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domenica 24 luglio 2011

GESÚ E LA SUA CAPACITÁ DI RELAZIONARSI CON GLI ALTRI





Tutti noi, seppure in modo diverso, abbiamo avuto modo nella nostra vita di avere relazioni con persone che vivono condizioni di disagio (psico-fisico, sociale etc…) più o meno gravi: personalmente, mi hanno spesso portato a riflettere sul modo meraviglioso che il Signore Gesù aveva di rapportarsi al prossimo, soprattutto ai “sofferenti”.
Gesù ha dimostrato di possedere delle grandi doti comunicative; Egli era (e lo è tuttora, si intende!!) dotato di un’eccezionale sensibilità e capacità di entrare in sintonia con l’altro, condividendone i dolori e offrendogli aiuto e consolazione
Egli metteva in gioco tutto Se stesso e sapeva comunicare non solo con le parole (Egli insegnava, domandava per stimolare la conversazione, esortava, rimproverava…), ma anche con gli sguardi (Mt 9:36; 14:14; Mr 10:21), i silenzi, il contatto corporeo (Mt 10:34; Mr 1:40,41)!! 
Nei Vangeli, vediamo che Gesù non è mai seccato quando qualcuno Gli si avvicina per chiederGli aiuto, anzi è pronto ad andare prima ancora che gli venga esplicitamente chiesto: “…un centurione venne da Lui,… dicendo: «Signore, il mio servo giace in casa paralitico e soffre moltissimo». Gesù gli disse: «Io verrò e lo guarirò»” (Mt 8:5-7).                              Gesù non si rifiuta mai di andare verso l’altro, ma si avvicina e cammina insieme, dedica del tempo, come accade nel brano di Luca 24:13-35; al v.15 leggiamo “Gesù stesso si avvicinò e cominciò a camminare con loro”, cioè con i due discepoli sulla via di Emmaus; Egli domanda, ascolta in silenzio e con pazienza la risposta dei due tristi discepoli e li istruisce, li esorta a riflettere, ad aprire gli occhi del proprio cuore per credere alla promesse della Parola di Dio.
 Al v.29 vediamo come Gesù non ha fretta di andare via, Egli “si intrattiene” con i Suoi, entra in casa e cena con loro, li benedice e, dai Suoi gesti, essi finalmente Lo riconoscono!!
Ancora, Gesù sapeva ascoltare perché lo faceva con il cuore e stimolava i discepoli a fare altrettanto: “Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchie e non udite?” (Mr 8:17b,18). Ascoltare è molto più che sentire, ascoltare è disponibilità positiva ad accogliere, a comunicare e a porsi in relazione con chi ci è accanto.
Ed io, come mi pongo verso gli altri? 
Sono disposta a mettere da parte il mio tempo, il mio bisogno di riposare o di svagarmi quando qualcuno mi chiama nel momento in cui meno avrei voglia di muovermi? Magari, mentre guardo il mio film preferito alla TV, rilassata sul divano, dopo una giornata di lavoro… squilla il telefono o suonano alla porta ed ecco che “qualcuno” (un amico, un fratello o una sorella in fede…) mi chiede di dargli un po’ del mio tempo per ascoltarlo, consigliarlo, incoraggiarlo… Cosa rispondo? “Senti, non mi dire niente…, puoi ripassare domani? Stasera proprio non ce la faccio, sono troppo stanca!”. 
Quante volte penso troppo ai miei “diritti”, al mio bisogno di dedicare del tempo a me stessa, ai miei hobbies… “Lavoro mattina e pomeriggio, ho impegni in famiglia o in chiesa (o in palestra o dove vogliamo…) avrò pure il diritto di riservare un po’ di tempo per me!!”. 
Giusto!
 Il Signore conosce tanto i miei impegni improrogabili quanto il bisogno di riposarmi (fisicamente e mentalmente), ma spesso mi sono chiesta: “Che sarebbe successo se Gesù avesse detto alla folla che lo seguiva ovunque perché voleva essere guarita o voleva ascoltarlo: «Sentite, io ora vorrei starmene un po’ in pace con i miei discepoli per riposarci dieci minuti e magari mangiare qualcosina…» (Mr 3:7,20), oppure se, davanti alla donna samaritana, avesse pensato “Sono troppo stanco per iniziare una conversazione…, questa donna potrebbe essere una gran chiacchierona!” (Gv 4:6)? 
O, per assurdo, se prima di incarnarsi e di decidere di nascere come uomo su questa terra, avesse addirittura detto: “È proprio necessario che io adesso lasci il cielo e tutti i privilegi che ho in quanto Figlio di Dio per andare sulla terra, divenire simile agli uomini, abbassarmi fino alla condizione di servo, andare incontro a sofferenze, tradimenti, morte…?”. 
È chiaramente un pensiero assurdo, che Cristo non avrebbe mai potuto formulare, ma ciò su cui ho riflettuto e che voglio condividere è: sono disposta a mettere un po’ da parte i diritti e i bisogni personali per andare incontro alle esigenze dell’altro anche quando meno ne avrei voglia?

Ricordiamo che Gesù è il nostro Maestro ed è Colui del quale dobbiamo seguire le orme e l’esempio (1Pt 2:21), imparando da Lui la mansuetudine, la benevolenza, la prontezza ad aiutare chi è nel bisogno, lo spirito di sacrificio, ecc… Nella Parola di Dio ci sono tanti brani che ci ricordano i nostri doveri verso gli altri (sia verso i fratelli e le sorelle in Cristo e sia verso coloro con cui non condividiamo la stessa fede) e che ci esortano ad imitare il carattere di Cristo, il nostro Maestro e Signore; la Scrittura usa espressioni come: “dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli” (1Gv 3:16), avere pietà di chi è nel bisogno (1Gv 3:17), essere “compassionevoli, pieni di amore fraterno, misericordiosi” (1Pt 3:8; Ro 12:10), teneri nel mostrare affetto (Fil 2:1), fare del bene a tutti (Ga 6:10), “confortare gli scoraggiati,  sostenere i deboli” (1Tes 5:14), accogliere (Ro 15:7), condividere le gioie e i dolori degli altri (Ro 12:15) e portarne i pesi (Ga 6:2)! 
Tutte cose che Gesù ha fatto (e fa ancora adesso) con e per ciascun figlio di Dio!! 
Le persone che ci sono vicine devono poter vedere in noi l’amore di Cristo, quell’amore che non è rimasto fermo e immobile a guardare dall’alto dei cieli la mia e la tua miseria, ma che si è mosso, è sceso per giungere fino a noi, condividendo sulla propria carne la nostra sofferenza (non solo fisica, ma anche emotiva, psicologica), scegliendo di diventare “uomo di dolore, familiare con il  patire”, portando su di Sé i nostri dolori, le nostre trasgressioni: “…stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti” (Isaia 53:3-5). 
Per dare a me e a te la pace – non quella effimera del mondo, ma quella vera e duratura, Gv 14:27 – Gesù ha dovuto percorrere la via della sofferenza, della solitudine; non è stato per niente facile, ma l’ha fatto per amore, perché ogni creatura è così preziosa ai Suoi occhi che Egli ha sopportato la croce per poterci acquistare la vita eterna (1Gv 5:11; 1Tim 1:16; Gv 10:17-18,28).

  Solo quando impareremo a vedere ogni persona attorno a noi come un’anima preziosa
 per la quale Cristo è morto e risuscitato, riterremo indispensabile mettere un po’ da parte       
  noi stessi e i nostri interessi per dedicarci a chi è nel bisogno, materiale e spirituale.

Per finire, vorrei raccontarvi una storia.

Due uomini, entrambi molto malati, occupavano la stessa stanza d'ospedale.
A uno dei due uomini era permesso mettersi seduto sul letto per un'ora ogni pomeriggio; il suo letto era vicino all'unica finestra della stanza.
L'altro uomo doveva restare sempre sdraiato. Infine i due uomini fecero conoscenza e cominciarono a parlare per ore. Ogni pomeriggio l'uomo che stava nel letto vicino alla finestra poteva sedersi e passava il tempo raccontando al suo compa-gno di stanza tutte le cose che poteva vedere fuori dalla finestra: il parco, i bambini che giocavano ecc…
L'uomo cominciò a vivere per quelle singole ore nelle quali il suo mondo era reso più bello e più vivo da tutte le cose e i colori del mondo esterno.
Mentre l'uomo vicino alla finestra descriveva tutto ciò nei minimi dettagli, l'uomo dall'altra parte della stanza chiudeva gli occhi e immaginava la scena.
In un caldo pomeriggio l'uomo della finestra descrisse una parata che stava passando.
Sebbene l'altro uomo non potesse sentire la banda, poteva vederla con gli occhi della sua mente così come l'uomo dalla finestra gliela descriveva.
Passarono i giorni e le settimane.
Un mattino l'infermiera del turno di giorno arrivò e trovo il corpo senza vita dell'uomo vicino alla finestra, morto pacifica-mente nel sonno. L'infermiera diventò molto triste e chiamò gli inservienti per portare via il corpo. Non appena gli sembrò appropriato, l'altro uomo chiese se poteva spostarsi nel letto vicino alla finestra. L'infermiera fu felice di fare il cambio, e dopo essersi assicurata che stesse bene, lo lasciò solo. Lentamente, l'uomo si sollevò su un gomito per vedere per la prima volta il mondo esterno. Essa si affacciava su un muro bianco.
L'uomo chiese all'infermiera che cosa poteva avere spinto il suo amico morto a descrivere delle cose così meravigliose al di fuori da quella finestra.
L'infermiera rispose che l'uomo era cieco e non poteva nemmeno vedere il muro. "Forse, voleva farle coraggio." disse.
Epilogo: vi è una tremenda felicità nel rendere felici gli altri, anche a dispetto della nostra situazione.
Un dolore diviso è dimezzato, ma la felicità divisa è raddop-piata. Se vuoi sentirti ricco conta le cose che possiedi che il denaro non può comprare.
L'oggi è un dono, è per questo motivo che si chiama presente (regalo!): è un Dono di Dio!!


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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz