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giovedì 31 agosto 2023

🎐 RECENSIONE 👘 RESIDENZA PER SIGNORE SOLE di Togawa Masako


Siamo a Tokyo, negli anni '50 e un edificio di cinque piani, comprensivo di centocinquanta stanze e che fa da residenza a signore sole, sta per subire uno spostamento all'indietro di quattro metri.
Tanto le custodi quanto le ospiti sono in attesa di questo singolare movimento, ma alcune di loro, in particolare, vivono l'evento con l'ansia che quei lavori di scavo facciano emergere segreti scomodi.
E nella Residenza K sono più d'una le ospiti che hanno qualcosa da nascondere.


RESIDENZA PER SIGNORE SOLE
di Togawa Masako



Marsilio Ed.
trad. A.Pastore
176 pp
In questo piacevolissimo e intrigante giallo/noir del 1962, la scrittrice giapponese (scomparsa nel 2016) mette il lettore da subito davanti ad alcuni fatti accaduti nel 1951, che fanno da premessa a ciò che verrà dipanato e reso chiaro più avanti: c'è una donna che aspetta da sette anni che il proprio uomo torni a casa; in quei giorni, un giovane, truccato e vestito da donna, viene investito da un furgone... e nessuno ha interesse a identificarlo.
Veniamo a conoscenza, inoltre, del misterioso rapimento di un bambino di quattro anni, George, figlio di un maggiore americano e della sua giovane moglie giapponese; il piccolo non verrà mai restituito alla famiglia né si saprà nulla di lui, negli anni successivi.
In quel periodo, ancora, tra le mura della residenza, una donna, secondo quanto documentato dai registri del libro degli ospiti, ha alloggiato per poco tempo come ospite presso l'appartamento di una inquilina..., ma anni dopo nessuno ricorda né che aspetto avesse né tanto meno il nome; ma l'altro fatto da ricordare è decisamente più inquietante: un uomo e una donna depongono il corpo senza vita di un bambino in una valigia, la quale verrà nascosta nel seminterrato.

La Residenza K ha numerose porte, ognuna delle quali, aprendosi, lascia entrare nelle vite, nella quotidianità, nelle abitudini, nelle solitudini di ciascuna ospite; tra queste, però, evidentemente ce ne sono alcune che avrebbero delle storie interessanti da raccontare, dei segreti che custodiscono gelosamente dentro di sé e in qualche angolo o armadio della propria stanza.

Quando sette anni dopo i fatti menzionati (quindi nel 1958), i lavori iniziati per far posto alla strada prevedono lo spostamento dell'edificio, la tranquillità di alcune signore della residenza K viene messa alla prova.
 
La Residenza K è un vecchio palazzo di mattoni rossi che ospita donne nubili, che desiderano condurre un'esistenza tranquilla e in solitudine, ed infatti raramente la maggioranza di esse lascia entrare ospiti esterni, tanto meno uomini (del resto, c'è il divieto di ospitare maschi); è un tipo di realtà in cui ognuna vive facendosi i fatti propri..., fino a quando dalla portineria sparisce misteriosamente il passe-partout, la chiave universale che apre tutte le centocinquanta stanze affacciate sui lunghi corridoi dei cinque piani: da quel momento le inquiline cominciano a vivere nell'ansia e nella paura che la ladra di turno entri furtivamente nel loro piccolo mondo e si metta a frugare, a impicciarsi. 

Se ciò accadesse, cosa scoprirebbe?

Ogni camera custodisce, infatti, oltre a una grande solitudine, qualche colpa, segreto o vizietto che ciascuna signora non ha interesse a divulgare: strani furti, incidenti sospetti e persino un suicidio aleggiano tra quelle mura, abitate da donne le cui giornate scorrono piatte e grigie.

Le camere trasudano di ricordi appassiti, di gesti abitudinari, di noia e tristezza, di rimpianti, rimorsi, attese, di sogni infranti, di amori mai vissuti: c'è la donna poveretta, che sopravvive di sussidi sociali e che va rubacchiando; c'è l'insegnante di violino che nasconde un oggetto di valore sottratto al legittimo proprietario anni e anni prima; c'è una docente in pensione che ha preso la bislacca abitudine di scrivere lettere nostalgiche alle proprie ex allieve, rammentando loro episodi risalenti agli anni del liceo; un'ex insegnante universitaria che corregge senza sosta un manoscritto del defunto marito... A queste donnine, in là con gli anni e dedite sempre alle stesse monotone attività, si affiancano altre che seguono una setta strana e sinistra, chiamata il "Culto dei Tre Spiriti", e regolarmente c'è il Maestro (il guru) che si reca nella Residenza per tenere le sue sedute...

Insomma, donne sole, "che passano qui dentro giornate senza scopo, assorte nel ricordo dei tempi andati e come prigioniere di queste mura..., sono solite trascorrere le giornate in silenzio nelle loro stanze... lasciandosi sfuggire sospiri..., perse nella contemplazione di quel che resta dei sogni di gioventù. Per queste donne anziane, i pochi segreti che conservano nel cuore sono l'unico scopo di vita, l'unico orgoglio, tutto ciò che rimane loro di quanto possedevano un tempo".

E adesso, con gli scavi in corso per i lavori della strada, proprio esse - così rassegnate a giorni sempre uguali e pigri - temono... cosa? Che cosa potrebbe succedere di così orribile? 

Le ospiti sono molte ma l'autrice si sofferma, ovviamente, su sette di esse più le due custodi, di cui una, in special modo, è molto curiosa. Troppo, forse..., e chissà perché (nasconde qualcosa di losco pure lei??).

Tra signore furbette e impiccione, che rubano questa benedetta chiave che apre tutte le porte, e sinistri avvenimenti nel corso dei raduni misteriosi della setta, le calme acque in cui finora sguazzavano apatiche alcune delle residenti, iniziano ad agitarsi, e il mare, si sa, quando è agitato porta a riva di tutto.

"Residenza per signore sole" è un noir breve ma intrigante, caratterizzato da un'atmosfera carica di tensione e suggestione, in cui l'attenzione del lettore sale e si fa più vigile via via che si aprono le porte degli appartamenti e, insieme alla curiosona di turno, entra per sbirciare all'interno, domandandosi anch'egli cosa potrebbe esserci nascosto, quale segreto torbido, quale colpa mai espiata.

Ma soprattutto, il lettore sa che le premesse poste all'inizio (i fatti del '51) sono sempre lì, sospese e irrisolte, come degli ormai impolverati cold case in attesa di una soluzione definitiva, che arriva, certo, ma solo dopo che la Masako stessa ha "sporcato" un po' le acque, facendoci credere che la spiegazione a un determinato fatto (ad es. al rapimento e al bambino in valigia) fosse una, per poi darci piccoli colpi di scena al momento giusto.

Mi è piaciuta l'ambientazione, che mi ha ricordato quella dei gialli classici - il luogo chiuso, tra le cui mura è avvenuto qualcosa di oscuro, in cui apparentemente tutti sembrano colpevoli e sospetti - e l'aspetto psicologico e sociale ad essa collegato, vale a dire la realtà di queste donne in pensione, bloccate nei loro piccoli mondi  solitari e tristi, che vivono vicinissime, sanno quasi tutto l'una dell'altra, conoscono abitudini e rumori provenienti dalla camera accanto..., eppure sono estranee, senza legami di amicizia e solidarietà, ma anzi, diffidenti, invidiose, distanti.

Un libro che si legge con piacere sino all'ultima pagina, giunti alla quale non possiamo non sorridere per come l'autrice abbia saputo, con abilità e intelligenza, lasciarci cadere in alcuni fraintendimenti.
Molto carino, consigliato a chi ama gialli e noir, cerca storie piene di mistero ed  è attratto dalla narrativa orientale.

6 commenti:

  1. La narrativa orientale è sicuramente intrigante e questo romanzo noir sembra avere tutti i requisiti per essere una lettura dal mistero avvincente :)

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    1. ciao Aquila!! si, è un noir di qualche anno fa, a me è piaciuto molto!

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  2. Sembra una storia intrigante e ricca di mistero. Sinceramente non vado molto d'accordo con gli scrittori giapponesi, ma potrei ricredermi con questo libro.

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    1. ciao Fra! da provare, anche perché è breve e scorrevole ;-)

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  3. Ciao Angela, molto interessante questo noir, mi piace sia l'ambientazione orientale sia il fatto che non grondi sangue a ogni pagina come certi thriller troppo macabri per i miei gusti. Me lo segno, grazie :o)

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    1. ciao Erielle! ideale se non ami i thriller crudi, questo è più un noir/giallo molto piacevole e misterioso

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz