PAGINE

giovedì 29 novembre 2018

Recensione: L’AMICA GENIALE di Elena Ferrante



La storia dell’amicizia tra due bambine, nate nello stesso rione alla periferia di Napoli, che per emergere da un contesto chiuso e gretto, dominato dal maschilismo e da una mentalità ottusa e aggressiva, devono imparare a contare su loro stesse, sulla propria intelligenza e determinazione.

L’AMICA GENIALE
di Elena Ferrante


Edizioni E/O
400 pp
18 euro

“… tu sei la mia amica geniale, devi diventare la più brava di tutti, maschi e femmine”.


Siamo alla fine degli anni ‘50 ed Elena Greco e Lila Cerullo vivono nel medesimo quartiere povero e degradato della periferia napoletana.
Sono compagne di scuola, l’una sa dell’altra a che famiglia appartiene, e il loro legame non nasce da subito perché tra le due scorre una sorta di tacita diffidenza; in particolare, Elena vede in Lila una cattiveria che la intimorisce; però, allo stesso tempo, una volta sbocciata, la loro amicizia fiorisce a grande velocità, come se essere l’una il sostegno dell’altra sia il motivo per cui si sono incontrate.

A narrarci la storia è Elena (Lenù), moltissimi anni dopo, quando è ormai una donna adulta, e la decisione di raccontare di questa forte amicizia nasce in seguito ad una telefonata in cui apprende che di Lila, della sua amica Lila, si son perse momentaneamente le tracce.
Il racconto di Lenù si concentra, pagina dopo pagina, sul personaggio di Lila, che catalizza tutta l’attenzione, e degli svariati personaggi che ruotano attorno alle due ragazzine; le vicende personali, famigliari e i legami (d’amicizia e sentimentali) che nel tempo si instaurano con le due protagoniste, creano dinamiche molto interessanti, che ci lasciano conoscere sempre meglio le due amiche.
Lenù è attratta da questa amichetta diversa dalle altre, intuendone la personalità forte, testarda: Lila sin da bambina dimostra di avere un carattere molto forte, è caparbia, sfacciata, irriverente, ha la lingua lunga e non si fa problemi a rispondere alle persone più grandi di lei, che siano insegnanti, genitori, vicini di casa.

“Lila invece aveva, da piccola (…) la caratteristica della determinazione assoluta”.

Ma soprattutto, è intelligentissima, sveglia, con una grande attitudine allo studio; è nata per essere la “prima della classe” e questo la rende antipatica ai compagni e oggetto di ammirazione per le insegnanti, in particolare per la maestra Olivieri, che vede sia in Lila che in Lenù due talenti che assolutamente non vanno sprecati ma incoraggiati a studiare, perché solo attraverso lo studio non solo si contribuisce a migliorare la società, ma si offre alle donne un’arma incredibile per non restare rinchiuse nella meschina gabbia di un’esistenza piatta, ignorante, che si spegne anno dopo anno tra le mura vecchie e umide di una casa in cui alla femmina è richiesto solo di sottomettersi al marito e accudire casa e figlioli.

Elena si accorge che Lila è davvero brava in tutte le materie, dai verbi ai calcoli a mente, e che ha una capacità d’eloquio fluente ed invidiabile, nonostante venga da una famiglia in cui la cultura è quanto mai lontana; con l’amica scatta quindi una sorta di rivalità, vissuta a colpi di interrogazioni ed esami superati più o meno brillantemente, e di materie più impegnative studiate in vista di un avanzamento negli studi.

Ma a spuntarla, almeno sulla carta, è la bella Elena, il cui padre è usciere al comune e, rispetto al padre calzolaio di Lila, accarezza l’idea di avere una figlia bravissima a scuola, che gli dia grandi soddisfazioni, per cui è disponibile a sostenerla negli studi, nonostante la disapprovazione acida e un pizzico maligna della mamma di Lenù, con la quale la bambina non riesce ad andare d’accordo.
E così Lenuccia si dedica alle “sudate carte”, studia a più non posso greco, latino, in vista del liceo, e perché sia bella fresca e preparata per questo scopo, sotto consiglio della Olivieri, Elena viene mandata in vacanza ad Ischia. Ha 14 anni e inizia per lei il periodo dell’amore adolescenziale, il suo corpo inizia a cambiare, e non sempre questi cambiamenti sembrano piacevoli…

Qual è il suo stupore nell’accorgersi che anche in questo Lila la supera ancora una volta!
Sì perché la sua cara amica, il cui pensiero non l’abbandona mai (nutrendo la paura che, perdendo pezzi di vita dell’altra, anche la propria perdesse centralità e importanza), compagna di tante avventure, di segreti confidati, di sogni sospirati tra una pagina e l’altra di “Piccole Donne” (il comune sogno nel cassetto è scrivere insieme un libro che permetta loro di guadagnare un sacco di soldi), eccelle in tutto ciò che fa!
Benché la famiglia le abbia proibito di proseguire le medie, lei di nascosto continua a leggere un sacco di libri presi in prestito dalla biblioteca, e addirittura studia da sola latino e greco, diventando in certi momenti più brava della stessa Elena; non solo, ma da bimba secca come un chiodo, pallida come una mozzarella piccola e insignificante…, crescendo ed abbandonando la pubertà, Lila è sbocciata come un fiore, il suo corpo ha assunto una sinuosità ed una sensualità che fanno girare la testa ai ragazzi del rione, gli stessi con cui sono entrambe cresciute, hanno bisticciato, si son presi in giro…

Come dicevo qualche riga più su, a dare movimento e tensione alle vicende private di Lila e Lenù ci pensa la gente del rione, che poi è un microcosmo in cui tutti si conoscono, le donne danno il peggio di se stesse tra loro se vedono minacciato il proprio “orticello”, le mamme coi figli non sempre riescono a dimostrare dolcezza e comprensione (frustrate e amareggiate come sono da una vita di stenti, di botte, di silenzi sofferenti e rospi ingoiati), i mariti si comportano come i despoti della casa, pretendono di essere serviti e riveriti e guai a chi si ribella, i padri non esitano ad alzare le mani e a percuotere con rabbia i propri figli al minimo accenno di disubbidienza…
E così assistiamo alle sceneggiate nate attorno alla figura di don Achille, usuraio temuto e rispettato nel rione, da cui bisogna guardarsi perché sa essere pericoloso; assistiamo ai litigi chiassosi tra donne tradite e illuse; le scene di violenza, fisica e verbale, non mancano ed avvengono tutte sotto gli occhi sgomenti e spaventati delle due ragazzine, purtroppo avvezze, sin dalla tenera età, a questo tipo di comportamenti poco edificanti…, che contraddistinguono “la plebe”, questa povera gente meschina, misera, gretta, la cui esistenza non può puntare a null’altro che a questo squallore.

“Con loro (i ragazzi del rione) non potevo usare niente di ciò che imparavo ogni giorno, dovevo contenermi, in qualche modo auto degradarmi, ciò che ero a scuola, lì ero obbligata a metterlo tra parentesi o a usarlo a tradimento”.

Ma più di tutto, seguiamo le due ragazzine nella loro crescita e nel loro affacciarsi alla vita come piccole donne in formazione, che diventano oggetto di interesse per i maschietti che conoscono da una vita e con i quali si intrecceranno una serie di dinamiche e vicissitudini sentimentali e famigliari che cominceranno a dare un determinato corso agli eventi e alle esistenze delle protagoniste.

A fare da filo conduttore a tutte le vivaci vicende narrate, che ci danno un quadro realistico di questa Napoli degli Anni Sessanta, e in special modo del rione, così rumoroso, sporco, misero, sciatto, violento, i cui abitanti inevitabilmente hanno un che di pittoresco, di teatrale, di esagerato, è sempre e comunque l’amicizia vera e inossidabile tra le due ragazze.

L’autrice (che, ormai si sa, usa uno pseudonimo, quindi in teoria potrebbe essere pure un lui, anche se non ci giurerei….) scava magistralmente nell’animo di Lila e Lenù, le colloca in un contesto ben preciso dando però loro anche gli strumenti - caratteriali e non solo - per poter emergere, se vogliono, per emanciparsi dal punto di vista sociale; lo sguardo di Elena è interno al rione - ne è parte, vi è nata e cresciuta - ma al contempo è esterno, come se ella ne prendesse le distanze, come se non ne avesse assimilato lo spirito ma anzi avesse maturato la capacità di giudicare, valutare con lucidità ciò che vede.

Non vi nascondo che ero tentata di non scrivere nulla su questo romanzo perché… ci sono talmente tante recensioni in gito che una in più o in meno immagino non faccia proprio alcuna differenza…; però poi la voglia di parlarvene e dire il mio punto di vista, ha avuto la meglio.
Solitamente ne parlano tutti stra-bene, non soltanto di questo primo libro ma di tutta la tetralogia, e io non posso che aggiungermi ai pareri positivi: la Ferrante sa come trascinarti nella vita delle due amiche e del rione con la sua scrittura verace, intensa, potente, che sa coinvolgere e appassionare il lettore; il finale poi ti mette il desiderio di leggere immediatamente il seguito.

Concludo consigliando il libro - potrei esimermi? - e confermando che la serie tv sulla Rai è fatta (stando alle prime puntate, almeno) davvero bene, molto fedele, le attrici protagoniste sono meravigliose ed espressive; aspetto martedì prossimo per proseguire nella visione, così sto ancora un altro po’ in compagnia di Lenuccia e Lila.

4 commenti:

  1. Libro all'altezza della sua fama e, in tivù, serie dalla fattura meravigliosa. La userò come ripassone per buttarli, dopo queste otto puntate, sui romanzi che mi restano. ;)

    RispondiElimina
  2. Ciao Angela, a me è piaciuta moltissimo la quadrilogia, e anche la fiction :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi sono ripromessa di leggere il resto, anche se chiaramente se ne parla per l anno prossimo ;)
      Bella la fiction!!

      Elimina

Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz