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martedì 14 agosto 2018

Recensione Film: TOMMASO || NON C'E' PIU' RELIGIONE || COME UN GATTO IN TANGENZIALE



Tre film made in Italy: il Tommaso di Kim Rossi Stuart è un 40enne dalla personalità contorta, con giusto qualche psicosi a fargli compagnia e che si pone al centro di un dramma dai toni spesso comici e un tantino sopra le righe.
Gli altri due film  - Non c'è più religione | Come un gatto in tangenziale - sono entrambi commedie che, ciascuna a modo suo, presentano la contrapposizione tra realtà sociali diametralmente opposte che si ritrovano a confrontarsi e a tentare di abbattere i pregiudizi che le tengono separate.



Tommaso è un film drammatico del 2016, diretto da Kim Rossi Stuart, che veste i panni del protagonista, Cristiana Capotondi, Camilla Diana, Jasmine Trinca.

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Tommaso è un 40enne in crisi.
Ha una storia con Chiara (J. Trinca) ma in realtà vorrebbe lasciarla già da un po' perchè lei non è la donna della sua vita. Del resto, fisicamente è caruccia ma ha dei difetti imperdonabili (tipo i denti storti) e pure la mamma non è che proprio l'abbia mai approvata come nuora. Il suo bel figliolo merita una Angelina Jolie accanto, non una donna qualsiasi dalla bellezza mediocre!
Quando finalmente la relazione giunge al capolinea, Tommaso è libero.
Libero di guardare tutte le donne che vuole senza sentirsi in colpa; libero di immaginarsele nude e in scene non proprio innocenti in cui le sue voglie si sfogano senza freni; insomma, libero e felice come una farfalla che svolazza di fiore in fiore.
Ma è davvero così?

A Tommaso apparentemente non manca nulla: è un attore bello, gentile e romantico; certo, veste un po' all'antica e quasi sempre ha un'aria dimessa, di chi non ama farsi notare, ma ha il suo fascino.
In realtà, dentro di lui, nella sua testolina, c'è una vera e propria tempesta di emozioni contrastanti, di frustrazioni e desideri, di paure e insicurezze... che non sembrano vedere soluzione, per ora, e che gli mandano in tilt il cervello.
Va anche dallo psicoterapeuta per parlare di sè, cercare di analizzarsi, di comprendersi, di guardarsi dentro e trovare quel benedetto bambino che è dentro di lui, per ascoltarlo, per ritrovarsi e capire cosa vuole dalla vita, cosa può renderlo felice.

Tommaso è essenzialmente infelice perchè insoddisfatto.
Il film nel quale deve recitare non gli smuove nulla e non lo stimola; i suoi pensieri sono tutti volti alla ricerca dell'anima gemella e a un certo punto crede di trovarla in Federica (C. Capotondi): bella, affettuosa, comprensiva, discreta..., ma l'idillio tra i due dura poco.
A parte che mamma continua a dire che è carina ma nulla a confronto con la Jolie, ma poi pure lui si fossilizza su (presunti o veri, ha poca importanza) difettucci fisici che lo mandano letteralmente in paranoia e lo portano a delle crisi isteriche in seguito alle quali capisce che... è di fronte all'ennesimo fallimento sentimentale.
Federica è tanto cara e buona e gentile... ma non è lei l'amore della sua vita.
Trova il modo (vigliaccamente, ma non ci si può aspettare altro da lui) di mandarla via dalla sua vita - beccandosi pure un'inaspettata sfuriata dalla ragazza abbandonata, che gli manda giusto qualche sentenza per farlo sentire l'emerito imbecille che è - e ancora una volta si ritrova libero.

Dolorosamente libero, visto che in verità è prigioniero di se stesso, delle sue paure paralizzanti e di suoi inconfessabili (e indecenti) pensieri: Tommaso è solo, ci sono dei vuoti nella sua vita che lui non sa come colmare.
A svegliarlo e a farlo sentire vivo sopraggiunge un'altra donna, decisamente diversa dalle precedenti: riuscirà a trovare la pace con se stesso e l'amore vero e totalizzante che tanto agogna, o sarà l'ennesima delusione?
Ma soprattutto, saprò ritrovare il bambino che è nascosto dentro di sè e che pare essersi smarrito?

Lo reputo un film interessante e non banale, e anche se ammetto di aver trovato il protagonista come minimo urticante, penso non si possa negare che Kim Rossi Stuart (a me piace moltissimo e lo ritengo un bravo attore) abbia cercato di infondere al suo personaggio tutta la complessità e la contraddittorietà che gli sono proprie (non so quanto ci sia di autobiografico e se Tommaso rifletta alcune paure e tratti personali appartenenti al regista/attore), ma di certo la sua è un'interpretazione intensa, l'ho trovata "sentita", cucita addosso. Forse pure troppo.
Nel senso che Kim accentua molto i tratti ossessivi e al limite della psicosi del suo Tommaso, il che finisce per renderlo però, a mio modesto modo di vedere, una sorta di caricatura di se stesso. Non so, è tutto eccessivo, in questo film, o meglio lo è il protagonista con tutti quegli elementi che lo caratterizzano: i suoi sogni ad occhi aperti (donne nude ovunque), le sue fisse, le fantasie sessuali, i suoi incubi, le sue crisi che si tramutano in urla, accessi d'ira, litigi con l'assillante genitrice (che molto ha contribuito ai traumi del figlio), momenti di disperazione.
E' così enfatizzata la personalità (istrionica?) di Tommaso che ciò che è poi un dramma (esistenziale, personale, intimo) assume non di rado toni comici, ironici. il che è un bene perchè dà un po' di leggerezza a un film che altrimenti risulterebbe pesante per via di questo protagonista, che un po' mi ha spiazzata per i suoi modi di essere esagerati e teatrali, ma in certi momenti mi ha fatto anche un po' di tenerezza. In fondo, Tommaso vuole quello che vogliamo tutti: legami veri, qualcuno che sia per noi quel porto sicuro in cui rifugiarci e trovare sicurezza.


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Non c'è più religione è una commedia del 2016, diretta da Luca Miniero, con Claudio Bisio, Angela Finocchiaro e Alessandro Gassmann.

Le divertenti vicende si svolgono nell'immaginario paese di Porto Buio, su una piccola isola del Mediterraneo, dove la gente si sta dando da fare per realizzare un presepe vivente, come ogni anno per celebrare il Natale. Quest'anno il presepe dev'essere più bello del solito, tutti devono poterlo ammirare!
Ma c'è un piccolo problema: manca il Bambinello.
Eh sì, perchè a Porto Buio nascono pochi bambini e il più piccolo che c'è, è bello cresciuto.
In tutti i sensi, visto che è un ragazzino coi baffetti tipici della pubertà ed è pure cicciottello!
Nella culla non ci sta proprio..., quindi come si fa? Una cosa è certa: bisogna trovare la soluzione a tutti i costi perchè il presepe va fatto. Assolutamente.

Il sindaco Cecco (Claudio Bisio), fresco di nomina (a dire il vero i compaesani gli rinfacciano di essere stati costretti a votarlo: era l'unico candidato!), vorrebbe chiederne uno in prestito ai tunisini che vivono sull'isola, ma fra le due comunità non corre buon sangue e per gli abitanti italiani è impensabile mettere nella mangiatoia un bimbo musulmano. Dove s'è mai vista una trovata del genere?

Ma c'è da fare buon viso a cattivo gioco se si vuol mantenere la tradizione; ad aiutare Cecco a convincere i compaesani (il fornaio razzista, le vecchine bigotte...) ci pensano due amici di vecchia data: Bilal (Alessandro Gassmann), al secolo Marietto, italiano convertito all'Islam e guida dei tunisini, e Suor Marta (Angela Finocchiaro), che però dà il suo contribuo tra una lagna e l'altra, perchè in realtà lei non vorrebbe "profanare" la culla di Gesù. 
Tra i tre ci sono vecchi screzi di gioventù che verranno fuori poco e spesso, giusto per rinfacciarsi le cose e brontolare, ma l'amicizia che li lega è più forte di quanto pensino, anche se lo capiranno solo scontrandosi e prendendo la religione come scusa per saldare i conti con il proprio passato. 

La comunità musulmana accetta di "prestare" il bambino, che ancora non c'è, ma nascerà a breve e proprio Bilal e sua moglie sono i genitori, ma l'italiano islamizzato si divertirà a porre via via delle condizioni che hanno il sapore di simpatici e irriverenti ricatti.

Il presepe si farà e sarà davvero insolito e originale, come mai ce ne sono stati prima d'ora, ma soprattutto sarà un presepe vivente decisamente interculturale...!

E' una commedia molto carina, mi ha fatto sorridere tanto a motivo di gag divertenti e comiche e dei tre attori protagonisti, sempre brillanti e bravissimi, che sanno dare colore e personalità ai loro personaggi.
Un film che con garbo e leggerezza tratta il tema attualissimo dell'incontro tra culture, modi di vivere, pregare... sicuramente diversi ma che - seppure in una cornice buffa e inevitabilmente poco realistica - trovano un modo per convivere, mettendo da parte i pregiudizi che dividono.
Il mare è meraviglioso, così come le antiche stradine di paese e tutta l'atmosfera allegra e semplice dei piccoli paesi; insomma molto bella l'ambientazione (il film è stato girato tra le Isole Tremiti, Monte S.Angelo e Manfredonia).
Commedia godibile e spassosa.


Come un Gatto in Tangenziale è una commedia del 2017, diretta da Riccardo Milani, con Paola Cortellesi e Antonio Albanese
Anche qui c'è una dicotomia, due realtà opposte che si scontrano per poi provare a incontrarsi.

C'è Giovanni, uomo posato, pacifico, ragionevole, gentile e cortese; è un intellettuale impegnato, sostenitore dell'integrazione sociale; lui è a capo di un think tank, un gruppo di intellettuali che guadagna pensando, nel nostro caso Giovanni analizza i problemi delle periferie urbane per proporre soluzioni.
Lui intanto però vive nel centro storico di Roma, va al mare nella "sciccosa" spiaggia di Capalbio - frequentata da vip e ricconi - e ha un'unica figlia, Agnese, avuta con la snob Luce (S. Bergamasco), che produce essenze profumate in Francia (e si ostina a voler parlare in francese con ex-marito e figlia, così, tanto per darsi un tono).

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Agnese, bella di papà, ha 13 anni e un fidanzatino coetaneo che le gira intorno; cresciuta a suon di princìpi di uguaglianza, rispetto per gli altri e "bisogna andare oltre alle apparenze e giudicare le persone per ciò che sono dentro, non per come vestono o per i soldi che hanno", la ragazzina sta cercando di seguire gli insegnamenti dei genitori frequentando Alessio, che è assolutamente estraneo alla (piccola) borghesia da cui proviene lei.
Alessio, infatti, è di Bastogi, quartiere romano decisamente difficile e disagiato; insomma, la precoce relazione sentimentale non nasce sotto una buona stella.

Alessio è figlio di Monica (P. Cortellesi), ex cassiera del supermercato, che attualmente distribuisce pasti agli anziani in una mensa; una tipa tosta, burina all'ennesima potenza, pratica, abituata a vedersela da sola: ha infatti cresciuto Alessio senza alcun aiuto, visto che il padre del figlio, Sergio (C. Amendola) è finito in carcere tredici anni prima per aver asportato la milza a un poveraccio; eh no, non faceva il chirurgo, ma il parrucchiere.

Monica s'è accollata anche le sorellastre (il padre le ha avute in seguito ad una tresca con una rumena), Pamela e Sue Ellen (chiamate così in onore alla soap "Dallas"), che non solo mangiano assai e sono buone solo a stravaccarsi sul divano davanti alla tv per vedere l'idolo di turno (nella fattispecie, Franca Leosini con le sue "Storie maledette"; la conduttrice compare anche nel film impersonando se stessa), ma hanno pure un bel vizietto: rubano costantemente (sono cleptomani) anche se lei due si ostinano a definire la cosa come "shopping compulsivo".

Per non parlare poi dei vicini provenienti da varie nazionalità, che invadono il pianerottolo con le loro pietanze speziate o le canzoni tipiche dei loro luoghi d'origine.
Insomma, Monica con l'integrazione ha a che fare tutti i giorni nella periferia dove vive, e mai avrebbe pensato di allacciare rapporti con della gente altolocata come Giovanni e Agnese. 

I due genitori sono le persone più diverse sulla faccia della terra, ma hanno un obiettivo in comune: far sì che i due piccioncini si lascino.
Giovanni teme che Alessio sia pericoloso per la sua Agnese, e Monica crede che la ragazzetta ricca possa solo illudere e far soffrire il suo "bambino".
Giovanni e Monica cominciano a frequentarsi e a entrare l'uno nel mondo dell'altro, e inizialmente si convincono che i loro mondi sono troppo differenti per poter convivere.
Ma pian piano comprendono di essere entrambi vittime di spietati pregiudizi sulla classe sociale dell'altro e che forse, a prescindere da come proseguirà la love story dei figli (che in fin dei conti sono solo dei ragazzini), l'interesse che provano l'uno per l'altra potrebbe spingerli a provarci..., anche se forse la loro storia durerà... come "un gatto in tangenziale"!

La commedia ha ricevuto diversi premi, in particolare per le interpretazioni dei due attori protagonisti, e in effetti non si può che apprezzare la bravura di Albanese e Cortellesi; quest'ultima ha dato al personaggio di Monica una "burinaggine" che certo fa sorridere e crea momenti simpatici, mentre Albanese veste bene i panni del borghese intellettuale, perbene, padre premuroso e uomo paziente, che si ritrova attratto da una donna poco raffinata ma senza dubbio verace e schietta.
Devo dire che mi aspettavo qualcosa di più...; in certi momenti ho trovato il personaggio di Monica eccessivamente grezzotto, lo so che la sua "coattaggine" è intenzionale, ma mi è parsa esagerata..., mi hanno irritata le due gemelle ladre, con il loro parlare contemporaneamente e in modo cantilenante, e anche la Bergamasco..., troppo affettata.
Albanese mi è piaciuto molto.
Carina ma, dovendo scegliere, mi ha divertito di più "Non c'è più religione".

2 commenti:

  1. Visto solo l'ultimo, che come forse sai a me invece è piaciuto molto. Semiserio, attuale, con un paio di trovate - Pamela e Sue Ellen, su tutte - degne di nota.

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    1. si, ricordo che il tuo parere fosse positivo; non posso dire non mi sia piaciuto, ma le due gemelle... proprio no :-D

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Un buon libro lascia al lettore l'impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale. O. Lagercrantz