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martedì 8 marzo 2022

[[ RECENSIONE ]] LA FELICITÀ DEGLI ALTRI di Carmen Pellegrino


Cloe è una donna abituata a parlare con le ombre, con i morti; un'anima in pena, con lo sguardo rivolto costantemente al passato, a un evento in particolare, fonte della sua tristezza, della sua incapacità di stare al mondo. Desiderosa fin da bambina di essere amata, accettata, accolta, compresa, ascoltata, da adulta vive come se di tutto questo non avesse bisogno, anzi rifugge ogni legame duraturo, sentendosi incapace di dar vita a qualcosa di stabile, di vero, di concreto.
Del resto, lei vive di parole scambiate con chi non c'è più o, al massimo, con chi è invisibile quanto lei.
Ma anche una persona complicata come Cloe conserva dentro di sé il desiderio, il sogno, la necessità urgente di avere un posto in cui sentirsi a casa e di coltivare la speranza anche quando dentro e fuori  non c’è che rovina.



LA FELICITÀ DEGLI ALTRI 
di Carmen Pellegrino




Ed. La Nave di Teseo
160 pp
"O forse la felicità
è solo degli altri, d’un altro tempo,
d’un’altra vita e a noi non è possibile
che recitarla come viene viene..."


Cloe vive un'esistenza che, raccontata, sembra frammentata, confusa, come quei sogni che ti accompagnano al risveglio, al mattino, e che tu sai di aver fatto ma, chissà come mai, non riesci a descrivere e raccontare con parole chiare.

È una di quelle persone cui non basta questa dimensione terrena per esistere e la realtà del presente è molto vicina e comunica con la realtà immaginata.

Cloe è viva ma al contempo non vive; non sa farlo perché qualcosa s'è inceppato nel suo cammino, rendendola un'ombra di sé stessa, un'anima continuamente in ascolto delle voci di chi non c'è più e si ostina a non volerla lasciare, primo su tutti il fratello Emanuel, la cui voce amata si perde nei ricordi di un'infanzia fatta di urla, litigi, minacce, abbandoni da parte di due genitori pieni di fragilità, inadeguatezze, errori.

Cloe non sa sostare a lungo nei propri panni e questo le impedisce di fermarsi definitivamente in una città, di stabilirsi in una casa oltre un certo tempo.

"Per lo più sono andata avanti così, senza destino, come veniva. In un continuo saliscendi di stati emotivi, non ho fatto che cercare qualcuno che curasse la mia ferita".

Cloe non sa stare al mondo perché nella sua giovane esistenza ha perduto affetti, case, ha cambiato città, nome... così tante volte che raccapezzarvisi e trovare tutti i frammenti di sé e metterli insieme è diventato difficile. Vive come chiusa in una gabbia di cui però non ha le chiavi per aprirla e liberarsi.

Eppure cosa chiedeva per sé e per suo fratello, se non che fossero amati da chi li aveva messi al mondo?

“I miei sogni sono una persecuzione, ogni notte è lo stesso. Anime tormentate che mi vorticano intorno, mio fratello soprattutto. Ma io non ho potuto fare nulla. Cosa potevo fare?”

Cloe è come un uccellino dall'ala ferita, che vorrebbe ma proprio non riesce ad alzarsi in volo, non fino a quando quell'ala non sarà sistemata e il nodo che le grava sul cuore - sulla responsabilità (la colpa?) di ciò che è accaduto ad Emanuel - non verrà sciolto.

Quante e quali sono le sue colpe?
E quelle di mamma Beatrice, una donna mezza matta che li amava, probabilmente, ma era troppo strana e inaffidabile per aver cura dei figli come una madre dovrebbe fare?
E che dire del padre, Manfredi? Uno psicologo che a un certo punto ha tradito la moglie e s'è rifatto un'altra vita, un'altra famiglia, e tanti saluti a moglie e figli.

Nel suo cammino costellato di fragorosi insuccessi e improvvisi passi avanti, Cloe è sempre accompagnata da voci, ricordi, personaggi sfuggenti ed evanescenti come lei; come il professor T., docente di Estetica dell’ombra, un uomo placido e colto, che saprà essere per la donna un prezioso aiuto per guardarsi dentro, per individuare quel buco nero che è dentro di lei, che la spaventa ma che non può essere negato come se non esistesse. Non dovremmo aver paura delle ombre né dell'oscurità; sono essenziali, tanto quanto i corpi, le presenze, la luce.

“L’oscurità (...) è ciò da cui la luce prende origine. Nessun giorno spunterebbe mai, se la notte non preparasse la via.”

Tutti abbiamo un lato oscuro: quello degli altri ci spaventa, come se potesse inghiottirci in quel buio e privarci della nostra luce.
Il caro professor T...: l'unico che ha visto le sue tante ombre e né è scappato né ha cercato di dissolverle; ma le ha detto, tra le tante cose: "Torna alla Collina, dove sei stata felice."
Felice. Ma cos'è la felicità?

"...di quale felicità parliamo? Quella di là da venire, la felicità degli altri, dato che, a ben guardare, la nostra vita è percorsa da un profondo sentimento di tristezza."

Nella vita di Cloe ci sono Madame e il Generale, i buoni e cari guardiani della Casa dei timidi, una sorta di rifugio per bambini scacciati, abbandonati, indifesi; là Cloe è stata accolta a dieci anni.
In questo posto quasi magico, lontano dal caos e dalla violenza del mondo, vivevano i bambini che nessuno voleva, se non questa coppia strana ma amorevole, che ha fatto sua la missione di accogliere questi "figli dell’aria, i figli di nessuno". Figli di Dio, di quel Dio che ha lasciato venire Suo Figlio sulla terra, in mezzo agli uomini, per salvarli, e che da essi invece è stato scacciato.
Purtroppo, anche la Casa dei Timidi sulla Collina è stato solo uno dei tanti luoghi attraversati, e quando un evento drammatico ne ha decretato la chiusura, la diciottenne Cloe si è ritrovata nuovamente sola, sradicata, smarrita.

C'è stato un uomo, un compagno: avrà saputo darle amore, conferme, una presenza tanto forte da scacciare i fantasmi?

C'è stata anche una vita, anzi no..., un inizio di vita, interrotta prima che invadesse un campo non suo, uno spazio già pieno di ombre, di fantasmi che facevano sentire con insistenza le proprie voci; non c'era posto per un'altra presenza ingombrante. E poi proprio lei, affetta irrimediabilmente da una sorta di "disappartenenza" continua, fissa, che è sempre stata brava a praticare..., poteva mai appartenere a qualcuno o avere qualcuno che le appartenesse per sempre?

C'è stato Jerus (può esserci ancora, nel presente?), anch'egli ospite della Casa sulla Collina, con cui ha condiviso abbracci, silenzi, l'esperienza di due corpi che per un po' si sono avvicinati tanto da fondersi. Quasi.
Jerus, che da bambino era ribelle, oscuro, litigioso, che bramava di starsene separato da tutti, indisturbato. 
Ma anche con lui, Cloe non riesce a dar vita a un legame.
Proprio lei, che ha una fame d'affetto tale da esser pronta a mendicarlo, pur di riceverne almeno un po' in cambio.

"Nell’inverno del mio cuore ho desiderato a lungo di essere amata. Talmente impaziente, questo desiderio, da ritenerlo a un certo punto un’aberrazione affettiva."

L'esistenza di Cloe ha un che di paradossale: pur essendo piena di fantasmi, la cui presenza infesta e tormenta le sue notti, è solitaria. Cloe è sostanzialmente sola e fa di tutto per restarci, nonostante ne soffra, nonostante sia a disagio con se stessa. Le persone che l'avvicinano e che vorrebbero abbattere la sua tristezza, la sua solitudine, vengono allontanate.

Si sente triste e vive questa tristezza come un modo di essere che le appartiene e che non può mutare, su cui non c'è proprio niente da fare.

"...io ero una comparsa senza corpo nella mia stessa vita, separata, distaccata da quello che mi accadeva. Sembro venuta da una favola triste, ma porto in dote il taglio che un’accetta possente ha lasciato dentro di me."

Docile e ruvida, diffidente e sensibile, con un lato oscuro che attende di essere inondato di luce, liberando lo spazio dentro sé di infauste, angoscianti ed evanescenti ombre, per colmare i vuoti di corpi veri, da toccare, sentire, accarezzare.

Cloe vorrebbe smettere di sentirsi fuori posto ovunque, di cercare qualcuno che curi le sue ferite, di sopportare le assenze, di essere costretta a nascondersi.
Solo tornando là dove tutto è iniziato, nella casa infestata da fantasmi in cui è cresciuta, potrà guardare in faccia le proprie paure, le proprie fragilità ed insicurezze, far pace col passato e pensare ai morti senza più sentire il peso e il dolore di ciò che non può essere più cambiato.

"La felicità degli altri" è un libro particolare, per certi versi complesso e difficile da chiudere in etichette che ne facilitino la spiegazione, la collocazione; posso dire che leggerlo è stato come intraprendere un viaggio non semplice né lineare nelle latebre più oscure dell'animo della protagonista, guardando nei suoi vuoti, nelle sue ombre e nelle sue paure, su cui ha costruito una corazza, dietro la quale si cela una donna che grida il suo bisogno di ricevere amore, sin da quando era bambina. Una donna che chiede di essere liberata da ricordi insopportabili.
È un romanzo dai toni molto intimistici, un percorso introspettivo fatto di saliscendi emotivi, in cui il passato (con le sue esperienze dolorose, i suoi traumi, le perdite, le tante persone incrociate nel proprio spostarsi da un luogo all'altro) fa le sue incursioni nel presente e lo condiziona, gli dà forma.
A me è piaciuto e lo consiglio, ma aggiungo che, a mio avviso, non è un libro da leggere di fretta (e forse bisogna essere nel "momento giusto" per apprezzarlo), anzi, va "assaporato" con calma; il linguaggio è molto evocativo, magnetico, carico di suggestioni, e durante la lettura mi sono ritrovata spessissimo a evidenziare e riscrivere tanti passaggi significativi e profondi; come un'archeologa, l'Autrice scava con le parole e porta alla luce pensieri ed emozioni sepolti nei recessi della mente dell'evanescente protagonista.


"Ma se riuscissimo a risollevare quel telo di compassione entro cui tutti potremmo trovare asilo all’occorrenza. Potessimo riavere quello sguardo capace di cogliere, sapessimo riaffidarci l’uno all’altro: in fondo lo sappiamo che tutti perdiamo, tutti falliamo."



Di Carmen Pellegrino ho letto anche CADE LA TERRA >> RECENSIONE <<

2 commenti:

  1. Un personaggio speciale quello di Cloe una figura forse più reale e presente di quanto possiamo immaginare nella vita di oggi, solo che non la vediamo perché si nasconde a noi che non capiremmo lq sua profonda sensibilità e questo nonostante lei e tutte le Cloe del mondo, vorrebbero manifestarsi essere amate e capite.

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    1. tutto giusto, Daniele.
      Cloe è una donna complessa,che dietro la sua scorza ruvida e dura, nasconde molte insicurezze, traumi irrisolti e un gran bisogno di essere compresa e amata (come tutti noi).

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz