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mercoledì 28 novembre 2018

Recensione: IL LIBRAIO DI SELINUNTE di Roberto Vecchioni (RC2018)



Un racconto poetico, magico, che nella sua semplicità ci ricorda l'importanza delle Parole e delle sue sfumature, dei Libri e del loro potere comunicativo, e di come senza di essi perdiamo la memoria di ciò che siamo e la capacità di raccontarlo.



IL LIBRAIO DI SELINUNTE
di Roberto Vecchioni



Ed. Einaudi
68 pp
8 euro
2014
Nicolino è un ragazzino vivace e caparbio che non s'arresta davanti alle parole sciocche e ai giudizi vuoti degli adulti.
Lui va oltre e vuol ragionare con la propria testa.

Nicolino è cresciuto a Selinunte, vecchio borgo costruito attorno all'antica acropoli greca e situato sulla costa sud-occidentale della Sicilia.

E' lui a parlarci della strana storia che ruota attorno ad un libraio tanto brutto quanto sensibile e importante per la vita di Nicolino: una storia che spiega come mai nel suo paesino un giorno la gente abbia smesso di sapere "come si parla", come se non avesse più parole da dire, come se non sapesse più identificare gli oggetti, i sentimenti, i pensieri...
Tutti gli abitanti di Selinunte a un dato momento hanno manifestato questo problema, divenendo degli smemorati che vagano smarriti in una nebbia di cose senza nome, incapaci di parlare e ricordare, incapaci di
pensare. Perché tutti, in quel giorno, hanno perso le parole, per sempre, e possono incolpare solo loro stessi per questo dramma.
Cosa è accaduto quel giorno, è appunto Nicolino a dircelo.
Perchè lui è l'unico che si è salvato dall'incantesimo e che può raccontare i fatti incredibili che hanno portato a tutto questo.
Soltanto lui, perché ha avuto il privilegio di conoscere il libraio.

Nella pacifica Selinunte, dove tutti conoscono tutti, un giorno arriva uno strambo individuo: un uomo brutto, che più brutto non ce n'è...

"Piccolo, storto, incurvato, beveva tenendo il bicchiere con due mani, appoggiandosi sui gomiti, e sembrava come a mezz'aria, perché stava seduto ma i piedi non gli arrivavano fino a terra."
Sarà il suo aspetto sgradevole, sarà il suo starsene sempre da solo, sarà che ha a che fare coi libri, con le parole e poco con la vita pratica, sarà che semplicemente è uno straniero..., ma fatto sta che alla gente di Selinunte il libraio non piace per niente e si fa presto a far girare su di lui brutte voci.
Tutti si tengono lontani dall'uomo, lo scherniscono, lo insultano, lo giudicano cattivo in virtù del suo aspetto non proprio avvenente.
E forse è pure un po' pazzo, visto che nella sua libreria i libri non vengono venduti...; e no, lui li legge ad alta voce e chi vuole può ascoltarlo, visto che l'uomo, con pazienza, prepara ogni sera le sedie per i suoi possibili uditori.

Ma, fatta eccezione per un unico tentativo, le persone del paese non solo non sono attratte dalle parole lette con passione dall'uomo, ma scoraggiano gli altri ad andare a sentirlo.

Eppure Nicolino non riesce a mettere a tacere l'attrazione che prova per il piccolo librario e per le sue letture ad alta voce.

"In quei due mesi il tempo delle parole era diventato il mio vero tempo, una seconda vita: noi due soli, nel silenzio assoluto, in quella stanza fuori dal mondo. E poi la bellezza di quella voce che m'incantava, mi rapiva."

E così, rischiando punizioni, il ragazzino esce nottetempo di casa, eludendo la sorveglianza dei genitori, per recarsi nella bottega del librario che passa le notti a leggere: Saffo, Pessoa, Tolstoj, Rimbaud... Perché

 «tutte le parole scritte dagli uomini sono forsennato amore non corrisposto; sono un diario frettoloso e incerto che dobbiamo riempire di corsa, perché tempo ce n'è poco. Un immenso diario che teniamo per Dio, per non recarci a mani vuote all'appuntamento».
Il libraio riesce a stabilire un magico legame solo con Nicolino detto "Frullo", il quale non si paleserà mai quale uditore, ma si accontenterà di nascondersi dietro due pile di libri, ascoltando questo suo nuovo amico mentre legge ogni sera i passi più belli dei grandi poeti e romanzieri di ogni tempo.
E quelle parole, per Frullo come per ogni lettore, aprono d'improvviso un universo di emozioni e di storie che non moriranno mai.

"Il libraio leggeva le parole senza imporle all'ascolto, perché le parole non nascono, non nascevano in quell'autore, per favorire, acchiappare, assecondare, manovrare a piacimento le emozioni del pubblico, stipandole nella gabbia di un unico sentire. Il libraio restituiva le parole a se stesse. La lettura che usciva dalla sua bocca era un'offerta di toni per l'anima: salire, scendere, fermarsi. Salire, restare, risalire. Non una concessione al sentimentalismo, non una lacrima, un grido in più, non una risata, un ammiccamento; niente effluvi di furore, smargiassate, tenerezze.Leggeva il tempo che dura la parola nel cuore, senza picchi o sbalzi, perché il cuore ha piani sovrapposti e li esprimerebbe salendo e scendendo con metodo dall'uno all'altro se potesse farlo da solo. Rinunciando a urli e guaiti, minutaglia emotiva."

Nicolino è l'unico tra gli abitanti ad aver accolto questo straniero misterioso, giunto da chissà dove con i suoi bauli pieni di libri e tanta voglia di raccontarli; egli è affascinato da questa figura e grazie a lui assorbe le mille storie che nei libri sono custodite. 
Ma l'ignoranza e l'odio irragionevole dei suoi compaesani non si fermano alle parole, all'indifferenza ostentata o all'isolamento intenzionale del povero libraio: va oltre, tramutandosi in un azioni scellerate, cattive, che però avranno le sue conseguenze inaspettate e drammatiche per tutto il paese.

Sì perchè da quel giorno, forse Selinunte si libererà, come desiderava, del brutto e bizzarro libraio, ma al contempo perderà qualcosa di fondamentale: le parole e, con esse, la memoria, il legame con le cose che ci circondano, le persone, le emozioni...
Come sarebbe la nostra esistenza, il vivere quotidiano, se perdessimo la capacità di nominare, identificare, il mondo attorno a noi e, ancor di più, ciò che è dentro di noi?
Ci sentiremmo menomati, uomini e donne a metà, cui manca un pezzo importante di sè e che inevitabilmente hanno difficoltà ad avere relazioni umane perchè queste si basano essenzialmente sulla capacità di comunicare.

Vecchioni ha scritto una canzone che si chiama proprio come il suo libro e queste pagine hanno un che di musicale; in esse il cantautore ci regala una sorta di favola dolce-amara in cui assistiamo al rifiuto, da parte di un intero paese, del diverso, dell'estraneo, e della ricchezza culturale di cui è portatore.
Cosa c'è di più triste e tragico per un popolo che bruciare la cultura, fare un falò di libri...?
Quanta paura può creare ciò che non conosciamo, tanto da indurci a maltrattarlo o emarginarlo, rigettando ciò che egli porta con sè e che potrebbe invece recarci dei benefici?

Rifiutando l'amore del libraio per i libri, per le pagine meravigliose tratte da testi di poesia o dei grandi romanzi, gli uomini di Selinunte dicono no alla bellezza delle parole, al loro potere comunicativo, immaginifico, all'enorme ricchezza che celano in sè.

Un racconto breve, che non ha chissà che intreccio memorabile, da capolavoro letterario, ma che pure mi ha affascinata, in particolare per la presenza di certe famose citazioni letterarie e perchè al centro vi sono loro, i nostri amati libri, che se anche la maggioranza - accecata da un'irrazionale paura e dall'ottusa ignoranza di chi non vuole guardare al di là del proprio naso - disprezza, a salvarne la bellezza è il protagonista, innocente e puro, Nicolino, che non s'arrende all'idea che la gente attorno a lui non abbia più niente da raccontare e ricordare, e quindi spera...: spera che un giorno le pagine fitte di centinaia, migliaia di libri, possano ritornare a riempire ogni spazio vivibile e restituire la gioia negli occhi di tutti.

Consigliato, lettura piacevole, in certi momenti più intensa che in altri, forse conclusa con poca originalità ma nonostante qualche piccola imperfezione, Vecchioni mi convince, mi lascia sognare e riflettere con la sua scrittura poetica e malinconica.



"...bellezza, pensai, è star bene, sentirti pieno di cose e averne altre fuori che ti rivestono perfettamente, senza lasciarti un solo pezzo di corpo scoperto: bellezza è questo vestito che ti senti cucito addosso, soffice, caldo, indistruttibile, fra tanti altri che mancano sempre di qualcosa."



15. Un libro in cui il protagonista sia un libraio


2 commenti:

  1. Decisamente un libro che incuriosisce. Grazie per questa presentazione. Buona serata.
    sinforosa

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    1. credo che Vecchioni se la sia cavata abbastanza bene :)
      Ciao :)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz