PAGINE

venerdì 31 gennaio 2020

Recensione: I TESTAMENTI di Margaret Atwood


*** ATTENZIONE:  SPOILER RELATIVI 
ALL'EPILOGO DE IL RACCONTO DELL'ANCELLA  ***


Sono trascorsi sedici anni da quando l'ancella June/Difred, dopo essere rimasta incinta, è salita su un furgone per andare incontro a un destino incerto: c'è qualcuno disposto ad aiutarla a fuggire dalla oppressiva Repubblica di Gilead  o s'è lasciata ingannare?
Margaret Atwood ce lo racconta attraverso tre diverse prospettive, che convergono tutte verso un unico importante obiettivo.


I TESTAMENTI
di Margaret Atwood



Ponte alle Grazie
trad. G. Calza
502 pp
"...mio lettore. Sei diventato una specie di ossessione – il mio solo confidente, il mio unico amico – perché a chi posso raccontare la verità, se non a te? Di chi altri posso fidarmi? (...) Perché do per scontato che tu esista? Forse non ti materializzerai mai: sei solo un desiderio, una possibilità, un fantasma. Mi permetto di dire: una speranza? Ho senz’altro il diritto di sperare. Non è ancora giunta la mezzanotte della mia vita; la campana non ha ancora suonato".


Ho letto "Il racconto dell'ancella" solo l'anno scorso, dopo aver iniziato a guardare la prima stagione della famosa (e ben fatta) serie tv.
Il romanzo distopico della Atwood mi aveva convinto: questa frazione di mondo, in fondo non più grande di tantissimi altri Paesi, riesce a un certo punto a realizzare entro i propri confini un tipo di società dalle caratteristiche terribili e temibili.
Un microcosmo in cui ai cittadini vengono negati i diritti fondamentali e che - prendendo a pretesto le Sacre Scritture e interpretandole in modo folle - pretende di avere il pieno controllo sui corpi e sulle esistenze delle donne; queste ultime sono suddivise in categorie e, fatta eccezione per le "Zie" (che hanno alcuni importanti privilegi e "libertà", anche rispetto agli uomini), le altre (Mogli, Marte, Ancelle, Economogli) sono soggette alle bizze e alle crudeltà di un codice di leggi che ha l'obiettivo di spersonalizzarle, renderle soggette alla volontà di uomini autoritari, molti dei quali sono meno integerrimi e irreprensibili di quanto vorrebbero far credere.
Una società militarizzata, dove la pietas è per lo più una formalità che copre una moltitudine di nefandezze e ingiustizie.
Un posto così merita solo di scomparire!

Chi ha letto, quindi, "Il racconto dell'ancella" sa cos'è e com'è Gilead, quanto sia opprimente e oppressiva, grigia, triste, ipocrita, crudele, folle e probabilmente ha seguito il resoconto della narratrice, Difred, sperando che almeno lei potesse riuscire a scappare, a denunciare le barbarie perpetrate dai bruti (lascivi stupratori) Comandanti e dalle malefiche Zie, con la speranza che tutto questo potesse trovare una fine.
La Atwood ci aveva lasciato mentre una determinata e coraggiosa June entrava in un furgone che, secondo le parole dell'amante Nick (l'autista di Fred, il Comandante di cui la donna era l'ancella da ingravidare), apparteneva al Mayday (organizzazione segreta nata per contrastare Gilead); il lettore resta però col dubbio: e se invece di essere una via di fuga, quel furgone si rivelasse un'enorme fregatura e quindi l'inizio della fine per Difred?

Il sequel ci dà le risposte che desideravamo.
Sedici anni circa dopo i fatti occorsi all'ancella, Gilead ancora resiste e, apparentemente, senza intoppi e forte come sempre: al suo interno i Comandanti hanno il pieno potere, le Zie sono sempre le stesse "educatrici" senza pietà (non tutte, certo), che allevano le ragazzine a diventare future Mogli devote a Dio, a Gilead e ai mariti; le ancelle, con i loro abiti rossi e i cappellonni bianchi a coprire il volto, continuano ad essere considerate alla stregua di "contenitori" da inseminare perché donino le loro creature alla causa gileadiana.

A farci da narratrici sono tre donne, le cui identità sono inizialmente nascoste, anche se pian piano il lettore comincia a nutrire da subito dei dubbi su chi siano, per poi toglierseli quando viene rivelato esplicitamente.
Tutte e tre le donne hanno lasciato i loro personali "testamenti", i resoconti delle loro esperienze, nella speranza che futuri lettori (e le ultime pagine, infatti, sono dedicate a ricercatori e storici che tengono convegni su Gilead, moltissimi decenni dopo, come già si leggeva nel precedente libro) un giorno possano leggerli e sapere cosa è accaduto ai loro simili anni e anni prima, in un postaccio chiamato Gilead.
Sono personaggi conosciuti a chi ha letto "Il racconto dell'ancella", e una più di tutte perchè è un persona che ha da sempre un ruolo importantissimo, collabora con i Comandanti per diffondere la "teologia gileadiana" e per far sì che ci siano ordine, obbedienza, servizio e dedizione assoluti da parte delle varie categorie di cittadini.
Questa donna - ormai in là con l'età, autrice del "documento olografo di Ardua Hall" - è intelligente, scaltra, colta, abituata a comandare e dare giudizi per via del lavoro che svolgeva prima di Gilead (è stata scelta a posta, in realtà, attraverso dei flashback ci viene raccontato anche come fu "assoldata"), è temuta, rispettata, lusingata, invidiata; ha contribuito alla fondazione di Gilead e alla formazione di tante sue leggi assurde e infami, per cui è assolutamente corresponsabile della atrocità perpetrate.
Eppure..., nonostante la decantata fedeltà e convinzione nella bontà dell'ideologia di Gilead, questa donna è una traditrice, una spia che collabora niente meno che col nemico, con coloro che vogliono distruggere Gilead.
E cosa c'è di meglio (o di peggio, dipende dai punti di vista) che creare crepe in un sistema se non partendo dal suo interno, coinvolgendo chi ha più potere e margine di azione, chi è al di sopra di ogni sospetto?
Questa donna sta quindi tramando contro Gilead e, per attuare i propri piani, coinvolge necessariamente delle persone, in particolare le altre due narratrici.

Queste due donne sono decisamente più giovani dell'altra.
Una non è nata a Gilead ma ci vive da quando è bambina: è cresciuta in casa di un comandante, ma né questi né la moglie sono i suoi veri genitori; ha frequentato una scuola che educa le bambine/ragazze ad essere future consorti pie e sottomesse, quindi conosce bene come si vive e si ragiona a Gilead; la giovane, che si chiama Agnes, è figlia di un'ancella ed è destinata, per volere della famiglia, a sposarsi.
Ma Agnes non vuole e farà in modo di non diventare la moglie del brutto e vecchio Comandante che è stato scelto per lei, finendo per entrare nel meccanismo messo in moto dall'anziana spia di Ardua Hall.
Il Testamento 369A redatto da Agnes ci fa conoscere com'è la vita di una fanciulla cresciuta in casa di un uomo in vista, i rapporti tra le Mogli, tra le ragazzine, la falsità e l'invidia che si celano dietro le false lusinghe e i sorrisi affettati, il lavoro delle Zie nel plagiare le menti delle giovanissime.

"Ti sorprenderebbe scoprire con che velocità si intorpidisce la mente, in assenza di altri esseri umani. Preso da solo, un individuo non è completo: esistiamo in relazione agli altri. Io ero una persona: rischiavo di diventare nessuna persona."

Il terzo resoconto - il Testamento 369B - racconta i fatti dalla prospettiva di una ragazza di soli sedici, nata a Gilead ma poi rapita e portata in salvo in Canada; cresciuta con una coppia che s'è presa cura di lei fino al giorno in cui è stata fatta fuori in un attentato, Daisy scopre di non essere chi credeva di essere; non solo, ma resta di sasso quando le viene rivelata la sua vera identità: un nome scomodo, una  persona di cui a Gilead ancora si parla tanto e su cui i "pezzi forti" della Repubblica non vedono l'ora di mettere le mani addosso per esibirla come un trofeo.

Tutte e tre queste donne - caratterialmente molto differenti tra loro - lavoreranno insieme per rovesciare Gilead.
Ce la faranno? Cos'hanno intenzione di architettare per realizzare la loro missione?
La maledetta Repubblica di Gilead poggia su incrollabili basi di acciaio... o su fragili gambe di argilla?


Mi sono accostata a queste pagine con tanta curiosità, e sono volentieri tornata in codesto angolo di mondo americano, immergendomi nuovamente nell'atmosfera cupa e surreale di Gilead, odiando ancora una volta gli uomini boriosi e prepotenti che stanno al potere e le Zie bigotte, autoritarie, burbere, spesso cattive, provando simpatia per le laboriose Marte e pena per le ragazzine costrette a sottomettersi alle dottrine propugnate in questa società malata; ho conosciuto meglio il piccolo universo delle Zie, come vengono istruite e addestrate per questo ruolo rilevante e privilegiato.

Mi ha anche coinvolto il piano traditore della testimone più anziana, personaggio odioso ma anche intrigante perché forte, spietato, furbo, consapevole della propria facoltà di influenzare il corso degli eventi nel bene e nel male.

Ecco, per assurdo, fino a quando ero immersa in Gilead, il fascino perverso di una società di questo tipo riusciva a tener desto e alto il mio coinvolgimento, forse perché comunque a far da padroni erano i comportamenti, gli stati d'animo, le speranze, le paure, i pensieri, i tradimenti, e in generale le relazioni umane, così complesse e ricche di contraddizioni.

Il "problema" è sorto quando la Atwood è passata all'azione, provando a creare situazioni tipiche della serie tv, che infatti alterna (soprattutto nella seconda e ancor più nella terza stagione) momenti statici ad altri più dinamici, avventurosi.

Quando ho cominciato a capire cosa avrebbero fatto per portare avanti la loro missione le tre protagoniste - e quando poi l'ho letto -, onestamente il picco di attenzione ha subito un calo brusco.
A parte che si risolve tutto molto (troppo?) in fretta, ma poi l'ho trovato prevedibile e un tantino banale, poco sviluppato. Tutto il pathos che comunque ho provato durante la lettura, mi è sceso arrivando alle ultime battute.
Il finale non è stato degno delle aspettative (certo, posso sempre dare la colpa alle mie aspettative), ma non perchè non lo condivida, bensì per come si arriva ad esso: mi sarei aspettata un po' più di suspense, di originalità, di avventura... E invece ho trovato l'epilogo piatto, poco coinvolgente e appagante.
E' come se la Atwood si fosse affrettata a scrivere un sequel preoccupandosi che esso si allineasse alla serie  (e posso pure capirlo) e, in un certo senso, la proseguisse; se I Testamenti saranno la base della sceneggiatura della quarta stagione ditemelo, che forse me la risparmio, anche se credo di no, considerato come finisce la terza ^_^

Avete letto questo libro? Se sì, che ve n'è parso? Ha soddisfatto la vostra curiosità o ha deluso un po' anche voi?



"Il mondo non era più né solido né affidabile, era poroso e ingannevole. Qualsiasi cosa avrebbe potuto sparire in un attimo."

"Quando c’è un vuoto, la mente si sente in dovere di riempirlo. La paura è sempre pronta a occupare un posto libero, così come la curiosità."

4 commenti:

  1. Anche la sola recensione mi ha messo una grande angoscia addosso ... giustamente,dato che fa parte dell'atmosfera di un distopico

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si, l'angoscia viene al solo pensiero di come vivremmo in una società del genere....

      Elimina
  2. Mi sono annoiata profondamente leggendo l'altra Grace. Scritto bene, ma pesante, pesante, pesante. La curiosità di leggere il ciclo delle "Ancelle" vorrebbe darle una seconda possibilità, ma dopo la tua recensione, non so se lo farò.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Guarda, non è che lo sconsigli perché, come hai notato con il libro che hai letto, lei scrive bene e nel caso di questa duologia, ad essere accattivante è il contesto immaginato.
      Però nel secondo ho trovato poco interessante lo sviluppo delle vicende.. Peccato.

      Elimina

Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz