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giovedì 26 ottobre 2017

Recensione: LA FAMIGLIA KARNOWSKI di I. J. Singer



La famiglia Karnowski è un romanzo di Israel Joshua Singer pubblicato per la prima volta nel 1943 e racconta la vita di tre generazioni dei Karnowski, una famiglia di ebrei polacchi; una saga familiare che non soltanto ci restituisce una fotografia attenta del mondo ebraico ma ci presenta un ventaglio di personaggi indimenticabili, magistralmente caratterizzati dalla eccellente penna di un Autore che sa guardare nell'animo umano e raccontare ciò che vi è dentro.

LA FAMIGLIA KARNOWSLI
di I. J. Singer





"I Karnowski della Grande Polonia erano noti per il loro carattere testardo e provocatore ma allo stesso tempo stimati per la vasta erudizione e l'intelligenza penetrante".

Il primo membro della famiglia Karnowski che incontriamo è David, che già da ragazzo mostra un carattere forte e determinato, nonchè una seria inclinazione allo studio dei testi sacri, esaminati con grande passione, e accanto ad essi anche testi di filosofia e matematica.
Siamo nei primi anni del '900 e David è un giovane uomo colto e illuminista che decide di allontanarsi dal modo di fare e di vivere proprio degli ebrei polacchi per trasferirsi da Melnitz a Berlino, ritenendo quest'ultima più idonea per uno come lui, amante del pensiero libero moderno e convinto seguace di un importantissimo filosofo ebreo tedesco, Moses Mendelssohn. 

David è un uomo retto, onesto, la cui esistenza è completamente condizionata dalla cultura, dalla necessità di studiare e di voltare le spalle al modo di pensare oscurantista dei suoi connazionali polacchi, da cui desidera con tutte le sue forze distinguersi, quasi ritenendoli inferiori, sciocchi, gretti.
In virtù di questo, diventa una delle personalità più importanti e influenti della comunità ebraica locale, rendendo la sua casa un circolo culturale.
David è sposato con la dolce Lea, una donna semplice che porta nel suo cuore la sua vita felice e genuina nello shtetl* in cui è nata; pur amando moltissimo suo marito, non ne condivide l'ardore intellettuale e lui stesso la tratta come un'eterna bambina, sempliciotta e incapace di comprendere i discorsi eruditi dei rabbini e degli studiosi che si riuniscono in casa loro, facendola sentire quindi inferiore, sola e poco apprezzata.
Questo porta la donna a trascorrere, appena può, un po' del proprio tempo in casa dei coniugi Solomon e Ita Burak (commercianti suoi compaesanti) nonostante i divieti del marito sul frequentarli.
Infatti, David non ha alcuna stima di Solomon, lo disprezza in quanto privo di istruzione, ma in realtà Solomon è un uomo molto scaltro e intraprendente, che sa come muoversi nel mondo del commercio, sa come convincere le donne a comperare i suoi prodotti e anche nei momenti più buii - anni dopo - saprà ricominciare da zero grazie proprio alla voglia e alla capacità di non arrendersi e di mettersi in gioco.

Solomon Burak è un personaggio a mio avviso tra i più positivi, non soltanto per la sua intelligenza, lo spirito sempre ottimista, la gioia di vivere che è dentro di lui a prescindere dalle circostanze, ma anche per la bontà e la generosità che lo contraddistinguono e che lo indurranno a mostrare perdono e amicizia proprio a chi in passato lo aveva disprezzato.  

Con lui e sua moglie Lea è se stessa, non ha bisogno di controllare ogni parola, può parlare a ruota libera di ciò che vuole e in yiddish, cosa che non le è possibile nel mondo colto e rigido del marito; le sue giornate a Berlino, noiose e prive di troppe gioie, cambieranno quando resterà incinta.

Il figlio di David e Lea, Georg, non è affatto come il padre: non ama studiare ma trascorrere le giornate e le notti divertendosi; non gli importa nulla nè di filosofia nè del Talmud, allontanandosi ben presto dai valori e dalla fede ebraica.
Solo la partecipazione alla prima guerra guerra mondiale in qualità di medico gli farà mettere la testa a posto, e al ritorno in patria diventerà un ginecologo molto bravo e si innamorerà di un'infermiera non ebrea, la buona e sensibile Teresa.

Le scelte di Georg sono motivo di profonda preoccupazione per gli amati genitori, che riponevano altre aspettative nel figlio; l'affronto più grande è il matrimonio con una gentile, che indigna profondamente David, tanto da decidere di non rivolgere più la parola al figlio.

Significative sono le pagine in cui l'Autore si sofferma sul senso di solitudine provato da David al pensiero di questo figlio che non segue le sue orme, che ha preferito la medicina alla filosofia e alla conoscenza della cultura ebraica:

"Seduto nell'ampio studio colmo di volumi, constatava di essere l'ultimo della sua generazione. Nessuno avrebbe mai aperto i libri che aveva raccolto. Quel grande mondo ebraico (...), la saggezza, la sapienza, la tradizione per cui gli ebrei avevano versato il proprio sangue, che avevano difeso a costo della vita, tutto sarebbe caduto nell'oblio.".

Ma

 "La vita è una burlona (...), ama giocarci qualche tiro mancino. Volevamo essere ebrei in casa e uomini in strada,  arrivata a vita e ha messo tutto sottosopra: siamo goyim* in casa ed ebrei in strada".

E la vita non smetterà di creare scompiglio in casa Karnowski anche nella terza generazione, con Joachim Georg, conosciuto come Jegor, l'unico figlio di Georg e Teresa, che darà non poche angosce ai genitori a causa di una personalità fragile e del caotico e difficile momento storico in cui si troverà a crescere: l'ascesa del Partito Nazista e di Adolf Hitler influenzerà molto negativamente il bambino, tormentato dalla ricerca di un'identità individuale ma ancor più collettiva: il suo essere un "mezzosangue", figlio di una tedesca cattolica e di un ebreo sarà per lui qualcosa di difficile da accettare, lo farà sentire sempre "sbagliato", a motivo del crescente  disprezzo e delle orribili umiliazioni cui andrà incontro a causa delle origini del padre.

La famiglia Karnowski, per sfuggire al triste destino che attende il loro popolo in Europa, fuggirà negli USA, cercando di rifarsi una vita a New York, ma anche qui non sarà così semplice integrarsi e farsi accettare...

Considerazioni.

E' una saga davvero bella, in cui spiccano - come dicevo nell'introduzione - le personalità dei personaggi, tutti ben delineati, sia i principali che i secondari; tra questi ultimi, oltre a Solomon, mi ha colpito molto anche un altro personaggio: Elsa Landau, una donna coraggiosa che darà tutta se stessa alla carriera politica, mettendo da parte però il proprio lato femminile, con tutte le legittime esigenze che le sono proprie.

Se David e Georg riusciamo ad inquadrarli bene e in maniera semplice, trovandone pregi e difetti - in particolare, il carattere deciso, volitivo, testardo e orgoglioso -, a colpire maggiormente è forse Jegor, questo ragazzo dalla personalità molto complessa, ricca di contraddizioni, che subisce, suo malgrado, il suo essere per metà ebreo e per metà tedesco, soprattutto quando essere ebreo diventerà una colpa, una vergogna; Jegor subirà sulla propria pelle la malvagità di persone che credono nella superiorità di una razza su un'altra e che hanno aderito all'ideologia hitleriana, e quando "si metterà al sicuro" in America, le cose non miglioreranno, perchè la sensazione sgradevole di appartenere al popolo sbagliato lo ossessionerà, portandolo a fare scelte decisamente deleterie.

La storia quindi si dipana lungo gli anni che vanno dagli inizi del Novecento a quelli successivi alla seconda guerra mondiale, e ci mostra sia la cultura giudaica in se stessa - da cui personalmente sono affascinata - che rispetto alla società, nei diversi momenti e contesti storici.

Molto bella la frase che David rivolge a suo figlio Georg quando, ancora residenti a Berlino, la sventura comincerà a cadere sugli ebrei...:

"Sii forte, figlio mio, come lo sono io e tutti gli ebrei della vecchia generazione (...), ci siamo abituati da sempre e lo sopportiamo, da ebrei".

E' stata una lettura lunga, è vero, ma non perchè noiosa o lenta, anzi, quando iniziavo a leggere e dovevo lasciare (per mancanza di tempo) mi dispiaceva interrompere perchè lo stile così scorrevole e dettagliato di Singer, capace di descrivere luoghi, fatti, persone, tratteggiandole in maniera viva, parlandoci delle loro abitudini, dei loro caratteri, le virtù e i vizi..., con un pizzico di umorismo e vivacità, rende il libro bello, di quelli che meritano di essere letti perchè scritti benissimo e coinvolgenti per le singole storie narrate, che hanno una grande potenza narrativa, sembrano uscire dalla carta e prendere vita per quanto sono splendidamente raccontate. Ci si affeziona a David, a Lea, a Georg, a Jegor, si prova tenerezza, indignazione, disapprovazione, curiosità, fascino..., insomma non si resta indifferenti perchè Singer sa come toccare nel profondo i suoi lettori, toccando temi importanti, come l'emigrazione,il senso di appartenenza al proprio popolo, l'alienazione e la solitudine di chi non riesce ad integrarsi in un contesto nuovo,l'antisemitismo...

Assolutamente consigliato, in particolare a quanti apprezzano i libri sulla cultura ebraica, le saghe familiari e le storie ambientate durante le due guerre mondiali.

*villaggio o piccola cittadina dell'Europa orientale con una forte percentuale di popolazione ebraica.
*persona non ebrea

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz