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lunedì 9 luglio 2018

Recensione: URLA NEL SILENZIO di Angela Marsons



Una detective tanto scontrosa quanto brava e professionale è impegnata in un caso difficile, per risolvere il quale non deve soltanto capire cosa è accaduto molti anni prima in un orfanotrofio ormai abbandonato, ma anche fare i conti col proprio passato e i propri personali demoni.


URLA NEL SILENZIO
di Angela Marsons

Ed. Newton Compton
trad. A. Ricci
372 pp
La prima scena davanti alla quale il lettore si trova non è delle più rassicuranti: cinque persone sono davanti ad una fossa, che viene riempita col cadavere di una persona. La morte di questa vittima innocente (una bambina!) è, per loro, un sacrificio necessario affinchè i segreti che li uniscono restino sepolti per sempre e non escano mai fuori, pena uno stravolgimento dell'esistenza di ciascuno dei cinque.

Ma essi non hanno considerato la vendetta che, al pari di un boomerang, torna indietro per chiedere (e chiudere) il conto, prima o poi.

Sono passati più di dieci anni e una di quelle cinque persone, legate tra loro da quest'atroce segreto, viene uccisa in casa sua, mentre sta facendo il bagno: si tratta di Teresa Wyatt e, prima di chiudere gli occhi per sempre, comprende che a farla fuori è proprio qualcuno che sa di quella morte innocente, ma mai avrebbe pensato che ad ucciderla e a farla tacere per sempre sarebbe stata proprio "quella persona".

Il mattino dopo giunge sul luogo dell'omicidio il detective Kim Stone, con il suo fedele agente Bryant; le indagini partono immediatamente ma le prime informazioni raccolte sulla vittima e sul suo stile di vita sono poche e nessuna è rilevante per chiarire chi potesse odiarla al punto tale da assassinarla.

L'unica cosa da cui partire è la sospetta insistenza con cui Teresa stava cercando di essere coinvolta in un progetto archeologico - organizzato da un certo prof. Milton - vòlto a cercare monete antiche nella zona di Rowley Regis, nel Black Country. Questo permette a Kim e alla sua eccellente squadra di fare dei collegamenti importanti: l'irreprensibile Teresa Wyatt (che fino a prima di morire era stata preside di una scuola), in passato aveva diretto un istituto per ragazze orfane e/o disagiate, Crestwood, che nel 2004 era stato definitivamente chiuso in seguito ad un misterioso incendio che, pare, non fece vittime.

Quello che Kim non sa, ma lo scoprirà a breve, è che ben presto cominceranno a morire (o comunque saranno prese di mira) tutti gli ultimi dipendenti del Crestwood; infatti, alla morte di Teresa, segue quella dell'ex chef dell'orfanotrofio, un certo Tom Curtis; a questa seconda vittima ne seguiranno altre, e tutte legate da quel segreto siglato sull'orlo della fossa (ma questo Kim non può ancora saperlo) e dal loro aver tutti lavorato nel medesimo istituto.

Cosa accadeva tra le squallide e fredde mura di Crestwood? Quelle povere ragazze ospiti dell'istituto, senza famiglia, cresciute senza amore, erano trattate con rispetto dal personale o piuttosto sono state vittime di abusi e azioni terribili?

Scavando nel terreno in cui si erge l'edificio mezzo incendiato, Kim - grazie al lavoro di esperti archeologi - farà una orripilante scoperta: un primo cadavere emergerà da quella nuda terra, e non sarà l'unico.

A chi appartengono quelle ossa? Chi le ha seppellite crudelmente sottoterra e, soprattutto, perchè e ad opera di chi si sono verificati quegli omicidi? 
Scavando emergono man mano atroci verità, verità però parziali, che lasciano immaginare i soprusi e le nefandezze cha alcune delle giovanissimi ospiti di Crestwood - cui appartengono quei cadaveri sepolti - hanno dovuto subire, come se la vita con loro non fosse stata già sufficientemente crudele, visto che si tratta di adolescenti rifiutate dalla famiglia stessa, con genitori più problematici di loro che le hanno abbandonate; scarti della società che in teoria qualcuno avrebbe dovuto desiderare aiutare, educare, recuperare... per dar loro l'opportunità di scegliere cosa fare e chi essere, dicendo NO ad un futuro costellato da meschinità e stenti.

Ma evidentemente in quel dannato orfanotrofio, non tutto il personale - a cominciare dalla rigida e anaffettiva direttrice, passando per i colleghi fino ad arrivare a custodi e chef - era amorevole e coscienzioso, e tutto hanno fatto fuorchè proteggere le sfortunate ospiti, bisognose di cura, amore e protezione.

Questa triste e vergognosa storia è come un'enorme pugnalata per Kim Stone...

Fredda, arrogante, scontrosa, poco incline allo scherzo e, quando è lei a lasciarsi andare alla battute, esse sono quasi sempre al veleno e molto caustiche; dedita esclusivamente al lavoro, con l'unico hobby di riparare moto, Kim non ha vita sociale; è rispettata sul posto di lavoro, ma "con riserva", nel senso che è vista da tutti come una testa calda, cocciuta e presuntuosa.

Eppure, chi ci lavora gomito a gomito ne accetta il caratteraccio, come il suo piccolo team di collaboratori, che le resta fedele nonostante le soventi bastonate da parte del "capo", che esige massima serietà e massimo impegno e da se stesso e dai suoi "uomini"; anche il capo della stessa Kim, benchè la bacchetti e le raccomandi di darsi una calmata e non fare di testa sua, sa di non poter fare a meno di lei perchè, come le dice il caro Bryant - un collaboratore prezioso per Kim, perchè il ragazzo è comprensivo, saggio, equilibrato e riesce ad essere diplomatico lì dove Kim è veemente e impetuosa; non per nulla lui è l'unica persona più vicino ad un amico che lei abbia -:

"... tu porti sempre a casa un risultato e (...) non ti dai pace finché non risolvi un caso, specialmente uno come questo".

Ed un caso come questo, dicevo, è durissimo da affrontare per la nostra tostissima detective, perchè il destino di quelle povere ragazzine lei lo conosce, avendolo vissuto sulla propria pelle...; è una gran fortuna che sia diventata un poliziotto, ma chi può dirle cosa le sarebbe successo se avesse incontrato solo persone negative sul proprio cammino?

Anche Kim, infatti, ha un passato disgraziato, brutto e da dimenticare; un passato fatto di solitudine, amarezza, sofferenze, perdite, umiliazioni; un passato in cui Kim, da piccola, ha dovuto subire la perdita drammatica dell'unico famigliare amato, e questa è una ferita aperta che mai si rimarginerà completamente, e alla quale lei cerca di non pensare per non farsi abbattere dal dolore, dai ricordi.

"Era abituata a vivere così. Le cose brutte andavano chiuse dentro una scatola e messe via. Il trucco stava nel non aprire mai quella scatola, e non capiva perchè la gente lo facesse in continuazione. Secondo il proverbio, il tempo guariva sempre ogni cosa. Bene, lei era diventata esperta nell'arte di manipolare il tempo a suo piacimento."

Ma l'empatia e le questioni personali non impediscono a Kim di fare il proprio lavoro ottimamente e il lettore segue le indagini passo dopo passo insieme a lei, apprendendo di volta in volta nuovi indizi e colpi di scena che gettano gradualmente un po' più di luce sui due filoni d'indagine: chi è il killer che s'è messo in testa di eliminare, quasi in stile "Dieci piccoli indiani", tutto il gruppo di dipendenti di Crestwood? 
E chi ha ucciso con ferocia indicibile le ragazze i cui poveri corpi si nascondo nel terreno adiacente l'infernale istituto? Quali storie di vita sono in grado di raccontare quelle povere ossa?

Nel corso delle ricerche, il detective Stone conoscerà sì persone viscide, ciniche e sospette, ma anche altre buone e provate dalla vita: William Payne, ad es., ex-custode di Crestwood, che amorevolmente si prende cura della propria figlia 15enne Lucy, affetta dalla nascita da distrofia muscolare; le sorelle gemelle Nicole e Beth, caratterialmente opposte tra loro e anch'esse con un passato infelice tra le mura dell'orfanotrofio.

E' un'indagine contorta, fitta di segreti, vite spezzate, azioni malvagie da parte di adulti che avrebbero dovuto avere ben altri comportamenti con delle ragazzine sbandate loro affidate, e spesso a Kim verrà la nausea perchè più si scava (letteralmente e non solo) nella verità, più emergono brutte storie...

Come dicevo, i colpi di scena non mancano nel corso dello svolgersi dei fatti, e verso la fine ce n'è uno che personalmente mi ha sorpresa più di tutti; con la protagonista, Kim, ho stentato a provare feeling, perchè ok l'infanzia difficile però il suo carattere è esagerato; ne apprezzo l'intelligenza e la professionalità, l'acume e il necessario distacco che sa porre tra sè e i casi cui lavora, ma in tanti atteggiamenti l'ho trovata urticante: deve imparare a sorridere più spesso, a non alzare gli occhi al cielo con aria scocciata ogni tre secondi, a non rispondere con maleducazione e saccenza pure a coloro che vogliono aiutarla, insomma ha tantissimi difetti che non me l'hanno fatta amare alla follia, ma alla fine non ho potuto fare a meno di comprenderle: il dolore e il senso di colpa che si porta dentro sono così grandi che la donna ha dovuto costruirsi una corazza dura per difendersi dai morsi di una vita ingenerosa che non le ha regalato nulla.

Un thriller mozzafiato, coinvolgente a ogni capitolo, le vicende si susseguono con un ritmo sostenuto, io mi sono fatta trascinare dalle indagini serrate e ho letto il libro con avidità perchè non riuscivo a staccarmene.
Ho provveduto proprio l'altro ieri a compare il secondo romanzo della serie su Kim Stone, "Il gioco del male".

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz