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venerdì 16 dicembre 2022

< 🦁 RECENSIONE 🦁 > COME LEONI - RITORNO A BULL MOUNTAIN di Brian Panowich



Un cerchio tragico che non smette mai di girare e non risparmia nessuno, nemmeno i bambini: questo è Bull Mountain.
Tra queste aspre montagne della Georgia o sei duro come l'acciaio o non sopravvivi, e lo sceriffo Burroughs lo sa bene.
Zoppo, stanco e con troppi pesi sul cuore, cerca di andare avanti, convincendosi che in fondo la sua vita non è così orribile, nonostante quello che è successo tempo prima (e a cui è sopravvissuto): ha ancora il suo lavoro, la sua meravigliosa moglie e il loro piccolo bambino.
Ma i fantasmi del passato sono come quelle montagne: ingombranti e solidi.
Difficili da spostare. Quasi indistruttibili, insomma.
E a volte un quasi può fare la differenza.



** ATTENZIONE: POSSIBILI SPOILERS! **
Essendo il secondo volume di una trilogia, è inevitabile che alcune informazioni ed eventi siano la conseguenza di ciò che è accaduto nel primo libro (BULL MOUNTAIN); per precauzione e per evitare sgradevoli rivelazioni a chi non ha ancora iniziato la saga e non esclude di farlo (fatelo! :-D), evidenzio in nero i probabili spoiler 



COME LEONI - Ritorno a Bull Mountain 
di Brian Panowich



NN Editore
trad. A. Colitto
272 pp
19 euro
2018
Finalmente su Bull Mountain regna la pace: una volta tolto di mezzo "il re delle montagne", colui che dominava sulla gente di quella zona a colpi di soprusi, violenze e attività criminali, ecco che si può tirare un sospiro di sollievo.

Certo, lo sceriffo di McFalls County, Clayton Burroughs, ha dovuto uccidere suo fratello Halford e la drammatica esperienza lo ha lasciato menomato nel corpo e nello spirito, ma magari ne è valsa la pena, no?

La vita sua, di Kate, del loro piccolo e innocente Eben, e di tutti i montanari del posto, scorre tranquilla come un placido fiumiciattolo in quella verde e immensa vallata.

Beh, più o meno.
I fuorilegge da quelle parti crescono come funghi e ce ne sono alcuni che aspettavano solo il momento giusto per prendere il controllo dei traffici di marijuana, whiskey e anfetamina, sostituendosi a Burroughs. 

E proprio questi criminali decidono di alzare la cresta - convinti di essere rimasti i soli galli nel pollaio - e di far sentire la propria presenza e intraprendenza, ma devono fare i conti con ciò che comunque rimane del "clan Burroughs".

E la domanda sorge spontanea: cosa, o meglio chi, è rimasto in piedi in questa famiglia potente?

Clayton è sempre stato fuori dal giro, avendo preso la strada della giustizia; ma dopo la morte di Hal per mano sua e dopo lo scontro a fuoco con l’agente federale Simon Holly,, non si è ancora ripreso dalle ferite riportate, non ha né la forza né la voglia di reagire e ha anche ripreso il viziaccio di bere, di far tardi (e non sempre al lavoro), insomma è demotivato, infelice, frustrato.
Nemmeno l’amata moglie Kate o il piccolo Eben riescono a scuoterlo dallo stato depressivo in cui si trova.

Pur avendo una personalità forte e un carattere deciso, Clayton ha le sue umane debolezze:

"si attaccava a tutto. Accumulava dolore e sensi di colpa come altri accumulavano giornali e riviste, finché a un certo punto non diventavano parte del paesaggio quotidiano."


Eppure, che lo voglia o no, la vita va avanti non solo per lui ma ancor più per i clan che vogliono prendere possesso di Bull Mountain e usarla per portare avanti affari illeciti e criminali; la lotta è appena cominciata e i Viner - capeggiati dallo spietato e crudele Coot - sono intenzionati a smantellare i commerci dei rivali e diventare i nuovi punti di riferimento.

Quando il figlio di Coot, insieme con degli amici, commette una sciocchezza contro i Burroughs che gli costerà molto cara e che vedrà coinvolto, suo malgrado, proprio Clayton, inizierà una vera e propria guerra che metterà in pericolo la famiglia dello sceriffo.

Clayton non si ritrova da solo, però, a dover arrestare la folle avanzata dei Viner: con lui ci sono gli uomini da sempre fedeli ai Burroughs, al padre Gareth prima e ad Halford poi; in particolare, Clayton sa di poter contare su Scabby Mike, alleato devoto, sincero e leale, che in più di un'occasione cercherà di dare allo sceriffo saggi consigli.

Ad aggiungergli ulteriori pensieri, poi, ci pensa un certo Bracken, desideroso di proporgli "un affare" per continuare ciò che aveva iniziato Halford.
In pratica, si vedrà servita l'occasione propizia per prendere il posto del padre e del fratello maggiore, così da continuare a controllare Bull Mountain.

“Nessuno crede davvero che ci siano cose più importanti del denaro o dell’amore, finché non arriva il momento di sedere a capotavola: di riconoscere il potere. Ecco cosa sentiva Clayton su quella sedia: il potere”.

C'è solo un "dettaglio": Clayton avrà pure tanti difetti ma resta pur sempre un uomo di legge!
Ok, non è un uomo perfetto, non è lo sceriffo limpido e irreprensibile che McFalls County  merita, ma una cosa è certa: lui non si sente come tutti gli altri Burroughs; non è un criminale, né uno spacciatore né tanto meno un assassino. Non solo, ma quel giogo di violenza e paura imposto agli abitanti dalla sua famiglia è terminato con la morte di Halford e non sarà certo lui a rimetterlo.

Il castello di carte costruito su questa montagna si è sempre retto sulla paura. La paura è lo strumento migliore per farsi obbedire senza se e senza ma; la gente ha cominciato a scambiare la paura con il rispetto che aveva per i Burroughs, finendo per non vederne più la grande differenza e restando soggiogata alla volontà e ai capricci di chi ha più potere, più soldi, più scagnozzi, più armi.

Clayton Burroughs è stufo e disgustato di "tutta la violenza e la depravazione che scendevano dalla montagna" ma, se le insidie e gli affari disonesti portati avanti dal fratello adesso non sono più un problema, non è negando che ne stanno nascendo altri che terrà al sicuro la sua famiglia e la sua gente: lui deve fare qualcosa, non può starsene con le mani in mano mentre vede i Viner avanzare, ammazzare e minacciare.

Purtroppo per lui, i nemici sono violenti e senza scrupoli, pronti a prendersela non solo con lo sceriffo ma anche con degli innocenti; Kate, dal canto suo, capisce che sono tutti in pericolo e sa che deve fare anche lei qualcosa per combattere questa minaccia e difendere così Eben e lo stesso Clayton.

Sarà una faida all'ultimo sangue e non mancheranno rapimenti, incendi, colpi di pistola, coltellate..., insomma di azione ce n'è a bizzeffe e si sta con l'adrenalina sempre in circolo, come al cospetto di un film avventuroso, in cui non sai mai cosa aspettarti e dal protagonista e dai suoi nemici.

Kate è la donna adatta a Clayton perché è una certezza, è un pilastro per lui: ama il marito ma non è  disposta ad assecondarlo nelle sue debolezze, anzi, lo sprona anche con durezza pur di aiutarlo a rialzarsi, a non crogiolarsi nei rimorsi, negli errori commessi in passato, nelle mancanze sofferte in famiglia.

C'è in lui un'eterna lotta tra i fantasmi del passato e del presente, che lo hanno affondato nel senso di colpa e nella vergogna per gran parte della sua vita adulta;  a volte Clayton sente un'indefinibile nostalgia per una famiglia che non ha più, per un padre cattivo che però - misteri della vita e dei legami basati "sul sangue" - gli manca, per un fratello che non gli ha mai voluto bene; ma in realtà, la sua è la nostalgia di chi sa di appartenere a qualcosa (la sua famiglia) che non ha mai sentito come sua.

Tutta la sua vita era sempre andata in due direzioni: o stare in cima alla montagna o finirci schiacciato sotto.
C'è una terza opzione?
Sta a te scoprirlo, sceriffo.


Anche questo secondo capitolo della saga di Bull Mountain è un romanzo dal ritmo incalzante, un crime ambientato in una zona di montagna suggestiva ma resa "sporca" e pericolosa da personaggi tutt'altro che raccomandabili; tra quelle montagne, se vuoi vivere senza problemi, devi fare ciò che ti dice chi comanda, senza prendere iniziative personali; non è semplice voltare le spalle ai famigliari criminali per scegliere strade diverse, ma c'è chi vuol farlo a tutti i costi e Clayton vive proprio questo "dramma": appartenere ai Burroughs è un marchio che può renderti un privilegiato, un potente, oppure un reietto. Quale direzione darà alla propria esistenza?

I personaggi, come già nel precedente libro, sono molto ben caratterizzati e per lo più si tratta di uomini duri, privi di morale, che fanno della violenza e della sopraffazione il loro linguaggio; Clayton mi piace perché è complesso, non è un santo, ok, ma neppure un bruto, tanto meno è un uomo che si fa trascinare dagli eventi: lui vuol essere libero di operare delle scelte e di affrontarne le conseguenze, nel bene e nel male.

La descrizione del contesto e dell'ambiente naturale è sobria, equilibrata e soprattutto essenziale e funzionale alla storia, a cui fa da cornice e da contrasto: la vedete quant'è bella questa montagna? Ebbene, non lasciatevi ingannare: dietro di essa c'è un universo umano la cui bruttura, malvagità, spietatezza, è da brividi.

Leggendo e addentrandoci con sempre maggiore coinvolgimento nelle appassionanti vicende che coinvolgono il protagonista, la famiglia, gli amici e gli avversari, ci sembra di essere lì, di vedere il sole mentre sta per tramontare e il cielo, ancora di un morbido color mandarino, fare da sfondo alle Blue Ridge Mountains, accompagnandole verso la sera, mentre man mano diventano sagome scure che torreggiano in lontananza.
Ancora pochi minuti e quel cielo arancione fuoco svanisce sotto i nostri occhi: è lo sfondo perfetto, che ci ricorda come lassù c'è comunque posto per una bellezza perfetta... ma attenzione, è un'illusione destinata a durare poco: la luce del giorno sta per essere inghiottita dal buio e non ci resta che guardarci le spalle da chi vuol farci le scarpe.

Un libro che ho letto "di fretta", nel senso che mi sono adattata al ritmo narrativo, alla densità della storia in sé, piena di fatti e dinamiche tra i personaggi; Come leoni appartiene, per me, a quei libri adatti a questo periodo, in cui fuori fa freddo e io mi godo il calore del camino e intanto faccio un salto con l'immaginazione tra criminali, sceriffi e donne con non poca cazzimma.

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz