DONNAFUGATA di Costanza DiQuattro
Ed. Baldini Castoldi 206 pp |
"In settant’anni ho visto tramontare epoche e sorgere speranze. Mi sono illuso e sono rimasto deluso. Ho sperato nelle stelle, ho dato credito ai numeri, mi sono affidato a Dio. Ho vissuto, ho gioito, ho pianto, ho ingoiato lacrime e rassegnazione."
Corrado Arezzo De Spucches vive - ha sempre vissuto - a Donnafugata, nel castello di famiglia a due passi da Ragusa, tra carrubi secolari, muri a secco e campagna scoscesa.
Nel 1895 ha da poco superato i settant'anni... e il suo cuore è stanco.
Pur mantenendo quella tempra e quella dignità che l'hanno sempre contraddistinto, l'uomo sente che i fardelli che la vita ha lasciato sulle sue spalle sono tanti e il loro peso si fa sentire ogni giorno di più.
Accanto a lui ci sono la nipote Maria, il fidatissimo "servo" tuttofare Micheluzzo, e tutti gli altri che lavorano per lui: lo amano, lo rispettano, e non potrebbe essere diversamente perché il barone è sempre stato un padrone comprensivo e paziente, un marito devoto, un padre amorevole e un nonno tenero.
L'autrice narra la vita di quest'uomo attraverso continui flashback che ci riportano a specifici anni della sua esistenza (in cui sono accaduti fatti rilevanti per comprendere chi sia Corrado), a partire dal 1833, quand'era un ragazzetto cresciuto dalla cara e amata balia Annetta e che sbuffava all'idea di sentire il rosario di don Gaudenzio.
Lo vediamo poco più che ventenne, quando il fuoco della rivoluzione (siamo nel 1848) infiamma il suo spirito giovane e forte, desideroso di spezzare il giogo dei Borboni che nulla di buono porta alla gente del Sud, a questa amata terra di Sicilia che soffriva da anni "il sopruso e la reprimenda" del sistema borbonico che ne aveva frenato ogni sviluppo e crescita.
"...la violenza dei Borboni ha superato il limite della sopportazione e della decenza. Siamo e dobbiamo essere un popolo libero e indipendente. Io credo che il tempo di insorgere sia giunto. (...) Riprendiamoci la nostra terra. Riprendiamoci la Sicilia. Nel nome santo dell’Italia insorgiamo, combattiamo e vinceremo!".
Lo vediamo crescere e maturare negli anni; seguiamo le sue brillanti ed ironiche conversazioni con gli amici di sempre, ci intenerisce e ci fa sorridere il suo amichevole ed affettuoso rapporto con il tuttofare di Donnafugata, Micheluzzo, che lui conosce da bambino e che ha esortato ad imparare a leggere, a migliorare, trattandolo sempre con molto rispetto, pur avendo i due ruoli diversi, in virtù del differente ceto sociale.
Lo vediamo marito di Concetta, una donna delicata, sensibile, una moglie pia e ubbidiente, che tante lacrime ha versato per Vincenzina, quella figlia amatissima ma un po' volubile e che ha fatto non poche scelte sbagliate nella propria vita.
Corrado ama le sue "donne" ma il suo affetto non lo conduce ad essere condiscendente e privo di vigore e rigore, tutt'altro: quando deve richiamare all'uso della ragione, alla necessità di comportamenti saggi e scelte oculate, lo fa con convinzione e sempre con lo scopo di vedere le proprie care felici e serene.
È sempre stato un uomo sensibile, Corrado, e ha avuto due genitori che gli hanno trasmetto valori fondamentali, primo fra tutti il rispetto per gli altri e il saper impiegare le proprie ricchezze materiali anche per recare del bene a chi è meno fortunato; belle le parole che gli rivolse suo padre quand'egli era poco più che un ragazzo:
«Vedi Corrado, vivere i privilegi della nostra condizione non vuol dire limitarsi a godere dei soli agi. Noi siamo chiamati a diventare un mezzo. Attraverso le nostre possibilità offriremo possibilità a chi non può averne. (...) «Non voglio comprarmi il consenso della gente, credo di aver fatto abbastanza nella mia vita per farmi odiare da chi vorrà odiarmi, e per farmi amare da chi vorrà amarmi. Cerco il consenso del tempo, un segno su questa terra che abbia il mio nome, il ricordo di me. Custodisci tutti i templi che ti lascio. Ti diranno che sono polvere ma tu non crederci. Sono l’involucro della nostra anima.»
Forse non si può definire una persona romantica in senso stretto ma di certo ha saputo, quand'era il momento, fare spazio alla tenerezza, ad esempio quando ha aperto gli occhi sulla delicata sensibilità che ha guidato la passione della moglie per le rose, metafora della vita umana:
"Avevi ragione tu. Non siamo altro che rose. Duriamo il tempo di un sorriso, di un ricordo da custodire, di una notte da ricordare. E quando ci voltiamo indietro di noi resta solo la scia debole di un profumo che è stato intenso."
Questo breve romanzo storico si concentra su un uomo, appartenente ad un nobile casato, sul modo di rapportarsi con chi lo circonda, sui principi e valori che hanno guidato la sua esistenza; l'Autrice ci presenta un mondo e un modo di vivere dei tempi passati, ce ne descrive le processioni, le case, i pranzi, le chiacchiere, la bellezza austera di questo castello con il suo bellissimo roseto; la narrazione è percorsa da vibrazioni nostalgiche, decadenti, ma non c'è, a mio avviso, un senso di negatività né nulla di opprimente, quanto piuttosto un vago e diffuso senso di malinconica dolcezza che, lungi dall'essere tristi, danno intensità alla storia narrata.
Le sensazioni che ho ricevuto nell'ascoltare questo libro (la lettura che ne dà Anita Zagaria è piacevolissima, limpida e adeguata al contenuto e ai toni del romanzo) sono state positive: delicatezza e semplicità contraddistinguono lo stile della scrittrice, tanto nelle descrizioni del contesto e dell'ambiente, quanto nella caratterizzazione dei personaggi, e non vi nascondo che le ultime pagine le ho trovate dolci e commoventi.
Consigliato, trovo sia un bel libro.
CITAZIONI
« [le rose ]sembrano eterne quando sono appena fiorite, come la giovinezza. Poi basta una notte, la distrazione di un attimo e la loro bellezza si piega alla vita, per poi morire dopo poche ore. Eppure hanno una solida base, crescono sulle spine, si difendono come possono. Ma per quanto? Per cosa ci affastelliamo l’animo e i pensieri se in fondo non siamo altro che rose, istanti bellissimi da ricordare come questo profumo.»
"Non crogiolarti su ciò che non puoi avere. Godi di ciò che hai."
"La vendetta (...) non sana le ferite. Non c’è onore a vendicarsi. Ce ne sarebbe a perdonare...".
«Solo chi sa perdersi trovare la strada giusta».
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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz