La storia di un sopravvissuto all'Olocausto, che dopo diversi anni dalla terribile esperienza vissuta in prima persona a Bergen Belsen, ha deciso di condividerla con noi, attraverso i ricordi che conserva.
Sito dell'Autore: http://www.peter-lantos.com/
TRACCE DI MEMORIA
di Peter Lantos
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Ed. Giunti trad. R. Zuppet 287 pp 14.90 euro gennaio 2015 |
Peter Leipniker (il cognome fu cambiato in Lantos negli anni '60) è nato nel 1939, in un paesino poco conosciuto della parte sudorientale dell'Ungheria, Makò.
Nasce e cresce in una famiglia che non se la cava poi tanto male, insieme alla mamma, al papà e al fratello maggiore.
Ma ben presto le cose cambiano e, superati gli anni '40, arrivano i guai; essendo essi degli ebrei ungheresi, vengono costretti a lasciare la propria casa per trasferirsi obbligatoriamente
nel ghetto: migliaia di persone chiuse in un spazio troppo piccolo per loro, costrette a condividere spazi, cibo, malattie, malumori..
Ma se stare nel ghetto è difficile, ciò che Peter - che ha solo 5 anni e guarda il mondo e ciò che gli accade con
lo stupore di un bambino, che si trova scaraventato in una situazione drammatica che neanche gli adulti comprendevano davvero - non immagina è che quello che seguirà sarà di gran lunga più terribile.
A un certo punto arriva il momento di lasciare Makò, e da lì inizia un
viaggio estenuante e difficile, che vedrà gli ebrei ammassati in vagoni puzzolenti e bui.
Tutta l'incertezza e il terrore per un futuro che si profila spaventoso avvolge inevitabilmnte i poveri prigionieri,
Da Seghedino a Strasshof, da Weiner a...
Bergen-Belsen. un campo che significa malattia, morte, fame, denutrizione, maltrattamenti...
Ed è così che
un Peter adulto cercherà di tornare indietro nel tempo, a quand'era solo un bambino,
rovistando tra i propri ricordi sfocati e nebulosi, aiutandosi con documenti ufficiali, liste, fotografie dell'epoca, così da
condividere con il lettore la tragedia che ha attraversato, che ha mietuto milioni di vittime innocenti e dalla quale lui e la sua mamma sono riusciti a venirne fuori vivi.
Vivi sì... ma con un fardello nel cuore e nella mente - oltre che nel corpo, ma quello con gli anni s'è ripreso -
che ha tormentato per anni i sogni e la memoria di un uomo che ha cercato di prendere in mano la propria vita, di sfruttare la propria intelligenza e le proprie capacità per diventare qualcuno (Lantos è un neuroscienziato di fama mondiale), in una sorta di riscatto personale.
Pur essendo molto piccolo e quindi non in grado di conservare e raccontare ricordi e resoconti dettagliati, Peter non ha rimosso tutto, ma gli sembra ancora di sentire il freddo delle baracche, l'umiliazione di donne e uomini tutt'ossa che mezzi nudi sfilavano davanti alle guardie, prigionieri deboli e smagriti che cercavano di restare in piedi al momento dell'appello, che provavano a raccattare un pezzetto di pane secco o di buccia di patate per non soccombere.
Peter ha avuto con sè la propria mamma, da cui non è mai stato separato e questo è stato sicuramente un fattore importante, che gli ha permesso di sopravvivere.
Ma in tantissimi non ce l'hanno fatta, e a Bergen-Belsen sono morti tra gli stenti, ammalati di tifo, dissenteria..., in condizioni che non hanno davvero nulla di umano.
Nel corso del tempo, crescendo, Peter avrà ancora per un po' accanto la sua mamma forte e determinata e altre persone che lo aiuteranno a non mollare davanti a rifiuti e difficoltà, ma a provare a realizzare se stesso e i propri sogni.
Non sarà facile, nè nel tempo che resterà in Ungheria - un'Ungheria che, dopo la guerra, verrà vessata dai russi - nè a Londra, far vedere chi è, scrollarsi di dosso i pregiudizi verso un ebreo ungherese, e affermare il proprio legittimo diritto a guidare la propria vita come desidera.
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Ma ce la farà, e i ricordi e le sensazioni negative legate a Bergen-Belsen e alla sua Ungheria (che forse non riesce a sentire "sua" fino in fondo, ma dalla quale si allontanerà per sentirsi davvero libero e vivo) non gli impediranno di vivere la vita soddisfacente che merita.
Per Peter le lancette dell'orologio non si sono fermate in un campo di sterminio, ma le tracce di memoria legate ad esso - seppur rese vaghe e indefinibili dal tempo -
non sono state spazzate via, come i britannici (immediatamente dopo la liberazione) hanno fatto col campo stesso, ricettacolo di sudiciume e infezioni, oltre che di vergogna per quella fetta di essere umani che di umano non hanno avuto proprio nulla.
L'unico modo che Peter avrà per liberarsi dello spetto di un campo di sterminio sarà accettarlo, come parte della propria esistenza.
"A lungo andare quell'esperienza era stata integrata nella mia vita; continua a vivere nella mia memoria."
ed
è quella memoria che lo porta a tornare nei luoghi del dolore, provandone commozione ma mai nè rabbia nè odio, anzi Peter è spinto dal
desiderio impellente di sapere e ricordare nomi, date, volti, parole, come se per lui fosse importante non solo isolare le cose negative, ma anche quelle "positive", come quelle persone - seppure estranee - che a loro modo hanno dato il loro piccolo grande contributo a liberare i sopravvissuti da Bergen-Belsen.
Una testimonianza che si aggiunge alle altre sull'argomento e che ha il diritto di essere raccontata, perchè non sarà mai inutile o eccessivo ricordare quello che è accaduto durante il secondo conflitto mondiale e che ha cambiato e stravolto milioni di singole vite, oltre che il mondo intero.
Ammetto di non aver avuto un grosso coinvolgimento emotivo, forse perchè Peter era troppo piccolo e il suo resoconto risulta un tentativo di ricostruire, nel modo più dettagliato e fedele possibile, il proprio passato, comprese le persone coinvolte. Nondimeno, ne consiglio la lettura a quanti amano le storie vere e, in particolare, quelle dei sopravvissuti.