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venerdì 19 novembre 2021

Recensione: L'ISOLA SOTTO IL MARE di Isabel Allende



La protagonista di questo romanzo della scrittrice cilena Isabel Allende, è Zarité, detta Tété, una schiava mulatta che, nel corso della sua vita ricca di avvenimenti più difficili che lieti, saprà aspettare il momento giusto per affrancarsi, continuando ad alimentare dentro di sé la fiamma della libertà e muovendosi al suono e al ritmo dei tamburi africani, che la fanno sentire viva e padrona di se stessa.


L'ISOLA SOTTO IL MARE
di Isabel Allende



Feltrinelli
trad. E. Liverani
427 pp
Nel 1778 Zarité ha nove anni e vive nell'isola di Santo Domingo; questa mocciosetta magrolina, con una massa si capelli neri e arruffati e un paio di occhi penetranti e vivi, è figlia di una madre africana (originaria della Guinea) che non ha mai incontrato e di uno dei marinai bianchi che l'hanno condotta in schiavitù. 

La sua giovanissima vita si incrocia con quella del ventenne Toulouse Valmorain, che arriva sull'isola nel 1770 col desiderio di diventare  il proprietario di piantagione di canna da zucchero ricco e potente; ma gestire Saint-Lazare - la piantagione di suo padre - si rivela sin da subito un'attività complessa, per quanto a modo suo stimolante. 
Capisce, anzitutto, che non ha senso esser ricchi da soli, bisogna avere  qualcuno con cui condividere i successi; si fidanza, così, con una giovane donna cubana, Eugenia, sorella del buontempone e allegro Sancho, con cui Toulouse manterrà sempre un rapporto di fraterna amicizia.

A sua volta, la fidanzata necessita di una schiava personale, che si dedichi a lei e risponda ad ogni sua esigenza; la mulatta Violette - una cortigiana bellissima, piena di fascino seduttivo, ai cui piedi gli uomini cadono folgorati e bramosi di passare anche solo un'ora d'amore con lei - trova per l'uomo la schiavetta giusta: la piccola Zarité, chiamata Tété.

La bimba è intelligente, acuta e silenziosa osservatrice; sa stare al proprio posto con umiltà e mansuetudine, è premurosa con la sua padrona (che con il tempo rivelerà una personalità bisbetica, disturbata da isteria e altri problemi emotivi e psicologici), va incontro egregiamente a ogni sua richiesta, dimostrando di essere una presenza indispensabile e preziosa in casa Valmorain.
Ma ad aver bisogno di Tété non è soltanto madame..., bensì anche monsieur.

L'uomo aspetta che Tété cresca un po' per poi pretendere che diventi la sua amante fissa; la ragazzina diventa quindi l'oggetto con cui il padrone si trastulla e sfoga le proprie voglie e questo durerà per moltissimi anni, per tutto il tempo che Tété sarà schiava dei Valmorain. 

Sebbene la sua adolescenza a Saint-Lazare sia costellata di paura (in particolare è terrorizzata dal capo degli schiavi, Mr Cambray, un uomo spietato, crudele, capace di frustare a sangue gli schiavi solo per  capriccio), stupri, maltrattamenti..., Tété ha la tempra forte; è saggia, paziente e devota agli spiriti africani, ai quali chiede protezione, e proprio nei riti vudù e nei ritmi tradizionali di danze e  tamburi  trova conforto e attimi di gioia.

Nonostante il suo approccio con l'altro sesso sia stato deviato e sporcato dalla violenza sessuale ripetuta, ad opera del padrone, anche per lei arriva l'amore, nella persona di Gambo, un giovanotto forte e coraggioso, che crescendo si aggregherà agli schiavi rivoltosi, i quali combatteranno per spezzare le catene della schiavitù sotto il giogo francese.

Purtroppo però questo amore sincero e appassionato non è benedetto da una buona stella; la Storia ci ricorda che da un certo momento in poi (1790) gli schiavi cominciano a fare pressione sul governo coloniale per ottenere maggiori diritti, fino a ribellarsi con veemenza; quando la sanguinosa rivoluzione condotta da Toussaint Louverture raggiunge le porte di Saint-Lazare, la situazione si fa sempre più sanguinosa, satura di tensioni, morti, linciaggi, paura e terrore, e tutto questo investe e stravolge l'esistenza della povera Tété.

Il padrone, terrorizzato all'idea di essere trucidato dai neri selvaggi e indemoniati, arriverà a fuggire per mettere in salvo se stesso e il figlioletto Maurice (diventato, intanto, orfano di madre), il quale è affezionatissimo alla sua Tété (la chiama affettuosamente maman), che infatti andrà con loro; anzi, grazie a lei e a Gambo, i tre fuggiaschi usciranno vivi dalla piantagione e riusciranno a mettersi in salvo negli Stati Uniti (Gambo continuerà a combattere con i ribelli). 

In Louisiana, a New Orleans, inizia una nuova vita per Tété, la quale è sempre tesa verso la conquista della libertà per sè e per la figlioletta Rosette.

La ragazza ha avuto una prima gravidanza anni prima, ma il padrone le aveva sottratto immediatamente il primogenito dalle braccia per darlo a una coppia di amici; la secondogenita (figlia anch'ella di Toulouse) resta con lei, crescendo ben accudita, negli agi e maturando un sentimento molto forte per il fratellastro, Maurice, che a sua volta l'ama incondizionatamente.

Quando approdano a New Orleans, non è facile per Zarité conquistare la libertà e i suoi rapporti con Valmorain purtroppo non si spezzano; ne è ancora in qualche modo condizionata ma non sarà sola: ritrova l'ex-cortigiana Violette (che in qualche modo si occuperà di lei e Rosette), stringe amicizia con padre Antoine (un frate molto amato e venerato come un santo) e con un nero (un ex-schiavo africano, divenuto poi imprenditore), Zacharie, che sembra essere l'uomo giusto al quale unire il proprio destino.


Leggere questo romanzo dell'Allende per me è stato un po' come guardare un film lungo e denso di personaggi e avvenimenti sì immaginari ma che si stagliano su uno sfondo realistico e molto suggestivo, col risultato di ritrovarci davanti ad un'opera ricca di dettagli, contrassegnata da una notevole forza narrativa che si dispiega attraverso le vicende di una protagonista tenace, coraggiosa, resiliente, fiera e dignitosa, la quale è mossa sempre da quell'anelito di libertà che infuocherà i ribelli e che porterà all'indipendenza di Saint Domingue.

L'Allende racconta di schiavitù, di discriminazione razziale, di violenze e maltrattamenti, di uomini lascivi e prepotenti, di giovanotti ardimentosi e pronti a morire per la libertà, di donne che riescono a trovare il proprio posto nella società nonostante il colore della pelle, e di altre che devono battersi per ottenere il riconoscimento di diritti essenziali.

Zarité non è un'eroina senza paura o una guerriera che compie chissà cosa per diventare una donna libera; lei vive in un periodo storico complicato e si prende tutte le responsabilità alle quali è chiamata, ingoiando bocconi amari quando è necessario e tirando fuori la lingua e il coraggio quando sa che può pretendere.
È una madre disposta a sacrificarsi per il bene delle proprie creature; è una schiava obbediente che strappa brandelli di gaiezza e libertà ballando al ritmo della musica africana; è laboriosa, devota ai potenti spiriti del suo popolo; è una donna voluttuosa, appassionata, fedele al proprio amore, ma anche pratica, che sa riconoscere il momento in cui è saggio smettere di aspettare un fantasma del passato e lasciarsi proteggere da un uomo presente e affidabile.

L'umanità che ci viene presentata tra le pagine di questo romanzo, che mescola storia e immaginazione, è come un grande quadro pieno di colori, di tutte le tonalità, su cui predomina il rosso della passione e dell'ardore di chi non si arrende al proprio destino crudele ma lo trasforma in un grido di rivolta, di speranza, di cambiamento.

Nel complesso, il mio parere sul libro è positivo, ma non posso non confessare che ho trascinato la lettura più del dovuto; per quanto io apprezzi l'accuratezza nella descrizione dell'ambientazione, ne ho sentito un po' il "peso", nel senso che a metà del "viaggio" mi ero arenata e ho risentito della lentezza del ritmo; però da un certo punto in poi ho riacquistato velocità e ho proceduto speditamente fino alla fine.

Comunque lo consiglio, l'Allende merita sempre.

2 commenti:

  1. Ciao Angela, della Allende ho letto solo "Il gioco di Ripper", che ricordo essermi piaciuto molto! Per questo mi piacerebbe leggere altro di suo :-)

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    1. Il gioco di Ripper vorrei leggerlo!!
      l'allende resta una garanzia, fermo restando che alcuni suoi romanzi possano piacere più di altri (cosa che credo sia "fisiologica" quando un autore è prolifico)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz