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giovedì 23 luglio 2020

Recensione: IL PUPARO di Salvatore Lecce e Cataldo Cazzato



Puoi essere un bravo ragazzo quanto ti pare, ma se la vita, imprevedibile com'è, ti infila in situazioni estreme e pericolose, dove, per salvarti la pelle, devi fare scelte discutibili..., puoi riscoprire lati di te che non credevi di possedere.
E quel che succede a Giacomo Reale, il protagonista di questo avventuroso noir.



IL PUPARO
di Salvatore Lecce, Cataldo Cazzato


goWare Ed.
296 pp
"Che lo spettacolo abbia inizio! Signore e signori, lasciatevi prendere per mano e trasportare nell'emozionante teatro dell'opera dei pupi!"


Non c'è esistenza tranquilla e anonima che non possa, in casi eccezionali, trasformarsi in una vera e propria avventura, con tanto di fughe rocambolesche e imboscate pericolose.

Lo impara a proprie spese e suo malgrado un fotografo qualunque di un paesino siciliano qualunque.

Giacomo Reale fa il fotografo per mestiere ma la sua vita cambia da un momento all'altro quando viene scelto per curare il servizio fotografico per le nozze della figlia di don Ninì Buttafava, famigerato boss mafioso soprannominato “’u Puparu”.

La promessa sposa - Maria Carmela - è bella, sensuale, fa girare la testa a tutti i maschietti che posano gli occhi su quel pezzo di femmina; purtroppo per lei, non solo è figlia di un malavitoso, ma sta per sposare don Pasquale, che è della stessa cattiva pasta.
Giacomo, se potesse, non accetterebbe l'incarico ma intuisce da subito che non potrebbe di dir di no al Puparo e uscirne indenne; tanto vale fare il proprio lavoro e poi... chi s'è visto, s'è visto.
Ma evidentemente, il Fato o chi per lui ha deciso diversamente: per una serie di circostanze drammatiche e, fino a un certo momento, accidentali, finisce per mettersi nei guai e per diventare il bersaglio di don Ninì e dei suoi scagnozzi.
Il boss, infatti, ha le sue ragioni per essere infuriato, e medita tremenda vendetta contro chi lo ha vigliaccamente privato di uno dei suoi affetti più cari, e purtroppo Giacomo viene incolpato di qualcosa che non ha fatto; che sia a causa di un destino avverso o di un complotto per scaricare su di lui ogni responsabilità, sarà il tempo a dirlo.

Intanto che il tempo si decide a fare il galantuomo, Giacomo è costretto a prendere coscienza di come sia iniziata una caccia all'uomo (e quell'uomo è proprio lui) forsennata e priva di scrupoli: lo vogliono morto e i Buttafava sono criminali che non scherzano, non dimenticano e non fanno sconti.
Sono anche poco ragionevoli, quindi non c'è tentativo di farli ragionare che possa avere senso: non resta che darsela a gambe e, grazie all'aiuto prezioso dell'amico di sempre - Ciccio -, Giacomo prima si limita a nascondersi nei dintorni di casa propria e poi a fuggire.
Fortunatamente, per lui non è difficile orientarsi tra i luoghi aspri e selvaggi della terra in cui è nato e cresciuto; a rendere pesante la sua fuga adrenalinica è il timore di dover fare il latitante a lungo e di non poter vedere più le persone cui vuol bene (la madre, Ciccio...), con la paura che accada qualcosa di brutto a loro per colpa sua; non solo, ma Giacomo si troverà ad avere a che fare con strani ed enigmatici personaggi, alcuni dei quali potrebbero essere degli traditori e servirsi di lui per i propri personali scopi.

"Dicono che negli astri si possa leggere il nostro destino. Chissà se non vi sia davvero scritto ciò che sta per accadere.(...) Così è la vita, purtroppo. Crediamo di essere noi stessi artefici delle nostre azioni, quando invece siamo soltanto marionette. Pupi nelle mani di un puparo. "

Il nostro fuggitivo deve tirare fuori la propria scaltrezza, l'istinto di sopravvivenza, il sangue freddo, e anche la giusta dose di cinismo necessaria per non soccombere; gli eventi imprevedibili e concitati che lo travolgeranno faranno emergere delle caratteristiche di sé che non credeva di avere e che, in casi normali, disapproverebbe; ma quando è in gioco vita, interrogarsi sulla giustezza o meno di certe azioni diventa per lui l'ultimo dei problemi.


"Che senso aveva pensare che un tempo sei stato retto e onesto, quando poi vai a bussare alla porta di  certa gente? Puoi vantarti di aver sempre rispettato la legge (beh, più o meno), pagato le tasse, adempiuto ai doveri di buon cittadino. Di non aver mai oltrepassato i confini dell'etica e della  moralità. Ma dopo quel passo non conta più nulla, perché quanto di buono è stato fatto prima viene  vanificato, spazzato via come un castello di sabbia da un'onda improvvisa. Ci si sporca  indelebilmente. E io, ormai, facevo parte del lerciume. Ecco cosa continuavo a ripetermi. Io e tutta la gente con cui avevo avuto a che fare. Tutti, sì, nessuno escluso, in un calderone di immondizia."


In questo noir ad avvincere il lettore è, a mio avviso, in primis la consapevolezza di trovarsi davanti ad un protagonista comune, che non ha doti e qualità da eroe: un ragazzo simpatico, con una professione "normale", che conduce una vita senza grosse emozioni; è un buon amico e un figlio premuroso, che va a trovare regolarmente la mamma ricoverata in un ospizio; l'azione peggiore che gli si può attribuire è aver messo gli occhi su una donna fidanzata, ma questo di certo non fa di lui un uomo "in odor di mafia"!

Se non fosse che, da un giorno all'altro e per una serie di circostanze casuali (che diventano causali), si ritrova a doversi ingegnare per affrontare minacce e pericoli di morte. 
La psicologia e il carattere di questo personaggio non emergono tanto grazie al ricorso a sequenze riflessive (che comunque ci sono) lunghe, cervellotiche, e a dialoghi interiori, quanto attraverso le azioni, le scelte operate dal protagonista stesso, che tra l'altro è un tipo molto pratico, più istintivo che riflessivo, e non di rado l'istinto riesce a salvarlo da certe situazioni che volgono palesemente a suo sfavore.
La narrazione è in prima persona per cui è con gli occhi di Giacomo che viviamo ogni momento: dalla paura di restarci secco ai mille dubbi, ai pericoli che via via lo travolgono, e nonostante le disavventure egli riesce a mantenere una certa ironia e leggerezza, oltre che la speranza (incosciente?) di riuscire a cavarsela, magari giocando la mossa vincente al momento opportuno.

Le pagine de "Il Puparo" scorrono scattanti e veloci sotto gli occhi del lettore, che volta le pagine con la crescente curiosità di scoprire cosa ne sarà di questo giovanotto inseguito da criminali dal grilletto facile; le vicende si susseguono a un ritmo incalzante, dinamico, molti i momenti di tensione, che vedono il protagonista a faccia a faccia con la possibilità di chiudere gli occhi per sempre; il linguaggio è adeguato al protagonista, ai personaggi che intervengono e al contesto; la presenza del dialetto siciliano contribuisce a dare maggiore "realismo" alla narrazione e una più precisa e forte caratterizzazione dei personaggi.

Non mi resta che complimentarmi con gli autori per questo romanzo trascinante e vivace, con uno sfondo ben delineato, una trama intrigante e un protagonista scatenato pronto a tutto.

Ringrazio goWare Edizioni per la copia omaggio di questo noir, che consiglio, in particolare agli appassionati del genere. 

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz