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giovedì 12 maggio 2022

RECENSIONE: ** IL DIRITTO DI OPPORSI di Bryan Stevenson **



Combattere contro l'ingiustizia, il pregiudizio, l'indifferenza, la mancanza di pietà verso persone distrutte (a volte dai propri errori e dalle proprie scelte, ma altre dallo stesso sistema giudiziario), che la vita ha abbondantemente messo alla prova: questa è la missione del'avvocato Bryan Stevenson, che da anni porta avanti la sua battaglia con coraggio e passione.


IL DIRITTO DI OPPORSI.
Una storia di giustizia e redenzione
di Bryan Stevenson


Fazi Ed.
trad. M. Zurlo
416 pp
Fresco di laurea, il giovane avvocato Bryan Stevenson si trasferisce a Montgomery, in Alabama, e fonda la Equal Justice Initiative, un’organizzazione senza scopo di lucro impegnata ad aiutare le persone nel braccio della morte, a fare qualcosa per le condizioni dei carcerati e per le pene eccessive, a liberare le persone condannate ingiustamente, a porre fine all’incarcerazione di massa, a sfidare l’ingiustizia razziale ed economica e a proteggere i diritti umani fondamentali delle persone più deboli e vulnerabili. 

In queste pagine, l'autore ci racconta i primi tempi dopo la laurea, la sua formazione e in che modo, grazie al grande impegno suo e dei suoi collaboratori, abbia difeso tantissime persone chiuse in carcere, svelando non solo errori giudiziari ma anche cospirazioni, macchinazioni politiche, inganni legali e razzismo diffuso.
Convinto che...

"Ognuno di noi è ben di più dell’atto peggiore che possiamo aver commesso."

...Bryan fa di tutto per dare ai suoi clienti la possibilità di ricevere giudizi e condanne che siano giusti ed equi, ragionevoli e adeguati ai misfatti e ai crimini commessi, tenendo presente tanti fattori importanti e dei quali la giustizia dovrebbe tener conto nel comminare la pena.

Nella sua lunga carriera legale, si occupa moltissimo di minori (anche di tredici anni) che hanno commesso dei reati (non necessariamente omicidi) e per i quali hanno ricevuto condanne davvero pesantissime, come l'ergastolo.

Tra i casi più celebri di cui si è occupato, figura quello di Walter McMillian, un afroamericano condannato a morte per l’omicidio di una ragazza bianca, nonostante innumerevoli prove dimostrassero la sua innocenza; e non prove irrilevanti, ma le precise testimonianze oculari di persone che avevano visto l'accusato, nell'ora dell'omicidio, in un altro paese e a fare altro. Ma purtroppo le pur dettagliate e circostanziate testimonianze di queste persone sono state volutamente ignorate e/o ritenute poco attendibili (!).
Per di più, per condannarlo è stato preso in considerazione il racconto di un uomo che, verrà fuori nel corso del tempo, ha sempre mentito, dichiarando il falso circa la presenza e il ruolo di Walter nell'omicidio di cui è incriminato.
Non sarà una passeggiata per Stevenson dimostrare la verità e, al contempo, le falle di un sistema giudiziario che sembra a volte agire più per pregiudizi e con faciloneria e approssimazione, che per prove reali.
Purtroppo, sarà sempre più chiaro come i rappresentanti delle forze dell’ordine si fossero concentrati sul voler condannare Walter a tutti i costi tanto da essere pronti a ignorare, o persino occultare, le prove che contraddicevano il caso da loro formulato.

Frequentando i carcerati nel braccio della morte, Stevenson si rende conto di come la maggior parte di essi non aveva né un avvocato né diritto a un difensore d’ufficio. In pratica, il diritto di difesa si annullava.

Non solo, ma nell'incrocio con tanti casi drammatici di cui si occupa con devozione, lealtà, sacrificio, tocca con mano - e non senza lacrime ed angoscia - come la prigione e il carcere siano diventati una strategia messa in atto dallo Stato stesso per gestire la crisi sanitaria prodotta dall’uso e dalla dipendenza da droghe; questo ha fatto sì che i penitenziari si riempissero di detenuti affetti da patologie mentali, colpevoli di reati minori e crimini legati alla droga.
E ovviamente, il carcere è un luogo terribile per tutti e, ancor più, per chi soffre di malattie psichiatriche o disturbi neurologici, sia in termini di cure che anche "soltanto" per il trattamento da parte delle guardie penitenziarie, solitamente impreparate a comprendere e gestire situazioni delicate come queste.

Nel caso poi di minori, Bryan ci fa notare come lo stato psicologico vada preso assolutamente in considerazione perchè è ovvio che essi non possiedano un giudizio maturo, una capacità di autoregolarsi e un senso di responsabilità adeguatamente sviluppati: essendo vulnerabili alle influenze negative e alle pressioni esterne, non riescono a controllare i propri impulsi e l’ambiente che li circonda, ed è facile che commettano azioni che non dovrebbero e che li mettono in guai seri.

Spesse volte, gli avvocati si ritrovavano a chiedere ai giudici di riconoscere come certe condanne non dovrebbero neppure essere applicabili ai minori (inferiori a una certa età) proprio perché sono creature ancora incomplete, in formazione.
Applicare l’ergastolo senza condizionale ai bambini e condannare i minori violava il diritto internazionale!

A questo si aggiungeva la componente razzista: queste sentenze ingiuste e abnormi venivano applicate in modo sproporzionato quando si trattava di minori di colore. 

Un altro urgente problema sono le troppe morti nelle prigioni locali e nei penitenziari: ogni anno, muore un gran numero di carcerati per suicidio, violenze tra detenuti, assistenza medica inadeguata, abusi da parte del personale e soprusi degli agenti penitenziari erano centinaia.

È necessario riformare il sistema di giustizia penale che continua ad operare profonde discriminazioni,  trattando meglio le persone ricche e colpevoli rispetto a quelle povere e innocenti, negando ai poveri l’assistenza legale di cui hanno bisogno.

Per non parlare poi del fatto che un gran numero di coloro che vengono scarcerati dopo essere stati riconosciuti innocenti non ricevono né soldi né assistenza né un supporto psicologico: nulla di nulla da parte dello Stato che le ha ingiustamente imprigionate. Oltre al danno, la beffa.

Il diritto di opporsi esamina molto da vicino le incarcerazioni di massa e le pene estreme in America, dove le persone vengono giudicate fin troppo superficialmente, senza tener conto delle circostanze della loro vita, ma anzi, addirittura sfruttando l’impossibilità dei poveri di ottenere l’assistenza legale di cui hanno bisogno. 
"La vera misura del nostro carattere è data dal modo in cui trattiamo i poveri, gli svantaggiati, gli accusati, i carcerati e i condannati."

La narrazione è dettagliata, riporta molti casi specifici trattati da Stevenson, tutti i suoi sforzi per far sì che ci fossero modifiche importanti nelle leggi penali, ma questo non rende il resoconto freddo e distaccato, tutt'altro: Stevenson non esita a esprimere i sentimenti provati, le tante emozioni - rabbia, angoscia, paura, speranza, scoraggiamento... -, e soprattutto le proprie sincere convinzioni, che l'hanno spinto a dedicare anima e corpo e tempo in questa lotta, senza risparmiarsi.

"...la mia vita non era altro che un cumulo di distruzione. I miei clienti erano distrutti da 
Bryan Stevenson
 patologie mentali, povertà e razzismo. Erano devastati da malattie, droghe e alcol, orgoglio, paura e rabbia."

Sì, distrutti, e come se non bastasse, anche giudicati e condannati da persone che hanno messo da parte ogni umana pietà per farsi soffocare dal cinismo, dalla mancanza di speranza e dal pregiudizio.

Perché un uomo come lui ha deciso di votarsi a questi sfortunati, a dei reietti, abbandonati dalla società e da essa ritenuti degli scarti senza importanza?

"...quello che faccio non lo faccio perché è dovuto, necessario o importante. Non lo faccio perché non ho scelta. Faccio quello che faccio perché anch’io sono distrutto. (...) Non si possono combattere in maniera efficace gli abusi di potere, la povertà, le ineguaglianze, la malattia, l’oppressione o le ingiustizie e non rimanerne distrutti. (...)  ciò che ci rende umani è proprio il fatto di essere distrutti. Abbiamo tutti le nostre ragioni. A volte veniamo incrinati dalle scelte che compiamo; a volte finiamo in pezzi per cose che non avremmo mai scelto. Ma la nostra distruzione è anche la fonte dell’umanità che ci accomuna, la base per la nostra ricerca condivisa di un conforto, di un significato e di una guarigione."

Emerge tutta la sensibilità di quest'uomo, la grande empatia verso dei disgraziati chiusi dietro le sbarre, ai quali egli si è avvicinato per poterli capire ed aiutare al meglio delle proprie possibilità, e come era immane la gioia per ogni successo, altrettanto forte e grande era la sofferenza di fronte ai fallimenti, in particolare quando questi significavano ergastolo o pena di morte.
Bryan Stevenson, prima che un avvocato, è un essere umano che ha fatto della sua professione una ragione di vita, una missione, una via e uno strumento per rendere questo mondo un posto migliore, cercando di alleviare le sofferenze di una categoria di persone troppo spesso dimenticata e disprezzata: i carcerati.
Bryan sa cosa sia la pietà, non quella fatta di parole di circostanza e di sterile vittimismo, ma quella genuina - che può guarire le ferite, fermare la violenza, gli abusi - e potente, in quanto esercitata a beneficio di chi non la meriterebbe ma che si riconosce bisognoso di redenzione.

Un libro che ci permette di acquisire molte informazioni interessanti (e ahimè, tristi e drammatiche) sul sistema penale americano, di conoscere casi che inevitabilmente provocano emozioni contrastanti (rabbia, senso di ingiustizia, amarezza, speranza, sollievo...) ma ci consola pensare che ci siano al mondo persone come Bryan Stevenson, che non girano la testa dall'altra parte davanti al marciume, agli sbagli, alle discriminazioni, ma che lottano con concretezza e passione per amore verso il prossimo e per la verità.

Consigliato a chi ama le storie vere, a chi è attratto da casi giudiziari, di ingiustizia e discriminazione razziale e sociale. 

4 commenti:

  1. Buongiorno Angela, come stai? Ho visto soltanto il film, questa volta, e mi era piaciuto molto, gran cast e storia da brividi

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    1. Carissimo, tutto bene, grazie, spero anche tu☺
      Eh io invece devo recuperarlo! Vero, un bel cast!!

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  2. Una storia intensa e toccante che di certo non lascia indifferenti.

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    1. assolutamente sì, quando al centro c'è l'ingiustizia e quando essa è addirittura perpetrata da chi dovrebbe sostenere la verità e la giustizia, non si riesce a non immedesimarsi...
      Ciao Erielle :)

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz