PAGINE

venerdì 11 febbraio 2022

RECENSIONE: I FIGLI DEL DILUVIO di Lydia Millet


Questa è la storia di un gruppo di ragazzi che si trova ad affrontare le conseguenze disastrose di uragani e inondazioni, che trasformano la loro vacanza estiva in un'esperienza decisamente più avventurosa del previsto e, di certo, più drammatica.

La Millet, attraverso i suoi figli del diluvio, ricorda all'umanità le proprie responsabilità e i propri doveri verso le giovani (e le future) generazioni: c'è un pericolo che ci riguarda tutti e che non può essere più ignorato o preso sotto gamba e che risponde a una "semplice" domanda: quale mondo stanno lasciando le attuali generazioni, non tanto e non solo a chi verrà dopo, ma... a loro stesse e ai bambini/giovani di oggi?
Ma soprattutto, ci dice che questo gruppetto di ragazzi è capace di restituire al mondo ciò che gli adulti incoscienti ed egoisti hanno provato a rubare loro: la parola futuro.
Nonostante le devastazioni attorno a loro, i ragazzi stanno imparando che "la parola paradiso fa parte di un codice, vuol dire solo un buon posto sulla Terra dove abitare." 
Ma questo posto devono essere capaci di amarlo e custodirlo.



I FIGLI DEL DILUVIO
di Lydia Millet



Edizioni NN
trad. G. Guerzoni
208 pp

"In quel periodo, come molti di noi, stavo venendo a patti con la fine del mondo. Il mondo che mi era familiare, perlomeno. Gli scienziati dicevano che stava per finire, i filosofi che stava per finire da sempre. Gli storici dicevano che c’erano già state epoche oscure. Tutto si sarebbe risolto comunque, perché alla fine, se eri paziente, l’illuminazione sarebbe arrivata..."


Cosa c'è di peggio e di più noioso per un adolescente che andare in vacanza con i propri genitori?
Evie (voce narrante) e il suo fratellino Jack seguono mamma e papà per il periodo estivo in una villa a due passi dall’oceano, dove è previsto che trascorrano, insieme ad altre famiglie con prole, una lunga villeggiatura. 

La ragazza fa amicizia con il gruppo eterogeneo di altri figli, alcuni coetanei, altri più piccoli; e se questi ultimi si divertono, in qualche modo, a giocare con bambole e avventurandosi nella natura circostante, i più grandi si aggirano annoiati in spiaggia o per casa, cercando di passare il tempo e, soprattutto, di evitare i terribili adulti.

Hanno inventato anche una sorta di "gara a punti", fatta di regole da osservare, tra cui la più importante: fare in modo che gli amici  non scoprano l'identità dei genitori di ciascuno.
Sarebbe davvero motivo di grandissimo imbarazzo, per non dire vergogna.

Sì, perché i ragazzi si vergognano moltissimo dei propri genitori e fanno di tutto per ignorarli e nascondersi da loro pur di non svelarne la incresciosa e svilente parentela.
Questi padri e madri sono puntualmente oggetto di risatine di scherno, di pungenti commenti al vetriolo per il loro aspetto fisico, il modo di vestire, di parlare, gli atteggiamenti sciocchi, vanesi, patetici, irritanti..., insomma né ad Evie né agli altri verrebbe mai in mente di dire: "Ecco, quelli sono i miei vecchi!".

Tra qualche goccio di alcool e un po' di erba, le giornate passano in modo sonnacchioso; a meravigliare (in senso negativo) il lettore è però la constatazione di come i primi a darsi a festini fatti di vizi e stravizi, dove scorrono fiumi di alcool e di droga (non solo "leggera") e sesso, sono proprio madri e padri, totalmente immersi in un infinito happy hour e completamente indifferenti ai loro ragazzi, salvo che per ordinare loro qualcosa ogni tanto, giusto per rammentare (a se stessi?) chi sono i "grandi" e chi comanda (hanno pure confiscato ai figli i cellulari).

A destare preoccupazione, però, tra un tiro e l'altro e chiacchierate in riva al mare, è la notizia di un imminente uragano.

Notizia che pare allarmare solo i figli e non i genitori; in particolare, a prendere molto sul serio la cosa è il piccolo Jack, che - guidato dal racconto biblico di Noè contenuto nella sua copia di Bibbia illustrata per ragazzi - si convince di dover fare qualcosa perché la vita possa continuare dopo che sarà passato il diluvio, che forse non sarà universale ma di certo qualche danno lo farà...!
Il ragazzino decide di mettere in salvo tutti gli animali che può raccogliere, dal barbagianni alle capre agli opossum.
Sua sorella Eve - che adora il bambino, è molto protettiva nei suoi confronti e lo asseconda amorevolmente - e gli altri ragazzi lo aiutano, raccogliendo anche viveri nelle case sugli alberi. 

Purtroppo la tempesta infuria, forti venti distruggono la villa e le città, creano ovviamente problemi nei trasporti, nelle comunicazioni, e per salvarsi i ragazzi sono costretti ad abbandonare i genitori e a cercare un rifugio di fortuna altrove.
I "vecchi" tentano blandamente di fermarli, ma in realtà essi sono così scarichi, depressi, disorientati e, purtroppo, anche annebbiati da alcolici e droghe, da non avere le forze né fisiche né psicologiche per opporsi.

Questi adulti, che dovrebbero avere a cuore il destino dei figli prima ancora che il proprio, lasciano che i ragazzi vadano via, verso il nulla o, peggio, verso pericoli sconosciuti, mentre essi restano là dove sono a leccarsi le ferite e a subire passivamente gli eventi.

Eve e gli altri si mettono in viaggio su un paio di furgoni per cercare di arrivare nella grande e bella casa di uno di loro (Juicy), ma il progetto per ora è irrealizzabile, così giungono e si fermano in una casa abbandonata, dove trovano dei viveri alimentari per sopravvivere per un po' di tempo; decidono - aiutati anche da uno sconosciuto, Burl, che si rivela una presenza preziosa e un valido aiuto per i giovani vagabondi - di sostare lì, provando a tirare avanti insieme, collaborando, come una piccola comunità che cerca di resistere allo sfacelo attorno a sé, aspettando e sperando nell'arrivo di tempi migliori.

Ogni tanto, durante il giorno, il pensiero di quei genitori disgraziati, lasciati soli nella villa delle vacanze (o ciò che ne resta), li afferra e li induce a mandare - di nascosto dagli amici - un messaggino per sapere come stanno, e apprendono che purtroppo le cose non vanno benissimo, perché in molti si sono ammalati.
Del resto, era inevitabile, vista la scarsa capacità di prendersi cura di se stessi (figuriamoci della prole!) e senza i figli a spronarli (seppur con scarsa delicatezza).

Intanto, il loro soggiorno in questa casa sperduta si arricchisce di avvenimenti imprevisti e complicati, tra cui la nascita della sorellina di una di loro (Sukey), l'incontro con quattro persone molto disponibili e gentili che si aggiungono alla loro piccola comunità (a ricordare ai ragazzi che, dopotutto, non tutti i "grandi" sono pigri e irresponsabili!), e l'arrivo di un convoglio di soldati bifolchi e dalle intenzioni tutt'altro che rassicuranti.

Dal momento in cui questi criminali prepotenti fanno irruzione nella casa, per i ragazzi inizia il momento più difficile, in cui dovranno cercare di far fronte comune e provare a resistere alla violenza imprevedibile di questi malintenzionati.

Riusciranno a venirne fuori sani e salvi, a raggiungere la casa di Juicy - che sembra, ai loro occhi, una sorta di terra promessa da conquistare per ritrovare finalmente una parvenza di pace e stabilità, chiudendo fuori il caos e la devastazione?
I genitori usciranno dal loro torpore apatico ed infantile per riconciliarsi con i loro figli, che stanno dimostrando di essere più maturi e coraggiosi di loro? 
Il piccolo Jack riuscirà a salvare i suoi adorati animali, come un moderno e giovane Noè?


I figli del diluvio ci racconta una storia che non è incentrata sulla catastrofe climatica in sè (il diluvio, per quanto da esso prenda avvio) quanto sui veri protagonisti, i figlida bambini di sette anni ad adolescenti di diciassette, essi si muovono tra le macerie delle inondazioni e dei venti d'uragano e cercano non soltanto di resistere alla rovina del loro mondo, ma di fare qualcosa; contrariamente agli adulti - passivi, demotivati, narcisisti, menefreghisti, immaturi, senza scopi e motivazioni, con scarso amore per le proprie creature, con il cervello ormai obnubilato da ecstasy e bourbon -, i giovani prendono in mano la situazione e non accettano di restar fermi davanti alla natura che si ribella, ma provano a sopravvivere, dimostrando carattere e più sale in zucca dei loro "vecchi".

Questi genitori, ai loro occhi, non sono innocenti; certo, non sono materialmente colpevoli di quel disastro, ma moralmente sono comunque responsabili del disinteresse e della mancanza di rispetto verso l'ambiente, che sta facendo sentire la propria voce.
Eppure non sono padri e madri sempliciotti, di basso ceto sociale: parliamo di persone ricche
(a parte qualche eccezione), istruite, con una vena artistica e con un posto nella società in virtù del loro lavoro; ma hanno la grande colpa di non aver fatto nulla di concreto, ciascuno nel suo piccolo, per lottare, per lasciare ai figli un briciolo di speranza in un futuro migliore.

«Siete stati solo stupidi» dice Sukey. «E pigri». (...) «Avete abbandonato il mondo» (...) «Avete lasciato che andasse tutto in vacca». (...)
«Mi spiace deludervi, ma non abbiamo tutto quel potere» dice un padre. 
«Già. Non sapete dire altro» (...). 
«Sentite. Vi abbiamo deluso, lo sappiamo» dice una madre. «Ma cos’avremmo potuto fare, secondo voi?». 
«Lottare» (...) «Avete mai lottato?».


Nella prima parte del libro (prima del diluvio), non vi nascondo di aver pensato che questi ragazzini fossero esageratamente sprezzanti e maleducati verso i loro genitori, ma mi son dovuta ricredere e accettare la realtà: erano gli adulti ad aver tradito il proprio ruolo di guide, di punti di riferimento per i figli, mentre questi - per quanto a volte cinici, duri, sgarbati e senza peli sulla lingua - hanno dovuto fare i conti con un presente difficile, caotico e hanno tirato fuori le proprie personali risorse per affrontarlo con intelligenza, saggezza, collaborando, andando oltre i facili egoismi, per conservarsi in vita, tendendo acceso il lumicino della speranza.

"Una volta lasciavamo che facessero tutto loro, lo davamo per scontato. Poi era arrivato il giorno in cui avevamo fatto da soli. Eppure, tempo dopo, ci eravamo resi conto che i nostri genitori non avevano fatto proprio niente. Si erano dimenticati la cosa più importante, nota anche come: il futuro."

Drammatico e ironico, il libro della Millet, oltre a parlarci di incomprensioni generazionali, di adulti che hanno perso ogni visione, di una società che corre ciecamente verso i disastri ambientali, ci rammenta anche che la speranza può risiedere nelle giovani generazioni, a condizione che esse raccolgano la sfida di trovare nuovi linguaggi, nuove prospettive e nuove risorse per reinventare il mondo.

Consigliato ^_- 

Nessun commento:

Posta un commento

Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz