate?

L'interrogativo è lecito, eppure il lettore comprende da subito che Gordon Bloom è fiero di essere quello che è, non è soggetto ad alcuna morale e non ha altri padroni che se stesso.

Nel corso del racconto, il narratore palesa ai suoi immaginari lettori le proprie idee su tante tematiche sempre vive ed attuali: il concetto di dio, l'inutilità di chi dice di credere in lui (se si accetta il presupposto che non esista una divinità al di sopra dell'uomo), le contraddizioni presenti nell'ipotetico rapporto dio-creatura, l'ipocrisia di chi crede di poter giudicare le azioni altrui prendendo a prestito i propri limitati parametri etici e morali, quando poi, se uno fosse tanto onesto da liberarsi da preconcetti e presunzioni, si renderebbe conto che il concetto stesso di giustizia è relativo, e che non ce n'è un solo tipo ma che esso dipende da contesti, ideologie, credenze e costumi propri di un gruppo di persone e in un dato momento storico.

"Io sono Gordon Bloom" è un romanzo ricco di situazioni drammatiche che però vengono raccontate con toni leggeri, essendo il protagonista (e voce narrante) dotato di un grande acume, di una invidiabile scaltrezza, di un umorismo cinico e di una tale sicurezza di sé che sono i suoi punti di forza, ci impediscono di considerarlo un essere spregevole e rendono perfino attraenti le tante peripezie cui va incontro.

È stata una lettura particolare, dal ritmo molto fluido e vivace e in grado di catturare la mia attenzione, proprio grazie a questa narrazione in prima persona coinvolgente, che sa come "pretendere" l'attenzione del lettore perché è a lui che si rivolge in modo diretto, confidenziale, con un tono provocatorio, facendogli domande e quasi sfidandolo a giudicarlo e condannarlo. 

Consigliato!!

2 commenti:

  1. Mi piacciono i romanzi che danno al lettore la possibilità di entrare nella mente di un serial killer. La tua intrigante recensione è un valore aggiunto a questo libro che ci porta nel lato oscuro della psiche umana :)

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    1. Oh sì, il protagonista si apre completamente ai suoi lettori 😉

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz