Con una prosa delicata e poetica, l'autore di questo romanzo racconta al lettore la storia di un amore appassionato, fervente, che sfida la separazione, il dolore, la solitudine dettate da un conflitto mondiale che ha dilaniato innumerevoli vite, ma che non ha ucciso la dolcezza di un sentimento profondo.
IL SOLDATO PERDUTO
di Gilles Marchand
Siamo a Parigi, nel 1925, ed un uomo - di cui non sapremo mai il nome - , entra in un ristorante accompagnato da un abbigliamento e da un aspetto non proprio raffinati.
L'uomo è un ex soldato sopravvissuto alla Grande Guerra, durante la quale ha perso la mano... e gli affetti più cari.
Come altri ex combattenti, la guerra, feroce e tremenda, gli è rimasta attaccata addosso, come una seconda pelle di cui non si libererà mai del tutto.
"Io non ero partito a cuor leggero, come si dice, con un fiore nel fucile. Non conosco nessuno, del resto, che l’abbia vissuta in quel modo. Certo era una bella immagine, ma non rispecchiava la realtà. Non immaginavamo che il conflitto andasse così per le lunghe, ovviamente. Nessuno poteva prevederlo. Pensavamo di passare l’estate sotto le armi e di tornare entro l’autunno, con l’Alsazia e la Lorena in saccoccia."
Adesso è in quel locale per incontrare una donna, che lo attende seduta al tavolo con una questione urgente da sottoporgli: suo figlio non è mai tornato dal fronte e, sebbene siano trascorsi nove anni dalla battaglia di Verdun, Madame Joplain è graniticamente certa che il suo caro figlio Émile sia ancora vivo.
Il nostro ex soldato vorrebbe poterle dire che forse è il caso di rassegnarsi e che quasi sicuramente Émile è deceduto; sa bene come sia difficile accettarlo, a maggior ragione quando non c'è neppure un corpo su cui piangere, ma alimentare quella folle speranza non fa che aggiungere dolore su dolore.
L'uomo ha cercato altre volte le tracce di tanti soldati spazzati via e definitivamente dal conflitto, e finora non ne ha mai trovato uno in vita, per cui la triste signora è invitata caldamente a non farsi illusioni di sorta.
Lo stesso protagonista (e narratore) ha combattuto, ormai dieci anni fa, e ha perso una mano per colpa del nemico tedesco, invalidità che gli ha permesso di lasciare il combattimento attivo; ma egli non è mai uscito completamente dalle trincee e da anni ormai si occupa delle tragedie che la guerra ha lasciato dietro di sé, cercando un modo per fare ammenda, per perdonare a sé stesso di essere ancora tra i vivi.
"Una volta che l’hai assaggiata, la guerra ce l’hai in corpo, sotto la pelle. Puoi vomitare, grattarti fino a sanguinare, non se ne andrà mai. È dentro di te. Allora io ci tornavo. C’era ancora odore di cenere e di polvere da sparo. Distese di croci all’infinito. E io indagavo, instancabilmente. Per tutti gli anni Venti e buona parte degli anni Trenta ho fatto quello strano mestiere di investigatore."
Per questa intima ragione accetta l’incarico e si mette alla ricerca di Émile su campi di battaglia ormai freddi, fra ex soldati e testimoni che vorrebbero solo dimenticare e guardare al futuro.
Il nostro milite ignoto si butta anima e corpo in questa missione disperata, e per lui essa diventa un'ossessione che lo spingerà a perlustrare luoghi e a fare domande a diversi testimoni ed ex-soldati, imbattendosi in tantissime storie di dolore e sangue ma anche di amore e speranza.
"Servono a questo le storie, a rendere la vita migliore. Avevamo già i piedi pesanti, ci imponevamo di non appesantire troppo il cuore. Se avessimo aggiunto le lacrime alla pioggia saremmo affogati. E bisognava avanzare. Rimettevamo in spalla gli zaini che riempivamo con le storie d’amore prese un po’ da tutti, potevano sempre ritornare utili. L’amore è facile da condividere, ne prendi un pezzetto e altrettanto ne resta a chi te l’ha raccontato. Era facile essere generosi."
Certo, per riuscire a sapere cosa n'è stato di Émile sarebbe utile capire, ad esempio, dove fosse - e quando - l'ultima volta che ha dato una traccia di sè, magari con una lettera o una cartolina.
La signora Joplain afferma con testarda convinzione di essere stata l'unico amore della vita del suo ragazzo, il quale sicuramente non aveva una fidanzata.
Ma è davvero così?
Man mano che la sua ricerca procede, egli scopre che in verità il suo "soldato perduto" aveva un'innamorata: Lucie Himmel, una giovane alsaziana che lavorava per la famiglia Joplain.
L'indagine si sdoppia e trovare informazioni su Lucie (o magari lei in persona) diventa altrettanto importante per ricostruire ciò che n'è stato di Émile, e questo porta inevitabilmente alla luce racconti di guerra e leggende che circolavano tra i soldati, in special modo la suggestiva storia di una figura quasi sovrannaturale conosciuta come la "Figlia della Luna", una donna tanto bellissima quanto misteriosa che si aggirava nella terra di nessuno tra i due schieramenti in cerca dell’amato perduto, apparendo ai soldati come una visione eterea e ultraterrena.
Ma la storia più incredibile e toccante resta quella centrale, che sta succhiando ogni energia del nostro ex-soldato: il folle e tenace amore vissuto da Émile e Lucie, che si staglia sullo sfondo tragico di una guerra passata - ma i cui dolorosi effetti si fanno ancora sentire - e di una futura, di cui si cominciano a sentire i primi venti (nel libro, verso la fine, si accenna all'ascesa del nazismo).È la storia dei due innamorati divisi dall'orrore di un conflitto sanguinoso, una storia dolce, commovente e le ultime pagine toccano alte vette di struggente tenerezza, fino al colpo di scena finale.
"Il soldato perduto" è un romanzo breve ed è un piccolo gioiellino letterario, a mio avviso, che si lascia apprezzare per la fluidità e armoniosità di linguaggio, per il connubio di sfumature nostalgiche e dolcemente ironiche, per la sensibilità dell'autore nel narrarci, attraverso gli occhi del protagonista senza nome - che potrebbe rappresentare tutti quei soldati dispersi in guerra -, tante piccole storie intrecciate e collocate in un periodo storico umanamente terribile; sono storie di dolore, separazioni, affanni e preoccupazioni, disperazione, resistenza, rimpianti, paure, resilienza, storie che ci ricordano - se mai ce ne fosse bisogno - di quanto e quale carico di orrore, distruzione, odio, follia... è portatrice ogni guerra, in qualsiasi momento e luogo.
Molto bello, ricco di umanità, potente e delicato.
Consigliato!
Amore mio
Ho pensato a te, oggi
Come ieri. Come l’altro ieri.
Come domani, se sarò vivo.
Tu mi popoli.
Amore mio,
è passato un anno. Un anno che ci è stato rubato.
Un anno perduto per sempre.
Amore mio,
Sono mitragliato dalla nostalgia.
Fa male.
Amore mio, amore mio
Ripeto queste parole nella notte
Le dirò alla fine della mia vita
Forse sarà domani
Forse sarà qui
Amore mio
Se tu muori io muoio
Se tu parti io parto.
Se non mi ami più io ti amerò ancora.
Amore mio
(...) I tedeschi non sanno
Che le frecce possono colpirmi soltanto
Al cuore.
Amore mio
Se sei morta portami con te.